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Autore: Inathia Len    20/01/2015    2 recensioni
Post speciale di Natale, ma non contiene spoiler.
Clara ha un incidente e finisce in coma.
Il Dottore lo viene a sapere e la va trovare in ospedale.
Quando tutto sembra ormai perduto, Clara si risveglia. Sta bene, tranne che per un particolare: non ricorda assolutamente del Dottore e delle loro avventure.
Complice un vecchio album di fotografie, il Dottore prova a ritrovare la sua compagna.
(Twelve/Clara leggermente accennata)
Genere: Angst, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 11, Doctor - 12
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I'll keep ypu safe


Clara è un cosino minuscolo, collegata a tutti quei tubi e fili, in un enorme letto d'ospedale. L'elettrocardiogramma dice che è viva, che il suo cuore batte, ma il Dottore non ne è sicuro al cento per cento. È troppo pallida, troppo immobile...

Una signora anziana, che il Dottore ricorda essere la nonna dal Natale che ha passato a casa di lei, gli passa accanto piangendo, quasi senza notarlo. Si tormenta le mani, stropicciando gli anelli e conficcandosi le pietre nei palmi. Accanto a lei un uomo e una donna, il padre e la matrigna di Clara, tutti sconvolti, tutti silenziosi. Una processione muta e dolorosa, che si ferma davanti alla vetrata. Nessuno può entrare, possono solo osservarla, piangere e guardarla.

Il Dottore non chiede, non vuole sapere cosa sia successo. La vuole ricordare com'era l'ultima volta che l'ha vista, anche se era in camicia da notte e tutta scarmigliata. Si porta una mano alla guancia, dove lei lo aveva baciato con delicatezza prima di sorridere e scappare di nuovo nella notte con lui.

La nonna, il padre e la matrigna non chiedono, non vogliono sapere chi sia quell'uomo dall'aria così arrabbiata -ma forse sono solo le sopracciglia- che guarda la loro Clara che dorme.

Ogni tanto passa qualche medico, scambia con i famigliari qualche parola, gli lancia un'occhiata interrogativa, ma puntualmente non chiede, nemmeno lui.

E allora il Dottore si limita a tenere lo sguardo fisso sulla sua Clara, immagina di poterle stringere la mano, di vederla sorridere e riempirlo di parole come solo lei era capace di fare. Immagina di vederle aprire gli occhi, immagina di prenderla in giro perché sono troppo grandi, immagina le braccia di lei attorno al collo che lo stringono troppo forte -ma va bene così-, immagina di ricambiare la stretta, per una volta, e di dirle che non la lascerà più.

Perché questo -ospedali, medici, lacrime e vuoto nei cuori- è quello che succede quando non sono insieme. Non che viaggiare nel tempo e nello spazio sia qualcosa di tranquillo e rilassante, ma lui non permetterebbe mai che le facessero del male.

Umani, pensa, così delicati e così belli.

 

*

 

Torna che è notte, fa atterrare il TARDIS silenziosamente e invisibile nella sua stanza, indossa quell'orologio che l'aveva tanto esaltata e fatta ridere, quella volta che si era infiltrato alla Coal Hills. Sembra tutto così lontano ora...

Non sa esattamente quanto tempo sia passato da quel Natale in cui sono tornati a viaggiare insieme. Giorni? Mesi? Anni?

Clara sembra sempre la stessa.

Le si siede accanto, fa per prenderle la mano, ma poi rinuncia.

Dovrebbe parlarle? Cosa bisogna dire, in queste circostanze? Che fare quando la propria migliore amica, per la quale forse si prova qualcosa ma che comunque non si può dire, è in coma e non si sa quando e se e come si risveglierà?

Alla fine si limita a guardarla, sporgendosi leggermente in avanti, gli occhi quasi sgranati.

Nota la piccola cicatrice sul collo, di quella volta in cui un Dalek l'ha colpita di striscio.

Nota che ha i capelli leggermente più corti, forse anche perché c'è stata una volta in cui un Cyberman l'aveva presa per la coda, per trattenerla.

Nota che le unghie sono rosse e più lunghe di quando viaggiano insieme. Le ha sempre portate corte e semplici, diceva che le avrebbero impacciato i movimenti.

Le sposta la lunga frangia dalla fronte, primo contatto spontaneo da quando è entrato nella stanza. Lo fa con delicatezza, troppo tentato dal volerle baciare la fronte. Ma quella era una cosa che faceva l'altro lui, quello che si poteva permettere di fingere di essere giovane e di tenerle la mano senza vergognarsi.

Ora, però, non c'è nessuno in giro.

E allora prende la piccola mano di Clara tra le sue grandi, ma con delicatezza, quasi potesse svegliarsi da un momento all'altro e prenderlo in giro.

Chiude gli occhi, il Dottore, e spera.

 

*

 

Alla fine la sua è diventata routine.

Va sempre di notte, perché così nessuno lo possa disturbare. Ancora non ha voluto sapere cosa le sia successo, a lui interessa solo l'effetto. Clara è in coma da due settimane e, più il tempo passa, meno probabilità ci sono che si svegli e torni ad essere se stessa.

Ogni notte gli sembra più piccola e più delicata.

Ogni notte i tubi e le macchine che la circondano gli sembrano più grandi e più fameliche, quasi le stessero rubando l'energia vitale, anziché aiutarla a vivere.

Ogni notte le tiene la mano, azzardando delle carezze circolari.

Ogni notte se ne va, impostando già le coordinate per la notte successiva, sperando con tutti i suoi due cuori, di arrivare e trovare il letto vuoto perché lei si è svegliata ed è tornata a casa.

Ma no.

Ma no.

 

*

 

C'è solo una volta che si azzarda ad andare di mattina. E non è proprio una cosa pianificata, diciamo che si è addormentato ai comandi e ha saltato la notte.

Tira un sospiro di sollievo quando vede che c'è solo la nonna. Quella vecchietta gli piace, anche se ha il sospetto, essendo una parente di Clara, che la donna potrebbe prenderlo a calci per l'eternità se lo sentisse chiamarla in quel modo.

È seduta al capezzale della nipote, ma non le tiene la mano. Se ne sta lì immobile, la guarda, nemmeno piange.

-Come sta?- azzarda a chiedere, facendo voltare l'anziana.

-Stabile- sussurra, le mani che si contraggono all'infinito. Ora capisce da chi abbia preso Clara in quanto passione per gli anelli. -Possiamo solo sperare- aggiunge. -Lei è un suo amico?- chiede, speranzosa. -O il suo nuovo fidanzato? Sa, dopo Danny...-

-No, io sono troppo v...-

-Vecchio?- lo interrompe la donna, quasi sorridendo. -Mi faccia il piacere. Se lei vuole bene a Clara e Clara ne vuole a lei, mi dice cosa dovrebbe centrare l'età? Non ci si innamora mica di una data o di un numero, no?-

Il Dottore si passa una mano tra i capelli, incerto sulla risposta da dare.

-Può dirmi cos'è successo?- domanda, invece. Sa che con il TARDIS potrebbe saperlo in un attimo, ma di una cosa è certo: vuole sapere, ora, non vedere. Perché non potrebbe trattenersi dall'intervenire e non può permettersi errori. Non quando si tratta di Clara.

-Oh, la cosa più sciocca di tutte- risponde la nonna, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto ricamato. -Stava attraversando la strada e un automobilista è passato col rosso e... Quando ci hanno chiamato non volevamo crederci...-

Il Dottore scuote la testa. Non ha il minimo senso.

Clara è sopravvissuta a qualsiasi cosa, non può finire in questo modo.

-Se dovesse cambiare qualcosa, se dovesse migliorare o...- comincia, interrompendosi perché gli occhi della donna stanno tornando a riempirsi di lacrime. Si schiarisce la voce e rende conto solo in quel momento di aver sussurrato per tutto quel tempo. -Mi chiami, questo è il mio numero- conclude, improvvisamente avendone abbastanza di tutto quello. Deve andarsene, per non impazzire. Non gli è mai capitata una cosa del genere, mai. Non sa che fare e, dopo due settimane, scappa.

 

*

 

Si chiede se ci siano altri echi di Clara in giro per la sua linea temporale. O se invece non lo sia quello in ospedale, mentre invece la vera Clara non sia da qualche altra parte, ancora in attesa.

Ma poi scuote la testa, perché nemmeno lui ci crede.

Questa è quella vera, e sta morendo non per salvarlo.

Quindi è quella vera.

Poi si chiede cosa farà se lei non si dovesse svegliare mai più. Continuerà a passare le notti accanto al suo letto finché non ne potrà più e scapperà, come ha fatto, in mezzo all'universo? A questo si ridurrà la sua vita?

Non si era mai reso conto di quanto vuoto e pieno il TARDIS fosse senza Clara.

Vuoto di lei.

Pieno di sue cose e ricordi.

C'è la sua risata mentre lui imposta le coordinate.

C'è la sua parlantina esaltata di quando decidono dove andare.

Ci sono i suoi passi nei corridoi che portano al guardaroba, da dove emergeva sempre più bella.

Ci sono i suoi effetti personali nella sua stanza, la sua spazzola e un album di fotografie.

E lì dentro ci sono foto del suo vecchio sé che la tiene stretta e la guarda come se fosse la cosa più bella di tutti i mondi mai visti. C'è Clara che piroetta in un vestito da dama del settecento, facendogli la linguaccia. Ci sono gli Anelli di Akathen, dove erano stati per la prima volta insieme. C'è la piccola Merry che bacia Clara su una guancia e il suo vecchio sé strizzato nell'inquadratura, incapace di usare l'autoscatto. C'è lui che guarda scettico un suffle particolarmente sbilenco e implora con lo sguardo Clara, che sta scattando la foto, per non mangiarlo. C'è l'ultima foto insieme e la prima nuova, quando ancora stavano scoprendo che in realtà si conoscevano da una vita. C'è Clara con i capelli a caschetto che fissa indispettita l'obiettivo, perché lui non smetteva di prenderla in giro per quel taglio troppo corto, che in realtà le stava troppo bene. C'è lui con la divisa da bidello e c'è anche Danny. C'è Clara con il cacciavite sonico e ricorda che non glielo voleva più restituire, tanto la cosa sembrava farlo arrabbiare. C'è la foto di quell'unica cena che avevano fatto insieme, mangiando tacchino sulle scale del TARDIS.

C'è una vita intera, in quelle fotografie e il Dottore chiude di scatto l'album, perché capisce che c'è un limite a tutto.

 

*

 

La telefonata arriva quando ormai non sperava più.

C'è la nonna di Clara al telefono e piange talmente forte che, per un attimo, il Dottore è tentato di mettere giù. Poi guarda colpevole l'album dal quale non riesce a staccarsi e stringe i denti, imponendosi di essere gentile.

-Si è svegliata!- urla la donna, quasi staccandogli un timpano, ma questa volta non importa, questa volta va tutto bene. -Si è svegliata...! E' un miracolo, un miracolo- continua a ripetere, piangendo. E il Dottore mette giù prima che possa aggiungere altro, facendosi però dare la data e persino l'ora. Non può permettersi di sbagliare, non questa volta.

Arriva quando arriva, di giorno o di notte poco gli importa, l'importante è che Clara sia viva e si sia svegliata. E ha già pronto anche il discorsino che le farà, obbligandola praticamente a traslocare nel TARDIS, dove potrà tenerla sempre d'occhio.

Il padre e la matrigna sono dentro la stanza, evidentemente, solo la nonna è in corridoio, il fazzoletto ricamato tra le mani.

-Ha fatto in fretta- commenta la donna, che ha appena messo via il cellulare.

-C'era poco traffico- la liquida velocemente lui. -Allora, dov'è? Come sta?-

-Sta bene, sta bene- sorride sorniona della sua ansia. -Un attimo e potrà entrare- gli dice, lasciandolo poi solo.

Prima la famiglia, questo lo capisce. E allora perché gli tremano le gambe? È sempre la stessa solita Clara, forse sarà un po' più strapazzata, ma...

-E' sicuro di essere il suo fidanzato?-

La voce della nonna lo riporta alla realtà.

No, no che non è il fidanzato, glielo ha detto proprio lui. Però in questo momento si sente come se lo fosse, tanta è l'ansia e la voglia di vederla. Per prenderla in giro e farla arrabbiare come sempre, ovvio.

-Perché, scusi?- chiede, sforzandosi di essere gentile. Non è il momento di fare questioni sul cosa sia lui per Clara. Lo facessero entrare, inventerà qualcosa dopo.

-Ma perché Clara sostiene di non averla mai vista!- risponde quasi stupita.

Ora sta davvero cominciando a perdere la pazienza. Prima lo spaventa a morte avendo un incidente idiota mentre lui non c'è, poi sta in coma quasi tre settimane... e alla fine dice di non conoscerlo? Non sarà mica arrabbiata perché non l'ha salvata, vero? Lo hanno chiarito questo concetto, no?

-Senta, per favore, mi faccia passare- insiste, spostando quasi di peso la donna.

Ma appena mette piede sulla soglia, gli è chiaro che Clara non sta fingendo. Lo guarda come attraverso, un po' incuriosita, un po' confusa.

-Clara...- sussurra lui, impietrito.

-Nonna, chi è...?- chiede lei e il Dottore deve trattenersi. È la sua voce, quella voce che gli è mancata così tanto. E anche quegli occhi, che ora lo guardano e non lo vedono. Ma non è come quella volta a Glasgow, nessuna telefonata potrebbe sistemare tutto questo...

-Il signore diceva di conoscerti- risponde la nonna, avvicinandosi al letto e prendendo la mano della nipote, stringendo forte.

-Ma io non l'ho mai visto prima.-

 

*

 

E' ufficiale, Clara si è svegliata, si è ripresa del tutto.

Ma non ricorda nulla del Dottore, delle loro avventure insieme.

È Clara com'era prima di incontrarlo e, per quanto la rivoglia con sé, non può fare a meno di notare quanto la sua nuova vecchia vita le stia a pennello. E lo sa perché non riesce comunque a starle lontano, perché ormai è dipendente dalla sua ragazza impossibile. Forse perché ne ha già persi troppi...

E allora, ogni volta con un travestimento diverso, è il signore gentile che l'aiuta a portare la spesa fino all'auto, dopo averla imbustata per lei; è il cavaliere che le tiene la porta aperta quando entra o usce dai negozi; è il suo salvatore quella giornata in cui piove così tanto e lui si offre di accompagnarla fino a casa, proteggendola con il suo ombrello; è l'uomo che le raccoglie i libri quando le cadono di mano, perché ne ha comprati troppi in libreria.

E quando la vede uscire dalla piccola libreria sotto casa, allora, quando ha l'illuminazione. Come essere nella vita della sua Clara senza rendergliela di nuovo impossibile. Perché lo vede, non è cieco. Ora che non viaggia con lui è più rilassata, con meno occhiaie e più sorrisi. Apparentemente, l'incidente non ha lasciato cicatrici.

Decide di rilevare quella vecchia libreria, tanto il proprietario è un vecchietto che vuole solo godersi gli anni che gli restano lontano dalla moglie, dalla quale si è finalmente separato. La compra e la riempie di libri che sa piacciono a Clara e si mette dietro al bancone, aspettandola.

La prima volta che lei entra, quasi gli si fermano i cuori.

Perché lo guarda e sembra riconoscerlo.

-Lei è...- comincia e le speranze del Dottore naufragano, quando Clara gli da del “lei”. -E' l'uomo che è venuto in ospedale. Mia nonna pensava fosse il mio fidanzato- dice, il registro stretto al petto. È appena uscita da scuola, ha un po' gesso tra i capelli e il Dottore non l'ha mai trovata così bella.

-Deve esserci un errore, io sono solo il libraio- dice, guardandola dall'alto in basso come era solito fare. La vede tormentarsi le pellicine del pollice, gli occhi leggermente assottigliati, il naso all'insù.

-Forse ha ragione, in fondo dicono che sulla Terra, ognuno di noi abbia almeno sette sosia, lo sapeva?-

-Evidentemente lei ha incontrato uno dei miei- risponde, un leggero sorriso sulle labbra. -In cosa posso aiutarla?-

 

***

 

Ormai per Clara è diventata un'abitudine, entrare nella piccola libreria dietro scuola, prima di tornare a casa. Il librario, che si fa chiamare solo così e sorride enigmatico quando lei gli chiede il suo nome, ha sempre i suoi libri preferiti e sembra quasi che gli scaffali siano pieni solo di autori che adora.

Ultimamente ha preso anche a venire a pranzare lì, perché le sembra che il librario la ascolti come pochi, persino quando parla di cose futili e sciocche, come del fatto che Courtney le chieda in continuazione del suo amico dottore, amico che Clara sostiene di non aver mai avuto.

Il librario sa dell'incidente che lei ha avuto, ma non le ha mai chiesto nulla. Ogni volta che arriva le sorride e le allunga un nuovo libro, mentre lei gli passa metà del suo panino.

-Ti piace viaggiare?- le chiede un giorno lui. Hanno smesso da un pezzo di darsi del “lei”.

Clara annuisce vigorosamente, la bocca piena di tonno e olive. Si pulisce con un tovagliolo, seduta sul bancone. Il librario ha chiuso, sembra quasi che tutta la libreria sia solo per lei, per quanto assurda la cosa possa sembrare.

-Quando ero piccola avevo un libro, che era stato di mia madre, con i centouno posti che uno doveva assolutamente visitare. E lo adoravo! Passavo ore e ore a guardare le foto, a immaginare quei luoghi lontani...-

-Ma non hai viaggiato, però?- insiste, la testa appoggiata su una mano e lo sguardo verso l'alto, verso Clara.

Si mettono sempre così, quando pranzano. Lei a gambe incrociate sul bancone, un tovagliolo che le copre i pantaloni e uno per la camicia, mentre lui si siede su una poltroncina e si abbandona su un gomito. A Clara piace essere quella più in alto, una volta tanto.

-No- storce il naso. -Quello lo mangi?- si interrompe, indicando il pezzo di tramezzino che lui ha lasciato sulla salvietta. Scuote la testa e lei lo addenta. -Comunque, dicevo che no, non ho mai viaggiato. Mai avuto il tempo, suppongo. A essere onesti, ogni tanto ho dei vuoti di memoria per quanto riguarda quello che è avvenuto prima dell'incidente. Però ho dei punti fissi, di cui sono certa. E non ho mai viaggiato, ecco.-

Il sorriso sul volto del librario si affievolisce. È ancora sulla sua bocca, ma non nei suoi occhi.

-Tu, invece? So così poco di te...-

-Oh, si può dire che io abbia visto tutto l'universo.-

-Ma fammi il piacere!- ride lei, -E in questa tua fantasia, potrei esserci anche io? Sai... l'universo suona come qualcosa che dovrei vedere.-

Lui sembra sul punto di dire qualcosa, ma poi cambia idea.

-Se ti dicessi che il mio nome è John Smith, tu cosa diresti?- tenta.

-Che è un nome davvero comune, ma che poteva andarti peggio. Io ho sempre odiato il mio cognome, invece.-

-Oswald?- dice lui, senza pensarci, e Clara lo guarda con sospetto.

-Questo non te lo avevo mai detto...- mormora, improvvisamente sulla difensiva.

-E se ti dicessi anche che noi ci conoscevamo, prima del tuo incidente? Tu non te lo ricordi, lo so... ma noi viaggiavamo insieme, dico davvero. No, ti prego... ti prego...- la implora, mentre lei, spaventata, sta raccogliendo le sue cose.

-Senti, io non ti conosco, va bene? Ma perché devi rovinare tutto?- dice, voltandosi verso di lui, gli occhi pieni di lacrime.

-No, non fare così. Tieni quei cosi sotto controllo, non sopporto quando sei tutta così emozionale e... e...-

-Smettila di parlare come se mi conoscessi!- esclama Clara, praticamente isterica, ora. -Sei un libraio, ti chiamerai anche John Smith... ma io non ti ho mai visto prima di questo mese!

-Ho qualcosa che potrebbe farti cambiare idea- mormora lui, il tono scorbutico è scomparso. -Ho una cosa da darti. Dacci solo un'occhiata, ti chiedo solo questo. Poi potrai anche dimenticarti anche di questo me, non ti disturberò più. Ma se... ma se torni Clara, la mia Clara...- e mette sul bancone un album di fotografie. Lei lo guarda con sospetto, la lacrime che scendono copiose sul volto e le sbavano il trucco. Tiene con un braccio la giaccia, infilata per metà, e con l'altro la borsa e il registro, che stanno pericolosamente sfiorando il pavimento.

-Cos'è?-

-Prove. Prove che ci siamo conosciuti, che...- si passa una mano sul volto e poi sulla bocca. -Non sono foto finte, non potrebbero esserlo. Dacci una chance... dammi una chance...- conclude, mentre lei afferra l'album e se ne va, la giacca ancora a penzoloni e la borsa che striscia per terra.

 

*

 

Quando finalmente Clara arriva a casa, si appoggia contro la porta d'ingresso e si lascia scivolare sul pavimento. Al buio, le gambe sotto di sé e il cuore che batte forte.

Non può essere vero, non può esserlo.

Lei è Clara Oswald, insegnante di inglese, sopravvissuta e risvegliata dal coma.

Lancia con tutte le forze l'album, che lo strano libraio le ha dato, il più lontano possibile. Sente qualcosa rompersi e realizza che probabilmente quel librone ha colpito il tavolino del salotto. Era un regalo di Danny. Lui lo ricorda fin troppo bene e scoppia a piangere.

Si stringe nella giacca e non accenna al volersi alzare.

Lo fa solo un paio d'ore più tardi, quando ormai non si sente più le gambe e lo stomaco ringhia per la fame. Realizza che i tacchi le hanno rotto le calze e calcia con rabbia le scarpe nella scarpiera. Si toglie anche le calze, i pantaloni e la camicetta, infilandosi una vecchia tuta di Danny, che le sta enorme ma almeno la tiene al caldo.

Come un automa, si cucina qualcosa che nemmeno ricorda e di cui non sente il sapore quando lo mette in bocca.

Si rannicchia sul divano e fissa con cattiveria l'album, che giace tra pezzi di vetro. Dovrebbe pulire, lo sa, e anche liberarsi di quel coso ma, improvvisamente il tono disperato del librario le torna in mente. E lui non è tipo da implorare con facilità, questo lo sa chissà perché. Stringe i pugni e mette da parte il piatto. Recupera il librone, incurante delle schegge di vetro che le feriscono i piedi nudi e le mani. Solo in quel momento si rende conto di quanto le unghie lunghe siano scomode.

Apre la prima pagina quasi titubante. Lo scetticismo e la rabbia di poco prima sono scomparsi. Si direbbe curiosa, ma non vuole dare ragione al librario per principio.

Chiude gli occhi e mette tutto da parte.

 

*

 

Clara, mi spieghi perché lo devo fare?

Uffa, ma quanto sei noioso! È per avere qualcosa di nostro, dei ricordi!

E li abbiamo, no? Ma poi, perché lo dobbiamo anche mettere per iscritto? Dai, la mia grafia fa schifo!

Sì, in effetti...

Ehi, disgraziata! Non ti azzardare a ridere, non ti azzarncdcàkrmnxjn... ecco, contenta di avermi fatto sbagliare? Ora il tuo lavoretto è rovinato.

Oh, lo sarà ancora di più quando vedrai la foto che voglio mettere per prima... ricordi quando siamo andati a caccia di fantasmi (anche se alla fine era ovviamente tutto tranne che un fantasma, quello?) be', mi sono fatta dare il selfie che ti sei fatto.

Selfie?

Oh, non fare quella faccia. La prossima volta non fai lo scemo!

 

Sotto, c'è una foto che ritrae un giovane che potrà avere massimo trent'anni, con un cravattino scuro e una giacca che sembra viola, ma non è tutta nell'inquadratura, quindi Clara non ne è sicura. Ma non è quello che la fa restare senza fiato, è il fatto che quella è davvero la sua scrittura e chiunque fosse quell'uomo, aveva scritto il suo nome, aveva scherzato con lei e lei aveva fatto lo stesso...

e poi, a caccia di fantasmi? Lei non si era mai mossa da Londra, figuriamoci andare a caccia di fantasmi...

 

Questo lo considero alto tradimento! Non puoi farmi questo, davvero!

Ormai l'ho incollata e l'ho fatto con quella colla che abbiamo preso al bazar degli Anelli di Akathen, così sono sicura che non la potrai mai staccare.

Senti, ma questa cosa dei commenti dobbiamo farla sempre?

Solo ogni tanto... oh, guarda che foto ho trovato! Questa deve essere di quella Clara-eco che hai conosciuto all'epoca vittoriana. Che anno era?

1892... ma cosa c'entra? Non ho nessuna foto...

Ah no? E questa cos'è?



ok, va bene, è la foto, contenta?

Mica tanto. Non è che sia venuta poi così bene... ehi, che fai? Non puoi incollarla!

E perché? Tu hai incollato la mia... ora siamo pari, miss Oswald. E poi che ti importa se è venuta male? Tecnicamente, non sei tu, quella.

Tecnicamente no, ma abbiamo la stessa faccia e...

 

 

Più Clara legge, più non sa se ridere o piangere. Forse è vero, forse è lei quella che ha scritto quelle cose. Ma sembra diversa. Più ragazzina, più spensierata... non ha mai scherzato così con nessuno, nemmeno con Danny.

E poi, anche ammesso, che fine ha fatto il giovane uomo della prima foto? Non è il librario, non può esserlo. L'uomo che scrive è giovane, ride e scherza... John Smith ha due sopracciglia che fanno paura e un'aria strana.

Ma soprattutto, cos'è quella storia di echi, di Clare vittoriane? La foto sembra vecchia, quello sì, ma può davvero credere al fatto che sia stata scattata nel 1892? E poi è davvero lei quella che ha scritto “anelli di Akathen”?

E' mezza tentata di mettere via tutto quanto. Forse qualcuno ha imitato la sua scrittura e... e no, però, perché le foto -è sicura che l'album ne sia pieno- non si possono tutte contraffare.

 

 

Che ne dici di trovarne una in cui non sembriamo dei perfetti idioti, ora?

Sai, con te è difficile, ma...

Ehi!

Oh, fa' poco l'offeso. Ecco, questa ti piace?

Sei incredibilmente tenere in questa, sicura di essere tu?

Sì, sì, siamo noi due. Il tuo meno è inconfondibile.

Questa era personale...

Non ho saputo resistere.



Però siamo carini, no?

Uh, Clara!

Non importa che mi chiami e lo scrivi allo stesso tempo, sono di fianco a te.

Ah, giusto. Comunque, guarda che ho trovato!

Ma questa non l'avevo mai vista!



Sempre agli Anelli, vero?

Mentre Merry cantava, già...

Oh, e guarda questa...

Mi sa che ti avevo proprio fatto arrabbiare qui...

Come sempre, no?

Guarda che lo vedo che stai ridendo, Clara Oswald!

Comunque, anche questa finisce nell'album.



Non sapevo che la consolle potesse scattare foto.

Infatti di solito non lo fa... le devi stare particolarmente simpatica...

Sì, come no... comunque, Dottore, ho ufficialmente trovato la mia preferita.

Oh, carina questa... eri bagnata come un pulcino, ricordi?

Be', sai, in un sottomarino in avaria con un Guerriero di Ghiaccio che ti insegue non hai molto tempo per pensare ad asciugarti...



Di foto come quella ce ne sono ancora almeno altre cento, Clara lo sa prima ancora di vederle. E tutte sono corredate di commenti scherzosi che le fanno male al cuore. È come leggere di un amico che si ha perso e non si ricorda il perché. Perché ora lo sente, sa di aver conosciuto quell'uomo strano che la vecchia sé chiamava “Dottore”. Ma che fine ha fatto? Se si ha un amico del genere -anche se, soprattutto dall'ultima foto, non è così sicura che fossero solo amici- non lo si dimentica. E poi, il librario cosa centra in tutto questo?

Si porta una mano alla bocca, improvvisamente in preda all'angoscia. E se quel “Dottore” fosse morto e lei non lo ricordasse proprio perché erano così vicini? E se il librario fosse una specie di parente o loro amico comune?

Eppure, c'è qualcosa che non le torna, perché “Dottore” e “librario”, questo momento, le sembrano così simili come titoli... Così vuoti eppure pieni di tutto...

Sfoglia velocemente il resto delle foto, senza focalizzarsi troppo, fin quando non si blocca.

In una foto, lei e il libraio insieme. E lei lo sta abbracciando... o quanto crede si tratti di lei, perché la ragazza nella foto indossa la stessa gonna e lo stesso maglione che aveva lei a Natale, due anni prima.



Ancora con la cosa delle foto e dei commenti?

Oh, la rigenerazione ti ha reso un borbottone di prima categoria. E comunque, questa l'ho messa come simbolo, diciamo. È il momento in cui ho accettato il nuovo te...

Va bene, va bene...

E poi lo so che queste cose ti fanno piacere, anche se non lo ammetteresti neanche sotto tortura. E non guardarmi così, caro mio, non mi fai più impressione. E neanche lo fanno più le tue “sopracciglia d'attacco”, o come diavolo le hai chiamate...

Sopracciglia d'attacco”? ma.. ma... cosa?

Sta' buono e aiutami a trovarne altre.... uh! Miracolo!

Che c'è? Sei impazzita del tutto? E smettila di agitarti, mi fai venire il mal di testa...

No, macché impazzita! Ne ho trovata una in cui sorridi



Be', questa sì che è nuova...

E' stato dopo che abbiamo rapinato quella banca.

Dopo che mi hai scaricato per uscire con Danny-boy, vorrai dire

Oh, no, questo no! Non puoi parlare male di lui anche nel “nostro” album!

Mi piace come suona, sai? Ok, no... cancella quello che ho appena scritto... si può cancellare?

No, caro mio. Il “nostro album” ti piace! Scommetto che un giorno di questo entrerò e ti troverò a spulciarlo con le lacrime agli occhi...

 

 

 

Clara chiude l'album definitivamente. Non vuole vedere nient'altro. Come poteva credere, la sé di allora, che sarebbe stata proprio lei a guardarlo e piangere. Perché ora lo sa, sa che ha vissuto tutto quello, anche se non se lo ricorda. E sa anche che il librario è il Dottore, qualunque cosa voglia dire, e che è sempre lo stesso uomo, anche se il suo aspetto è diverso. E sa che hanno viaggiato insieme, come ancora non l'ha capito, ma sa che il libra... no, il Dottore glielo spiegherà.

E a conferma di tutto questo, nell'ultima pagina dell'album, trova una piccola chiave, con una frase scritta di fretta.

 

Io non so mai perché... so solo chi.

 

 

 

 

 

Inathia's nook:

 

oook, forse questa fic è da spiegare, forse no. Non lo so. L'unica cosa, vorrei aver reso IC i personaggi, per me è sempre la cosa fondamentale, anche se queste sono decisamente circostanze speciali.

Allora, andiamo con calma.

Quando è ambientata? Direi dopo lo speciale di Natale, sì. E' un ipotetico pre-nuova stagione, circa. 

Perchè è così deprimente? Perchè domani ho il primo esame all'università e scrivere di questi due idioti mi distende. Quello e il fatto che mi era venuta l'ispirazione e non ho saputo resistere. 

Sono stata indecisa fino alla fine se "usare" come Dottore Eleven o Twelve, ma alla fine la scelta è ricaduta su quest'ultimo. Non per un qualche motivo particolare, ma diciamo che un Eleven "depresso" lo abbiamo già visto, e volevo spingere al limite Twelve. Spero comunque di essere riuscita a mantenerli IC.

Per il resto, la fic non è davvero nulla di chè. 

Alla fine, vorrei chiarire che Clara non ha del tutto riacquistato la memoria, giusto qualcosina, ma diciamo che se la sente di farsi raccontare quello che le manca dal Dottore. 

Ah, e se mi sembra una Twelve/Clara (anche se mooooooooolto accennata) la cosa è voluta. Più lo negano, più per me questi due stravedono l'uno per l'altro.

Ok, questo è quanto. Spero vi sia piaciuta e mi lasciate un commentino. Anche negativo, è solo la seconda volta che scrivo di loro, mi farebbe piacere sapere che ne pensate :)

  
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