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Autore: November Rain_    23/01/2015    1 recensioni
L'amore. Sappiamo cosa sia realmente? Quanti pensano di amare o amano realmente? Nicole, una ragazza diciassettenne, si pone queste domande senza saper dare una risposta. Pensa che lei sia l'unica persona a non sapere ed a non provare questi sentimenti, ma tutto verrà messo in discussione con l'arrivo, o per meglio dire il ritorno di lui, Alexander.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Prologo.
 
 
“Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee,
per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all’improvviso,
in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata”.

~Fedor Michajlovic Dostoevskij.
 

 
Appena la sveglia suonò mi misi subito a sedere. Erano le cinque e mezza del mattino e come al solito, mi alzai e dirigendomi in cucina. Presi la padella, tutti gli ingredienti e preparai dei pancakes. Impilai l’ultimo, sulla torre appena creata, presi il piatto e lo poggiai sul tavolo nello stesso momento in cui sentii aprire la porta di casa.
«Buongiorno! Ho appena finito di preparare la colazione!» esclamai.
«Anche oggi sei già in piedi? Quante volte ti devo dire che non c’è bisogno che ti alzi così presto!» rispose l’uomo dal salotto.
«Lo sai che preferisco mangiare in compagnia! E poi devo andare a correre» risposi sorridendo andandogli incontro.
Ed eccolo li, davanti a me. L’uomo più importante della mia vita. Mio padre.
«Come al solito!» mi guardò severo «Mi sto iniziando a chiedere se imparerai mai a fare ciò che ti dicono. Perché sai, ormai sto iniziando ad arrendermi!» sbottò abbracciandomi.
«E io mi chiedo se tu smetterai mai di dire sempre le stesse frasi! Ormai sono diciassette anni che avanti così!» ribattei ricambiando l’abbraccio.
«Dai, mangiamo» ordinò mio padre incamminandosi verso la cucina.
Lo seguii e presi il mio posto.
«Beh, com’è andata a lavoro?» domandai.
«Niente di speciale, come al solito. Per fortuna il pronto soccorso non era pieno oggi» rispose. Sì, mio padre era un medico, da piccola passavo molto tempo con lui in ospedale, ormai conoscevo tutti li, era come una seconda casa. Ero sempre stata abituata a stare in quell’ambiente, per questo quando avevo tempo libero mi recavo lì per volontariato con i bambini, oppure mi capitava di intrattenere i pazienti che aspettavano il proprio turno.
 «Che piani hai per oggi? Io monto alle 15» mi informò.
Lasciai la forchetta in sospeso e lo guardai.
«Appena finiamo qui vado a correre e poi a scuola, oggi finirò per le 16:30. Ho pure un compito di letteratura con quella pazza, poi non lo so. Non ho ancora sentito Mary oggi» risposi prima di mangiare l’ultimo boccone.
«Allora poi chiamami quando esci» mi ordinò mentre mi osservava raccogliere i piatti «E lascia stare» aggiunse «Ci penso io qui, tu vai pure»
«Ok, allora ci sentiamo più tardi. Buon riposo papà» gli augurai baciandogli la guancia, prima di sparire in camera mia. Indossai la mia divisa per la corsa, ovvero un pantaloncino e la felpa di mio fratello, anche se era il triplo di me era comoda. Scrissi velocemente un messaggio a Mary, misi il cellulare in tasca, presi il mio Ipod dal mobile, dove accanto si trovava la foto di mia madre. Sorrisi e l’accarezzai, mi mancava sempre nonostante i lunghi cinque anni e mezzo passati dalla sua morte. Feci un respiro profondo e scesi le scale in fretta.
«Vado» urlai per farmi sentire da mio padre, che si trovava ancora in cucina.
«Non sforzarti troppo» disse lui.
Sorrisi e uscii fuori casa, l’aria era pungente, ormai eravamo ad Ottobre.
Infilai le cuffie nelle orecchie e misi play, iniziando a correre lungo la via, controllando sempre i passi e il respiro, era un’abitudine che ormai non potevo gestire, come non potevo gestire il fatto di non ascoltare la musica. Facevano parte del mio essere, di me. La canzone terminò e dagli AC/DC mi ritrovai ad ascoltare “Feel like making Love” dei Bad Company. Sbattei le palpebre e mi concentrai sul testo della canzone. Il tema centrale come sempre era l’amore.
 
Amore.
 
Ma cos’è l’amore in realtà? Mi chiedo se qualcuno lo sappia realmente. Se cerchiamo il significato della parola nel vocabolario troveremo diverse spiegazioni, come: affetto intenso, assiduo, fortemente radicato per una persona, come l’amore paterno o materno, oppure sentimento, affetto che comporta attrazione sessuale. È facile poter capire il primo, tutti noi amiamo i nostri genitori e tutte le persone a noi care come amici e parenti. Ma l’amore vero? Quello che si prova solo per un’unica persona come facciamo conoscerlo davvero?
 
Amore.
 
Vediamo sempre film romantici, dove osserviamo diverse storie d’amore facendolo sembrare così semplice. Ci fanno illudere tutti sul fatto che nel nostro pianeta si trovi la persona giusta per noi, quella unica, che ci fa battere il cuore e ci farà crescere, scoprire nuove cose, vivere a pieno.
Mi fermai per riprendere fiato.
«Ciao amore!» sentii esclamare davanti a me. Mi fermai li, approfittando per riprendere fiato e lo osservai.
Il ragazzo che aveva appena parlato, si trovava dall'altra parte della strada, esattamente davanti a me.
Ripresi a correre, lo raggiunsi... e superai, senza non poter sorridere a causa della ragazza che si lanciò sopra l’altro e lo baciò.
 
Amore.
 
Forse tutti sanno cos’è l’amore.
Tutti tranne me.                          
 
 
 
 
 
 
 

 
Mary aspettava lì, ferma al parcheggio, insieme a Francis. Stavano insieme da praticamente sempre. Tutto iniziò quando si incontrarono per la prima volta alla scuola materna, quando si incontrarono e andarono subito d’accordo. Più crescevano più diventavano inseparabili e quando iniziò il periodo in cui si inizia a pensare ai ragazzi, alle cotte, loro stavano insieme. Infatti, se chiedi a loro da quanto dura la loro relazione ti diranno che sono ben dodici anni, ovvero da quando quei due bambini posarono gli occhi l’uno sull’altra.
Mary e Francis.
 
Amore.
 
Forse era meglio smetterla di ragionare sull’amore per oggi, così presa la decisione di accantonare questi pensieri, mi avvicinai a loro.
«Buongiorno piccioncini» li salutai affettuosamente.
«Niky!» esclamò la mora saltandomi sopra.
«Buongiorno anche a te» sorrise Francis scompigliandomi i capelli.
«Ti prego dimmi che ne sai più di me in letteratura oggi» mi pregò la mora.
«Tranquilla, faremo il compito insieme, come sempre» risposi facendole l’occhiolino.
«Dovreste studiare di più invece che comportarvi sempre così» commentò l’altro infilando le mani in tasca.
«Senti non è colpa mia se ieri sono stata distratta dallo studio, è tutta colpa tua!» sbottò lei.
«Però di certo non ti stavi lamentando» le sorrise ammiccando.
«Oh beh, come se tu invece non volessi distrarmi» affermò avvicinandosi al ragazzo per baciarlo.
Alzai gli occhi al cielo.
«Ma è possibile che ogni vostra conversazione finisca in questo modo? Ormai credo che tutti si aspettino qualche scenetta osé» risi.
Subito i due si staccarono e si guardarono attorno, nonostante si comportassero così, si imbarazzavano facilmente.
«Dai, ora devo andare. Devo accogliere il nuovo arrivato» ci informò Francis allontanandosi.
«Ci vediamo a pranzo» urlammo io e la mia migliore amica, prima che mi voltassi verso lei.
«Da quando c’è un nuovo arrivato?» chiesi.
«Da oggi, ma non ho idea di chi sia. A quanto ho capito è un amico di Francis» rispose prendendomi a braccetto «Magari riusciremo a sistemarti»
«Basta con questa storia, ti prego. Pensiamo più che altro a questo bellissimo compito che ci aspetta!»
Mary sbuffò. «Meraviglioso» borbottò mentre iniziammo a camminare addentrandoci nella scuola.
Camminando nel corridoio ci mettemmo a commentare e  scambiarci i vari pettegolezzi sentiti, d'altronde nella nostra scuola non si faceva altro che sparlare o raccontare segreti degli altri. Almeno non ci si annoiava mai.
«Fermiamoci un attimo al mio armadietto che lascio questi libri, non ho voglia di portarmeli ovunque»
«Ok» risposi semplicemente.
Così mi appoggiai di fianco al suo armadietto, verso di lei.
Grazie a quella posizione potemmo sentire dei commenti sul nuovo ragazzo, ma erano tutti del tipo:
«Oddio, hai visto il nuovo?»
«Vorrei conoscerlo! E non solo… capisci che intendo»
«È così sexy»
E così via, certo non riuscivano a pensare altro quelle che ritenevo le ochette. Persa, nuovamente nei miei pensieri, non mi accorsi che qualcuno stava cercando di tossire per farsi notare. Mi ripresi subito e notai un’ombra alle mie spalle, era un ragazzo alto e a quanto sembrava muscoloso.
«Scusa, ma sei appoggiata al mio armadietto» parlò il ragazzo.
«Oh.» mi sposai immediatamente «Scusa, non mi ero accorta di essere in mezzo»
Doveva essere straniero, aveva un accento strano…
«L’importante è che ti sia tolta di mezzo»
Brutto maleducato. «Ma chi ti credi di essere?» diedi voce ai miei pensieri senza accorgermene.
Il ragazzo voltò leggermente la testa verso di me e mi fissò negli occhi.
Li sgranai.
Oddio, no.
Ci vedo male.
Non può essere lui.
Distolsi subito lo sguardo e mi rivolsi a Mary.
«Inizio ad andare in classe, ci vediamo li» detto ciò, mi allontanai il più in fretta possibile da loro, da quel ragazzo.
In classe la mora cercò sempre di togliere fuori l’argomento “nuovo ragazzo”, affermando che era proprio quello che avevamo incontrato, ma io o la ignoravo o cambiavo argomento. Quando scoprii che Francis l’avrebbe portato a pranzo con loro, decise anche di inventare un impegno di cui si era dimenticata e non li raggiunse.
Per fortuna il professore di storia aveva deciso di fare un compito per l’indomani, quindi avrebbe avuto tutta la serata occupata e non avrebbe pensato ad altro. O almeno così credeva lei. Ma non fu così.
Attratta dai rumori che sentiva dall’altra parte della strada, si avvicinò alla finestra e guardò fuori. C’erano dei furgoni di trasloco proprio davanti a quella casa e lei sperava proprio che non c’entrasse lui. Doveva essere solo una stupida coincidenza, sì. Sicuramente si erano decisi a venderla o affittarla invece che tenerla vuota.
Ma tutto si realizzò nella sua mente nel momento in cui vide quella testa bionda spuntare fuori dalla casa per prendere gli scatoloni e portarli dentro.
Ma successe qualcosa che lei non si aspettava, sollevo di scatto la testa e guardò dritto verso di lei. Subito si scostò dalla finestra e si attaccò al muro con la mano chiusa a pugno sul cuore. Perché si sentiva così? Perché il cuore aveva accelerato improvvisamente?
 
Doveva essere straniero, aveva un accento strano…
Quegli occhi.
Lui.
Alexander.
 
No, non era possibile. Lui se n’era andato da ben sei anni, abbandonandola lì, con promesse non mantenute ed ora era tornato.
 
  
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