Il
corridoio color verde acqua era quasi deserto. Si sentivano solo gli
echi dei sussurri di qualche paziente annoiato in chissà
quale sala d'attesa. Un'infermiera passò frettolosa, piena
di scartoffie, senza neanche preoccuparsi di dove mettesse i piedi,
rapida come una lince, in ritardo a chissà quale consegna o
visita. E poi un bambino, solo, seduto su una di quelle scomode
seggioline poste sotto la finestra, vicina a un distributore
automatico, il quale aveva appena servito al signore passato prima una
lattina rossa. Sembrava divertente! Aveva provato ad avvicinarsi anche
lui e schiacciare il bottone, il primo in basso, l'unico a cui
arrivava, senza però nessun risultato. Poi scoraggiato era
tornato a sedere, come gli era stato ordinato. La schiena dritta e i
piedi penzoloni giù dalla sedia, i quali si divertiva a far
dondolare, per noia, in un'infinita attesa. I capelli neri, che ormai
avevano cominciato a crescere, gli ricadevano sugli occhi verdi
smeraldo, limpidi e vivaci. Ma in quel momento vagamente annebbiati.
Perchè erano in quel brutto posto? Papà e il
nonno ce l'avevano portato di corsa non appena la mamma aveva
cominciato a sentirsi male e avere mal di pancia. Lo odiava quel posto,
l'ultima volta che c'era stato una brutta signora puzzolente gli aveva
infilato un doloroso ago nel sedere e l'aveva fatto piangere per ore.
Chissà se anche la mamma stava piangendo per colpa di quella
brutta signora. Probabilmente sì, l'aveva sentita urlare da
dentro la stanza nella quale l'avevano portata.
Dei passi lo destarono dal suo noioso passatempo, e il nonno si
avvicinò a lui rapido, senza però raggiungerlo,
rimanendo poco distante e allungando una mano per invitarlo a seguirlo.
<< Shannon! Vieni, presto! >> aveva detto.
Aveva gli occhi rossi, come quando lui stesso piangeva, ma non sembrava
triste. Sorrideva come mai aveva fatto prima.
Shannon scese dalla sedia con un saltello, atterrando come un cavaliere
che scende da cavallo, sempre immerso nei suoi giochi, e corse da lui,
impacciato nei movimenti dei suoi non ancora 2 anni, e il pannolone che
fastidioso sfregava contro le gambe. Allungò la sua piccola
mano e afferrò rapido quella ruvida del nonno,
così grossa al confronto, curioso di sapere cosa stesse
succedendo. Erano tutti così agitati.
Fu quasi trascinato lungo il corridoio, poi entrarono in una stanza
dove c'erano letti, ma vuoti: tranne uno, quello dove accanto c'era suo
padre. Non riusciva a vedere dai suoi scarsi 80 cm di altezza chi ci
fosse steso sopra, ma in questo gli venne in aiuto il nonno che lo
sollevò e lo mise in piedi su una sedia lì vicino.
<< Shan! >> salutò teneramente
sua madre. Gli occhi stanchi e i capelli spettinati, ma piena di
felicità. Shannon era solito salutare con gioia la mamma,
era la sua Regina, era sempre bello vederla, ma quella volta fu
diverso. Lei non era sola su quel letto, ma al petto, come un gioiello
prezioso, stringeva un fagotto che si muoveva: aveva gli occhi chiusi,
e le manine quasi schiacciate contro il viso corrucciato. Faceva versi
strani, simili a un pianto, ma molto più fastidiosi e acuti.
Shannon non gli toglieva gli occhi di dosso. Che cos'era? Cosa ci
faceva in braccio a sua madre? Era stato lui a ridurla in quello stato?
Suo nonno gli cinse le spalle con una mano, chinandosi alla sua altezza
e guardò anche lui il fagotto da sopra la sua spalla.
<< E' Jared. Verrà a casa con
noi...è il tuo fratellino. >> cercò
di spiegargli, ma ancora la cosa, nonostante tutti sembrassero
entusiasti, non lo rallegrava affatto. Era fastidioso, brutto e
soprattutto era in braccio a SUA madre!
Strinse i pugni. Cosa avevano intenzione di fare? Portarlo a casa sua?
Lui non lo voleva!
<< No bello! No piace! >>
brontolò Shannon, guardando speranzoso sua madre. Lei lo
capiva, lui era il tesoro più grande, avrebbe fatto tutto
per lui. Si mise a piangere, sapeva che funzionava sempre. Avrebbe
convinto la mamma a lasciarlo lì! Suo padre si
avvicinò preoccupato e cercò di consolarlo, con
l'aiuto del nonno, spiegandogli con dolcezza che era una bella cosa
avere un fratellino. Inutile. Fu tutto inutile. La mamma era decisa a
tenerselo, e come se non bastasse i suoi capricci avevano infastidito
Jared che aveva cominciato a sua volta a urlare e disperarsi. Era
così fastidioso!
Le cose a casa andarono anche peggio. Da quando Jared era arrivato casa
sua era diventata un inferno. Piangeva sempre, giorno e notte, con la
sua acuta voce, sovrastando addirittura i pianti di Shannon che persero
il loro potere. La mamma era sempre così presa a cullarlo,
dondolarlo, allattarlo che quasi si dimenticava di salutare il piccolo
Shan alla mattina appena sveglio. Il papà era sempre
più nervoso, sempre arrabbiato, rispondeva male a qualsiasi
domanda gli facesse e lo sgridava più del solito.
Già. Le brontolate.
Shannon non urlare, svegli tuo fratello!
Shannon non giocare, fai troppo rumore, Jared sta dormendo!
Shannon non toccare Jared, puoi fargli male!
Shannon smettila di piangere e aiutami!
E il nonno? Anche lui sembrava essersi completamente dimenticato del
suo nipotino preferito. Arrivava a casa e la prima cosa che chiedeva
era "dov'è quell'adorabile orsetto?" e andava diretto nella
camera di mamma e papà a prendere in braccio Jared, che come
sempre urlava e piangeva. Come potevano volergli più bene
che a lui? Non era divertente, come lo era lui! Non sapeva fare la
pupù nel vasino! Non sapeva mangiare da solo! E non faceva
mai dormire nè la mamma, nè il papà,
nè Shannon stesso. Ma se era lui che provava a urlare e
piangere allora... << Shannon, smettila! E fai il bimbo
grande! >>
Una volta le amiche della mamma venivano a casa per lui, per
strapazzarlo di coccole e domande, ridendo di ogni sua smorfia, anche
la più sciocca...ora era un fantasma.
E tutta per colpa di Jared.
Chi glielo aveva chiesto alla mamma di andare a prenderlo?
Perchè avevano voluto a tutti i costi sostituirlo? Forse era
stato cattivo? Ma sì, probabilmente! Forse l'aveva fatta
arrabbiare per qualcosa e lei era andata a prendere un altro bimbo.
Era sicuramente così. Non c'erano altre spiegazioni.
Si alzò dal freddo pavimento su cui era seduto, intento a
giocare con l'aereoplanino che il nonno gli aveva regalato per Natale,
e corse goffo e rumoroso sui suoi piedini poco stabili verso la stanza
della mamma. Appena gli avevano fatto vedere Jared, all'ospedale, aveva
pianto e fatto i capricci, forse era lì che aveva sbagliato.
Forse la mamma voleva solo un abbraccio e un bacio, così
avrebbe ricevuto il suo perdono e chissà...magari avrebbe
riportato Jared indietro.
Non ci fu bisogno di arrivare alla sua camera, la mamma era in cucina
con il papà. Stavano parlando, anche se non capiva
perchè dovessero urlare. Erano vicini, potevano sentirsi lo
stesso. Non guardò troppo cosa stesse succedendo, e non vide
il viso paonazzo di suo padre mentre gesticolava furiosamente,
guardando dritta negli occhi sua madre, anche lei intenta a gesticolare
e dimenarsi, mentre urlava e piangeva. Non vide niente di tutto questo,
solo la gamba della mamma a cui si aggrappò selvaggiamente,
chiamandola << Mamma! >>. Sapeva le piaceva
quando lo faceva. La strinse più forte che potè,
chiudendo gli occhi per fare ancora più forza. Le urla
cessarono momentaneamente, e sua madre, sentendosi afferrata
così violentemente per la gamba, si affrettò a
guardarlo. Sorrise intenerita e si chinò a dargli un bacio
sulla fronte << Ti voglio bene anche io, Shan.
>> poi cominciò a spintonarlo <<
Ora però vai a giocare di là, per favore. Io e
papà stiamo parlando. >>
Shannon provò a brontolare: voleva stare con lei! Le voleva
dire che le voleva bene, così l'avrebbe perdonato e avrebbe
mandato via Jared! Ma non ne ebbe il tempo nè il modo: sua
madre lo spinse fuori e chiuse la porta, senza preoccuparsi di
chiedergli cosa volesse, troppo impegnata in se stessa.
Shannon sbuffò triste. Gli occhi stavano cominciando a
bruciargli, così si portò una manina sul viso e
ne strofinò uno, grattando, ma ottenendo solo altro
bruciore. Perchè nessuno gli voleva più bene?
Cominciò a piangere e a singhiozzare.
Ma nessuno corse da lui a chiedergli cosa avesse o se si fosse fatto
male.
Nessuno correva più da lui da 4 mesi.
Poi lo sentì ancora: la causa di tutto. La voce acuta di
Jared cominciò a risuonare dall'interno della camera da
letto dei suoi genitori, dove era stato lasciato per il suo sonnellino
pomeridiano. Aveva ricominciato a piangere, come sempre, e presto la
mamma avrebbe riaperto la porta e sarebbe corsa da lui, preoccupata di
placare i suoi lamenti, solo ed esclusivamente i suoi.
Ma sorprendentemente ciò non avvenne.
Mamma e papà continuavano a urlare chiusi in cucina, e Jared
continuava a urlare dall'altra parte della casa.
Shannon, stufo, sbuffò ancora e velocemente percorse i pochi
metri quadrati della sua casa, arrivando alla porta della camera dei
genitori.
<< No!!! >> brontolò a voce
alta, guardando la culla scossa dai movimenti di chi dentro si stava
agitando e dimenando.
<< No!!! >> brontolò ancora
Shannon avvicinandosi. Non arrivava a guardare dentro,
perciò spostò un piccolo sgabello che era
lì vicino e si arrampicò, fino a portare il volto
oltre la parete della culla. Jared dentro era in preda alle lacrime e
agitava le gambe così forte da farla sobbalzare. Il viso
paonazzo di chi sta venendo torturato, la bocca ancora senza denti
spalancata e le mani, chiuse a pugno, che si muovevano senza una
direzione precisa, alzandosi sopra di lui, quasi a voler picchiare
qualcuno.
Quelle urla. Com'erano assordanti! Odiose.
<< No piange!! No!! >> lo
brontolò ancora, cercando di sovrastare con la sua voce
quella stridula del fratello.
<< Mamma no vuole! No piange! >>
sbuffò, ma il bambino non sembrava ascoltarlo e continuava
ad agitarsi e urlare sempre più forte, disperato nel suo non
essere sentito da chi doveva provvedere ai suoi bisogni.
Shannon scese dal suo sgabello e corse verso il comodino del
papà, dove era posata una vecchia radio. Gli era sempre
stato proibito di toccarla, ma a lui piaceva così tanto
giocare con le manopole che spesso disobbediva, sperando di non essere
colto in flagrante. Schiacciò il bottone di accensione e la
voce di un'uomo si diffuse nella stanza, accompagnata da una melodia di
sottofondo. Parlava di Hit del momento e nuovi dischi in uscita.
Shannon tornò di corsa al suo sgabello, si tirò
su aggrappandosi alla culla, e tornò a sporgersi dentro con
la testa, guardando il bambino che non dava cenno di placare i suoi
lamenti.
<< Musica! Bella musica! >> disse cercando
di sorridere, ma ancora non ci fu niente da fare. Jared era un bambino
testardo e lamentoso, come poteva il piccolo Shan, che aveva appena 2
anni, riuscire a calmarlo, quando delle volte neanche ci riusciva sua
madre?
<< Musica! Musica! >> disse ancora senza
successo e alla fine, con uno sbuffò scocciato, si arrese.
Poggiò il bracciò al bordo della culla, e su di
esso poggiò la testa, rivolta verso sinistra.
Alzò il suo aereoplanino, che ancora aveva stretto tra le
mani, e riprese a fare versi e farlo volare sopra la testa del
fratellino antipatico. Ma lui era così fastidioso che
riusciva a distrarre anche i suoi giochi, benchè questi
erano l'unica cosa che gli erano rimasti e che gli permettevano di
avere un posto per sè. Sentì nascere dentro
sè qualcosa che probabilmente non aveva mai sentito prima,
abituato a essere sempre serviziato. Non ne potè
più: era arrabbiato! Guardò Jared, fulminandolo
con i suoi occhi verdi vivaci, e sbattè l'aereo contro la
sbarra in ferro della culla.
<< No!!! >> urlò ancora, senza
essere ascoltato.
Strinse l'aereo e lo sbattè ancora contro il bordo in ferro
della culla, facendo un gran fracasso. Sentì come il rumore
di quello scontro sovrastava in parte le urla del fratello.
Sbattè di nuovo, arrabbiato nel suo tentativo di farsi
ascoltare. Basta, non voleva più sentirlo. Ancora un altro
colpo e ancora, uno dietro l'altro, come un operaio che dà
di martello, cercando in quel rumore un'ultima via d'uscita per
smettere di sentire quelle urla. E incredibilmente riuscì:
ma non perchè il suo rumore era più forte di
quella voce.
Jared aveva smesso.
Non piangeva più.
Ora guardava curioso l'aereo stretto tra le dita paffute del fratello,
la bocca cerchiata a O, gli occhi azzurri concentrati e corrucciati,
incuriosito da un rumore che mai aveva sentito prima d'ora. Shannon
smise di colpire, rendendosi conto della sorpresa del fratello e
incuriosendosene a sua volta. Jared fece un altro verso, ma non era
fastidioso come gli altri, anzi era molto simpatico. Una
<< Uh >> allungata e detta roca, mentre le
mani e le gambe avevano tornato ad agitarsi, ma non con cattiveria e
rabbia, ma con energia ed entusiasmo.
Alla radio l'uomo smise di parlare e finalmente lasciò
spazio a un nuovo disco, appena uscito proprio quel mese: Lean on me,
di Bill Withers.
Sometimes
in our lives
We all have pain
We all have sorrow
Shannon
curioso della nuova scoperta provò a sbattere ancora,
ottenendo dal bambino un altro scatto di pugni e calci, e un altro
verso entusiasto.
<< Bello? >> chiese sorpreso e
sbattè ancora, ottenendo una nuova risposta dal fratello.
But
if we are wise
We know that there's
Always tomorrow
Shannon
sbattè ancora e ancora, sempre con più
entusiasmo, trovando la nuova scoperta fantastica. Aveva fatto smettere
di piangere Jared e ora lo guardava con occhi diversi. Non era
più fastidioso e capriccioso. Stava ridendo! Era divertito
da lui, da quello che faceva. Per la prima volta da quando era arrivato
in casa qualcuno rideva di nuovo dei suoi giochi.
Era fantastico!
Lean
on me, when you're not strong
And I'll be your friend
I'll help you carry on
Rise anche lui, divertito da quel nuovo gioco. Era tornato al centro dell'attenzione. Saltellò a ritmo di musica, seguendo la voce di Bill Withers provevire dalla vecchia radio di papà e continuò a sbattere sull'asse della culla, più velocemente quando Withers cantava più velocemente e stoppandosi quando lui si faceva le sue pause. In un certo senso stava andando a ritmo, anche se in un modo tutto suo: ma era così divertente!
For
it won't be long
Till I'm gonna need
Somebody to lean on
Fece una smorfia, tirando fuori la lingua e incrociando gli occhi, sempre saltellando e sbattendo il suo aereo sulla sbarra. Jared smise di agitarsi e lo guardò attentamente per un istante prima di scoppiare nella risata più sincera che Shannon avesse mai potuto sentire, e che sicuramente avrebbe sentito per i prossimi anni della sua vita.
Please
swallow your pride
If I have things
You need to borrow
Si stava divertendo come un matto, mai aveva riso tanto, e mai si era sentito tanto importante. Non solo era riuscito a far calmare Jared, impedendo così di far arrabbiare e agitare ancora di più la mamma e il papà, ma era riuscito a tornare ad avere qualcuno che lo guardava, lo ammirava e rideva di lui, aspettando con ansia qualche altra marachella.
For
no one can fill
Those of your needs
That you won't let show
Jared rise tanto da diventar paonazzo e smettere di respirare per qualche secondo, tanto irrigidito, quasi paralizzato, che Shannon dovette fermarsi per un attimo terrorizzato all'idea di aver esagerato e avergli fatto male. La mamma gli aveva sempre detto di stargli lontano proprio per quel motivo! Aveva paura...che avesse ragione? Ma poi il bambino dagli occhi azzurri fece un gran respirone e tornò a essere normale, concedendosi altre sane risa.
You
just call on me brother
When you need a hand
We all need somebody to lean on
L'aereoplano
tornò al centro della sua attenzione e lo fece volare poco
sopra il suo viso, facendo rumori e versi esagerati, tanto da arrivare
e sputare, ma cosa gli importava? Jared allungò le manine
verso l'aereo, tornando a dimenarsi e fare versi gutturali di gioia ed
entusiasmo.
<< Bello! Aereo! >> disse Shannon prima di
porgerglielo.
I
just might have a problem
That you'll understand
We all need somebody to lean on
Jared
restò per un attimo attento, mentre cercava di stringere tra
le dita paffute e disorganizzate quel magnifico oggetto che tanto lo
faceva divertire. Curioso corrucciò la fronte, tenendo le
labbra dischiuse in una << Oh. >>
Un'espressione come quella Shannon non l'aveva mai vista e non
riuscì a trattenere le risate. Che esserino buffo!
Lean
on me, when you're not strong
And I'll be your friend
I'll help you carry on
Ma quanto può essere misera la presa di un bimbo di 4 mesi? L'aereo scivolò dalle sue dita, andando a sbattere con l'ala contro il suo nasino delicato, e, benchè la distanza di caduta era stata veramente insignificante, comunque era pur sempre un oggetto di plastica contro un naso delicato. E questo lo fece di nuovo scoppiare a piangere.
For
it won't be long
Till I'm gonna need
Somebody to lean on
<<
No! >> disse Shannon preoccupato, vedendo cosa era
successo. Si sporse in avanti, cercando di riafferrare il suo
aereoplano e toglierglielo di dosso.
<< No piange!! >> disse ancora, non
più arrabbiato però. Quei pianti e quelle urla
non gli davano più fastidio. Ma lo spaventavano: si era
fatto male? Perchè piangeva? Non doveva essere triste!
Doveva tornare a ridere di lui!
You
just call on me brother
When you need a hand
We all need somebody to lean on
Tornò
rapidamente a dimenarsi, saltellando a ritmo di musica e imitando la
stessa espressione che tanto aveva divertito il fratello poco prima. Ma
non riuscì ad avere la sua attenzione.
<< No! No piange! >> disse ancora, sperando
di consolarlo. Allungò la manina verso lui e strinse
delicatamente le dita paffute e sudaticce del fratellino. Erano
così piccole. Non credeva potessero esistere cose
così piccole. Ed erano morbide come l'erba del mattino,
appena bagnata di rugiada.
I
just might have a problem
That you'll understand
We all need somebody to lean on
Jared al contatto col fratello si rasserenò appena, placò le sue urla e trasformò il pianto in semplice lamento, scosso ogni tanto da un singhiozzo. Shannon colse l'occasione e gli fece un'altra smorfia, simile alla prima, e questo riuscì a calmare del tutto Jared, che, sereno, osservò suo fratello, curioso ed attratto. Era così buffo. Strinse le sue dita intorno a quelle di Shannon, tenendo ben salda la presa, come intimorito dall'idea che fosse potuto scappare via.
If
there is a load
You have to bear
That you can't carry
<<
Ho sentito Jared piangere! >> brontolò
Constance uscendo dalla cucina, ormai troppo tardi per correre in suo
aiuto, dato che già tutto sembrava tacere: ma finalmente
aveva trovato una via d'uscita da quell'inutile litigata, e poteva
andare ad occuparsi del piccolo.
<< Sta bene, ha smesso! >>
brontolò irritato Tony, andandosi a buttare su una sedia
qualunque, afferrando nervosamente il giornale rimasto lì da
quella mattina e aprendolo, senza avere la vera intenzione di leggerlo.
Costance lo ignorò, era arrabbiato e anche lei lo era:
avevano bisogno di starsene un po' ognuno per i fatti propri.
I'm
right up the road
I'll share your load
If you just call me
<< Oh. >> uscì dalle labbra di una meravigliata e quasi commossa Costance, ferma davanti alla culla di suo figlio, i biondi capelli che ricadevano sulle spalle abbassate e la mano poggiata al cuore. E si sentì d'un tratto stupida. Era stata così presa dal suo dovere di mamma, dal dovere di non farlo piangere, che mai si era fermata un attimo a riflettere su quanto realmente aveva tra le mani. Lo stress del nuovo figlio, unito alle litigate con suo marito che si erano incredibilmente quadruplicate negli ultimi mesi, l'avevano resa cieca. Che sciocca.
Call
me
If you need a friend.
Call me.
L'aereoplano
giaceva ormai silenzioso ai piedi della culla, niente più
voli per lui quel giorno. La radio continuava a cantare per loro, dolce
e quasi comprensiva nel suo tentativo di non destare il sonno dei due
angeli che dormivano uno di fianco all'altro. Jared spostato
più verso sinistra, quasi schiacciato alla parete della
culla, e Shannon con le ginocchia leggermente tirate su, ormai troppo
grande per un giaciglio come quello. Girato su un fianco aveva un
braccio attorno al fratello, in un tenero gesto protettivo e
possessivo. Entrabi a occhi chiusi, persi nel loro delicato e complice
sonno. Lo stesso sogno.
Il sogno di un futuro assieme, sopra quell'aereo che tanto aveva
rumoreggiato quel pomeriggio, da una città all'altra,
accompagnati dalla musica, dallo "sbattere" ritmato di Shannon e la
voce "stridula" di Jared che destava i cuori non più solo di
sua madre e suo padre.
Call (on) me...Brother.