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Autore: _ J    21/01/2015    2 recensioni
Il grande e potente Elle, il più geniale tra i detective, la mente del secolo, non aveva paura di Kira. In realtà, chi aveva avuto il piacere di conoscerlo, anche solo superficialmente, aveva potuto appurare che Elle non sembrava essere capace di avere paura. Forse solo di perdere.
Spinto com’era dal suo obiettivo - perseguire la giustizia sempre e comunque - il ragazzo si limitava a elargire percentuali, ingozzarsi, e basta.
Ma non tutto quello che sembra è sempre quel che è.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: L, Watari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Incubi



Il grande e potente Elle, il più geniale tra i detective, la mente del secolo, non aveva paura di Kira. In realtà, chi aveva avuto il piacere di conoscerlo, anche solo superficialmente, aveva potuto appurare che Elle non sembrava essere capace di avere paura. Forse solo di perdere.
Spinto com’era dal suo obiettivo - perseguire la giustizia sempre e comunque - il ragazzo si limitava a elargire percentuali, ingozzarsi, e basta.
Fatto sta che, invece, Elle ce l’aveva eccome una paura. Un incubo tremendo che lo faceva restare sveglio la notte. Ed ecco spiegato il motivo delle sue tanto affascinanti occhiaie, signori e signore. Perché la verità è che Ryuzaki, spesso e volentieri, si ritrovava a fissare i numeri lampeggianti sullo schermino della sveglia, alle tre di notte, pensando solo al suo acerrimo nemico.
E vi domanderete: È il fantasma di Kira, così geniale e così misterioso, a riempirgli il cervello di domande? Ma no, non era Kira. Certo, il serial killer più sveglio degli ultimi anni faceva la sua porca figura, ma Elle era terrorizzato da un individuo ben peggiore. Più orripilante e più pericoloso di una tarantola del deserto, più viscido di una serpe. Si nascondeva per gran parte dell’anno negli angoli più reconditi dell’animo del detective, per poi riaffiorare come il ricordo del peggiore incubo infantile, quando meno se lo aspettava. Era Watari a farlo riaffiorare, quando il suo istinto di mamma chioccia prendeva il sopravvento.
 
Erano passati sei mesi dal loro ultimo incontro, e Ryuzaki, arrampicato sul bracciolo della poltrona dove avrebbe dovuto dormire, fissava con gli occhioni cerchiati di nero il grande calendario appeso al muro.
Watari lo avrebbe chiamato alle nove in punto del mattino, eppure Elle, con gli occhi sgranati come fosse un gufetto, era più che sveglio e tremante già alle quattro di notte.
Posso fuggire in Messico.
Posso prendere il primo volo e sparire in Amazzonia.
Posso chiudermi in bagno e fingere una cagarella fulminante.
Il cervello di Elle lavorava a un ritmo sfrenato, mentre calcolava che le probabilità di un attacco di vomito stavano salendo fino all’ottantacinque percento.
La sveglia ci mise una vita a segnare le nove. È proprio vero che, quando si aspetta terrorizzati qualcosa, il tempo scorre in modo diverso.
Posso ancora farcela. Watari non mi troverà mai.
E invece eccolo, Watari lo aveva trovato. Nascondersi sotto la scrivania non lo aveva aiutato poi molto.
“Sei pronto?” gli aveva chiesto, abbassandosi sulle ginocchia per guardarlo in faccia. Elle aveva ormai raggiunto una delicata sfumatura verde.
“C’è il settanta percento di probabilità che…”
Ma Watari non voleva sentir scuse.
“Andiamo, non farti pregare, sarà una cosa rapida e indolore.”
Elle lo aveva guardato con un’espressione da cane bastonato.
“Me lo prometti?”
Watari lo aveva afferrato per un braccio, delicatamente, per trascinarlo via.
“Assolutamente!”
 
La sala d’aspetto era asettica e a Elle tornarono in mente tutte le volte che ci aveva dovuto passare le ore a sfogliare stupidi giornaletti di moda. Quel giorno notò che ne era stato aggiunto uno, alla pila di periodici vecchi di decenni, rimasti lì a marcire. Strascicando i piedi, si diresse verso il mobiletto, per aggiudicarsi il nuovo numero di Cioè.
“C’ero prima io!” gridò una voce acuta e stizzita.
Elle si voltò con i nervi a fior di pelle, per poi incontrare lo sguardo acceso e azzurro di un ragazzino biondo. Stava seduto – per modo di dire, dato che sembrava che stesse prendendo il sole in spiaggia – su una delle seggioline di plastica blu, con una tavoletta di cioccolata stretta in mano, mangiucchiata.
Il ragazzino gli strappò di mano la rivista e vi nascose il viso dietro. La frangetta perfetta gli scivolò sugli occhi, coprendo il suo sguardo da psicopatico.
Normalmente, Elle non si sarebbe fatto bullizzare in quel modo, e soprattutto non da un pivello come il biondino, però in quel momento non si sentiva affatto bene.
Si sedette dalla parte opposta della stanza, traballando, portandosi dietro il numero duecento del National Geographic.
 
Il grande e potente Elle, il più geniale tra i detective, la mente del secolo, non aveva paura di Kira.
Se c’era una cosa capace di scuotere le sue viscere zuccherose, quella era solo ed esclusivamente l’annuale visita dal dentista.
  
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