- Piccole memorie -
Umm ... Chissà per quanto ho dormito ... Beh, poco importa, tanto lo
faccio talmente spesso che ormai ho perso il conto.
Mi alzo con sforzo dato che sono ancora assonnatissimo. Sbadiglio con noncuranza
e mi stiracchio facendo scricchiolare qualche osso e, successivamente, proseguo
con la pulizia personale di routine che, dato che non ho alcuna fretta, dura
parecchi minuti.
Un sole forte m'impedisce di aprire completamente gli occhietti e storco il
naso nell'odorare l'aria ... Che schifo! Sembra benzina mischiata ad altre schifezze
e il mio odorato fino lo sopporta con difficoltà.
Mi allontano velocemente andandomi ad appostare in una zona d'ombra sotto la
quale posso spalancare gli occhi ed osservare il paesaggio attorno a me: non
capisco come mai ma vedo tantissimi ammassi di sassi fumanti e, molti di questi,
sono affiancati da ammassi di metallo dai colori rossastri ... Continuo a non
capire, sopratutto il sasso piatto, vicino alla zona in cui stavo, sul quale
ci sono dei piccoli scarabocchi ... E' inutile che mi sforzi, tanto non sò
leggere.
Sento un piccolo languorino nello stomaco, osservo il cielo e vedendo il sole
alto deduco che sia più o meno mezzogiorno, ora di pranzo. Sono troppo
abituato alla vita di casa per cavarmela da solo, ho bisogno d'aiuto.
Mi guardo attorno in cerca della mia abitazione, l'ho vista poche volte dall'esterno
però ricordo che era molto grande, ma misteriosamente non la vedevo.
Avanzo a passetti veloci standomene all'ombra nella ricerca di quello stabile
che maledettamente non trovavo ... Che rogna!
E' da parecchio che cerco e sento la stanchezza pervadermi perchè non
ho ancora trovato casa mia, e anche la tristezza giunge galoppando ... Insomma,
il sole sta calando e non ho ancora trovato quel cavolo di monolito giallo!
... Il luogo nel quale posso stare tranquillo e nel quale sò che vi sono
coloro che mi vogliono più bene.
Una folata di vento mi fa rabbrividire e, dopo essermi ripetuto mille volte
nel cervello di fermarmi a riposare, optai per una scelta differente ed iniziai
a correre per poi fermarmi poco più avanti a causa del fiatone ... Maledetto
me e ai miei arti corti e paffuti!
Mi accoccolai a terra per recuperare le forze che magicamente ritornarono appena
guardai di fronte a me e scorsi dei muri famigliari dalle tinte luminose. M'alzai
velocemente per corrervi incontro col cuoricino che batteva all'impazzata dall'emozione
ma il mio entusiasmo si mutò in sconcertazione appena fui vicino a quello
che un tempo doveva essere stato il cancelletto d'ingresso al giardino principale:
il colore bianco si era sporcato e la porticina era tutta rotta mentre la siepe
ai fianchi era annerita, quasi a causa di un fuoco, ed in alcuni suoi punti
erano schiacciati da delle macchine ... Pirati della strada!
L'erbetta e le aiuole di fiori colorati, che spesso mi invitavano a lunghi sonnellini,
non erano messi meglio. Proseguii spaesato per lo stradello verso la "cupola"
che, a mio dispiacere, era quasi completamente distrutta. Lo scheletro della
struttura era ben visibile e io avanzavo di piano in piano sui mattoni delle
pareti portanti che, per miracolo, non cadevano.
Avanzavo e ricostruivo ogni stanza in base ai miei ricordi ma piccole cose le
collegavano tutte: erano disastrate, vuote e disabitate ... Ciò mi rattristò
molto.
Decisi di fermarmi, quella desolazione mi stava distruggendo dentro ed evitare
di procedere mi parve la cosa migliore. La stanza nella quale stavo era molto
spaziosa e la grande parete ricurva, che proteggeva dal gelo esterno, era completamente
crollata.
Nella stanza a fianco mi ricordo che vi era la cucina, nella quale potevo liberamente
accedervi perchè non vi era una porta a bloccarmi, e dentro la quale
potevo gustarmi i miei succulenti pasti preparatimi con tanto amore ... Quanti
bei ricordi.
Chiusi gli occhi per rinforzare quelle memorie. Annusai l'aria e uno squisito
profumino passò sotto al mio nasino, mi guardai attorno a non riuscii
a trattenere un moto di gioia nel vedere lo spazio colorarsi e riempirsi di
tutti quegli oggetti a me cari: il divano enorme, la televisione, il tavolone
da pranzo con tutte le seggiole annesse, le finestre semicoperte dalle tende
e i tanti mobili sovrastati da carinissimi vasi ricchi di fiori. Scattai e mi
strusciai felicemente contro ogni cosa fregandomene altamente delle conseguenze
finchè, con dei luminosi colori, apparvero dal nulla tutte le persone
a cui tenevo di più e con le quali ho trascorso il mio tempo: la mia
padrona, col suo viso felice e vestita con uno dei suoi tanti vestiti retrò,
entrava in scena con in mano una stupenda torta al cioccolato accompagnato da
uno stufato fumante portato dalla figlia, anch'ella molto bella e con un vestitino
molto stretto ed entrambe provenienti dalla cucina.
A capotavola vi era l'ultimo arrivato che, con sguardo truce, studiava le pietanze
poggiate sul tavolo ricoperto dalla tovaglia ricamata. Era quello che conoscevo
meno ma, a parer mio, non sembrava pericoloso sopratutto perchè nei momenti
dei pasti mi passava un boccone di quello che aveva preparato la giovane donna
di casa e, se cadevo a terra in preda a dolori lancinanti, evitava la pietanza
... Inizio a sospettare solo ora che mi usasse come cavia. In questa occasione
rifiutai il dono ma non la carezza che tutti non mi fecero mancare finchè
non mi disinteressai a loro perchè sulla soglia avevo visto il mio adorato
padrone, colui che mi portava sempre con sè ovunque andasse a bordo della
sua spalla ricoperta dal camice bianco che spesso odorava di tabacco a causa
delle troppe sigarette che fumava. Corsi euforico verso di lui, che intanto
mi stava salutando con la mano, finchè non tentai si saltargli in braccio
per ricevere le sue coccole ma lo oltrepassai andando ad atterrare sul pavimento
alle sue spalle. Mi voltai in fretta sconcertato nel vedere che tutto ciò
che era apparso stava svanendo nel nulla: il salotto coi suoi oggetti, i profumi,
lo strano figuro, la signorina ed infine i miei due padroni che scomparvero
legati assieme in un abbraccio.
... Avevo sognato tutto ad occhi aperti.
Le macerie avevano fatto ritorno così come nel mio cuoricino aveva fatto
ritorno la malinconia e a passo lento ritornai ai piani precedenti. Discesi
vari mattoni che formavano una sorta di scaletta finchè non giunsi all'interno
dei laboratori, anch'essi distrutti nonostante fossero nel sottosuolo. I macchinari
non emettevano ormai più scintille e alle narici mi giunse un forte odore
di olio ormai bruciato da parecchio tempo, distrattamente ne zampettai un pò
e mi ci volle del tempo per staccarmi da esso. Successivamente mi pulii l'arto
sporcato con scarsissimo impegno, ero molto amareggiato. Feci pulizia finchè
qualcosa non attirò la mia attenzione, qualcosa di chiaro nascosto nell'angolo
più remoto della stanza, e m'avvicinai ad esso per capire cosa fosse
... Forse era meglio se non lo facevo. Fra la polvere trovai una massa famigliare,
ricoperta da un camice bianco, schiacciata da un grosso macigno che mancava
dal soffitto. Riconobbi il tessuto, i voluminosi baffoni e un paio di occhialoni
in frantumi ... Il mio adorato padrone. Mi accoccolai al suo fianco nell'attesa
di un movimento che non giunse mai.
Mi assopii per un pò di tempo finchè non caddero dei sassetti
dall'alto che mi costrinsero a scostarmi di scatto, che spavento! Uno dei sassetti
urtò una delle braccia del padrone, che erano libere da quella morsa
di detriti, e si spostò mostrando qualcos'altro ... Chissà cos'era.
M'avvicinai per controllare cosa fosse e mi pietrificai nel riconoscere una
massa di pelo scuro, e pure quella non si muoveva.
Nel rivedermi lì appallottolato, sotto l'ala protettrice del mio padrone,
riuscii a fare i vari collegamenti e a capire come stavano realmente le cose
... Lentamente e tristemente mi dissolsi nel nulla.
« Oh caro, guarda chi c'è! »
« Oh-oh-oh, ma dov'eri finito? Finalmente sei quì » mi salutava
con la mano.
Dedicata al mio gattone nero Oscar
(che sta beatamente ronfando sul divano ^^)
Baci, Bea