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Autore: HellWill    22/01/2015    1 recensioni
(Ho visto questa challenge (goo.gl/XBoRTK) e non potevo non farla.)
"«No, davvero, non riesco a credere come sia possibile, in una civiltà civilizzata e moderna come questa, doversi svegliare quando il sole non è ancora sorto, alle sei e mezza del mattino.. non riesco proprio a capirlo!» bofonchiò Francis, strascicando le pantofole a forma di coniglio sul pavimento della cucina. Samuel ridacchiò e gli mise nel piatto i pancakes, preparandone un paio anche per sé.
«Hai dormito bene?» gli chiese invece, e Francis gli lanciò un’occhiata irritata.
«Avrei dormito meglio se tu non russassi» ribatté, e Samuel si sentì destabilizzato, preso in contropiede.
«Io cosa!?».
«Tu. Russi» ripeté Francis, mentre un brillio divertito gli rendeva lo sguardo vivace.
«No. Io, italiano» rispose gentilmente Samuel, ed entrambi ridacchiarono per qualche secondo prima che Francis rispondesse seriamente alla sua domanda.
«Sì, ho dormito abbastanza bene… Sai, da quando ci siamo sposati e viviamo insieme non faccio più incubi» sorrise appena, soprappensiero, e Samuel si sentì stringere il cuore mentre lo guardava: (...) Samuel provò l’impulso di riempirlo di baci fino allo sfinimento."
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie '365 DAYS WRITING CHALLENGE'
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22 gennaio 2015
Jealousy

Come ogni mattina, Samuel svegliò Francis con un bacio sulla fronte: l’uomo aprì gli occhi con lentezza esasperante, ma Sam sapeva bene che aveva bisogno di dolcezza e un po’ di tempo per svegliarsi del tutto, per cui scese a preparare la colazione mentre i lamenti di sonno del marito riecheggiavano nel corridoio, poi in bagno e infine arrivarono in cucina, precedendo il loro padrone di almeno un paio di secondi.
«No, davvero, non riesco a credere come sia possibile, in una civiltà civilizzata e moderna come questa, doversi svegliare quando il sole non è ancora sorto, alle sei e mezza del mattino.. non riesco proprio a capirlo!» bofonchiò Francis, strascicando le pantofole a forma di coniglio sul pavimento della cucina. Samuel ridacchiò e gli mise nel piatto i pancakes, preparandone un paio anche per sé.
«Hai dormito bene?» gli chiese invece, e Francis gli lanciò un’occhiata irritata.
«Avrei dormito meglio se tu non russassi» ribatté, e Samuel si sentì destabilizzato, preso in contropiede.
«Io cosa!?».
«Tu. Russi» ripeté Francis, mentre un brillio divertito gli rendeva lo sguardo vivace.
«No. Io, italiano» rispose gentilmente Samuel, ed entrambi ridacchiarono per qualche secondo prima che Francis rispondesse seriamente alla sua domanda.
«Sì, ho dormito abbastanza bene… Sai, da quando ci siamo sposati e viviamo insieme non faccio più incubi» sorrise appena, soprappensiero, e Samuel si sentì stringere il cuore mentre lo guardava: la sua pelle mulatta aveva ancora i segni delle coperte e i capelli castani gli ricadevano lisci sulla fronte; Samuel provò l’impulso di riempirlo di baci fino allo sfinimento, ma si limitò a spegnere il gas e a sedersi di fronte a lui, mangiando anche lui i pancakes e versandosi un bicchiere di succo d’arancia.
«E tu?» chiese Francis, sorridendo. «Ho avuto l’impressione che stessi sognando qualcosa di movimentato.
«Io? Oh. No, è che mi muovo spesso di notte» ridacchiò l’uomo, passandosi nervosamente una mano fra i capelli blu e facendo sfrecciare gli occhi viola sul ripiano ingombro di cose da mangiare; Francis mangiava poco e nulla al mattino, ma lui imbandiva sempre il tavolo come se dovessero ospitare un raduno di calciatori.
«Sì, lo so, ma stanotte parlavi anche» sorrise, e Samuel lo guardò incerto.
«Mi stai prendendo di nuovo in giro».
«Ah ah» Francis sembrava poco divertito, quindi Sam saggiò il terreno.
«E.. cosa dicevo?».
«Un nome» ribatté il marito, e sembrava ferito. Samuel aggrottò la fronte.
«Che nome? Forse Azure?».
«La conosco, tua sorella» Francis sorrise e Samuel lo invitò a continuare con uno sguardo.
«Monique» buttò fuori l’uomo, e Samuel si sentì stringere il cuore.
«Ah».
Rimasero in silenzio e Francis lo fissò a lungo, finché Samuel non decise di parlare.
«Io… immagino di doverti delle spiegazioni».
«Mi hai tradito» Francis sembrava incredulo. «Non ci posso credere.. siamo sposati da nemmeno due mesi e mi hai già tradito! Forse lo hai fatto quando eravamo fidanzati? Come hai potuto?» sussurrò l’uomo, e Samuel alzò lo sguardo, divertito e un po’ ferito.
«Mi stupisce che tu pensi che io ti abbia tradito.. non ti ho tradito, non lo farei mai» ridacchiò, sentendosi comunque accusato ingiustamente.
«E allora chi è, e perché dovresti darmi delle spiegazioni?».
«Monique è stata il mio primo amore».
Francis batté le palpebre, sentendosi improvvisamente ridicolo.
«Ah».
«Già» sorrise Samuel, versandosi del caffè pur sapendo bene che lo rendeva ancora più iperattivo del solito. «Ci conoscemmo in classe di chimica, al liceo».
«Quando studiavi in Canada?».
«Sì. Era davvero bella, ricordo che non riuscivo a trovarle un difetto nemmeno a provarci, e che quando iniziammo a frequentarci e trovai i difetti, li amai ancora più dei pregi. Era testarda come un mulo, ed era ostinata, e misteriosa, e la amavo da impazzire. Non penso di averla mai dimenticata, e non penso che la dimenticherò mai».
Francis abbassò lo sguardo, sentendosi se possibile ancora più geloso di prima.
«E perché fra voi è finita?».
«Diventò dispotica, ma ero disposto a sopportare anche quello.. solo che lei mi lasciò con la scusa che voleva un uomo, non uno zerbino. Con il senno di poi, mi sono reso conto che amavo, amo ed amerò il ricordo che avevo di lei all’inizio, e non quello che è oggi realmente. Se la rivedessi probabilmente non proverei nulla, ma nei miei ricordi lei è l’impareggiabile primo amore».
Francis sentì l’anima tremargli, a quella dichiarazione, e sentì gli occhi pizzicargli; tuttavia il suo orgoglio maschile lo spinse a raddrizzare le spalle e guardarlo indifferente, ma Samuel stava osservando con un mezzo sorriso il caffè che aveva nella tazza.
«Fino a te».
L’uomo indiano batté le palpebre.
«Cosa?».
«Già. Fino a te. Tu sei andato oltre, perché oltre ad amare i tuoi difetti, mi hai insegnato ad amare anche i miei, a trasformarli in punti di forza. E perché con te.. io desidero di svegliarmi ogni mattino della mia vita con te accanto, di svegliarti ogni mattino della mia vita con un bacio e dei pancakes, desidero amarti e venerarti per tutta la mia vita in tutti i modi che conosco e che mi sono possibili. Tu sei il mio vero amore, per dirla alla maniera delle favole. E un primo amore non può competere minimamente».
Francis si alzò di scatto e fece per uscire dalla cucina abitabile, ma a metà strada cambiò idea e si diresse verso Samuel: gli alzò il viso con una mano e lo baciò sulle labbra, dolcemente.
«Ti amo anch’io» mormorò, sorridendo appena. Samuel sorrise, arrossendo, e scosse il capo per scacciarlo.
«Vai a vestirti, disgraziato» ringhiò, guardando l’orologio. «Ci fai fare ritardo!».
Francis ridacchiò e scosse il capo, mentre correva in camera da letto, e Samuel restò solo con i suoi pensieri, già vestito e pronto per andare. Mentre si vestiva, Francis incontrò il proprio sguardo nello specchio e restò fermo a fissarsi: come era possibile che si fosse sposato? Gli sembrava solo pochi giorni prima che era uscito dal liceo, e ora aveva un lavoro, un marito, e, se tutto fosse andato bene, di lì a qualche mese avrebbero avuto anche un figlio.. adottato, proprio come lui. Francis sorrise tristemente, mentre prendeva il portafoglio e guardava la foto bruciacchiata di sua madre, avvolta in un sari rosso e dorato che ne fasciava perfettamente la figura tozza e tarchiata: non era bellissima, ma era la sua mamma. Era una delle poche foto della sua famiglia scampata all’incendio che aveva distrutto casa sua quando Francis aveva sette anni; da allora era passato in affidamento a tre famiglie, prima che una coppia americana lo adottasse… e poi, uscito dal liceo, aveva conosciuto Samuel, si erano frequentati, e poi si erano sposati. I suoi buffi capelli blu lo avevano incuriosito subito, e gli occhi viola del ragazzo lo avevano incantato fino all’altare; e anche dopo non si stancava mai di guardarlo, e di sentirsi fortunato perché la sua vita era andata in quel modo.
Eppure, non poté evitare di sentire una fitta di gelosia mentre ripensava a Monique. Scese le scale e con un sospiro si avvicinò a Samuel, titubante; si grattò la nuca, esitò, poi fece un mezzo sorriso.
«Quindi.. Monique è solo un ricordo?» chiese, incerto, e Samuel gli cinse le braccia attorno al collo.
«Sì. Solo un ricordo».
Francis sorrise, baciandolo, e le loro lingue si intrecciarono e carezzarono voluttuosamente; avrebbero voluto fare dell’altro, ma si limitarono a separarsi e a preparare le ultime cose prima di uscire a lavorare, in attesa di calmare i bollenti spiriti. Quando entrambi furono pronti, si baciarono castamente e sorrisero entrambi come se l’altro fosse la cosa più bella del mondo, prima di avviarsi a lavoro in due auto diverse.
   
 
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