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Autore: Switch    16/01/2015    2 recensioni
Raccolta di OS ispirate dai nuovi comics IDW, un nuovo universo in cui spaziare.
I personaggi sviluppati saranno un po' tutti, i temi ispirati dalle nuove situazioni in cui si muovono.
Nuove storie, nuove sensazioni, ma i nostri mutanti preferiti di sempre.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Lo sciaguattio dei piedi nell'acqua melmosa li seguiva ad ogni passo, incessantemente.
Non importava quanto camminassero, le acque di scolo delle fogne erano ovunque, arrivavano da tutte le parti.
Avrebbe mai trovato un riparo perfetto, asciutto e nascosto quel tanto che bastava per permettergli riposo e sicurezza?

Splinter ci sperava, mentre camminava in testa alla comitiva, poggiato ad un bastone trovato in un condotto. Doveva essere stato trascinato fin lì da una corrente improvvisa, un temporale particolarmente violento.

Parlava nel tragitto, cercando di spiegare ai suoi figli, i suoi benedetti, ritornati a nuova vita figli, che lo seguivano con curiosità e pazienza, ripetendo alcune parole che lui diceva.
Anche se non sapeva fin quanto lo capissero sul serio.
Se il liquido del laboratorio era stato in grado di far crescere ed evolvere i loro corpi in una sola notte in uno stadio maturo e simile agli umani, non era certo che avesse fatto lo stesso con le loro menti.

I loro enormi occhi continuavano a guardarsi intorno sorpresi e rapiti per ogni cosa, anche la più infima e lurida, come quelli di un bambino che scopre il mondo, lo stesso identico sorriso infantile e meravigliato sulle loro facce.
E per un istante, un frammento di malinconia lo trafisse, riportandogli alla memoria immagini nostalgiche di una vita lontana e precedente, di quei suoi bambini che imparavano a parlare, a camminare, a scoprire ciò che li circondava.
Quando erano ancora umani, prima che le loro vite venissero strappate con la violenza.

Eppure, eccoli lì i suoi bambini, di nuovo vivi, di nuovo curiosi, di nuovo attenti e avidi di conoscenza, a guardarlo con quell'amore incondizionato che i figli sanno dare ai loro genitori, perché percepiscono che sono lì per loro, che darebbero qualunque cosa per loro.
A lui spettava proteggerli e insegnar loro di nuovo come scoprire e capire il mondo, anche se in maniera leggermente diversa, questa volta.

Perché era certo che non avrebbe potuto essere completamente come quando erano umani, ma non importava. Avrebbero fatto attenzione, avrebbe spiegato loro la verità e alcune regole, quando sarebbe stato il momento giusto.

Il suo naso da roditore fiutò un lieve fiotto di aria pulita e lo seguì fiducioso, tendendo il collo nella giusta direzione; la combriccola di enormi bambinoni gli andò dietro, saltellando di tubatura in tubatura, nel caso di Michelangelo.
Arrivarono ad una vecchia stazione sotterranea creata come deposito per le riparazioni della linea della metropolitana che prima correva da quelle parti; Splinter studiò l'ambiente per essere certo che nessuno si avventurasse lì giù da un lasso di tempo considerevole: lo spesso strato di polvere intonsa sul pavimento e le enormi macchie di muffa che spuntavano come un tappetto verde, -nonché due tubi rotti e arrugginiti dai quali non fuoriusciva più nulla,- lo rassicurarono.

Certo, ci sarebbe stato molto da fare, per rimettere quel posto in ordine e cercare anche tutto ciò che necessitavano, come cibo e attrezzi per la casa e mobilio, e nel frattempo avrebbe dovuto anche educare e far crescere mentalmente i suoi figli, e allenarli di nuovo nell'arte del ninjitsu.
Certo, non era così semplice. Una parte di lui continuava a ripetersi che era giusto e onorevole camminare pian piano e guidare così i ragazzi lentamente, con la giusta calma che necessitavano, -d'altronde erano appena mutati in qualcosa di diverso ed era tutto così confuso e nuovo per loro; ma l'altra parte gridava letteralmente di dolore, al pensiero del suo quarto figlio perduto.

Raphael. Lo aveva perduto. Lo aveva abbandonato. Il suo senso di colpa e preoccupazione crebbe ancora, esponenzialmente, come se già non lo stesse dilaniando da quando aveva dovuto fare una scelta tra il seguire le tracce del figlio disperso o trascinare in salvo gli altri tre, prima che venissero catturati dai ninja in nero.

Alla fine aveva preferito nascondere i tre rimasti nel sacco dalle mani degli umani, anche se non c'era stata una scelta, in fondo: non era una vera scelta se entrambe le opzioni portavano al dolore e al rimorso.
Voleva correre in superficie e cercare Raphael, ma come avrebbe potuto lasciare gli altri suoi figli da soli, senza qualcuno che li tenesse d'occhio e stesse loro vicino? Ancora non erano pronti a stare da soli, probabilmente avrebbero cercato di seguirlo fin su, con catastrofiche conseguenze, minando tutti i suoi sforzi in ogni caso.
L'unica soluzione rimasta era lavorare sodo e il più in fretta possibile per riportare i suoi figli in forma e coscienza, così che potessero lavorare tutti assieme per ritrovare il loro fratello perduto.

Raphael era indubbiamente forte, il più tenace e resistente dei suoi ragazzi, eppure il suo cuore si strinse in una morsa al pensiero di saperlo solo, là fuori, smarrito e disorientato, alla mercé di chiunque; una preghiera silenziosa piegò le sue labbra, nient'altro che un augurio che stesse bene e rimasse illeso e vivo, finché non avesse potuto abbracciarlo ancora.



L'aria fredda di Dicembre scendeva fin nelle tubature, si infiltrava con forza nei condotti e soffiava fino ad arrivare lì sotto, congelando ogni cosa.
Uno spiffero freddo arrivò perfino nel vecchio deposito del settore nord e qualcuno starnutì.

Donnie! Non possiamo costruire una porta?” si lagnò Michelangelo con la voce nasale, tirando su il moccolo che minacciava di scendergli.

Donatello si fermò un secondo, distraendosi per guardarlo in cagnesco, e la pagò cara: Leonardo approfittò di quel breve momento e lo afferrò per un braccio, catapultandolo lontano.
Don volò in parabola discendente, ma non riuscì a girarsi come avrebbe voluto e batté con il guscio contro il muro, scivolando a testa in giù sul pavimento.

Grazie mille, Mikey!” soffiò irato, metà del corpo ancora poggiata alla parete.
La colpa non è sua, Donatello. Dovresti sapere che non bisogna farsi distrarre quando si combatte. E se proprio succede, bisogna cercare di riportare la situazione a proprio vantaggio, in ogni modo possibile e rapidamente” lo riprese Splinter, seduto in un angolo ad osservarli.

Don annuì pacatamente e si rimise in piedi, mentre Leo passava un fazzoletto a Mikey, infastidito da rumore che faceva col naso.
Ad un suo comando i figli ripresero l'allenamento a mani nude, con zelo, mentre lui studiava con scrupolo i loro movimenti, in meditazione.

Erano già passati quattro mesi da quel giorno in cui erano mutati. Ed erano sembrati troppo lunghi e troppo corti allo stesso tempo.
I suoi figli erano cresciuti: parlavano, pensavano e agivano come dei maturi adolescenti, perfino Michelangelo, che era quello più indisciplinato e incline a distrarsi; gli allenamenti avevano riportato a galla le loro abilità acquisite nella loro vita precedente, ogni mossa appresa, ogni precetto e segreto di lotta della loro famiglia, sotto i suoi occhi commossi e meravigliati.

Non avevano invece riacquistato alcuna memoria di ciò che erano stati, al contrario suo; eppure i loro caratteri erano perfettamente identici ad allora, senza possibilità di sbagliarsi: Leonardo aveva mantenuto la sua mentalità da fratello maggiore e si sforzava il doppio degli altri per aiutarlo e seguire la sua guida con rispetto e devozione; Donatello possedeva ancora quella innata curiosità per tutto ciò che lo circondava, unita alla sua spiccata intelligenza, forse addirittura più accentuata in questa sua nuova vita; Michelangelo era il suo figlioletto più piccolo e aveva ancora dentro di sé quella meraviglia e quella dolcezza che aveva illuminato le sue giornate più buie del passato.

Sorrise fugacemente, senza riuscire a staccare lo sguardo orgoglioso da loro, col cuore gonfio di dolorosa felicità.
Ne mancava solo uno. Eppure era come non avere un'intera metà di cuore.
Raphael.
Non era passato giorno di quei mesi che non avesse pensato a lui, costantemente, chiedendosi come stesse e dove potesse essere, pregando di ritrovarlo.
Quel giorno, finalmente, sarebbe stato quello in cui avrebbe verificato di persona se le sue preghiere avrebbero infine trovato compimento.

Richiamò i suoi figli, che interruppero l'allenamento con uno sguardo sorpreso per il suo tono urgente, forse, e si sbrigarono a radunarsi davanti a lui, inginocchiandosi con rispetto. Lui, invece, afferrò il bastone e si alzò lentamente dal suolo, sovrastandoli in silenzio, prendendo un grosso respiro prima di parlare.

Oggi è un grande giorno per noi, miei cari figli. Abbiamo lavorato sodo, tutti quanti” iniziò con solennità il maestro, mostrando con un gesto il rifugio ripulito e arredato con mobili di fortuna, salvati da varie incursioni nel mondo di superficie, mescolati nelle ombre.
Finalmente questo giorno è arrivato” sussurrò accorato, allontanandosi a piccoli passi felpati da loro, il bastone che ticchettava nel pavimento come unico suono.

Leo, Don e Mikey si scambiarono un'occhiata confusa, con mille domande inespresse, ma ritornarono di nuovo immobili e col viso rivolto di fronte a sé, quando il maestro ritornò sui suoi passi, le mani che stringevano qualcosa.
Trattennero tutti e tre il fiato.

Splinter si inginocchiò di fronte a loro e poggiò con cura le scintillanti armi a terra, così attento che non produssero nemmeno un suono.
Nelle mani trattenne invece quelli che sembravano stracci rossi, lunghi e sottili.

Oggi è il giorno della ricerca. Il giorno della speranza” annunciò, tendendo loro le mani, allungando ad ognuno di loro quella che scoprirono essere una bandana, tutte dello stesso colore rosso sangue.
Le indossarono, quieti, il rumore della stoffa che veniva stretta in nodi dietro la nuca, poi si voltarono uno verso l'altro per osservarsi e si sorrisero, soddisfatti da quello che videro.

Sembriamo dei supereroi” chiocciò Michelangelo contento, lui che aveva sviluppato un amore spropositato per comics e fumetti dei suddetti.

Il sensei attese che si calmassero, prima di prendere le armi dal suolo, e consegnarle ognuna nelle mani del giusto proprietario.
Loro non lo sapevano, ma già nel passato si erano allentati con quelle armi, ognuno indirizzato verso una disciplina specifica.

Prese le Katana tra le mani aperte, e le passò a Leonardo, come se stesse facendo un'offerta ad una divinità: il figlio si alzò e fece un inchino, prima di afferrarle con presa sicura. La mano si chiuse su un'elsa intrecciata e sfilò morbidamente la spada dal suo fodero, osservando la lucentezza del filo tagliente, e vide il suo stesso riflesso nell'acciaio della lama. Il rosso della maschera faceva risaltare il verde foresta della sua pelle e rendeva il suo sguardo più minaccioso; o forse era l'emozione di avere una vera arma tra le mani, pericolosa e letale, a seconda del suo uso.

Se suo padre si fidava a lasciargli usare infine le Katana, lui non lo avrebbe in nessuno modo disatteso, né lo avrebbe fatto pentire della sua scelta: avrebbe lavorato con tutte le sue forze per non deludere le sue aspettative.
La fece sibilare nell'aria, fendendo un nemico invisibile, saggiando il suo peso e la sua bilanciatura, calmo e fuso con la sua arma.
Con un sorriso e uno schiocco della spada che ritornava nel fodero, Leo si inchinò ancora una volta, poi tornò al suo posto, con le spade poggiate al suolo di fronte a sé.

Fu il turno di Donatello: Splinter gli porse con garbo un Bō, un lungo bastone al cui centro erano intrecciati dei fili per facilitargli la presa; il secondo dei suoi figli si alzò e si inchinò come suo fratello prima di lui, poi afferrò la sua arma.

Percepì immediatamente la ruvidità del legno sotto il palmo verde oliva e la stretta ferma delle dita. Adesso, con quella, era una tartaruga mutante nerd con un bastone. Abbastanza per far ridere chiunque, eppure lui sentiva quell'arma come un'estensione della sua persona, del suo braccio: indietreggiò di un passo e, senza nemmeno pensarci, iniziò a fare roteare il bastone, sempre più veloce, tra le mani, attorno al corpo, facendolo fischiare come un violento vortice di vento che si propagava attorno a lui. E quel sibilo gli parlava, quasi, tranquillizzandolo, come se gli dicesse che nessuno avrebbe potuto toccarlo finché fossero stati assieme.

Fermò il Bō nella mano e riprese fiato, posando infine lo sguardo, che era rimasto vacuo, su suo padre, i cui occhi invece scintillavano.
Con un altro inchino grato, Don indietreggiò e ritornò al fianco di Leo, poggiando il bastone al suo lato, vicino alla sua gamba.

L'ultimo era Michelangelo, rimasto in trepidante attesa, con gli occhioni che si illuminavano al vedere le armi dei suoi fratelli e il modo in cui le maneggiavano. Stava fremendo aspettando il suo momento, lo avevano capito tutti.
Perfino Splinter sembrava sul punto di sorridere e spezzare quell'aria solenne, alla vista della sua espressione da bambino avvolto dalla meraviglia.
Quando il padre lo chiamò, porgendogli i due Nunchaku con serietà, il mutante saltò su e si inchinò così tanto nella foga che quasi sbatté la fronte contro le ginocchia.

Nel momento in cui le sue mani si chiusero sulle armi, il suo sorriso era il più grande e aperto che avesse mai fatto prima: li fece roteare con urgenza ed entusiasmo, talmente tanto che finì per sbattersi in testa uno dei pezzi in legno, con un tintinnio di catene e un suono sordo nel silenzio.
Questa volta Leo e Don non ce la fecero proprio a trattenere una risata, soffocata per non offenderlo più del concesso. Ma Mikey si strofinava la parte lesa, continuando a sorridere, all'idea di tutto quello che avrebbe potuto fare da quel momento in poi: si sarebbe allenato ancora e ancora, fino a diventare bravissimo.

Si ricordò di inchinarsi in segno di ringraziamento quando era già sui suoi passi per tornare al posto. Don scosse la testa, gettandogli una breve occhiata, al vedere che si stringeva al petto i Nunchaku, come se fossero un dolce e tenero bambino.

Da questo momento in poi, userete le armi, per difendervi e combattere, mentre cerchiamo. Anche se spero che non ce ne sarà bisogno” annunciò Splinter alla fine, catturando la loro completa attenzione.
Ma cosa dobbiamo cercare?” domandò confuso Mikey, certo che ancora non gliel'avesse detto.
Non cosa, ma chi: vostro fratello perduto” confessò il loro padre, col volto divorato dalla tristezza e il rimorso.

Ve ne ho già parlato, quando siete mutati, ma allora probabilmente non avete capito, non sapevate nemmeno cosa significasse la parola fratello; ma adesso, adesso che capite l'importanza della famiglia;" iniziò a raccontare, indicandoli come a voler mostrare loro che bel gruppo fossero diventati; “Adesso, lasciate che io vi spieghi ogni cosa dall'inizio.”
Vuoi dire che c'è un altro come noi? Lì fuori da solo?” si intromise allibito Michelangelo, prima ancora di farlo parlare.

Splinter abbassò il capo con aria grave, lasciando andare le spalle in un momento di dolore.
Sì. Raphael ci è stato strappato via con forza, e tocca a noi ritrovarlo e riportarlo qui con noi, la sua famiglia. Una volta che saprete la verità, mi aiuterete a cercarlo?”

Leo annuì all'istante, senza nemmeno pensarci; Don lo seguì, anche se il suo razionale cervello gli sussurrava maligno le probabilità che un mutante potesse essere rimasto in vita per tutto quel tempo da solo, senza una guida, nel mondo di superficie, -con una scrollata della testa cercò di scacciare via quei pensieri ed essere più positivo; Mikey acconsentì entusiasta, con un grosso sorriso all'idea che ci fosse lì fuori un altro fratello: non vedeva l'ora di trovarlo e conoscerlo e parlarci e coinvolgerlo in chiacchierate e giochi.

Splinter sospirò, rincuorato dai suoi figli e il loro assopito amore per il fratello, anche se ancora non lo sapevano.
Ma lavorando tutti assieme, sarebbe stato facile trovare il loro pezzo mancante ed essere di nuovo una famiglia completa, un nucleo perfetto.

Si sedette di fronte a loro e li guardò negli occhi.
Allora, tutto inizia in un laboratorio e con un furto...” cominciò a raccontare, con la loro totale attenzione su di sé, col cuore pieno di speranza per il futuro, con la promessa di un avvenire roseo.

Se erano riusciti a rinascere a nuova vita e rincontrarsi, quanto difficile poteva essere ritrovare il loro caro disperso, in fondo?
Niente, gli diceva il cuore. Niente, sperava la mente.


Note:

Scusate l'imperdonabile ritardo!
Sono tornata, comunque, non vi libererete presto di me!
Non ho molto da dire su questa OS, è un piccolo missing moment senza pretese! Spero vi piaccia!
Abbraccione, buon anno nuovo anche se in ritardo! Di propositi ne ho tantissimi, e voi?


  
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