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Autore: purpleblow    21/01/2015    2 recensioni
Nonostante il caso fosse concluso, nonostante si fosse rivelato degno del ruolo di "successore di L", non si sentiva in alcun modo appagato. Quando Near completava un puzzle o concludeva il suo castello di carte, provava soddisfazione. E allora perché, nonostante fosse riuscito in qualcosa di maggiore importanza, non si sentiva allo stesso modo?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Near
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Guilty 
Senso di colpa 


Era passato più o meno un anno dalla conclusione del caso Kira, che Near aveva risolto smascherando Light Yagami.
A dire il vero non aveva fatto poi molta fatica; certamente si era rivelato essere più difficile di un semplice puzzle, ma lui era riuscito a venirne a capo, nonostante senza l'aiuto di Mello probabilmente non ci sarebbe riuscito.
Nella sua impulsività, quel ragazzo aveva fatto la mossa giusta al momento giusto, pagando però con la vita.
In quel momento Nate River si trovava di fronte alla tomba di L Lawliet e la fissava con sguardo atono, come se non provasse niente.
Ma questo era semplicemente quel che apparentemente si vedeva, infatti dentro di sé Near provava come un senso di vuoto, dispiacere e insoddisfazione.
Nonostante il caso fosse concluso, nonostante si fosse rivelato degno del ruolo di "successore di L", non si sentiva in alcun modo appagato.
Quando Near completava un puzzle o concludeva il suo castello di carte, provava soddisfazione.
E allora perché, nonostante fosse riuscito in qualcosa di maggiore importanza, non si sentiva allo stesso modo?
La risposta era semplice ed era facile intuirla solamente dando uno sguardo a quella lapide solitaria e lui la conosceva bene.
Di fianco a quella pietra su cui era inciso il nome di L Lawliet -il detective che aveva lasciato un indelebile segno- mancavano due tombe.
Nella profondità di quel terreno, mancavano due corpi che avrebbero dovuto riposare là sotto per loro diritto.
Nessuna lapide era stata dedicata a Mihael Kheel e a Mail Jeevas, nonostante il loro prezioso aiuto e la loro assenza provocava a Near una sensazione di vuoto.
[I delinquenti non meritano neppure di riposare in pace.]
Chissà che fine avevano fatto i loro corpi? Chissà se avevano avuto una degna sepoltura? Per quanto poi ci sarebbe stato da seppellire... uno carbonizzato, l'altro straziato da decine di colpi di pistola.
Avrebbe dovuto occuparsene a tempo debito, ma non l'aveva fatto. Aveva finto che non gl'importasse di che cosa fosse accaduto ai due, in fondo tra di loro non c'era stato altro che odio e disprezzo.
Mello lo aveva sempre odiato perché gli era secondo e Matt... beh, lui era l'ombra di Mihael dopotutto.
Near si chiese se mai nella vita Mail avesse avuto un suo pensiero... ma anche quella volta la risposta gli arrivò dritta al cervello tanto era semplice.
Sì, certo che Matt pensava con la sua testa. O forse era più corretto dire che pensava col suo cuore.
Fin qui lo capiva ma... quel che Nate proprio non riusciva a comprendere era il significato di tutto quello.
A lui non era mai capitato di seguire i sentimenti -se mai ne aveva avuti- e per questo motivo non era capace di dare un senso al comportamento di Matt, che da quando lo conosceva aveva seguito Mello come fosse il suo unico punto di riferimento, morendo addirittura per lui.
Ma perché? Che senso aveva dare importanza al cuore se questo ti portava a fare cose irrazionali? Questo Near, per quanto si sforzasse non l'avrebbe mai capito e sarebbe restata un'incognita della sua vita.
Non che gl'importasse saperlo in realtà, però gli sembrava talmente stupido.
E... Mello?
Se pensava a quel cocciutissimo ragazzo, gli veniva da chiedersi cosa gli fosse passato per la testa.
Va bene l'orgoglio, va bene essere disposti a tutto per raggiungere un obiettivo ma... perché si era accanito così tanto?
Anche a questo non avrebbe mai trovato una valida risposta.
Aveva sempre saputo quanto avesse faticato per superarlo in modo da diventare il numero uno, ma perché?
Possibile gli seccasse tanto essergli secondo? Cos'aveva di così tanto scomodo quel numero? 
Near scosse la testa lievemente; se poteva consolarlo, dopo il gesto sconsiderato che lo aveva ucciso era arrivato a pari merito con lui.
Non era propriamente il primo, ma ci si avvicinava. Chissà come l'avrebbe presa se fosse stato ancora in vita?
Già, ma era inutile pensarci ora, tanto era morto.
A quel pensiero Nate strinse i pugni, attanagliata improvvisamente da un profondo senso di colpa.
Indirettamente si sentiva il fautore della sua morte perché, se non ci fosse stata quella competizione fra di loro, probabilmente Mello sarebbe ancora in quel mondo e di conseguenza anche Matt.
Certo, la realtà era un'altra: Mihael Kheel aveva seguito fino in fondo il suo orgoglio e di certo si era ucciso con le sue stesse mani.
E in tutto questo Mail Jeevas aveva seguito il suo cuore fino alla fine, facendosi addirittura sottomettere dall'altro, andando spontaneamente incontro alla morte stessa.
Ma nonostante ne fosse consapevole, Near non riusciva a non sentirsi in colpa e gli veniva naturale dipingersi come il loro assassino.
Non doveva.
Non doveva assolutamente.
Però lo faceva e basta. Che altro poteva fare?
Niente, semplicemente.
Avrebbe convissuto per sempre con tutto questo e non poteva farci assolutamente niente.
In fondo lo doveva ad entrambi: era il prezzo da pagare per non averli fermati -conoscendo perfettamente le intenzioni di Mello- per non aver recuperato i loro corpi, per non avergli reso omaggio in qualche modo.
"Near?" la voce di Jevanni lo riportò alla realtà improvvisamente. Strano, non si era neppure accorto della sua presenza.
Chissà quanto tempo era passato da quando aveva messo piede in quel cimitero?
Si voltò verso l'uomo rivolgendogli uno sguardo vacuo, in attesa che parlasse, perché era chiaro che gli avrebbe chiesto di andare. 
E doveva chiederglielo, perché lui non aveva la forza di muoversi da davanti quella tomba di sua spontanea volontà, come se una forza sovrannaturale lo tenesse incollato lì.
"Vogliamo andare?" ed eccola lì la domanda che aspettava.
Annuì lievemente e, dopo aver toccato un ultima volta il marmo della lapide che aveva di fronte si voltò, lasciandosela alle spalle.
In silenzio seguiva Jevanni, troppo preso dai pensieri che continuavano a fluire nella sua testa. Quella giornata lo aveva distrutto, non era abituato a provare troppe emozioni tutte insieme, o meglio, non era abituato a provarle affatto.
Dette uno sguardo al cielo, pronunciando mentalmente un addio, accompagnato da una richiesta di perdono.
Questo non lo aveva liberato dal senso di colpa, ma senza sapere il perché, era quasi sicuro che quei due lo avessero sentito in qualche modo.
Beh, se non altro lo sperava. 
   
 
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