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Autore: Illidan    21/11/2008    4 recensioni
Quanto grande può essere una bugia per evitare una punizione? (E che rischi si corrono a dirla?...)
Genere: Commedia, Demenziale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sguisciava da ogni parte e non andava mai dove si cercava di mandarla

Il tappeto persiano                                                                 

 

-Mamma, giuro che ti posso spiegare tutto!- esclamò Samuel mentre sua madre, appena entrata in casa, guardava con aria allibita il suo tappeto preferito, il tappetto persiano ricamato con decorazioni di mille colori diversi che si intrecciavano fra loro, ridotto ad uno straccio grigio scuro.

-Stamattina mi sono alzato- cominciò il bambino -e abbiamo fatto colazione insieme, ti ricordi? C’erano quei biscotti allo zenzero che ti piacciono tanto e che a me invece fanno schifo. Poi tu mi hai detto che dovevi uscire, ma che saresti tornata prima di mezzogiorno. Mi hai baciato, hai preso le chiavi e sei uscita dalla porta di casa girando la chiave tre volte. Erano le nove del mattino e, siccome è domenica, non dovevo andare a scuola. Allora mi sono messo a guardare la televisione. Dopo un po’, ho sentito delle voci che mi chiamavano fuori dalla finestra della sala che si affaccia sulla strada: erano Tom e Frank, te li ricordi, vero? I miei due compagni di classe, anche loro di dieci anni come me. Tom è quello magro come uno stecco. Frank invece ha i capelli ricci e castani e e gli occhi marroni, è alto come me, ma un po’ più grasso.

Erano lì sotto la finestra in perfetta tenuta sportiva: magliette bianche che avevano ricamati sulla schiena i numeri otto e dieci, calzoncini corti, ginocchiere e scarpe da calcio. Ho aperto la finestra e gli ho chiesto cosa ci facevano lì, loro allora mi hanno risposto che con gli altri nostri compagni di classe volevano fare una partita di calcio nel campo che si trova di fianco alla casa del signor Tenback, quel vecchio scorbutico, e mi hanno domandato se venivo anch’io.

Ero un po’ indeciso perchè tu mi avevi detto di non uscire e non volevo disobbedirti. Poi ho scelto di andare, mi sono messo la mia tuta sportiva e sono sceso dalla finestra, visto che siamo al piano terra e che tu avevi chiuso la porta a chiave.

Poi, con i miei amici, mi sono avviato verso il campo. Era una bella mattina, e il sole splendeva alto nel cielo e illuminava ogni cosa. Lungo la strada ho visto l’hotel Heimen: che  bello che era! La sua parete in vetro e acciaio rifletteva la luce del sole in maniera abbagliante. Mentre lo guardavo, mi è tornato in mente quando eravamo andati in Francia in quel bellissimo albergo. Ti ricordi? La nostra camera ogni mattina veniva illuminata dal sole che ci svegliava. Poi andavamo a vedere la Tour Eiffel e...-

-Ma questo cosa c’entra con il tappeto?- chiese la madre un po’ arrabbiata.

Samuel le fece cenno di aspettare un attimo, andò in cucina e bevve un bicchiere d’acqua. Poi tornò in sala dove la mamma lo aspettava seduta sul divano con un lembo del tappeto rovinato in mano.

-Scusa, mamma, ma mi era venuta sete a parlare così tanto.- disse il bambino sedendosi anche lui sul divano -In effetti hai ragione: l’albergo di Parigi non c’entrava per niente con quello che è successo stamattina. Comunque, dopo aver passato l’hotel, siamo arrivati al campo da calcio passando per Kensington Road.

I miei compagni erano già tutti in mezzo al campo pronti per cominciare la partita. Quando ci siamo avvicinati al gruppo, quell’antipatico di Jack, che fa il prepotente solo perchè è grande e grosso, mi ha chiesto se avevo portato il pallone e io gli ho risposto che non sapevo di doverlo portare. Allora mi ha detto che ero uno stupido buono a nulla, ma prima che potessi ribattere, Tom ha detto di aver visto una palla sul bordo del campo ed è andato a prenderla. Poi quando è tornato tutti si sono accorti che non era un pallone normale quello che portava con sè: infatti era ovale perchè era una palla da rugby. Visto che non c’era di meglio, ci siamo messi a giocare a calcio con quello.

Non era per niente facile: sguisciava da ogni parte e non andava mai dove si cercava di mandarla. A un certo punto mi sono trovato da solo davanti alla porta avversaria dove si trovava Jack, che mi ha schernito dicendo che non sarei mai riuscito a fargli goal neanche se avessi avuto un pallone veramente da calcio. Io mi sono arrabbiato tantissimo, ho raccolto tutta la mia forza e ho calciato il pallone. Purtroppo dovevo aver raccolto troppa forza perchè è volato molto al di sopra della porta e anche sopra la recinzione. Io e i miei compagni lo abbiamo guardato mentre precipitava diritto su una finestra della grande, scura e tetra casa del signor Tenback mandandola in frantumi. Poi, a giudicare dal rumore, doveva aver rotto anche molti suoi vasi e colpito il suo gatto. Siamo rimasti immobili, aspettando di vedere cosa sarebbe successo. Già altre volte quel signore ci aveva sgridato solo per qualche schiamazzo e scherzo innocente, ma questa volta era accaduto qualcosa di completamente nuovo. Dalla grande porta nera è uscito un omino completamente pelato, con piccoli occhi infuocati dalla rabbia, un naso bitorzoluto e due baffoni neri e alto al massimo settanta centimetri: il signor Tenback! Guardandoci con un odio enorme ha urlato che quella era l’ultima goccia e che avevamo passato ogni limite. Poi è tornato in casa e subito dopo è ricomparso in groppa al suo enorme gatto marrone a strisce nere, alto quasi quanto il suo padrone. Il signor Tenback era armato di tutto punto: aveva un elmo nero in testa con due corna minacciose, un’armatura grigia, su cui era inciso un gatto, che gli copriva interamente il petto, una spada di dimensioni del tutto sproporzionate rispetto al suo padrone nella mano destra e degli schinieri che gli coprivano la parte inferiore delle gambe e i piedi. A un suo grido il felino è saltato subito sopra la recinzione, nonostante fosse alta tre metri, e ci è stato subito addosso. Allora siamo fuggiti disordinatamente, ma dopo poco mi sono accorto che inseguiva me! Correvo più veloce che potevo ma il cavaliere del gatto non mi mollava. Sono uscito di corsa dal campo e sono passato per Queen’s Road per tornare a casa, perchè mi ero scordato di una cosa.-

-Cosa ti eri scordato?- chiese sua madre quasi sorridendo.

-Che oggi è domenica e la domenica mattina c’è sempre il mercato all’aperto in quella via! Così mi sono ritrovato davanti a migliaia e migliaia di bancarelle. C’era quella dei salumi, dei dolci, dei formaggi, dei vestiti, dei giocattoli, degli orologi, degli oggetti usati, delle pentole, delle posate, dei cacciaviti, dei modellini; insomma non mancava niente. Ed era anche pieno di persone che andavano da una bancarella all’altra. Io sono subito corso dentro questa marea di gente inseguito dal signor Tenback in groppa al suo destriero. Per fortuna, in mezzo a quel caos terribile dopo un po’ non mi riusciva più a inseguire sia perchè non riusciva a vedermi sia perchè la folla glielo impediva. Poi sono anche arrivati dei vigili che lo hanno multato perchè in quella strada c’era divieto di transito per tutti eccetto per i pedoni. Quindi ero ormai salvo da quella minaccia e sono corso a casa per evitare che tu notassi la mia assenza nel caso in cui tu fossi tornata. Sono risalito dalla finestra e, siccome ero ancora spaventato per quello che era successo e mi muovevo molto velocemente, ho accidentalmente fatto cadere il vaso sul davanzale sopra il tappeto persiano a cui so che tieni tanto. Allora ho cercato di rimediare al danno: ho raccolto la terra con le mani, ma ho notato che si era sporcato. Allora l’ho portato in bagno e l’ho messo nella vasca. Ho aperto l’acqua e l’ho strofinato col sapone. Poi però ho visto che era tutto bagnato e ho pensato che era meglio asciugarlo. L’ho tirato fuori dalla vasca e ho preso il phon. Dopo un po’ ho sentito che arrivavi e l’ho riportato in sala in fretta, ma in quel momento sei entrata e mi hai visto. E questo è tutto.- concluse Samuel assumendo l’aria più contrita che poteva.

 

A questo punto ci sono tre finali possibili. Se siete persone severe come l’imperatore Settimio, scegliete il primo. Se invece preferite perdonare gli altri, allora è meglio il secondo. Infine, nel caso in cui siate quel tipo di persone che non decidono mai, andate dritti al terzo.

 

I finale

La mamma guardò ancora il tappeto e le decorazioni su di esso, del tutto rovinate, e suo figlio, con i suoi capelli biondi e morbidi e i suoi occhi verdi. Poi gli diede un ceffone tanto forte da aver risolto il problema dei denti da latte rimanenti in un solo secondo e gli gridò di andare in camera sua. Il bambino ci andò piangendo, però aveva imparato una cosa, che dire bugie non è mai un bene.

 

II finale

La mamma guardò ancora il tappeto e le decorazioni su di esso, del tutto rovinate, e suo figlio, con i suoi capelli biondi e morbidi e i suoi occhi verdi. Poi si mise a ridere. Il bambino la guardava stupito e non capiva perchè ridesse anzichè punirlo.

La mamma lo abbracciò continuando a ridere, lo baciò e gli disse:- Ma come ti è venuta in mente l’idea del cavaliere del gatto? Non posso punirti: se hai inventato una panzana così grossa per prendere tempo e non dirmi cos’era successo al tappeto, vuol dire che sei davvero pentito.-

 

III finale

La mamma guardò ancora il tappeto e le decorazioni su di esso, del tutto rovinate, e suo figlio, con i suoi capelli biondi e morbidi e i suoi occhi verdi. Poi lasciò il tappeto per terra, oltrepassò Samuel e arrivò al telefono. Compose il numero del dottore e gli disse con tono preoccupato che il suo bambino sembrava affetto da gravi disturbi mentali. Da quel giorno nessuno più vide Samuel, poichè venne internato nel manicomio della città e sottoposto a cure volte a fargli capire che non possono esistere cavalieri di gatti.

 

FINE

   
 
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