Anime & Manga > Evangelion
Ricorda la storia  |      
Autore: slyrius    16/01/2015    2 recensioni
Dicono che durante la nostra vita abbiamo due grandi amori. Uno con il quale ti sposerai o vivrai per sempre, può essere il padre o la madre dei tuoi figli: con questa persona otterrai la massima comprensione per stare il resto della tua vita insieme.E dicono che c’è un secondo grande amore, una persona che perderai per sempre. Qualcuno con cui sei nato collegato, così collegato, che le forze della chimica scappano dalla ragione e ti impediranno sempre di raggiungere un finale felice. Fino a che un giorno smetterai di provarci, ti arrenderai e cercherai un’altra persona che finirai per incontrare. Però ti assicuro che non passerà una sola notte senza aver bisogno di un altro suo bacio, o anche di discutere una volta in più. Ti libererai di lui o di lei e smetterai di soffrire, finirai per incontrare la pace, però ti assicuro che non passerà un giorno in cui non desidererai che sia qui per disturbarti. Perché a volte si libera più energia discutendo con chi ami, che facendo l’amore con qualcuno che apprezzi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Shinji Ikari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Arrivò all'improvviso il suo ricordo, forte e deciso, come era stato il suo carattere.
Erano da anni che non pensavo più a lei; l'avevo eliminata dai miei pensieri come se non fosse mai esistita, molto probabilmente per non dover soffrire nel di lei ricordo, per non dover ricordare il doloroso momento in cui l'avevo lasciata, promettendole che sarei tornato con un regalo per il compleanno, regalo mai consegnato.
Stavo facendo gli ultimi bagagli quando trovai, fra vestiti smessi e vecchi annuari scolastici una sua foto; una nostra foto, vecchia di almeno 30 anni, ingiallita e consumata dal tempo e dalle tarme.
Per quanto la carta fosse vecchia e consunta, i nostri visi si riuscivano chiaramente a distinguere.
Indossavamo entrambi la divisa scolastica all'epoca, io avevo il mio solito taglio corto, un po' ribelle e l'aria di chi si sente fuori posto.
Lei invece era sicura come sempre; la folta chioma rossiccia che sventolava sulle spalle. Aveva uno sguardo fiero, lo sguardo di chi si sente un gradino superiore agli altri, lo sguardo di chi è consapevole di avere una quantità di energia tale da poter correre due volte la maratona e non averne abbastanza.
Mi ricordo il primo giorno in cui la vidi. Era una mattinata calda seppur una leggera brezza fresca ogni tanto mi faceva rabbrividire.
Era il primo giorno di scuola, di li a una mezz'ora sarebbe cominciata la mia nuova vita da liceale.
Fui uno dei primi ad essere chiamato: Ikari Shinji, 1^A. Lei venne poco dopo di me.
La prima cosa che pensai fu che Asuka fosse una ragazza forte. Lo capii semplicemente guardandola camminare verso di me, dal modo in cui teneva il mento alzato, dal modo in cui le persone si scostavano al suo passaggio, dal modo in cui mi guardò negli occhi.
Nella mia vita, nessuno che non fosse la mia tutrice mi aveva mai guardato negli occhi, ma quando lei lo fece sentii una scarica di energia provenire da quegli occhi blu profondo. Arrivati in classe lei si sedette affianco a me e mi porse la mano, presentandosi.
Io essendo giapponese non ero abituato a quel genere di atteggiamenti quindi arrossii e presi la sua mano con molta incertezza. La sua stretta invece era molto forte. All'epoca non me lo sarei mai immaginato, ma col tempo avrei imparato bene come prendere Asuka in ognuna delle sue bizzarrie.
Asuka disse di essere tedesca, era cresciuta in germania con i genitori fino a cinque anni quando poi sua madre era morta e suo padre l'aveva cresciuta insieme alla sua nuova moglie. Parlava della morte di un genitore come se stesse parlando del tempo.
Avrei voluto possedere un pò della sua tenacia e credo che lei lo immaginasse perchè mi rimproverava sempre sbritando di quanto fossi stupido e idiota per non avere coraggio a parlare con gli sconosciuti.
Ai tempi non capivo perchè fosse necessario trattarmi così, ma col senno di poi capii che stava solo cercando alla sua maniera di insegnarmi come stare a galla nel mare della vita. All'epoca, se avessi dovuto descrivere Asuka con una sola parola avrei usato "volubile".
Asuka, al contrario di molti, non aveva uno schema fisso. Asuka era sempre il fulcro delle discussioni, non esitava ad alzare la voce e in un modo o nell'altro era sempre al centro dell'attenzione. Quando faceva una cosa, non la faceva quasi mai per qualche ragione che non fosse "l'ho fatto perchè mia andava" e questo stile di vita era chiaramente visibile nel piano delle relazioni sociali.
Asuka e io non eravamo migliori amici, ne tantomeno amici. Lei passava del tempo con me perchè le andava, perchè oggi le girava così e magari domani no. Asuka non era il tipo da affezionarsi, voleva che fossero gli altri a sbavarle dietro mentre lei decideva se tenerseli vicino o allontanarli con un clacio. Eppure, per quanti giorni passassero, per quanto tempo volò alle nostre spalle, Asuka ed io continuammo a restare uniti.
Per lei era un capriccio, per me era un legame.
Alla fine dell'anno, fummo promossi entrambi. Asuka aveva ottimi voti anche se non l'avevo mai vista aprire un libro e studiare.
"E quindi in Giappone ogni anno si cambiano compagni di classe eh?" disse l'ultimo giorno di scuola, mentre entrambi gustavamo un cono seduti su una panchina. Annuii. Lei scostò una ciocca di capelli rossi dalla guancia.
"Beh, spero di trovarmi bene nella prossima Non mi dispiace particolarmente lasciare questa classe, visto il branco di incapaci che c'è dentro, però ormai mi ero abituata ad alcuni soggetti... Sarà dura non averti più fra le scatole, Shinji..."
Rise, una risata cristallina. Una risata sincera.
Era un caldo giorno primaverile, un vento caldo muoveva i nostri capelli. All'epoca desiderai ardentemente di avere una macchina fotografica per immortalare quel momento. Ora mi rendo conto che i migliori ricordi sono intrappolati nella nostra mente. Se potessi tornare indietro vorrei rivivere quel momento, quando la vita non era fatta di passato, presente e futuro ma solo di presente.
Solo di un presente con Asuka.

Forse fu grazie al destino se nell'elenco degli alunni della 2^A i nostri nomi si trovarono ancora vicini. Asuka si sedette noncurante affianco a me, come un anno prima e semplicemente disse " oh, ci sei anche tu".
Lei mantenne il solito contegno distaccato ma io non potei non notare che c'era qualcosa di diverso in lei, forse nel suo sguardo un pò più spento, forse nelle sue guance un pò incavate. "Che hai da guardare?" disse seccata. Distolsi lo sguardo quel giorno e molti giorni a seguire. Asuka si comportava in modo sempre più bizzarro, come se ogni suo atteggiamento fosse l'esagerazione della realtà. Ogni tanto la vedevo dal fondo della classe, seduta sulle gambe di qualche compagno di classe, sussurrandogli parole all'orecchio. La vedevo in compagnia di ragazzi diversi quasi ogni settimana, si baciavano nei corridoi, mentre il fortunato di passaggio le metteva una mano sotto la gonna, Asuka restava immobile, più seria che mai.
Ogni tanto uscivamo insieme, lei sempre più scollata, io sempre più a disagio. Asuka era sempre più strana, sempre più emotiva, sempre più instabile.
Se ti azzardavi a criticarla iniziava a sbraitare, urlare come se non ci fosse un domani. Una volta prese una ragazza per i capelli e le diede un calcio nello stomaco solo perchè la sventurata era stata troppo audace da dirle che i suoi capelli erano scompigliati.
I mesi volavano ed io la vedevo deperire lentamente, sempre più magra, sempre meno se stessa. Mi capitava di restre sveglio notti intere pensando a lei, a come era una volta e come stava diventando. Mi chiedevo se la ragazza sicura di se fosse ancora da qualche parte lì sotto.
I mesi passarono e noi fummo ancora insieme.
L'anno scolatico cominciò con un acquazzone del tutto fuori stagione. "Come mi trovi Shinji?" disse lei. Il suo viso era ancora più incavato del solito, gli occhi segnati da leggere occhiaie violette. Non avevo il coraggio di rispondere ma sembrava che lei pendesse dalle mie labbra. "Sei bellissima, Asuka" le dissi.
I suoi occhi si illuminarono di una luce folle.
Ebbi paura. Dov'era la mia Asuka?

Smise di venire a scuola da un giorno all'altro.
Non sapevo dove fosse finita ne e stesse bene o male ed ero preoccupato da morire.
Passò un mese, poi, dal nulla una chiamata.
Scoprii così che Asuka non viveva più a casa sua da un bel pò di tempo, bensì in un centro di riabilitazione psichiatrica parecchio lontano da Tokyo.
Passai tre ore in treno a domandarmi perchè mai asuka fosse lì, se stava bene, cosa le era successo e soprattutto come diamine c'era finita in un centro di riabilitazione.
Fu con queste e molte altre domande che varcai l'enorme porta di legno della palazzina, immersa nel buio come se fosse acqua , come se si volesse tenere nascosta l'esistenza di tutte quei malati di mente alle persone sane.
Eppure Asuka non aveva nulla di male, non era pazza, ne ero certo, se era così strana in quel periodo era per lo stress dell'ultimo anno di superiori. Era solo un brutto momento che poi sarebbe passato. Asuka non aveva nulla di male. Asuka non poteva avere nulla di male.
Ma quando la sua porta si aprii, sentii il mondo crollarmi addosso. Asuka era seduta accanto alla finetra, i capelli spettinati legati maldestramente, una fascetta di plastica intorno alla mano destra. Quando si girò ebbi paura di quello sguardo folle e delle occhiaie nere intorno agli occhi.
Lei sembro sorpresa di vedermi, come se non si aspettasse minimamente una visita. Continuai ad andare da lei tutte le settimane e ogni volta mi rivolgeva quello sguardo, come se non si aspettasse che qualcuno si degnasse di trovare proprio lei.
Ogni tanto mi chiedeva "Shinji, come ti sembro?" e io non potevo che risponderle "sei bellissima come sempre, Asuka", perchè infondo lei era sempre la mia Asuka, me ne rendevo conto.
E non era meno forte di prima, anzi, stava lottando tutti i giorni contro quel mostro che era in lei.
Settimana dopo settimana, mese dopo mese, non mancai mai al nostro appuntamento. Asuka sembrava una bambina che vuole farsi notare dalla mamma.
Ogni tanto però aveva momenti di piena lucidità. Una volta urlo "Shinji! Cosa ci fai qui!?" così forte e con così tanta energia che sembrava essere resuscitata dal nostro primo anno di scuola. Quel pomeriggio lo passammo a giocare a carte, lei che continuava a barare per vincere ed io che la assecondavo come sempre.
"Sai, fra poco mi lasceranno andare, lo sento" diceva ed io ci speravo.
La volta dopo però era tornata l'Asuka sofferente. Un giorno andai a trovarla che pioveva.
Era la fine di novembre.
Asuka era come il suo solito alla finestra, blaterava qualcosa in una lingua che non capivo. Rimasi per un pò accanto a lei, non sembrava essersi accorta di me. La chiamai.
"Oh, Shinji.. è bella vero? La pioggia. Sai, sento che non manca molto... so quanto ti costa" non capivo ma lei cambiò argomento.
"Shinji mi porti sul letto? Sono sfinita." Eseguii gli ordini con uno strano senso di angoscia che premeva sulla bocca dello stomaco. Lei si sdraiò e mi fissò senza parlare. Io non dissi nulla e mantenni il mio sguardo fisso fuori dalla finestra.
"Shinji? "
"Dimmi, Asuka"
"la prossima settimana è il mio compleanno.. verrai? Mi porterai un regalo?"
"Certo che te lo porterò, come ho sempre fatto"
Altro silenzio.
"Shinji?"
Iniziava a snervarmi quel comportamento. Non era da lei abbandonarsi così in balia delle onde. Perchè non reagiva?
"Dimmi"
"C'è un libro laggiù, mi leggi una storia?"
Una storia? Che razza di domanda è mai questa, pensai.
Ma non obbiattai, mi alzai e presi il libro di storie, lo aprii e iniziai a leggere.
La storia parlava di due fratelli che si perdevano nel bosco.
Un senso di malessere continuava a crescere nel mio corpo. Era una scena del tutto irreale.
Quando ebbi finito, Asuka me ne fece leggere un'altra, e un'altra ancora.
Alla terza non mi chiese di continuare e il silenzio prima riempito dalla mia voce venne coperto dal ticchettio della pioggia sul vetro.
"Sono stanca, credo che dormirò. Puoi andare Shinji, metti il libro dove l'hai trovato"
Ero stanco di eseguire quegli ordini e ormai il mio malessere si era propagato ovunque, manifestandosi in fitte allo stomaco e tremore alle mani. Avevo appena raggiunto al porta quando la sua voce mi blocco.
"Mi ha fatto davvero piacere la tua visita, Shinji, grazie"
Sorrisi malinconico rivolto alla porta, la aprii e andai via.
Quella fu l'ultima volta che tornai da lei.
Ci provai, ovvio, tornai con un pacchettino regalo sotto braccio ma tutto quello che capii fu che non avevo più nessuno da visitare.
Mi dissero che Asuka era morta nella notte,senza soffrire.
Completai l'anno scolastico con la morte nel cuore.
Fuggii dal suo ricordo perchè era l'unica cosa che potevo fare davanti a tanta devastazione.
Mi sentivo tradito da lei, le avevo dedicato tutti i giorni di quei tre anni, avevo cercato di aiutarla e lei mi ripagava così!? Come aveva il coraggio? Io che ero sempre stato affianco a lei anche sul letto di morte!

Provai a dimenticarla e ci riuscii.
Per 20 anni scappai dal ricordo di quella ragazza che era stata così importante per me.
Poi trovai moglie, una ragazza meravigliosa con un cuore dolce e gentile. Mi guarì dalle ferite dell'animo che avevo anche se forse non era con la dolcezza che volevo venissero guarite. Forse avevo solo bisogno della forza di Asuka, dei suoi modi bruschi per svegliarmi.
Non ho mai capito cosa provassi per Asuka, l'unica cosa che so, è che ero legato a lei, molto più di quanto lo si può essere con un amico qualunque.
Asuka era una tempesta, era come la pioggia di Novembre: fredda, tagliente.
Asuka era uno tsunami, non la si poteva fermare, decideva lei se fermarsi o no.
Ho passato tanto tempo a cercare di dimenticarla e solo ora, a 48 anni riesco a capire.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Evangelion / Vai alla pagina dell'autore: slyrius