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Autore: Koa__    24/01/2015    6 recensioni
Tu e John su una nuvola, baciarvi a dispetto di tutto, amarvi al di sopra del mondo. Intoccabili.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli intoccabili


 




L’aria della notte è gelida e umida. L’inverno quest’anno è stato il più freddo degli ultimi due decenni, ha detto così il meteorologo alla televisione e John te lo ha ripetuto almeno un’altra decina di volte. Lo mormorava tutte le sere quando rientrava dall'ambulatorio e, infreddolito, ti cercava per un abbraccio e un po’ di calore. Forse quel tizio della televisione aveva ragione: perché la tua notte, questa notte, è fredda e bagnata da una pioggerellina sottile, una di quelle così tanto inconsistenti da essere impalpabile. Dovresti seriamente muoverti ed entrare in casa, se te ne starai in strada ancora per molto rischi una polmonite! Sai che ho ragione, eppure non ti muovi e stai semplicemente fermo, con le mani affondate nelle tasche cappotto e il naso affossato nella sciarpa; non badi al freddo anche se il vento che ti taglia la pelle del viso lo senti perfettamente. Ed è incredibile, assurdo e senza precedenti, ma tu, Sherlock Holmes, l’uomo che cataloga decine di informazioni in frazioni di secondo, non fai caso a ciò che ti circonda. Non vedi nulla di questa Baker Street illuminata dai soli fasci di luce dei lampioni ai lati della strada, non noti la tua Londra risvegliarsi allo scoccare delle cinque, che ti arriva alle orecchie come un eco lontano nei rintocchi del Big Ben. No, tu osservi il punto in cui il taxi è sparito prima di svoltare dietro l’angolo. Non hai idea di come sia potuto accadere, non ne capisci nemmeno i motivi, eppure è successo lo stesso e adesso sei come paralizzato. Il tuo Mind Palace è in allerta, le parole che John ti ha urlato contro prima di andarsene ti riecheggiano ancora in qualche stanza del tuo ordinatissimo cervello. Sei invaso della paura, pietrificato dal terrore, l’oscurità ti sta mangiando il cuore e non hai idea di come fare per fermarla. O per fermare John. D’altronde come potresti? Non sai nemmeno per che cosa si sia arrabbiato. Sai perfettamente che dovresti fare: non dare ascolto al Moriarty incatenato che ti sibila all’orecchio che hai perduto John per sempre, che per voi due non esiste speranza. Alzati da terra e chiuditi la paura alle spalle. Devi razionalizzare. È importante che tu lo faccia e lo devi fare ora.

Apri gli occhi di scatto, hai il respiro pesante, affannoso come dopo una lunga corsa; è come se stessi respirando per la prima volta. Ti volti verso il portone del 221b, mentre affondi frettolosamente nelle tasche del cappotto in cerca delle chiavi. Le mani ti tremano, è la scioccante verità di cui ti rendi conto mentre tenti di infilarle nella toppa, fallendo miseramente ai primi tentativi. Sei fuori da quella stanza rotonda e composta di muri ovattati, eppure il tuo corpo ti tradisce: ancora ha paura. Lui però, forse, è il solo ad essere onesto e sincero. Perché John Watson ti ha lasciato e non hai idea di come farai a sopravvivere. Ti muovi con un’apprensione che non ti appartiene, con un’ansia che non è mai stata la tua. Sali quasi di corsa i gradini che portano al piano superiore e non metti molta cura nel riporre il cappotto e la sciarpa, i quali finiscono abbandonati su una delle due poltrone. In questi casi, è il violino ad aiutarti. È lui che ti permette di pensare con logica, di razionalizzare quanto basta per poter risolvere il caso. Solitamente ti manca un tassello, non riesci a focalizzare bene il disegno complessivo e sai che questa volta non è diverso. Ad essere unico ed eccezionale, è il tuo esserne coinvolto personalmente, sei compromesso in un modo che è preoccupante. E lo sapevi, il giorno in cui hai deciso di ricambiare il bacio di John e di buttarti in questa cosa fatta di sentimenti e di mattinate trascorse a fare l’amore, lasciandoti a lui in un modo completo e totalizzante, eri perfettamente conscio che sarebbe andata a finire così. Con te pazzo e folle di paura. Con te perso in ragionamenti senza senso, mancanti di un filo a collegare i fatti. A sragionare per colpa di questo assurdo terrore che ti sconvolge i sensi, che ti mette in disordine il Mind Palace. No, ti imponi duramente tentando con disperazione di riprendere il controllo di un mezzo che pare star andando per i fatti propri. Devi riacquistare il tuo sangue freddo, il tuo raziocino e lo devi fare nonostante quel lato di te che ti porta a tremare. Quindi respiri lentamente, provando a scacciare l’immagine di Jim Moriarty vittorioso e sorridente che ti dice che ormai John è andato, perso; non è questo il momento di farti trasportare da lui. Ora devi capire e conosci un solo modo per farlo. E mentre scegli la melodia da suonare, ti concedi un momento tutto per voi due. Regali a te e al tuo prezioso Stradivari degli attimi che, un lato irrazionale della tua mente, si augura possano essere infiniti. Accarezzi quindi il legno scuro e liscio con la punta delle dita, ne segui le nervature e poi fai la stessa cosa con le corde ruvide. È una notte da Brahms, ti dici annusando l’aria polverosa del soggiorno buio. C’è quell’atmosfera particolare, tesa e contratta, che necessita di venire addolcita. Pertanto scartabelli nell’archivio a lui dedicato, cercando la sinfonia più adatta e fermandoti soltanto dopo aver trovato una partitura del secondo movimento della Sinfonia in do minore. L’ideale per distendere i nervi, per risistemare ogni stanza del Mind Palace. Porti il violino alla spalla, preoccupandoti soltanto di accordarlo, prima di intonare le prime note. Brahms, con il suo fraseggio delicato, con la sua armonia dolce, è benefico. Lenitivo. Lo percepisci al pari d'un balsamo, un olio profumato, uno di quelli che John utilizza per massaggiarti la schiena; quel movimento ti fa il medesimo effetto calmante. E mentre la melodia ti si dipana di fronte agli occhi chiusi, lineare e perfetta, ti lasci sopraffare dai ricordi e torni indietro a soltanto qualche ora fa.

Il caso. Lo stavate seguendo da un paio di settimane ed aveva a che vedere con una serie di omicidi compiuti nell’arco di pochi giorni e tutti della medesima mano. Una donna. È quanto hai dedotto fin dal primo delitto, fin da che hai esaminato il primo cadavere. Lo hai capito per via del profumo femminile che gli uomini assassinati portavano, ma anche per la modalità di esecuzione. Le vittime, tutti maschi sui trentacinque anni, erano stati trovati composti, uccisi da cianuro. Svelare il modus operandi dell’assassina è stato complesso, ma dopo aver capito che era lei e come si approcciava alle vittime, ti sei detto che sarebbe stato facile fingersi un probabile bersaglio. Il problema, l’unico, era John. Vi trovavate nel ristorante in cui la donna lavorava per quello che doveva essere un appostamento, vi fingevate una coppia comune di amici lì per una cena. Stava andando tutto per il meglio, tu la spiavi e deducevi. Non sai come sia potuto accadere e dove tu abbia perduto il senno, forse è stato il vino, magari il buon cibo, ma complice un dessert al cioccolato da dividere, ti sei lasciato baciare. Lei, naturalmente, vi ha visti. Ciò che è avvenuto dopo, è stato come pretendere che una sfera non rotoli verso il basso se messa su un piano inclinato: impossibile da bloccare. In un lasso di pochi secondi hai dovuto scegliere, lo hai dovuto fare in fretta per non perdere ogni speranza di prenderla. Certo quindi del fatto che John avrebbe capito il tuo piano (è l’unico ad esserci mai riuscito fino ad ora), hai agito facendo di testa tua. Fermarti non era previsto, non aveva nemmeno senso ed infatti non ci hai neanche pensato. Perché la tua assassina era lì, avevi il tuo mistero da risolvere e non hai badato ad altro. Ciò di cui non ti sei reso conto, è che questa volta hai oltrepassato un limite che non ti saresti mai dovuto permettere di valicare. È successo che ti sei scostato bruscamente, impedendogli di baciarti di nuovo. Lui ti ha guardato, stranito, ma tu non gli hai dato modo di balbettare nulla che ti sei alzato in piedi.
«Non ci provare mai più» hai urlato, sperando che il tuo fingerti scandalizzato e orripilato fosse il più possibile realistico. «Tra di noi non potrà mai esserci niente di più se non un’amicizia. Inoltre» hai proseguito poi «sono innamorato di un’altra persona, di una donna ovviamente.» Dopo hai attraversato la sala piena di gente e lo hai fatto a grandi passi, ti sei inginocchiato di fronte all’assassina consegnandole un fiore rubato ad un tavolo e le hai dato quanto che da tempo la spiavi da lontano e che ne eri perdutamente innamorato. Hai finto e lo hai fatto anche molto bene. Lei era confusa, ma quando ti sei alzato e l’hai presa tra le braccia, baciandola con passione, si è arresa ed è caduta nella tua trappola. E John? Di lui non te ne preoccupavi, credevi che si trovasse dove sarebbe dovuto essere ovvero a chiamare Lestrade e ad avvisare Scotland Yard del tuo piano perché è questo il tuo metodo, è così che fai di solito. Peccato solo che lui, nell’immediato, non abbia fatto niente di tutto questo e sia rimasto a fissarti impietrito, mentre baciavi un’altra. Come dev’essersi sentito? Almeno a questo hai pensato? Su che cosa rimuginavi mentre John ti urlava contro di essere un traditore, laggiù in quella Baker Street bagnata di pioggia? Era furioso. Però in lui c’era dell’altro, qualcosa che sul momento ti è sfuggito e che anche adesso fatichi a comprendere. Risposte. Hai bisogno di risposte. Sai che quel che è successo ha a che vedere con il caso appena concluso, ma non sai in che maniera questo abbia scalfito il vostro rapporto. Cos’ha portato John a fuggire via da te, dicendoti che era finita per sempre? Che cosa? Non capisci, non ci riesci davvero e odi non riuscire a focalizzare il problema, detesti non centrare il punto. I muscoli delle braccia si tendono appena e nell’arcata imprimi involontariamente più forza, il suono risulta più forzato e pertanto, sgradevole. Sussulti appena quando quel suono sgraziato ti arriva alle orecchie facendoti storcere il naso. Ecco l’effetto che ti fa pensare a lui e…
«Concentrati» ti suggerisce la voce del tuo John mentale.

Sì, John. La sua immagine ti si rischiara di fronte agli occhi ed è come se il tuo cervello lo avesse congelato in quell’ultimo frangente, poco prima che salisse sul taxi. Anche in quegli attimi, mentre ti gridava contro tutta la rabbia che aveva in corpo, della sua espressione ti ha colpito un dettaglio a cui però non hai badato perché, diavolo, ti sfuggono sempre le cose più ovvie. Non c’era soltanto ira sul volto di John Watson, aveva sì le mani strette a pugno e la bocca contratta, ma non puoi non aver notato le labbra martoriate segno di chi si è torturato a lungo, magari preda di un’ansia del tutto simile a quella che hai tu adesso. E non puoi non aver visto una goccia di un sentimento diverso nel fondo dei suoi occhi, non pena, né rabbia o paura, ma dolore. Puro e semplice dolore. Era la sofferenza che tu gli hai causato, tutta colpa di un bacio che hai dato a qualcun altro. John ha pianto per una promessa che hai osato infrangere, perché hai preso il vostro rapporto e lo hai gettato nella mischia assieme a tutto il resto, buttandolo là dove non ti dovevi azzardare a gettarlo. Vi eravate detti di essere intoccabili, che il vostro legame sarebbe stato al di là di tutto, al di sopra del resto del mondo: tu e lui su una nuvola, a baciarvi a dispetto di ciò che avviene al di sotto. Tu però hai distrutto tutto questo e lo hai tradito. E quando la consapevolezza di ciò che hai fatto ti assale, ti rannicchi a terra, in un angolo di quel polveroso soggiorno. Appoggi la testa sulle ginocchia e chiudi gli occhi. Piangi, piangi, Sherlock. Le tue lacrime sono oramai tutto quel che ti resta.

 
*


Quando John torna a Baker Street è trascorso un giorno e tu sei ancora seduto in un angolo, nascosto dietro la porta che quando si apre, sbatte contro i tuoi piedi nudi e freddi come il ghiaccio. Non ti sei mosso di terra, nemmeno hai bevuto il tè che Mrs Hudson ti ha portato. Non hai idea di che ore siano, intuisci che sia notte perché il cielo è buio, ma non sai nulla se non che il profumo del dopobarba di John invade il soggiorno, finalmente. Anche quello ti era mancato. Conta solo John, John che ora ti guarda dall’alto e che si martoria le labbra in un gesto di nervosismo.
«Prima che lo deduci da solo, ho dormito da Sarah» confessa. Tu sollevi la testa, lo sguardo ti si è acceso di gelosia e ora arde di una passione che sai essere solo tua e di John, vostra e di nessun altro. Bruci e lui con te e quando ti alzi in piedi per poterlo fronteggiare, sei impreparato a ciò che fa. Ti aspetti parole e altre liti, ma non fa nulla di tutto questo, anzi, ti afferra per un braccio attirandoti a sé, ti stringe in un abbraccio che sa di possesso, che ha il sapore delle lacrime che avete versato. Hai voglia di dirgli che hai capito, che sai perché si è arrabbiato tanto e che ti dispiace, però taci. Hai soltanto voglia di perderti in quell’abbraccio caldo che ha il gusto misto della pace e del rimprovero. Quindi ti lasci andare e decidi di bruciare, d’altra parte sai che solo per lui potresti farlo. Non sei sicuro d’aver ottenuto il suo completo perdono, ma la maniera con cui ti stringe, con forza e vigore, mista a gelosia e possesso, ti bastano per capire che avete una possibilità. E a te è sufficiente questo. Del resto non ti importa. Perché per lui, per John, faresti ogni cosa e ti basta un suo ordine, una sua richiesta per accontentarlo. Ed è esattamente ciò che ti sta domandando adesso, ti sta chiedendo di capirlo, di non baciare mai più nessuno che non sia lui, di non mettere più a rischio la vostra relazione per un caso, per un omicida qualunque. Perché loro, gli assassini, sono tutti uguali, ma il vostro legame è unico e non vale la pena rovinarlo.
«Tutto quello che desideri, John, sempre» gli sussurri all’orecchio. Lui non risponde, ma accentua la stretta e ti bacia il collo. Capisci tutto da lì, da quel gesto comprendi che non siete intoccabili e non lo sarete mai. Non siete sopra il mondo e non osservate i mortali dall’alto come degli annoiati e mitici dei. Siete solo due esseri umani e tu, Sherlock Holmes, sei molto più sensibile di quanto non credi.
«Sempre» ripeti, perdendoti in John una volta per tutte e mentre lui chiude gli occhi e sospira, un sorriso tenue si fa largo sul tuo volto. Afferra la felicità prima che svanisca di nuovo e ora che l'hai ottenuta, fai di tutto per difenderla. D'altra parte, Sherlock, è tutto ciò che di prezioso possiedi.
 


Fine
 


*Il brano suonato da Sherlock è la Sinfonia n.1 in do minore di Brahms.
*Il titolo è una citazione del film ‘Gli intoccabili’.

Torno a scrivere Johnlock... incredibile! Questa storia è nata da una fanart, quella sopra, e da una sfida con Allosy_sk. Avrei voluto fare di più, ma il limite di 2500 parole mi ha limitato molto più di quanto credessi all’inizio. Il carico introspettivo è di molto ridotto rispetto ai miei standard, spero sia piaciuta ugualmente.
Koa
   
 
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