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Autore: Ich liebe Deutschland    22/01/2015    2 recensioni
Ashley Brookley e Mark Sullivan sono due ragazzi quattordicenni che si sono conosciuti il primo giorno del Liceo. Subito il rapporto si fa più intenso, ma c'è qualcosa di strano nella nuova scuola e in Mark.... Ashley comincia a porsi le prime domande e ad avere i primi sospetti. I comportamenti misteriosi di Mark e gli strani episodi che accadono ad Ashley sono una coincidenza? Oppure è solo un puro caso? Perché dopo un episodio particolarmente scioccante, Mark non si fa più rivedere?
Gli episodi si aggravano ma tutti continuano a prendere Ashley per pazza. La pazienza della ragazza comincia perciò ad accorciarsi e la curiosità si fa sentire sempre di più.
Più avanti, verrà fuori la verità. Una verità fuori dagli schemi. Ashley all'inizio pensa di essere in un orribile incubo, ma presto capirà che è tutto vero.
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I
 
Il primo giorno di scuola
 
- Mamma, dove sono i cereali? – sono talmente nervosa per colpa del fatto che oggi è il primo giorno di scuola che noto a malapena i cereali al cioccolato sotto il mio naso.
- Trovati! – aggiungo prima che mia madre faccia in tempo a rispondermi.
Devo mangiare in fretta e furia se non voglio fare tardi. Cosa c’è di peggio che arrivare tardi il primo giorno di scuola? LO ZAINO! Cavolo ieri sera non ho fatto lo zaino! E ora come faccio?! Finisco la mia tazza di latte appena iniziata con tre mega cucchiaiate e mi dirigo velocissimamente verso la mia stanza ancora masticando. Allora, cos’abbiamo oggi? Le prime due ore Arte, poi Matematica, Inglese e Storia. Non male. Anche se la Matematica è la materia che odio di più al mondo, proprio non riesco a capirla. Richiudo lo zaino e lo porto, anzi, lo trascino fino all’ingresso (peserà un quintale). Vado in bagno a spazzolarmi i capelli e intanto mi passo un filo d’ombretto bianco insieme ad un po’ di mascara sulle ciglia superiori. Vado in cucina, prendo la merenda, mi infilo il giubbotto e via.
In strada per fortuna non c’è quasi nessuno, a parte una signora anziana con in mano delle borse della spesa, probabilmente sarà andata al supermercato qui vicino. Solo dopo noto che i manici sono molto tesi e che le borse sono addirittura tre. Mi offrirei volentieri di aiutarla, se solo non fosse così tardi. Per fortuna la scuola è a pochi passi da casa e ci si arriva in dieci minuti buoni senza troppi problemi.
Quando mancano ormai pochi metri con la coda dell’occhio scorgo l’edificio. È inquietante. Con quelle edere che gli crescono sulle pareti mi sembra una classica casa dei film Horror. Noto anche un gruppetto di ragazze intento a chiacchierare. Oltre a loro ci sono solo un paio di ragazzi più avanti che giocano con il cellulare. Grazie a loro mi ricordo di spegnere il telefono, non oso neanche immaginare cosa sarebbe potuto accadere se fosse rimasto acceso dentro lo zaino.
Dietro di me sento una voce :
- Hey, ciao! Sei nuova? -. Mi giro e mi ritrovo gli occhietti dolci di una ragazza mora con gli occhi castani.
- Sì, mi sono trasferita quest’anno – dico frettolosamente – prima abitavo a Woodland, in California. Ma poi per fortuna sono riuscita a trovare un Liceo decente abbastanza vicino, ed ora eccomi qua : a Davis! – aggiungo con un filo d’allegria nella voce, non so perché, mi è venuto spontaneo.
– E tu? Da quanto sei qui? – contraccambio.
- Oggi è il mio primo giorno del secondo anno, anch’io mi sono trasferita per venire qui. L’ho fatto perché mia madre tempo fa aveva litigato con un certo Jerry, un barista, e ‘sto tipo praticamente parlava male della nostra famiglia con tutti i suoi clienti. Dopo qualche mese la cosa cominciò a pesarci molto, perché la gente in strada ci guardava male ed eravamo discriminati da tutti. A quel punto, alla fine della terza media ci trasferimmo. Fu un trauma per me, ho perso tutti gli amici - mi risponde.
- Oh, mi dispiace tantissimo per aver toccato l’argomento… - rispondo sinceramente dispiaciuta.
- Vai tranquilla, piuttosto, io sono Anita – decide di cambiare argomento, in fondo non ha tutti i torti.
- Lieta di conoscerti, io sono Ashley. Ashley Brookley – rispondo.
- Che bel nome! Ma ora sarà meglio che ci muoviamo se non vogliamo fare tardi – mi dice aumentando il passo.
- Grazie per il complimento. Comunque se ti va possiamo vederci all’intervallo?– le chiedo più in fretta possibile, ma ormai è troppo lontana per sentirmi.
Mi metto ad aspettare sotto il portico : il cielo è grigio e ho paura che si scateni un temporale improvviso, meglio non rischiare.
- Drrriiiiiiiiiiiiiiiiin – ecco, la campanella! Che ansia!
Tutti stanno spingendo fortissimo per arrivare primi in classe, comincio a chiedermi se per sbaglio non mi sia trasferita in una scuola di bisonti…
Nell’e-mail che hanno inviato a mio padre c’era scritto che la mia classe è al quarto piano, la seconda a destra, dovrei vederla subito, da quello che ho capito dovrebbe esserci anche un cartello. Comincio a salire le scale quando mi scontro con qualcuno….. Sbaaaam, splooff, buumb, e tracatushhh! Maledizione. Ma chi è ‘sto deficen…..
- Oddio, mi dispiace tantissimo!! Che imbranato, oggi non ci sono proprio con la testa! – è un ragazzo, con una voce non da omone, è dolce. Non sono ancora riuscita a vederlo in faccia perché mi sta raccogliendo i libri che mi sono caduti a causa del forte impatto.
- Lascia che ti aiuti – mi offro.
Si gira e comincia a fissarmi. Ha degli occhi azzurrissimi, subito mi perdo nell’infinito di quei due piccoli cieli chiari e limpidi. Rimango a bocca aperta, ma me ne accorgo solo quando lui, con l’indice, mi solleva il mento richiudendola. Arrossisco, scommetto che sono rossa paonazza.
- Allora mi aiuti o vuoi che ti riapra la bocca? Però mi auguro che un ragno passeggero non la scambi per una galleria – mi dice sarcasticamente.
- Ragno porta guadagno – ribatto stando al gioco.
- Sei proprio bella – mi dice.
Ora lo strozzo quel caprone. Prima mi fa diventare rossa paonazza, e ora vuole trasformarmi in un vero e proprio peperone.
- Ehm…. Grazie – gli rispondo, sennò non saprei che altro dire.
Dopo aver recuperato tutti i libri cominciamo a salire le scale insieme.
- Anche a te non piacciono gli ascensori? – mi chiede all’improvviso dopo un lungo periodo di silenzio – Perché non so se l’hai notato, ma siamo gli unici che stiamo salendo le scale – aggiunge.
- Gli ascensori mi terrorizzano. Da quando all’età di 9 anni ci rimasi bloccata dentro insieme a mia zia non ci andai mai più. E non intendo certo farlo – dico.
- Anch’io li detesto con tutto il cuore. Ah, comunque io sono Mark – mi dice.
- Piacere, Ashley. Oggi sei già la seconda persona che conosco. Credo che a giudicare dalle dimensioni di questo edificio e dal numero delle classi dovrò farci l’abitudine -.
- Eh già -.
La nostra conversazione si conclude qui perché subito dopo entriamo in classe. La classe è grande, ma appena entro si impossessa del mio corpo un bruttissimo presentimento. Poi un colpo al cuore. Indescrivibile. Svengo.
 
 
 
Apro gli occhi. Mi alzo di scatto. Sussulto. Mi guardo le mani. Poi la testa. Poi di fianco a me.
- Ashley! Finalmente, grazie a Dio! Stai bene? Stavamo entrando in classe quando sei svenuta all’improvviso. Sei caduta e hai sbattuto la testa contro lo spigolo del banco, provocandoti un brutto taglio. Purtroppo non ho fatto in tempo ad afferrarti. È stato tutto così veloce. Tutti fissavano te e il sangue a terra. Poi la Bianchi, ha chiamato l’ambulanza e sono venuti subito a prenderti. Sei in Ospedale, Ashley. Potevi morire -.
Ecco. Di nuovo. Rimango a bocca aperta. Solo io so cos’è successo. E non voglio più mettere piede in quella scuola.
- Ashley? Ci sei? -.
- Dove sono i miei genitori? Chi è la Bianchi? Che giorno è? – si comincia.
- Ho appena dato il cambio turno ai tuoi, sono stati qui ben 6 ore. La Bianchi è la prof. di Arte. È lo stesso giorno del tuo primo giorno di scuola e sono le 19.45 – mi dice.
- Qualcosa a scuola mi ha afferrato e mi ha scaraventato contro il banco. Poi sono svenuta. C’è qualcosa in quella scuola. Non voglio metterci più piede – dico arrabbiata ed estremamente impaurita.
- Ashley, non è il momento per scherzare. Ora riposati un po’, su. Tra un po’ cenerai. Ti terranno qui per la notte – mi dice impassibile.
È inutile parlare con lui. Mi prenderebbe per pazza psicopatica.
 
 
 
La cena consisteva in una pastina in brodo e come secondo un piatto con la carne più insipida che io abbia mai mangiato, non si può nemmeno definire carne.
Ora sono le 21.34. Decido di andare a letto.
- Buonanotte Mark – gli dico. Mi ha fatto da guardia tutto il tempo, che gentile.
- Buonanotte anche a te Ashley. Io a questo punto vado. Torno domani mattina. Ciao – mi dice chiudendosi la porta alle spalle.
   
 
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