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Autore: B Rabbit    22/01/2015    0 recensioni
{ Originalshipping con accenni inesistenti di PreciousMetalShipping | Genere indefinito | Per sottolineare l'idiozia di questi due ♥ }
«Red…?» lo chiamò, chiudendo adagio la porta dietro di sé. «Ci sei?».
Un suono confuso carezzò la sua mente, suscitando in lui un lieve nervosismo. «Ehi… sei in casa?».
Giunse in risposta un miagolio penetrante, come di un cucciolo che richiamava preoccupato la propria mamma, e Green sgranò gli occhi, sconcertato.
Dio, no… è diventato un gatto!
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gold, Green, Red, Silver
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Di tormenti, sorprese e frecciatine




Il cancellino cadde a terra con un suono nitido, spandendo nell’aria una leggiadra nuvoletta di gesso.
Il moro notò subito i suoi compagni allontanarsi da loro e rifugiarsi vicino le pareti dell’aula, il timore ad impallidire loro i volti. Fissò alcuni di quei ragazzi, troppo desideroso di fuggire dalla realtà, troppo codardo per guardare lui.
«Tu…».
Gold sussultò a quella voce ferma ma colorata da qualche goccia d’ira e, piano, fu costretto a volgere gli occhi verso Silver, quasi obbligato da una forza astratta, magnetica; deglutì appena notò una macchia bianca spiccare vistosamente sul maglioncino color crema dell’altro e arretrò, spaventato. Da alcune ricreazioni il moretto e altri suoi amici – idioti, secondo lo schietto parere del fulvo – si divertivano a lanciarsi reciprocamente i gessi e a rincorrersi con l’obbiettivo di sporcare il nemico con la famigerata polvere.
Quel giorno, per dispetto del fato, il bersaglio di Gold si era prontamente inginocchiato per schivare l’attacco, causando così il disastro.
Il rosso lo fissava furente, e al povero sfortunato parve quasi che l’aria intorno a lui tremasse a causa del bollore della sua stessa collera. Indietreggiò ancora, avvertendo il silenzio e gli sguardi dei compagni gravare su di lui come un’accusa.
«Già non mi andava a genio questa cazzata del tirarsi dietro le cose» cominciò il rosso. «Però sono rimasto zitto sperando in un vostro briciolo di maturità». Vide il ragazzo avanzare verso di lui e, istintivamente, il moro fece un passo indietro. «N-non l’ho fatto –».
«Zitto».
Silver si fermò e lo guardò con durezza; sorrise, poi, compiaciuto della paura che il compagno emanava. «Questa volta non la scampi» sentenziò con voce profonda e marciò verso Gold che, terrorizzato, indietreggiò fino alla porta scorrevole con il forte desiderio di correre via, ma la soglia alle sue spalle si spalancò e il giovane sbatté contro qualcuno.
Il moro alzò timoroso la testa e incontrò due occhi smeraldini guardarlo incuriositi. Due mani grandi lo scostarono gentilmente e rimasero sulle sue spalle, spandendo in lui un piacevole tepore.
Nel frattempo, il fulvo si era fermato e guardava l’arrivato con una smorfia. Green lo salutò con un cenno del capo.
«Ho bisogno di te, Gold» informò poi il castano guardando il diretto interessato, accennando un debole sorriso.
Il giovane annuì e si allontanò leggermente da lui; aprì la bocca per parlare, curioso di sapere cosa fosse successo, ma il rosso lo precedette, seccato.
«No, ora aspetti, mio caro. Devo prima risolvere una questione».
Il diciottenne scoccò un’occhiata apatica verso Silver. Sorrise malizioso.
«Sistemerete i vostri problemi da coppietta innamorata dopo».
Il sedicenne sbarrò gli occhi dorati; notò la stessa espressione modellare il volto del compagno e gonfiò le guance in un vano tentativo di contenersi, ma subito dopo proruppe in una fragorosa risata.
«Tu, brutto stron –» ma prima di poter acciuffare e così picchiare i due, il castano trascinò Gold fuori dall’aula e chiuse rapidamente la porta, ignorando le ingiurie dell’altro.
A quel susseguirsi di scene, tutti rimasero in disparte mascherando il proprio divertimento nel completo silenzio.
Il moro guardò la porta della classe e soffocò le risate dietro il pugno destro; immaginò divertito il viso furente di Silver, che di certo non li avrebbe seguiti – in fondo sarebbe tornato relativamente presto, il fulvo lo sapeva e, dunque, lo avrebbe aspettato, optando così al risparmio delle energie e del tempo –.
«Dai, vieni» lo incitò il diciottenne, cominciando a camminare per il corridoio, e l’altro lo seguì, stando di poco dietro di lui. Gold osservò incuriosito il ragazzo, che piano procedeva con le mani in tasca e lo sguardo di lato, propenso a scrutare il cielo striato da delicate nuvole – si domandò ancora cosa fosse accaduto di così problematico da richiedere il suo aiuto –. Stupidamente accennò un piccolo sorriso a tale considerazione, sentendosi in qualche modo utile.
«Hai per caso visto Red in questi giorni?».
Il giovane si fermò e il più grande si voltò a guardarlo.
«Perché?».
«Beh…» gli occhi verdi migrarono verso la parete bianca a destra. «È assente da qualche giorno e non ha avvisato…».
A Gold, stranamente, venne una gran voglia di ridere, ma si trattenne per educazione.
Solamente, sorrise. «Sei preoccupato?».
Green lo guardò fugacemente prima di rivolgere le iridi al candore consumato della parete. «Un po’…» rivelò con voce sommessa. «Di solito mi avverte… i professori hanno anche spiegato, non vorrei che dopo avesse problemi».
Il moretto fissò l’altro per qualche istante. Emise un verso strozzato e proruppe in una forte risata.
Il più grande lo guardò meravigliato e si domandò il motivo di una simile ilarità.
«Ma così peggiorerai solo la sua salute!» dichiarò lui, le mani sul ventre, quasi a reggerlo per gli spasmi.
Green aggrottò lievemente le sopracciglia, confuso da quell’affermazione poco chiara, e l’altro, asciugandosi quelle poche lacrime che gli impreziosivano le ciglia, spiegò: «Starà starnutendo da mezz’ora, ormai!».
Il castano comprese la situazione e sbarrò gli occhi. «Non lo sto pensando!» urlò d’impeto, ma subito dopo si schiarì la voce e strinse le braccia al petto. «E’ che… ha un mio quaderno, sì».
«Davvero?».
Lui annuì piano con lo sguardo volto di lato. «Mi servono, ecco... i vecchi appunti».
Il moro emise un mugolio piatto, pensoso, e intrecciò le mani dietro la nuca. «Beh… ieri mattina ho incontrato la zia, appena uscito di casa».
Il ragazzo tornò a guardarlo. «Davvero?».
Gold annuì con un debole cenno del capo e rimuginò per qualche istante. «Le avevo chiesto come stesse Reddie – è pur sempre mio cugino, no? – e lei… mi ha risposto con “Ha qualcosa” …».
Green aggrottò le sopracciglia e per un attimo ebbe timore.
«Mia zia è una di quelle persone che non riescono a mentire o a nascondere le cose» continuò Gold, volgendo lo sguardo alla finestra dietro il liceale. «Avrà cercato qualche modo per dissimulare».
Il diciottenne annuì con un mugolio basso. «Grazie» e senza salutarlo, abbandonò il giovane nel corridoio con una decisione stretta nei pugni.


Appena la campanella decretò la conclusione della giornata, Green afferrò prontamente lo skateboard e la tracolla preparata durante l’ultima ora e si precipitò alla porta. Benedisse mentalmente il fatto che Red fosse il suo vicino di casa e che entrambi abitassero poco lontani dall’edificio scolastico.
Percorse le scale a balzi irregolari, ignorando le voci offese dei compagni e quelle sdegnate degli altri studenti che, per sbaglio, urtava nella sua corsa.
Lanciò la tavola a terra, saltò su di essa e con varie spinte del piede sorvolò la folla creatasi davanti l’entrata.
Svoltò l’angolo e mantenne alta la velocità, pensando a cosa dire una volta arrivato a destinazione – se non gli avesse raccontato qualcosa di serio e di possibile in quella realtà, Red lo avrebbe certamente preso in giro per lungo tempo –.
Il ragazzo sospirò.
Riderà comunque
Decelerò lentamente fino a fermarsi davanti alla propria casa. Afferrò lo skateboard e suonò il campanello, sperando fosse già arrivato qualcuno.
«Chi è?» trillò una voce femminile.
«Faccio un salto da Red e poi torno a casa, ok?» informò velocemente il ragazzo, scoccando occhiate all’abitazione del compagno.
«Va bene, sta’ tranquillo» lo rassicurò con allegria la sorellina. «Salutamelo!».
«Sì, sì. Ciao!» e senza attendere una possibile risposta, Green si avviò verso la meta con una bizzarra agitazione a soffocargli il cuore. Notò una figura chiudere il cancelletto della casa e corse immediatamente da lei. «Salve!» salutò la madre di Red per ottenere la sua attenzione.
«Oh! Buongiorno, caro» ricambiò lei con un sorriso affabile ad arcuarle dolcemente le labbra. «Tutto bene?» chiese, la solita gentilezza ad ammorbidirle la voce.
«Sì…» rispose lui e scrutò per un breve attimo la porta dell’abitazione. «Perché non viene più a scuola?».
La donna capì subito la persona del suo interesse; seguì lo sguardo del ragazzo ed accennò un debole sorriso. «Beh… vuoi entrare a vedere?» propose, ottenendo all'istante l’attenzione del diciottenne. «Ti va?» domandò ancora, e l’altro annuì un po’ a disagio.
La signora aprì il cancelletto. «Io vado a fare la spesa» lo informò. «Siete grandi, quindi non dovreste fare più disastri».
Green arrossì imbarazzato e si ricordò delle movimentate avventure intraprese con Red, come il nascondiglio estremo nel forno oppure la lotta contro le creature invisibili mai catturate, bersagliate con innumerevoli vasetti di tempere.
La donna gli accarezzò la guancia, strappando la sua coscienza dalle schegge d’infanzia passata. «Divertitevi. Ciao» ed entrò in auto, salutandolo con la mano.
Green osservò la vettura allontanarsi e svoltare l’angolo. Sospirò.
Percorse il piccolo giardino e prese le chiavi di emergenza da un vaso vicino la soglia di casa, nascoste fra i piccoli e candidi fiori.
«E andiamo…» biascicò, un po’ insicuro per quello che sarebbe avvenuto.
La serratura scattò limpidamente e il ragazzo entrò silenzioso.
«Red…?» lo chiamò, chiudendo adagio la porta dietro di sé. «Ci sei?».
Un suono confuso carezzò la sua mente, suscitando in lui un lieve nervosismo. «Ehi… sei in casa?».
Giunse in risposta un miagolio penetrante, come di un cucciolo che richiamava preoccupato la propria mamma, e Green sgranò gli occhi, sconcertato.
Dio, no… è diventato un gatto!
Colse un altro di quei versi pungergli l’udito e fece un passo avanti. «Ehm… Red?» lo chiamò con voce titubante, ansioso di sentire qualsiasi parola provenire da lui, fosse anche un insulto.
«Green?» udì, e il castano sospirò sollevato. Avanzò un poco, confuso ma leggermente tranquillizzato da quella voce umana, nessun guaito animale.
«Scusa per questa visita inattesa, ma ho visto tua madre uscire e…» mentì pur di dare una spiegazione che non fosse imbarazzante, ma le parole gli morirono in gola.
Con occhi sgranati, il ragazzo fissò incredulo un piccolo batuffolo comparire dal corridoio e avvicinarsi a lui un po’ malfermo, le zampette delicate ancora incerte nel muoversi; il diciottenne si inginocchiò – lo stupore a modellargli il viso, a schiudergli le labbra e ad accorciargli i respiri – e il suo sguardo fu ricambiato da due intensi occhioni dorati, guardinghi e interessati insieme.
Il micino si avvicinò ancora col fare tenero e curioso caratteristico dei cuccioli, e aprì la boccuccia rosea per emettere un acuto miagolio.
Green deglutì; avvicinò la mano tremante al piccolino che, sorpreso da quel movimento, indietreggiò lievemente e guardò il ragazzo, smuovendo la lunga e sottile coda che pareva tanto fragile. Il diciottenne rimase immobile ed osservò il gattino allungare il collo verso le sue dita per annusarle, attirato dalla sua presenza – avvertì il tepore dei suoi respiri spandersi sulla pelle, la sua linguetta umettata e un po’ ruvida leccargli i polpastrelli –.
Il castano si ritrovò a sorridere a quella curiosità e provò il forte desiderio di carezzare il fragile esserino; allontanò la mano dal suo nasino nero – l’animaletto osservò ogni movimento – e, poi, sfiorò con la punta dell’indice quel lucido manto d’ombra; approfondì il tocco, carezzandogli la schiena con il dorso delle dita, scoprendo la morbidezza del suo pelo simile a fiocchi d’ovatta nera.
Il cucciolo mosse la codina affusolata, miagolò e si sottrasse da quell’affettuosità, cominciando a passeggiare per l’ingresso.
Green guardò il piccolo con un sorrisetto; si sedette sul pavimento e appoggiò la guancia destra sulla gamba flessa. «Non sei Red, vero?».
«Non sei tonto, vero?».
A quella voce così familiare, il diciottenne sbarrò gli occhi. Alzò il viso e, piano, ruotò il capo, scoprendo il moro fissarlo da tempo ignoto, serenamente appoggiato alla parete con la spalla sinistra.
«Cos’è successo a scuola, da rincretinirti in tale modo?» chiese lui con voce leggera, sorridendo in modo innocente.
Green sussultò.
«N-non è successo nulla… e non mi sono instupidito» dichiarò stizzito e si alzò immediatamente, rivolgendo gli occhi al micino più per vergogna, che per vero interesse.
«Ooooh… e perché quella domanda?».
«E perché non sei venuto a scuola?».
Il moro approfondì il sorriso. «Non cambiare discorso…» e sparì nel corridoio. «Dai, vieni» aggiunse poco dopo e Green, osservando il gattino con mestizia, sospirò; si allontanò da lui per seguire il compagno, ma subito tornò indietro e prese con delicatezza il cucciolo.
«Muoviti!».
«Sì!» rispose lui e seguì l’eco dei suoi passi, ritrovandosi nella camera da letto dell’altro, scatola delle loro infantili missioni segreti e delle lotte contro il male.
Il moro si sedette sul letto e fissò il ragazzo. «Come mai sei venuto?».
Green abbassò immediatamente lo sguardo. «Perché sei rimasto a casa?».
Red sbuffò a quel cambio repentino di discorso. «Mi andava» disse con leggerezza e si sdraiò prono sul letto, sorridendo all’accogliente morbidezza che lo coccolava.
Il castano osservò per qualche istante il compagno, la sua espressione rilassata, i suoi occhi dolcemente socchiusi, pozzi colmi di scarlatta vitalità – si sentì marchiare, segnare da quelle iridi rosse come il tramonto morente –. Il ragazzo sospirò; adagiò il gattino vicino al proprietario e si lasciò scivolare lungo la parete, sedendosi a terra al fianco del letto. «Sono venuto per te…» ammise, posando la fronte sulle gambe flesse per nascondere il viso. «Sei mancato per due giorni e non hai detto nulla a nessuno…». Espirò lentamente e socchiuse gli occhi. «A me».
Red si sedette sul materasso e studiò quella figura raggomitolata in sé stessa. «Green…».
«Sei uno stronzo».
Il ragazzo cercò di mantenere la calma; scivolò giù dal letto con un leggero fruscio e si sedette dinanzi al compagno. Pronunciò il suo nome, di nuovo e un’altra volta ancora, ma il diciottenne rimase insensibile ai richiami, nascosto dalla sua stessa testardaggine.
Il moro sospirò.
«Scusa» portò l’aria al suo udito, e Green sgranò gli occhi, incerto sulla veridicità di quel suono leggero. Avvertì l’altro tirargli debolmente delle ciocche di capelli in una muta richiesta; alzò il capo, riluttante, e un calore gli lambì presto le labbra, un tepore avvolgente e piacevole e rilassante che associò subito a Red, ai suoi baci disarmanti, toccanti e saturi dell’affetto che spesso celava nel cuore. Sentì il suo respiro carezzargli le labbra ed arrossì appena incontrò due iridi vermiglie guardarlo con dolcezza.
«Scusa se non ti ho detto nulla…» mormorò Red, sfiorando il mento del ragazzo con il pollice. «Diciamo… che mi sono lasciato sfuggire la situazione» ammise.
Un miagolio flebile si insinuò tra loro e il moro accennò una debole risata. «Vieni qui…».
Superata la sorpresa iniziale, Green sorrise alla scena che si svolse difronte a lui – a Red, che con incredibile cura prendeva l’animale dal letto e se lo avvicinava al petto, custodendolo fra le braccia –.
«Credo di aver capito il motivo…» proferì il diciottenne con un frullio debole della voce.
L’altro lo guardò interrogativo, lasciandosi sfuggire delle piccole risate appena il gattino cominciò a strusciare la testolina contro il suo collo.
«È per lui, vero?» e indicò la creaturina dal pelo corvino.
Il ragazzo socchiuse gli occhi scarlatti. «Perché dici così?».
«Ti conosco» rispose lui.
Red sospirò. «Mi segue ovunque… e se esco di casa prende a miagolare forte» ammise.
Una risata si librò dalle labbra sorridenti del castano. «È piccolo, ancora… però non puoi assentarti per lui, sono già due giorni».
«Lo so…» disse l’altro, quasi indispettito. «Tornerò dopodomani».
«Perché?».
Il ragazzo dai capelli d’inchiostro sorrise. «Perché non c’è due senza tre».
Green rise. «E va bene…» acconsentì e, avvicinandosi all’altro, gli scoccò un fugace bacio sulle labbra, subito ricambiato dal compagno nonostante l’iniziale stupore – accompagnato, il castano ne era certo, dall’insolito imbarazzo, sbocciato sulle sue guance sotto forma di purpureo colore –.
«Aspetterò il tuo ritorno…».


«Ehi, Red».
Appoggiato alla parete del corridoio in compagnia di Green, il moro spostò l’attenzione verso la fonte di quella voce.
«Ti sei rimesso?» continuò l’interlocutore dai capelli di rame e si avvicinò ai due, seguito dal brioso Gold.
Red lo guardò per qualche istante, in silenzio. «… Sì».
Il castano osservò il fulvo senza dir nulla, domandandosi cosa volesse dal ragazzo, dato che generalmente non si rivolgevano un saluto, neanche freddo e sterile.
«Gold mi ha raccontato tutto, un po’ a grandi linee».
«Beh, eri così curioso!» si intromise il citato con un largo sorriso, ricevendo in risposta un’occhiataccia eloquente da parte del sedicenne che, però, parve inefficace contro quell’allegria.
Il rosso fissò nuovamente Red. Sorrise. «Alla fine gli hai ridato il quaderno?» chiese placido, indicando con un cenno della testa il castano.
Il moro seguì con gli occhi quel segno e fissò il compagno. «Quale quaderno?».
E Green fissò Silver iracondo.
Vendetta ~♫

















*si guarda intorno*
Oddio, sono di nuovo qui.
*si schiarisce la voce*
Bene, ehm… dovete sapere che stamattina mi era venuta voglia di Originalshipping – deliri della febbre – e quindi eccomi qui, con questa cosa che non so neanche come chiamare.
Se siete arrivati fin qui, complimenti! :D
Spero che qualcosa vi sia piaciuto – forse la stupidità di Green Petardo-esploso-male, o forse per quel gattino carino che ha conquistato Reddie, non so –.
Beh, vi saluto! Bye :3

Cloud~

  
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