Destino.
Non avevo paura del mio destino.
Presto
mi avrebbe accolto fra le sue braccia.
Lui.
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In mani congiunte e volto
chino,ripetevo con voce lenta e cantilenosa la preghiera che ravvicinava il mio
cuore allo spirito di quel mondo incantato.
Ne
potevo sentire chiaramente i dolci odori,i saggi pensieri…e potevo assaggiarne i
mistici sapori.
Accanto
a me, gli antenati e tutti coloro che mi avevano preceduta erano un balsamo per
la mia piccola e povera anima sussurravano parole di
incoraggiamento.
Ovvio,parole di conforto.
I capelli fluenti di un intenso color dorato scendevano,rincorrendosi l’un l’altro, sul mio esile corpo.
La pelle diafana, vellutata era risaltata senza alcun dubbio da quella veste sacerdotale rossa scarlatta.
Si alternava a strisce dorate,dunque del medesimo colore dei
miei capelli.
Prestai
più concentrazione. E continuai la mia salma.
Sentivo
distintamente la mia voce.
Melodiosa.
Bassa.
Malinconica.
La rosa
incantata su cui ero adagiata, sembrava sussurrarmi dolci parole che implodevano
naturalmente pensieri,sentimenti…
Con il palmo della mia mano,sciogliendo la posizione rituaria,accarezzai un petalo.
Era
vellutato e caldo…della luce del sole.
Lei mi
rispose con dolci suoni.
Una
dolce melodia.
Amavo
quella rosa.
Mi aveva
accolto fra i suoi petali fin da bambina,ascoltava i miei silenzi e mi dava
calore.
Quel
calore che non avrei probabilmente mai provato.
La
amavo.
E
naturalmente amavo tutto di quella terra.
Il suo
nome era Sephiro.
La terra
cui avevo vissuto fin da
bambina.
Amavo
con tutta me stessa quella terra.
E
naturalmente tutte le creature che vi ci
prosperavano.
Animali.
Piante.
Rocce…
Tuttavia,benché fosse incantevole la vita, non mi era stato concesso l’amore più puro.
L’amore che, in un certo senso, poteva considerarsi
egoistico.
Non mi
era concesso amare una creatura vivente umana.
Un
essere come me.
Un
fascio di luce entrò dalla finestra, riflettendosi sui miei capelli del suo
medesimo colore.
Sembravo
un angelo.
Un
angelo su un fiore vellutato di un rosa ormai
ammansito.
Pallido
come la mia pelle.
Percorsi
il fascio di luce che riscaldava dolcemente la mia anima.
Intrecciavo le dita in una morsa di preghiera, gli occhi
semidischiusi…
Bastarono dolcemente due sguardi e due
sorrisi.
Lui mi
guardava con uno sguardo caldo.
Era là
tagliato trasversalmente da quel fascio di luce.
Silente
e rispettoso di quel mio eterno
dolore, avanzò leggiadro nei suoi passi.
Zagatho..sussurrai con voce flebile.
Ero
supina sulla rosa incantata, le mani ancora congiunte al
petto.
Delle
lacrime mi scendevano.
Erano di
paura? Di amore?
Di
contentezza?
A pochi
metri dalla rosa incantata offrì la sua mano,e sorrise
nuovamente.
Asciugai
le mie lacrime e la accolsi.
Zagatho..sussurrai nuovamente.
Il mio
cuore sembrava esplodermi nel petto, un turbine di emozioni riempiva la mia
piccola e povera anima.
Mi
adagiai con il capo sul suo petto morbido. Ero
felice.
Per la
prima volta in vita mia ero realmente felice.
Lui
prese entrambi le mani e le congiunse in preghiera,sussurrandomi dolci parole
all’orecchio con la sua voce calda.
Sorrisi.
Un petalo si allungò verso la nostra direzione.
Non era concesso salire sulla rosa incantata ad un essere che non
faceva parte della famiglia reale.
Eppure
volevo che lui facesse parte del mio mondo.
Come
sapevo che lui desiderasse che io facessi parte del
suo.
Mi aiutò
dolcemente a salire sul petalo, poi lui si accostò nuovamente abbracciandomi
nuovamente.
Il fascio di luce che prima lo tagliava nel fondo della sala ora era sopra di noi e sembrava suggellare quel nostro amore eterno.
Un amore di
passione.
Un vero
amore.
Il suo
petto era morbido,caldo della mia stessa pelle
vellutata.
La rosa
sembrò animarsi.
Era
chiaro,lampante che il destino aveva scelto questo.
Gli
arbusti spinosi crearono una colonna di luce, intrecciandosi con
essa.
Una
lacrima, ed infine…due parole
Ti
amo.
Chiusi
gli occhi e aspettai la sentenza del mio destino
crudele.