Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Faffi_sama    20/01/2015    1 recensioni
La vita mi aveva distrutta e uccisa con facilità. Ma con la stessa facilità uno spiragli di luce mi ha risvegliata.
Questa vuole essere una femslash tra una donna e una ragazza, che hanno avuto una vita difficile piena di sacrifici e che hanno avuto per compagna solamente la solitudine. Fino ad ora, almeno.
Spero vi piaccia. A me piace ahahahah
Scherzi a parte, buona lettura :D
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nella grigia Milano tutto sembrava prevedibile, scontato, privo di novità. Tutti e tutto erano rassegnati a fare sempre la stessa cosa, con le stesse tipologie di persone. Era in quest'ottica che iniziavano la giornata una professoressa universitaria stanca di dover ripetere i medesimi argomenti e una studentessa stanca di dover studiare teorie dette da altri che tutti spacciavano per corrette (ma chi poteva assicurare che queste lo fossero davvero?). 
Il giorno di inizio del nuovo anno accademico, dopo stressanti giornate di esami, domande e resoconti, era giunto. Athena si stava alzando dal letto con la consapevolezza che avrebbe dovuto affrontare orde di giovincelli speranzosi ed entusiasti per il nuovo percorso di vita che li attendeva, ma del quale, probabilmente, si sarebbero presto stancati. Dopo un profondo respiro di autoconvincimento, si alzò, aprì antine e cassetti e preparò ciò che si sarebbe dovuta mettere per essere sè stessa, tranquillizzarsi e presentare bene il suo corso. Dopo una doccia rinvigorente, uscì dal bagno in una tenuta pressochè perfetta: capelli sciolti scuri, che cadevano sulle spalle in modo molto naturale, anche grazie al ciuffo laterale che incorniciava il bel volto ovale, occhi che sembravano perle, luminosi e raggianti, a dispetto di quello che provava davvero, l'incarnato reso perfetto da un velo di crema idratante, fondotinta, cipria, eye liner, mascara e dell'ombretto bianco usato per creare un punto luce, quel completo appena acquistato in Rinascente, con attenta cura, di colore blu di Prussia brillantinato, delle Jimmy Choo color beige in grado di esaltare la naturale femminilità del collo del piede e orecchini, collier e anello portato sull'anulare, rigorosamente abbinati. Dopo un veloce check up per controllare che tutto il necessario fosse presente nella borsa e aver spruzzato del profumo dolce ed avvolgente sui soliti punti se ne andò, lasciando l'appartamento vuoto dietro di lei, ormai troppo abituato ai suoi ritmi serrati in cui rientrava, sempre se lo faceva, solo per pranzo. 

Erano le 7.53, il suo treno era arrivato in stazione e, stranamente, senza nessun ritardo: ormai era abituata alla scritta "r 31 min" quasi perenne sullo schermo. Si guardava intorno con fare svogliato, osservava i ragazzini felici, ma rigorosamente in gruppo, con le loro mille paure. Dopo aver passato il tornello la sua solita routine riprese: persone intorno sconosciute, passo svelto per arrivare in orario a lezione, i soliti milanesi con la loro parlata, persone che mendicavano, ma il quesito che attraversava il suo pensiero era sempre lo stesso:" chi ne ha davvero bisogno tra loro?", riflessione durata giusto un secondo per lasciare spazio all'attraversamento rapido "in branco". Il caldo come al solito iniziava ad arrivare e per questo la giacca di pelle nera, rigorosamente abbinata agli stivaletti con un tacco accessibile, venne abilmente riposta nella borsa rossa, lasciando la camicetta bianca con taglio ad impero a fare da padrona. Un movimento rapido per raccogliere i capelli in uno chignon, grazie al quale non ha potuto fare a meno di sentire il suo stesso profumo che ricordava note marine ed estive, fresche per così dire. Il trucco fortunatamente era waterproof, ma sarebbe stato comunque controllato nei 5 minuti a disposizione prima dell'inizio della lezione. Dopo aver controllato trucco e capelli, il giusto per non sembrare una strega, finalmente era arrivata nell'aula che aveva appena letto sul calendario delle lezioni trovato sul sito: A9. 

Athena entrò in classe puntualissima, alle 8.29. Il nuovo corso di matematica stava iniziando. "Buongiorno ragazzi, io sono la vostra docente di matematica applicata e lo sarò fino alla fine del semestre. La frequenza è obbligatoria e se non frequenterete almeno l'80 % delle lezioni non potrò ammettervi e farvi sostenere l'esame. Ovviamente sarà sostenibile da gennaio, ma potrete vedere le prove orali dei vostri colleghi a dicembre, se vorrete. Questa sarà sempre l'aula delle esercitazioni, chiamata anche A9, salvo casi particolari. Ora procederò con l'appello e sappiate che ricordo molto bene i volti, quindi dimenticatevi di far fare le vostre veci ad un vostro amichetto. Se avete domande potete venire da me alla fine della lezione. Iniziamo." Athena, divertita, guardava i ragazzi tenere la testa bassa e appuntare ciò che aveva detto all'inizio, tranne pochi soggetti che guardavano fuori dalla finestra, o le reazioni degli altri compagni, oppure ancora, la reazione della stessa professoressa. E quest'ultimo era il caso di una ragazza dai capelli corvini. Piuttosto incuriosita, Athena iniziò il suo appello ed ogni studente doveva recarsi in preda all'ansia a firmare davanti a lei. "Amato Chiara", "Antonucci Luca", "Arrigoni Gioele", "Bianchi Mario", "Basso Luana", "Borghi Annasole", "Citterio Marco", "Crippa Luigi", "Clerici Marina", "Dotti Gianna", "Este Francesca", "Lino Valeria", "Mauri Daniele", "Polli Claudia"... Tutti si alzarono, firmarono e tornarono composti ai loro posti. "Sabbia Morgana", l'ultima della lista, finalmente si alzò, si recò davanti alla docente, firmò e se ne andò come nulla fosse. Era decisamente troppo abituata alle tipologie di docenti per farsi mettere ansia da qualcuno di loro. Lei, ragazza del quarto anno, frequentava quel corso con quelli di primo solo perchè si era totalmente dimenticata dell'esistenza di quell'esame e quindi, insieme a pochissimi altri, era un ostacolo per arrivare alla tanto agognata laurea. La lezione finalmente iniziò, corredata da spiegazioni grafiche, quaderni fitti di schemi, formule ed appunti di vario genere. Il profumo inebriante della docente riempiva l'aula insieme al rumore del gessetto che ripetutamente batteva sulla grandissima lavagna nera. Ed ovviamente quella donna dall'aspetto freddo, glaciale,deciso e quel suo fascino particolare non lasciavano certo indifferenti le nuove matricole, indipendentemente dall'essere ragazze o ragazzi, dato che suscitava in loro reazioni e sensazioni assai diverse. Morgana invece sembrava non risentirne affatto, anzi, quasi non la notava, la sua mente pensava ad altro mentre appuntava i vari procedimenti: a cosa avrebbe fatto una volta finita l'università, a dove sarebbe andata, a chi avrebbe conosciuto e alla sua famiglia. La lezione era giunta al termine e Morgana si stava alzando dalla sua amata seconda fila, sua compagna da sempre: la prima era troppo in vista, mentre nella seconda si sentiva meglio, meno osservata, più tranquilla e riusciva a sentire senza farsi distrarre dalle chiacchiere. O forse era solo abitudine e quello appena detto era quello che aveva pensato all'inizio dei suoi studi.

 Tutti erano già andati via, con la stessa rapidità delle donne che si fiondano sul cesto delle occasioni durante i saldi, Morgana invece era calma e come al solito, doveva sistemare tutto quello che aveva tirato fuori dalla borsa: era un vizio che l'accompagnava da sempre e ci teneva al suo ordine. Sistemò quindi penne, evidenziatori, post it, quaderni, pochette, ipod, bottiglietta d'acqua, prese l'abbonamento del suo amato/odiato treno e si accinse ad uscire dall'aula, quando una voce la interruppe "Sabbia Morgana, se non ricordo male, giusto? E' buona educazione salutare con rispetto prima di andarsene." Il tono tagliente della docente la risvegliò dal suo mondo e la riportò alla cruda realtà. Morgana quindi, che non aveva alcuna voglia di discutere ed era parecchio stanca data la tarda ora, si limitò a replicare con un seccato "Arrivederci" e prese la sua borsa, lasciando l'aula e la docente, che si accingeva a prendere i libri e a chiudere la porta a chiave dietro sè. Le due imboccarono strade opposte: Morgana, come era solita fare da anni, proseguì lungo una stradina buia, ma che le avrebbe risparmiato la seccante traversata del centro e quindi almeno 15 minuti di tragitto (quante volte quella stradina le aveva permesso di riuscire a prendere il treno! ), mentre l'altra si accingeva a camminare lungo la via centrale, piena di gente. Le due si incamminarono, finchè alle orecchie di Athena non giunsero delle grida e quella voce era certa fosse la Sua. Si precipitò indietro, correndo più che poteva, fregandosene del tacco 10. Appena arrivò nella buia stradina vide Morgana che lottava contro tre uomini senza troppe difficoltà, intimò agli uomini di andarsene e raggiunse la ragazza. Loro, colti alla sprovvista, fuggirono e Morgana come nulla fosse risistemò gli oggetti nella borsa, guardò di sfuggita la docente ringraziandola e proseguì lungo la strada illuminata da mille lampioni. Ma lo sguardo di terrore, velato di lacrime, seppur visto per poco, non era certo sfuggito all'occhio attento di Athena, che per un momento aveva avuto l'istinto di seguire la ragazza per proteggerla, ma che non seguì per evitare di essere invadente. Inoltre tra le due l'inizio non era certo stato dei migliori. Quindi prese la metropolitana, arrivò finalmente nel suo appartamento e stanca, senza nemmeno cenare, si coricò, pensando ancora a come potesse stare quella ragazza.  Tra incubi e pensieri il mattino arrivò presto e come di consueto Athena si preparò per uscire, il sole era alto nel cielo quando arrivò in classe. Automaticamente dopo l'appello non potè fare a meno di notare l'assenza di Morgana. Un senso di inquietudine e preoccupazione la attanagliò, ma questa sensazione scomparve presto per lasciare spazio ad un sorriso appena accennato, quando la vide entrare stanca e accaldata dalla porta e la richiamò a sè per firmare il foglio delle presenze. Purtroppo l'unico posto a sedere rimasto libero si trovava in prima fila e per uno scherzo del destino era esattamente quello che stava di fronte alla docente, ad una distanza di 50-60 centimtri circa. Si sedette, ma ora per una qualche strana ragione, forse per via della sera prima, non riusciva a guardarla in volto e avvertiva nitidamente le note aromatiche esotiche del suo profumo. La donna preoccupata e anche un poco divertita si alzò da dietro la cattedra e si poggiò esattamente davanti mentre spiegava teorie che non avevano bisogno di ipotesi, tesi e dimostrazioni varie. La vicinanza si fece ancora più breve e Morgana riusciva a scorgere le gambe snelle e slanciate e quel tacco che aveva da sempre trovato dannatamente sexy.  "Mi dica signorina, ha capito?" Quella voce per l'ennesima volta l'aveva svegliata e lei per l'ennesima volta era disattenta, pronta per una strigliata che ovviamente non si fece attendere:"signorina non siamo qui per giocare, se non intende seguire è libera di andarsene." Athena aveva capito che era alquanto orgogliosa e non avrebbe certo ammesso le sue debolezze, inoltre il rimprovero la faceva imbestialire e grazie a questo cadde nella trappola studiata a regola d'arte e sollevò lo sguardo per incontrare quello della docente in segno di sfida. Morgana la stava attentamente fissando, quando notò un sorrisino impercettibile e una strana luce negli occhi della docente e si sentì quasi sconfitta, conscia del fatto che avesse vinto lei, ricordando perfettamente l'accaduto della sera prima nei minimi dettagli. Gli occhi non poterono fare a meno di diventare lucidi, una sola lacrima corse lungo la guancia rosea, che si affrettò ad asciugare, chinando il capo verso il libro sul banco per nascondersi. Nessuno doveva vederla così, men che meno la sua irritante docente. Mentre Athena illustrava teoremi e gli studenti copiavano, si avvicinò di soppiatto a Morgana, poggiò una mano lunga e affusolata su quella della ragazza, la quale non potè fare a meno di sobbalzare, in segno di comprensione e aiuto e subito si allontanò. Quel tocco così dolce, da una persona dall'apparenza così fredda ed ostile non ce lo si aspetta e Morgana non era certo abituata a dolcezza, tenerezza e comprensione: parole che avevano un significato solo sul dizionario, non nella vita vera per lei. Quel tocco non potè fare a meno di innescare una reazione a catena, di provocare l'eruzione di un vulcano quiescente. Morgana non si sfogava da secoli, non si ricordava quasi cosa volesse dire piangere, eppure ora ne avvertiva un irrefrenabile bisogno. Si precipitò quindi in un angolino, nel sottoscala, senza che gli altri studenti la notassero, lasciando tutti i suoi oggetti incustoditi e il tutto perchè doveva sfogarsi lontano da occhi indiscreti. Dopo aver corso più veloce che poteva iniziò a piangere, non riusciva a fermarsi anche se lo voleva: ormai il vaso di Pandora era stato aperto. Morgana si ricordò solo dopo venti minuti almeno che la lezione era finita da tempo, stava quindi per uscire dal suo nascondiglio per correre a prendere i suoi vari oggetti nell'aula, ma non appena uscì vide questa figura in penombra dai lunghi capelli con la sua borsa in mano. Si guardò intorno con fare imbarazzato, rivolse un cenno di saluto con il capo alla docente, la quale le allungò la borsa, perfettamente ordinata e contenente tutto, e le sorrise. Morgana non potè fare a meno di sorridere e scoppiare in lacrime un'altra volta. Chi aveva detto che la dolcezza faceva bene? Ci si abituava e quando svaniva faceva male, molto male, molto più che non aver mai provato quella sensazione, quel calore. Ma ormai La Dolcezza era lì, di fronte a lei e la stava abbracciando. Per una volta Morgana si sentiva a casa, sapeva di poter essere sè stessa e sapeva di poter essere capita senza poter parlare. Nessuno le aveva mai detto "Stai tranquilla, va tutto bene" accarezzandole i capelli e baciandola sulla fronte. Nessuno mai l'aveva abbracciata così e anche se tentava di dimenarsi perchè quel contatto le faceva paura, Lei non l'aveva lasciata andare, l'aveva tenuta stretta a sè, capendo tutte le incertezze che nascondeva in lei, che non aveva mai detto a nessuno, che non aveva intenzione di dire a nessuno. Ma in quei casi non era necessario parlare, bisognava solo capire e Athena era maestra in questo. Quella ragazza era una sorta di sua proiezione, dalla prima volta in cui l'aveva vista non aveva potuto fare a meno di osservarla sempre durante la lezione, osservarne i gesti, i movimenti delle mani, delle labbra, quel sorriso che raramente si vedeva, ma che poteva illuminare la notte con la sua sola luce. Con quegli occhi ci ha fatto l'amore dalla prima volta in cui li ha visti. Quella ragazza era sua e lei lo sapeva, nello stesso modo in cui Morgana più tardi realizzò che anche quella donna lo era. Erano fatte per stare insieme: così fragili, così forti, così fredde e acide, così dolci e amorevoli. Avevano preso poco dagli altri nella loro vita, ma avevano dato tanto. Ora era giunto per loro il momento di prendere e dare in ugual misura. Era giunto il momento di tornare finalmente ad Amare. E loro due erano pronte a farlo, insieme. Dopo tanto tempo pieno di solitudine, finalmente questa parola che metteva tanta paura: "insieme". 

Terminato quel contatto tanto intenso, Morgana guardò l'ora: aveva solo 10 minuti per poter prendere il treno. Si salutarono con un dolcissimo sorriso e Morgana iniziò a correre più veloce che poteva, ma in realtà, per quello che stava provando, anche se l'arrivo del treno non fosse stato imminente si sarebbe messa a correre lo stesso; doveva sfogarsi in qualche modo e l'attività fisica era ciò che la faceva sentire meglio, viva per così dire. Athena invece la guardava andare via e scomparire dietro l'angolo a braccia conserte, nel tentativo di immaginarla ancora lì. Il sorriso con cui l'aveva salutata ancora non accennava a sparire, da tempo non sorrideva così, da tempo la felicità non si manifestava in lei. Rise pensando "Chi sarà mai questa ragazzina che mi ha colpito tanto? Come mai ci siamo incontrate? Perchè proprio ora?" Ma l'espressione si fece più cupa con l'incedere di pensieri opprimenti "...Ora che io pensavo di non avere più nulla, di non poter dare nulla, di non poter ricevere nulla, di essere il nulla: ora che ero morta..." Ma quel sorriso troppo grande per essere contenuto si fece nuovamente strada sul suo volto, quell'abbraccio così intenso, il profumo di Lei, i suoi occhi, le sue lacrime e la sua gioia erano ancora lì, su Athena, su quel completino, il suo preferito per coincidenza, quello che c'era sempre stato nei momenti migliori. I suoi occhi avevano una luce particolare, sembrava essere tornata ragazzina, sembrava essere rinata, sembrava finalmente viva dopo tanto tempo e il tutto per una "semplice" interazione di anime. 

Morgana, ovviamente in piedi, i posti a sedere erano come sempre pieni, non si era accorta quasi delle persone che salivano e scendevano, che la toccavano o spostavano: continuava a rivivere quel momento, ogni volta lo rivedeva da prospettive diverse, ogni volta che ci ripensava, vedeva sfaccettature diverse di Lei. Pensava al suo tocco, al suo abbraccio, alla piega dei suoi morbidi capelli, al suo profumo, ai suoi occhi bellissimi. Si ridestò proprio quando il treno stava per ripartire e lei per mancare la sua fermata, ma fortunatamente con un abile salto riuscì a scendere in tempo. Il buio ormai la circondava, era molto tardi, ma Morgana brillava, risplendeva come  mai prima d'ora, stava finalmente bene. Entrambe si struccarono, mangiarono svogliatamente qualcosa e andarono a dormire. Inutile dire che si addormentarono solo a causa della stanchezza che aveva tolto loro qualsivoglia forza. L'indomani, come di consueto, si svegliarono, si prepararono, l'una prese il treno, l'altra la metro, ma entrambe con la consapevolezza che ci sarebbe stata una persona speciale ad aspettarle. Athena era puntuale come al solito e dopo aver notato l'assenza di Morgana rise, pensando alla stringliata che le avrebbe fatto appena fosse entrata in classe. Ovviamente Morgana arrivò più o meno mezz'ora dopo l'inizio e sapeva cosa l'aspettava: nonostante la tipologia di rapporto fosse cambiata, il rimprovero la infastidiva comunque. Athena la richiamò e Morgana non potè fare a meno di innervosirsi e manifestare questa sua emozione alzando gli occhi al cielo e diventando saccente. I compagni di classe passavano persino il loro tempo libero a studiare, quindi Morgana era una sorta di reietta ai loro occhi e per questo supportavano la professoressa. Appena finita la lezione, dopo un arrivederci veloce e un sorriso appena accennato, Morgana in tutta fretta aggiunse l'altra sede universitaria.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Faffi_sama