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Autore: MatsuriGil    18/01/2015    2 recensioni
La vita di Jonghyun fu sconvolta dall’arrivo di una bambina . Passato, presente e futuro si intrecceranno per dar vita ad una storia d’amore alquanto improbabile.
Che succederà quando una nuova persona entrerà a far parte della sua vita?
Se siete curiosi, che aspettate a cliccare :)
(Principalmente JongKey, con accenni 2Min, poi, chissà)
(Per ora raiting arancione, forse in futuro potrà diventare rosso)
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 

POV Jonghyun

 
Era un giorno come tanti altri, anche se da una settimana non faceva altro che piovere interrottamente.
Mi stavo apprestando ad andare a lavoro, gestivo insieme ad un mio collega e amico il locale più  in voga di Seoul. Avevo solo 24 anni, ma i miei genitori,  morti tragicamente 3 anni fa in un incidente d’auto, mi avevano lasciato tutto nel loro testamento e questo comprendeva anche il fondo dell’attuale locale.
E pensare che prima dei lavori era solamente una palestra!
Mi stavo mettendo le scarpe quando sentii bussare alla porta.
Strano, non aspettavo nessuno, soprattutto a quest’ora e non avevo nessun vicino, c’erano soltanto locali intorno alla mia casa.
“Si, arrivo subito, un attimo”.
Presi il giacchetto ed aprii la porta, sperando che questo ospite  non mi portasse via poi molto tempo.
Quanto mi sbagliavo!
Al di là della porta, c’era una signora accompagnata da un agente e teneva in braccio una bambina che avrà si è no 3-4 anni.
“Posso esserle d’aiuto? Mi dispiace, ma spero che sia una cosa veloce, il lavoro mi chiama” dissi nel modo più gentile possibile mentre infilai il giacchetto per fargli notare la mia fretta di uscire.
“Veramente signor Kim, penso che dovremmo rubarle un po’ più di tempo. Vede si tratta di una cosa delicata”.
Dai loro sguardi e dalla voce con cui l’agente aveva parlato, decisi che il lavoro poteva aspettare.
“D’accordo, accomodatevi pure, io intanto faccio una telefonata per avvertire il mio collega che tarderò al lavoro”.
Li feci accomodare in salotto e, mentre loro si sedevano, digitai il numero di Onew.
Dopo due squilli rispose:
“Ehi Jong sei in ritardo, e qui c’è assolutamente bisogno di te, fra quanto arrivi?”
“Hyung è successo un imprevisto, non credo di riuscire a liberarmi stasera, prova a chiamare Minho anche se è il suo giorno libero, digli che si può concedere un weekend libero se accetta di venire stasera  e, fidati, di certo non si rifiuterà”.
“D’accordo, allora faccio così, ma di che imprevisto parli?”
“Te lo racconto più tardi, ora devo proprio chiudere”.
“Ok , ti richiamo dopo”.
“Va bene, Hyung”.
Ritornai in salotto dagli ospiti, solo ora mi accorsi che la bambina era profondamente addormentata fra le braccia di quella donna.
“Scusatemi se vi ho fatto aspettare, ma potrei sapere il motivo per cui siete venuti da me?”
“Lei è il Signor Kim Jonghyun, giusto?”
“Sì, sono io e lei è…’”
“Mi scusi se non mi sono presentato prima, sono l’agente di polizia incaricato in questo caso, mi chiamo Lee Howon e la signora accanto a me fa parte dei servizi sociali, si chiama Park Minji. Siamo qui a quest’ora tarda per dirle che purtroppo la madre della bambina è morta in un incidente e lei – indica la bambina - si è salvata per miracolo”.
“E, mi scusi l’interruzione, ma cosa centra tutto questo con me?”
“Vede, non penso io sia la persona più indicata a dirglielo, ma la bambina qui presente è sua figlia Kim Jonghyun, abbiamo trovato una foto negli oggetti della madre con una lettera indirizzata a lei. Molto probabilmente gliela stava venendo a recapitare il giorno in cui è capitato l’incidente”.
Rimasi turbato da queste parole. Ma ancora non riuscivo a capire cosa stava succedendo intorno a me.
“Il nome della vittima e madre della bambina è Lee Jorim”.
Il mondo mi crollò addosso in quell’instante.
Quelle semplici due parole che costituiscono quel nome mi riportarono indietro di 4 anni. A quel tempo come ogni ragazzo di 20 anni andavo a giro per le discoteche con gli amici a rimorchiare.
Avevo un certo fascino, che ho tutt’ora sia chiaro, anche se i miei gusti sono alquanto cambiati.
Avevo conosciuto Jorim ad una festa, era un anno più piccola di me, ma in poco tempo mi avevo catturato.
Fu solo un avventura di una notte, non perché io non volessi approfondire il nostro rapporto, ma lei sparì prima che potessi chiederle il suo numero di cellulare.
Dopo qualche ricerca, scoprii che i suoi si erano dovuti trasferire per motivi di lavoro in Giappone e che lei era andata con loro.
Quindi ci misi una pietra sopra e continua per la mia strada, col pensiero che non l’avrei più rivista.
“Signore, Kim Jonghyun, mi sente?”
Il poliziotto mi scosse dai miei pensieri. Ero alquanto sconvolto.
“Capisco che sia una cosa improvvisa, ma c’è una cosa necessaria da fare”.
“Credo di aver capito cosa intende” risposi riprendendo il controllo.
“Vede, dalla lettera siamo risaliti al suo indirizzo, ma noi non abbiamo la certezza che lei sia il padre, quindi potremmo chiederle di sottoporsi ad un test di paternità, sempre che sia necessario, naturalmente se lei in questo momento ci dicesse che non conosce nessuna Jorim, non vedo perché farle perdere ulteriore tempo”.
“Lo farò”.
“Signore… - l’assistente sociale finalmente parlò – vede, se lei risultasse il padre della bambina, per i diritti legali, lei d’ora in avanti vivrebbe sotto la vostra tutela, altrimenti verrà affidata ad un istituto”.
“Capisco, se sono il padre mi prenderò tutta la responsabilità, non voglio che la bambina vivi in un  istituto solo perché io sono troppo stupido”.
L’assistente mi guardò con uno sguardo soddisfatto e un po’ sorpreso, forse non era da tutti un discorso del genere, soprattutto per un ragazzo di soli 24 anni, ma dopo che il mondo mi cadde addosso per la prima volta quando morirono i miei genitori, decisi di prendere tutto quello che il mondo mi offriva, e se davvero questa bambina fosse stata mia figlia, non potevo di certo abbandonarla in questo modo.
“Potrei sapere una cosa prima di andare in ospedale per il test? Come si chiama?”
“Crystal, il suo nome è Crystal e quando si sveglierà capirà perché il suo nome è così particolare”.
Ci dirigemmo tutti insieme verso l’ospedale e in poco tempo, grazie all’aiuto dell’assistente sociale, avevamo già i risultati in mano del test di paternità.
D’altronde era una questione delicata, soprattutto perché la bambina aveva solo 4 anni.
Avevo la busta in mano, spettava a me aprirla e in quel momento le mie mani sembravano immobilizzate. In qualche modo però riuscii a sfilare il foglio e a leggere la risposta del test.
“Dove sono? ”
Una voce mi risvegliò dai miei pensieri.
“Crystal, ti sei svegliata piccola, vieni qui, che ti presento una persona”.
La bambina che era su una sedia mi raggiunse in un attimo.
“Chi è questo signore?”
“Vedi lui è…”
“Ciao piccola – dissi mettendomi in ginocchio per poterla vedere da più vicino – io sono Jonghyun, il tuo appa”.
Mi scrutò per un po’, poi prese la collanina che aveva al collo e l’aprì. All’interno c’erano due foto, una di Jorim che l’abbracciava e l’altra era una mia foto, scattata di nascosto, molto probabilmente.
La cosa che mi fece divertire e che mi scaturì un sorriso fu quando prese il ciondolo e lo posiziono accanto alla mia faccio e disse queste esatte parole che mi rimarranno impresse per tutta la mia vita:
“Dal vivo sei molto più bello, bling bling Appa” e mi dono uno dei sorrisi più meravigliosi che potessi mai avere.
Volevo abbracciarla, ma decisi solo di accarezzarle i capelli, non volevo rischiare troppo, anche perché era la prima volta che parlavamo dopotutto.
Solo in quel momento mi persi nel suo sguardo.
Il colore dei suoi occhi era molto diverso dai colori che eravamo abituati a vedere soprattutto qui in Corea.
Crystal, il suo nome non poteva essere più azzeccato di così. Al posto delle pupille marroni o nere che tutti si aspettavano da un asiatico, aveva due occhi color blu- ghiaccio.
“Ha una strana forma di albinismo – spiegò l’assistente sociale – che a quanto pare si è incentrata solamente negli occhi o almeno questo è quello che mi hanno riferito i dottori quando l’hanno visitata. Per informarla, i suoi occhi sono molto sensibili alla luce, quindi di giorno sarebbe meglio che indossasse sempre degli occhiali da sole per proteggerli. Se vuole altre informazioni può chiedere direttamente al medico che l’ha visitata quando viene al centro. Questo è il mio biglietto da visita, la prego di venire domattina nel mio studio per certificare tutto quello che è successo e riconoscere in senso legale sua figlia. Se vuole Crystal può già stare con lei”.
“Va bene, ma voglio che sia la piccola a decidere, dimmi Crystal con chi preferisci passare la notte con me e con la signorina?”
Crystal girò lo sguardo un paio di volte, pensierosa sul dar farsi, ma alla fine disse:
“Appa bling bling”.
“Con questo siamo d’accordo, la aspetto domattina nel mio ufficio, buona serata”.
“Anche a lei, e, piccola – dissi rivolgendomi a quella che era mia figlia – che ne dici di andare a casa? Domani dovremmo fare un sacco di cambiamenti, ma ora che siamo insieme abbiamo tutto il tempo per farlo”.
Non mi rispose, mi fece un gran sorriso e mi prese la mano.
Con quel suo innocente gesto mi fece capire che già ero entrato a far parte della sua vita.
 
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Salve a tutti, finalmente mi sono decisa di pubblicare questa fanfiction dopo quasi 6 mesi che l'ho scritta, ancora non sono arrivata ad una conclusione per questo per oragli aggiornamenti saranno circa uno al massimo 2 ogni mese.
Questo è il link della mia pagina facebook dove potete avere notizie e chiedermi qualsiasi cosa. Ogni tanto pubblicherò piccolo spoiler quindi spero che metterete mi piace per seguirli: 
https://www.facebook.com/MatsuriGilFanfiction?ref=hl
Spero che commentere questo primo capitolo/prologo.
A presto :)
   
 
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