Sheldon
Cooper odiava i compleanni, i regali e il romanticismo.
Nella
lista delle cose che detestava venivano persino prima di Barry
Kripkee e del suo insopportabile difetto di pronuncia.
Ma dopo il dover indossare il pigiama del lunedì la
domenica,
quando Penny ostruiva col suo bucato disorganizzato la
lavatrice.
Quello davvero sfiorava i primi posti.
Se in passato, dunque,
qualcuno gli avesse detto che un giorno avrebbe avuto a
che fare con quelle tre cose contemporaneamente, quel qualcuno non
avrebbe di certo potuto sottrarsi al suo classico sguardo di
sufficienza e derisione.
Invece, contro ogni previsione, eccolo
lì: seduto alla scrivania, con la testa tra le mani e carta
e penna
di fronte a lui a fissarlo, implorandolo di scrivere qualcosa
-qualunque cosa- o di restituire loro la libertà.
Lui, Sheldon
Cooper, un genio, futuro vincitore del premio Nobel per la fisica,
con sempre una parola saggia pronta per chiunque, a corto di idee di
fronte a una ricorrenza così banale come il compleanno della
propria
fidanzata.
E più passava il tempo più si arrovellava
cercando di
capire come avesse fatto a cacciarsi in un simile guaio.
Non che
avesse avuto scelta, in effetti. Pressato dalle convenzioni sociali,
si era visto costretto a chiederle cosa desiderasse per il
compleanno, già pronto a ricevere come risposta la
discutibile
richiesta di baci o di contatti fisici d'altro genere.
E invece
lei lo aveva sorpreso, come sempre d'altronde.
Era la sola in
grado di riuscirci.
Lei e i produttori di Firefly, ogni qualvolta
ignoravano o rispondevano con l'ennesima querela ai suoi reclami
affinché riprendessero a girare la serie.
Davvero non riusciva a
capacitarsi di tanta ottusità. Forse era giunto il momento
di
scrivere loro un altra mail di protesta.
Scrivere...
Il che lo
riportò al problema principale.
Ancora ricordava l'istante in cui
era stata decretata la sua condanna -e come non avrebbe potuto, con
quella memoria eidetica che si ritrovava?
Dimmi qualcosa di
bello, gli
aveva
detto.
Candidamente, come fosse la richiesta più semplice del
mondo.
E magari lo sarebbe anche stata, se lei non si fosse
impegnata a renderla praticamente impossibile, vietandogli il ricorso
a qualunque citazione da film o fumetti dei supereroi.
Voleva
qualcosa che avesse un significato profondo per lui, qualcosa di
suo.
Obiettare che
i supereroi avevano un significato molto profondo per lui era servito
a poco.
Chiaramente sul momento era rimasto spiazzato e non era
riuscito a trovare nulla da dire, o quantomeno niente che lei
reputasse soddisfacente.
Così in un atto di grande magnanimità
dal suo punto di vista, ma che per lui equivaleva all'allungare
inutilmente quell'agonia, gli aveva concesso qualche altro giorno per
pensare a qualcosa di accettabile e sottoporglielo, a voce o su
carta. A suo piacimento.
Ovviamente lui aveva optato per la
seconda alternativa: se doveva farlo, quantomeno sarebbe stato per
iscritto, non aveva intenzione di sentir pronunciare certe idiozie
dal suono della propria voce.
Purtroppo il compito si era rivelato
più ostico del previsto, e dopo molte ore -troppe per i suoi
gusti-
non era ancora giunto a nulla.
Eppure l'inizio era stato
promettente. Stringere il cerchio sugli ambiti a cui attingere non
aveva richiesto troppo tempo, perché c'erano davvero poche
cose che
significassero davvero per lui: i supereroi erano una di quelle, ma
come già detto erano fuori dal tavolo. Restavano sua madre,
sua
nonna, la fisica ovviamente e sì, un po' anche Amy.
Capire come
mettere insieme quelle cose in una frase, quello era però un
altro
paio di maniche.
E
poi dal nulla, improvvisamente arrivò l'illuminazione.
Un sorriso
tronfio si allargò sul suo volto, mentre la penna scorreva
rapida
sul foglio.
Del resto era o non era un genio?
«Come
da te richiesto ecco il mio regalo per te. Non mi scuserò
per il
ritardo nel consegnartelo poiché mi hai messo di fronte ad
una delle
peggiori sfide della mia vita, che comunque ho brillantemente
superato. Come al solito. Ora scusami, ma il lavoro mi aspetta. Ci
vediamo stasera per il nostro consueto appuntamento settimanale dove,
se vorrai, potremo anche discutere delle tue impressioni in merito.
Leonard, ti aspetto di sotto»
Dopo aver rivolto un breve cenno al
coinquilino e alla bionda accanto a lui, Sheldon si
precipitò fuori
dall'appartamento 4A sparendo dietro la tromba delle scale, con una
fretta che Amy considerò quantomeno sospetta.
Era evidente che il
contenuto di quel biglietto, e la richiesta in sé, dovevano
averlo
messo parecchio a disagio e questo non fece che accrescere la
curiosità già spropositata della ragazza.
Al contempo era però
anche leggermente infastidita dal fatto che fosse corso via ancor
prima di poter aprire quella busta e manifestare un qualsiasi tipo di
reazione.
Avrebbe preferito fosse presente in quello che, sperava,
sarebbe stato uno dei più romantici momenti della loro
intera
relazione.
D'altro canto, quando lui la sera prima l'aveva
invitata a recarsi al suo appartamento l'indomani mattina prima che
uscisse per il lavoro, per porre fine il prima
possibile a
quell'incombenza aveva
detto,
lei non se l'era fatto ripetere due volte, complice anche la
curiosità di sapere, nonostante già immaginasse
che il fattore
tempo avrebbe costituito per lui un valido alibi per liquidare la
conversazione.
Ad ogni modo, avrebbe avuto tempo e maniera di
esprimere la propria reazione al regalo durante la cena di quella
sera, sia che ne fosse rimasta soddisfatta sia, soprattutto, se
l'avesse delusa.
Con le dita quasi tremanti dall'eccitazione aprì
la busta, che svelò il piccolo cartoncino giallo al suo
interno. Con
cura lo estrasse, pronta a divorare ogni singola parola vi avesse
trovato scritta sopra.
«Che
roba è questa?»
Una piccola ruga d'espressione si fece spazio
sulla sua fronte crucciata, seguita da molte altre, non appena ebbe
terminato di leggere.
Per quanto riguardava il fattore
sorpresa, quello c'era stato : decisamente non era ciò che
si
aspettava.
Per il resto però quel biglietto faceva acqua da tutte
le parti.
Nell'osservare quell'insieme di lettere e simboli senza
significato apparente Amy si chiese, per l'ennesima volta in quattro
anni, come avesse potuto essere così stupida da pensare che
Sheldon
fosse capace di soddisfare una richiesta da ragazzo normale come
quella.
Notando
l'irritazione dipinta sul volto di Amy, Penny e Leonard -fino ad
allora impegnati in qualche accesa e futile discussione di coppia-
spostarono temporaneamente la propria attenzione l'uno dall'altra per
dedicarsi all'amica.
Non gli ci volle molto a capire che la
causa di tanta negatività dovesse aver a che fare con
Sheldon e col
biglietto che Amy reggeva ancora tra le mani.
Con un'alzata
d'occhi, Leonard fece ciondolare esasperato il capo e si
avvicinò
all'amica, con una mano a mezz'aria già pronta a planare
sulla sua
spalla in segno di consolazione.
Aveva osservato Sheldon alle
prese con quel foglio per un intero giorno, e poi lo aveva visto
uscire improvvisamente rigenerato dalla sua spirale di sconforto
quando aveva trionfalmente annunciato di aver trovato l'idea
perfetta. Chiaramente lui era rimasto scettico, conoscendolo sapeva
che raramente ciò che era brillante per Sheldon lo era
altrettanto
per il resto del genere umano, ma ci aveva comunque sperato. Un po'
per Amy, un po' per Sheldon stesso e per la soddisfazione che aveva
letto nei suoi occhi.
In fondo, benché non fosse tipo da parlarne
a quattrocchi, Leonard sapeva perfettamente quanto lui tenesse ad Amy
e quanto stesse male nel deluderla.
Per cui faceva il tifo per
loro.
Chiaramente con scarsi risultati.
Quando però i propri
occhi si posarono sul biglietto, la rassegnazione nel proprio sguardo
fece posto a un lieto stupore e ad un sorrisetto compiaciuto, e la
mano consolatrice rimase appesa al vuoto, non avendo più
alcuna
spalla da rinfrancare.
Doveva ammetterlo, ogni tanto Sheldon era
davvero un dannato genio.
«Questa è l'equazione di Dirac...»
gli occhi di Leonard saettarono verso la sua ragazza, in piedi a
qualche metro da lui, barattando la dolcezza di prima con il veleno
«Incredibile, persino Sheldon è più
capace di romanticismo di
te!»
Rivolto un ultimo sorriso d'incoraggiamento alla mora,
adesso il ritratto della confusione, si precipitò
giù per le scale,
probabilmente più per la paura di tardare con Sheldon che
per
fuggire dall'orda di insulti con cui la bionda lo stava ora
seppellendo.
Qualche secondo più tardi la porta si richiuse alle
sue spalle, trascinando fuori con sé anche gli ultimi
strascichi di
grida, ed Amy rimase sola con il solito biglietto in mano e un
mucchio di nuove domande in testa.
Improvvisamente
quella serie di segni si era fatta interessante.
Leonard aveva
accennato a Dirac: il nome suonava familiare, probabilmente per via
di qualche reminiscenza scolastica o di qualche convegno scientifico
a cui aveva partecipato.
Ma non era lei la fisica nella coppia
quindi, mouse alla mano, prese possesso del portatile di Sheldon
-pregando che non se accorgesse- e digitò le parole magiche
sulla
barra delle ricerche: la voce “Equazione di Dirac”
produsse
migliaia di risultati, più o meno accurati, ma
poiché Amy non aveva
né il tempo né l'interesse per leggere un
trattato di Fisica, ne
scelse uno a caso tra quelli di media levatura scientifica e
pazientemente attese il caricamento completo della pagina.
Ne
lesse il contenuto con la stessa voracità riservata qualche
istante
prima al biglietto, con la differenza che stavolta, con lo scorrere
delle parole, gli occhi si facevano sempre più umidi:
“L’equazione
di Dirac descrive il fenomeno dell’entanglement quantistico
che, in
termini semplicistici, afferma che se due sistemi interagiscono tra
loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non li si
può più descrivere come due sistemi distinti, ma
in qualche modo
sottile diventano un unico sistema. Quello che accade a uno di loro
continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri
o
anni luce”.
Rilesse
parecchie altre volte quella definizione, lasciando che le parole si
imprimessero bene nella sua testa, conscia che difficilmente gliene
sarebbero ricapitate di più belle tra le mani.
Quando ne fu
finalmente sazia, chiuse la pagina e si curò di eliminare
quella
specifica ricerca dalla cronologia, per non lasciare traccia di
sé
sul suo computer, prima di richiuderlo.
Fatto ciò rilasso la
schiena sulla sedia, lasciando che la tensione accumulata le
scivolasse via dalle spalle ma non dalle labbra, ancora incurvate in
un incredulo sorriso.
Era certa che Sheldon, ricorrendo alla
fisica, fosse in qualche modo convinto di avergliela fatta sotto il
naso, rigirando la sua richiesta a proprio favore.
Probabilmente,
nell'evitare a tutti i costi di essere romantico, non si era neanche
accorto di averle regalato il gesto più romantico di tutti:
le aveva
dedicato la cosa che amava di più al mondo, la Fisica.
L'unica cosa
davvero sua, su cui aveva costruito tutta la sua vita e che gli aveva
sempre fatto da porto sicuro quando le distrazioni del mondo e delle
relazioni umane lo sopraffacevano, e ciò di cui aveva
disperatamente
bisogno era solo rifugiarsi nella logica e nella
pragmaticità della
scienza, era adesso diventata una cosa loro.
Era
diventata la definizione della loro relazione.
«Ti amo,
Sheldon Cooper»
E da qualche
parte a Pasadena, Sheldon Cooper, anche se distante da lei
chilometri, sentì quella frase e ne fu influenzato,
percependo un
brivido lungo la schiena.
Come fossero parti di un unico sistema.
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In
attesa che il blocco dello scrittore sulla long si sblocchi,
interrompo la latitanza nel fandom con questa OS.
Mi sono
imbattuta in uno di quei post con le frasi fatte sull'amore che ogni
tanto fanno capolino sulla home di Facebook, e che io puntualmente
ignoro, ma la formula matematica mi ha attirato e in un attimo mi
sono ritrovata a pensare che sarebbe calzata a pennello su Sheldon e
Amy, e non ho resistito.
A chiunque abbia in primis creato questo
parallelismo tra Dirac e l'amore dico grazie per avermi fornito lo
spunto, e mi fido sperando che l'equazione dica davvero questo...
perchè anche io, come Amy, non ho
né il tempo né la voglia (nè la
pazienza) di leggere un trattato
di Fisica. Pardon.