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Autore: ludo22    17/01/2015    2 recensioni
Passano cinquecento anni e Caroline sente la mancanza di un certo ibrido millenario.
Cosa farà? Darà retta al suo cuore o si lascerà, ancora una volta, influenzare dalle persone che ha accanto a lei?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale, Introspettivo
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline\Klaus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Caroline Forbes era bionda. Gran dato di fatto, penserete voi.
E invece no. Per lei era tutto.
Essere biondi significa prendere la vita con leggerezza, positività, allegria.
Almeno finché non venne lui, il mostro, il ragazzo cattivo, ma più cattivo della morte.
E dov'è il problema?, direte voi, basta evitarlo.
Si ma si può evitare il proprio destino per così tanto tempo da dimenticarsi di esso?
Erano queste le domande che si poneva la suddetta bionda.
E non riusciva a trovare una risposta.
Erano passati vent'anni dall'ultima volta che si erano visti e il suo ricordo bruciava ancora vivido in lei, come fiamma inestinguibile.
Vent'anni di pericoli, di lotte, di tradimenti, di amore, di amicizia, di lealtà e di tante altre cose.
Vent'anni.
Un tempo lunghissimo per un mortale, ma per lei, giovane vampira sembrava ieri che suo padre fosse morto, che Stefan le spiegasse come nutrirsi, che Elena fosse diventata una di loro.
-Venti. Fottuti. Anni.- digrignò i denti. 
Si poteva essere più stupide?
Bonnie entrò nel locale in quel preciso istante.
<< Ei Care, ehm tutto bene? >> chiese, notando il bicchiere rotto nella mano dell'amica e il sangue che colava giù da essi.
<< Oh Bon, si scusa ero soprappensiero >> si giustificò in fretta l'amica << allora, andiamo? >> disse poi, facendo cadere il bicchiere sul tavolo del pub in cui era sedute.
Chissà perché si spostavano sempre in gruppo, si domandò. Lei, Bonnie, Elena, Matt, Stefan, Damon e Tyler. Erano circa due anni che si erano spostati da Mystic Falls e non per scelta sua, quanto per il fatto che gli umani avevano iniziato a fare domande sul motivo per cui almeno la metà di loro non invecchiava.
Quindi ora abitavano tutti insieme in un piccola cittadina del Texas chiamata Terrell.
E Caroline sapeva che un giorno sarebbe successo, che era un vampiro e che quindi, per forza di cose, un giorno sarebbe stata costretta a scappare da Mystic Falls (e gran parte delle ragioni che la spingevano a rimanere nella cittadina riguardavano lui, ma questo non lo avrebbe mai ammesso a se stessa figurarsi ad anima viva). 
Ma era troppo presto.

 

Passano cento anni e nonostante siano stati cento anni vissuti intensamente Caroline non può non sentire uno strano peso che grava sul suo cuore quando ripensa a lui e alla sua promessa.
Lui. Lui che sorprende, lui che uccide, emoziona, terrorizza, fa ridere, certe volte, non da risposte, è saggio, è indulgente, è forte, è imprevedibile. Ma sopra ogni cosa che la chiama come Ulisse veniva chiamato dalle sirene nella baia dello Stretto di Messina.
Intanto Bonnie e Matt e Tyler sono morti, mentre i rapporti con Elena e Stefan e Damon si fanno sempre più rari, sempre più sporadici (e non sa se dare la colpa a se stessa perché evidentemente non teneva a loro più così tanto o a loro perché evidentemente non tenevano più così tanto a lei).

 

Trascorrono duecento anni e Caroline si chiede se veramente lui sarà in grado di aspettarla per tutto il tempo che ci vorrà mentre ripassa le frasi che gli dirà quando si vedranno (e oh non la passerà affatto liscia, non doveva permettersi di toccare quella sporca lupa, o di non farsi sentire per duecento anni e pensa anche che non ha mai cambiato numero o lasciato gli Stati Uniti anche per quello, perché lui possa sempre raggiungerla).

 

Passano trecento anni e Caroline inizia a rendersi conto di come abbia fatto Stefan a dimenticarsi di Katherine.
Non l'aveva fatto per cattiveria o perché lui non la ritenesse la donna della sua vita. 
L' aveva fatto perché i sogni diventavano piano piano solo un cumulo di ricordi.
-Inutili e stupidi ricordi-, pensa dando un calcio alla porta della sua stanza del college. 

 

Una volta, un signore, un'estraneo (e le viene da ridere pensando a tutte le raccomandazioni che le aveva fatto la madre sul fatto di non palare con gli sconosciuti, ma era prima che diventasse un vampiro, prima che imparasse a non avere paura di niente, prima che sperimentasse la mancanza di lu-), anziano, con un cappotto beige, il nasone e gli occhi buoni, da nonno quasi, le aveva chiesto, mentre aspettava per farsi servire dall'impiegato della banca:
<< Cosa stai aspettando? >>
E lei si era girata e l'aveva guardato e gli aveva chiesto:
<< Dice a me? >>
E lui aveva annuito e lei gli aveva detto con in bocca un sorrisino sarcastico:
<< Che il signore prima di me finis- >> e l'uomo l'aveva interrotta e le aveva chiesto sorridendo di un sorriso sincero, puro, umano:
<< Cosa stai aspettando sul serio? >> e lei aveva abbassato gli occhi imbarazzata, anche se la madre le aveva detto mille e più volte da bambina che non si devono abbassare gli occhi, mai e poi mai, quando si parla con una persona.
<< Suppongo… Che sia troppo tardi >> e quando aveva rialzato gli occhi, quel signore dagli occhi buoni era andato via. 
Si era sentita autorizzata a cercarlo con lo sguardo, prima che con la testa, perché non poteva essere un vampiro, si era addirittura alzata ed era uscita dalla banca per cercarlo per poi arrendersi e rientrare, pensando che doveva smetterla con tutto quell'alcool. 

 

Passano quattrocento anni e Caroline inizia a dimenticare il suono della sua voce, il colore dei suoi occhi, il desiderio che aveva di lui e la sua forza, ma si impone di non farlo. 
-Si dimentica solo ciò che non ci interessa ricordare- se lo ripete (tipo mantra) nelle eterne notti che la separano dai giorni.

 

Finché un mattino si alza e si mette a guardare il cielo.
Il cielo è limpido, senza nuvole, sereno. 
Nel cielo passa un aeroplano.
E lei pensa: -Devo andarmene da qui!-
Così si infila una felpa e prende le chiavi della macchina.

 

Mentre guida Caroline sente, nello stomaco, una paura forte, vera, perché per quanto sia più facile lasciarsi trasportare dal destino, lei non è fatta per cedere, lei non è fatta per arrendersi, lei non è fatta per -.

 

Appena poggia piede a New Orleans una strana euforia la pervade.
Non sa cosa la aspetta ma sa da cosa sta scappando e sa che non lo augurerebbe mai a nessuno.
In quel momento sente una voce:
<< Caroline >> 
E Caroline si gira e, mentre lo fa, pensa a tutte le miglia, a tutte le sensazioni, a tutte gli inizi, a tutte le fini, pensa ad Elena e a Bonnie e a Stefan e Damon e a Tyler e a Matt e a sua mamma.
E Klaus è lì, con quel ghigno e quegli occhi che possono voler dire tutto o niente.
Con quel ghigno e quegli occhi che sanno di promesse e di rimpianti e di rimorsi.
Con quel ghigno e quegli occhi che le ricordano tanto i bei tempi quando lui era il nemico e lei non doveva fare altro che cercare di distrarlo, mentre Stefan e Damon cercavano il modo per ucciderlo.
Con quel ghigno e quegli occhi e sembra che non sia cambiato niente.
E le viene voglia di dare un pugno su quel ghigno e su quegli occhi perché lui non poteva non sapere che le sue parole l'avrebbero dannata.
Non poteva non sapere che una promessa è una promessa e che lei era stata così orgogliosa quando si era resa conto di avere quel potere su quell'ibrido millenario.
Non poteva non sapere che quel pomeriggio passato insieme nella radura dei Salvatore le avrebbe fatto mettere in discussione tutte le sue opinioni sugli uomini (-Care è meglio l'uomo dolce o quello cattivo?- era una domanda che le aveva rivolto una volta Elena quando era indecisa su quale dei due fratelli scegliere.
-Elena, ma è ovvio. L'uomo dolce!- 
E non può fare a meno di pensare che anche lei come l'amica alla fine ha scelto il cattivo.). 

 

Ma non lo fa. Respira. E ascolta il suo cuore. Che l'ha spinta in quella città. Che l'ha sempre spinta da lui, nonostante lei avesse ignorato i segnali, nonostante lei si fosse ostinata a non vederli, nonostante avesse chiuso così tante volte gli occhi da non ricordare più nemmeno quante volte li avesse sottovalutati.
E pensa che se tutti quei segnali l'hanno portata qui, le sarebbe potuta andare peggio mentre lo vede avvicinarsi e respirarla.
Così anche lei trova il coraggio e lo respira.
Sa di casa, di pulito e di… muschio.
Lui le sorride, come quella volta nel bosco, e Caroline non può non sentire un tuffo nelle viscere e nel cuore, mentre le prende la mano e la guida verso casa sua.
Sorride quando le dice:
<< Benvenuta Caroline. >>
Sorride anche quando la trascina in camera sua, sul suo letto, dandole solo il tempo di fare un cenno col capo ad Elijah, di lanciare un'occhiataccia ad Hayley e di presentarsi ad Hope. 
Sorride, e Caroline spera che, quel sorriso, non la abbandoni mai. 

 

 

Nota dell'autrice:

Chiedo scusa per il ritardo ma queste feste sono state un mezzo dramma e non sono riuscita a scrivere più di tre parole per volta (e lo ammetto non mi sentivo ispirata per un lieto fine, quanto per una lotta al massacro).

Comunque eccolo qui, il mio happy ending del Klaroline.

Spero vi piaccia.

Baci 

Ludo

 

Ps. Nel testo ci sono due chiari riferimenti a Baricco. 
Pps. Questa FF è dedicata a Graziiia perché sei stata la prima a chiedermela e perché non avevo mai pensato di essere in grado di scrivere di un riavvicinamento così drammatico e pieno di 'se e di ma'. Quindi parte del merito va anche a te.
 

   
 
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