Just
listen
Ci
sono milioni di modi diversi per dire “ti amo”…
“Ti rendi conto?”
Paul è così felice che non può fare a meno di saltellare,
mentre camminano entrambi per le strade di Liverpool.
Non riesce mai a stare fermo quando sprizza gioia da
tutti i pori. E a John piace vederlo così. Oh sì, non gli staccherebbe gli
occhi di dosso.
E come potrebbe? È Paul, il suo Paul. È il suo Paul da
quella splendida, calda, assolata giornata di inizio luglio.
Il giorno in cui questa folle giostra si è messa in moto.
John non può che condividere la sua gioia. È qualcosa che
li accomuna, qualcosa che hanno costruito insieme. È…
“Il nostro primo contratto discografico, John, il primo
album.”
John ride, quando le mani di Paul afferrano i lembi della
sua giacca.
“Lo so, Paul, c’ero anch’io, ricordi?” domanda, coprendo
quelle mani con le proprie.
“Allora, non sei contento?” chiede l'altro, perplesso.
“Certo che lo sono.”
Paul sospira, lasciando la presa sulla sua giacca, ma
continua a sorridere come un idiota, sapendo di apparire come tale, e cammina
davanti a John, all’indietro, non staccando gli occhi dall’amico.
“Sai cosa significa questo?” continua.
“Soldi?”
“Tanti soldi.”
“E album.”
“E magari una tournee. E…”
Le mani di John si affrettano ad afferrarlo per un
braccio, attirandolo a sé, prima che possa attraversare la strada ed essere
investito da un’auto che sfreccia davanti a loro, strombazzando, con l'autista
che impreca pesantemente verso di loro.
“E magari..." inizia a dire John, il suo cuore batte
forte e spaventato nel suo petto, "Prima stai attento a dove vai,
Paul, altrimenti non le vedremo mai tutte quelle cose.”
Paul arrossisce e si morde il labbro, chiaramente in
imbarazzo.
“Hai ragione, scusa, colpa mia.”
“Non fa niente.” sospira John, più sollevato ora che
comincia a rendersi conto che entrambi stanno bene, che Paul sta bene.
Sta per ricominciare a camminare e attraversare la
strada, quando la mano di Paul raggiunge la sua, la stringe e lo ferma.
“John?”
“Sì?”
“Grazie.”
Un sorriso.
“Non c’è di che, Paul.”
vvvv
“Ci siamo.”
L’aereo è finalmente decollato e John non ha mancato di
udire l’affermazione eccitata di Paul. È
seduto proprio davanti a lui e continua a muoversi e guardare dal finestrino
l'Inghilterra che si allontana sempre più sotto di loro.
"Ancora poche ore e poi America." esclama,
voltandosi verso di lui e guardandolo attraverso una piccola fessura tra i due
sedili, "Non sei eccitato, Johnny?"
"Altroché. È quello che noi abbiamo sempre sognato,
giusto?"
"Oh sì.” sussurra dolcemente Paul, “Il nostro
sogno."
Anche attraverso quella piccola fessura, John riesce a
captare tutto quel calore che vive e arde in Paul. Quello di cui non può più
fare a meno, almeno da quando Paul è entrato nella sua vita.
E se non ci fosse Cynthia che sonnecchia leggermente
accanto a lui, né George sui sedili alla sua sinistra, beh, John allungherebbe
una mano in quella fessura per accarezzare il viso di Paul. Dopotutto è lui che
glielo sta chiedendo.
Ma John non può farlo e Paul lo sa.
Così John si avvicina a quella barriera che lo separa da
Paul, una barriera che non sparirà mai, ne è assolutamente convinto, ma quella
fessura in qualche modo è come uno spiraglio di speranza a cui John si aggrappa
con tutte le sue forze.
“Ora, Paul, riposati."
"Riposarmi?” ripete, ridacchiando, “Non potrei mai
riuscirci."
"Credimi, non avremo pace quando arriveremo. Per cui
ascoltami, e riposati."
"D'accordo, mammina."
"Guarda che era un consiglio spassionato.” ribatte
John, “Cosa penseranno le pollastrelle americane di Paul McCartney quando ti
vedranno rincoglionito per mancanza di sonno e per il fuso orario?"
"John, vaffanculo." borbotta Paul, e il suo
viso sparisce dalla visuale di John, segno che il giovane si è seduto composto.
John ride fra sé, soddisfatto per aver centrato il
bersaglio. Sa di avere ragione, sa che l'America sarà un inferno paradisiaco e
lui ha bisogno di Paul accanto a sé, Paul in forma, altrimenti tutto
crollerebbe, John per primo e-
"John?"
"Sì?"
"Grazie."
Un sorriso.
"Non c'è di che."
vvvv
“Allora?”
“Cosa?”
“Che ne dici?”
Paul ride, mentre John gli mostra la sua nuova macchina.
Anzi, la sua prima macchina, comprata subito dopo aver preso la patente.
“E’ molto bella.”
“Molto bella? È una fottuta Ferrari, Paul!” ribatte John,
accorato.
Paul si avvicina, passando la mano sul tettuccio
decappottabile.
“Allora è fottutamente bella, John.” afferma dopo, con
uno sfacciato occhiolino.
John sorride, finalmente soddisfatto.
“Ti andrebbe un giretto di prova?”
“Non so, dipende.”
“Da cosa?”
“Da dove vuoi portarmi.”
John si morde il labbro, pensieroso, anche se sa
benissimo dove vorrebbe portarlo. Vorrebbe rapirlo, scappare con lui, in un
posto dove nessuno possa portarglielo
via, dove possano essere semplicemente John e Paul, non Lennon e McCartney dei
Beatles.
Ma un posto simile esiste solo nella sua testa e lui non
può portarlo in un luogo che non c’è.
Così John sospira, scrollando le spalle, “Non lo so,
vediamo dove ci porta l’auto.”
“Allora, che stiamo aspettando?”
In un istante sono dentro la vettura e John si allaccia
la cintura e mette in moto, prima di voltarsi verso Paul: lo sta osservando,
con un sorriso che mostra la sua gioia di partire per chissà dove, ma lo
sguardo attento di John non può non notare un particolare, o meglio che manchi
qualcosa.
“Cosa c’è ora?”
Con una risatina dolce, John si sporge e prende la
cintura di sicurezza del passeggero, proprio dove è seduto Paul, e la fa poi
scorrere dall’altra parte.
“Prima allacciati la cintura, ragazzino.”
Il suo sussurro sfiora la guancia di Paul e lo fa
rabbrividire.
“Hai per caso in programma di fare qualche incidente con
la mia preziosa persona a bordo della tua nuova auto?”
“No, ma sai… non si sa cosa ci riservi il destino. E non
vogliamo certo che tu ti faccia del male.” risponde John, toccandogli la punta
del naso con un dito.
“No, ovviamente no.”
“Ecco.” esclama John, dopo il click della cintura, “Ora
possiamo andare.”
“John?”
“Sì?”
“Grazie.”
Un sorriso.
“Non c’è di che, Paul.”
vvvv
Perché?
Paul, ti prego.
Perché proprio a te?
Non ce la faccio a vederti così.
Perché a te, John?
Basta, non serve a niente piangersi addosso,
Paul. Non lo sai?
Non posso crederci, non posso accettarlo.
E cosa puoi fare ora? Restare chiuso nella
tua camera e smettere di vivere non mi riporterà indietro.
Ma i giornali continuano a ripetere che sei morto.
Detesto questa parola perché significa che non ci sei più.
È la verità, Paul, non ci sono più.
E detesto anche te, perché non avevi il permesso di
andartene, soprattutto così.
Oh, Paul, sei solo stanco e hai bisogno di
riposare.
Sento la rabbia e la disperazione che mi infiammano al
pensiero di non averti detto addio.
C'eravamo detti addio da tanto tempo.
Al pensiero di non aver avuto un'ultima occasione per
prenderti e stringerti tra le mie braccia.
Hai proprio intenzione di continuare a farti
del male in questo modo?
Al pensiero di tutto quello che avremmo potuto ancora
fare insieme e che ora è svanito nel nulla, insieme a te.
A farci del male?
Penso che ancora pochi anni e avrei cominciato a romperti
le palle per tornare a scrivere insieme.
Un po' difficile con un oceano a separarci,
non trovi?
Sarei venuto a New York, da te, non mi importa davvero in
che modo. Ti avrei raggiunto anche al Polo Nord, ma avrei fatto di tutto per
te.
Paul...
Perché nessuno è né sarà mai in grado di darmi quello che
mi hai dato tu.
Piccolo...
Anche se eravamo troppo giovani e stupidi per accettarlo.
Parla per te.
Ma se fossi qui ora, te lo direi.
Che cosa?
Ti direi tutto quanto abbiamo sempre omesso, ti direi che
rimpiango di non averlo mai espresso a parole e che anche tu non l'abbia mai
fatto.
Ora sei ingiusto, Paul. Dici che non l'ho mai
fatto? È la prima cosa stupida che esce dalla tua bocca.
Se solo avessi ascoltato più attentamente, le
avresti sentite, quelle parole che volevi ti rivolgessi, in ogni piccolo gesto
che facevo per te. Poteva sembrare insignificante, ma dietro ognuno di loro
c'era un messaggio più importante.
Stai attento a dove metti i piedi, perché non
voglio che ti capiti qualcosa di spiacevole.
Riposati, perché devi prenderti maggiore cura
di te stesso e lo devi fare anche per me.
E allacciati la cintura, Paul, perché gli
imprevisti sono all'ordine del giorno, lo hai visto con me, e se tu morissi, io
ti seguirei l'istante successivo.
Era questo ciò che volevo dire davvero.
Ma in fondo, hai ragione.
Forse sarebbero bastate due semplici parole
per rendere tutto meno complicato fra noi.
Forse sarebbe bastato davvero dire-
John?
Sì?
Ti amo.
Sorrido.
Ti amo anche io, Paul.
Note dell’autrice: oooocchei,
dopo quasi 20 giorni torno con questa os.
Sigh, ho così tante idee e
pochissima ispirazione per ognuna di loro. Che fare?
Niente da dire su questa, è
stata ispirata da un post condiviso da Julian Lennon su facebook
(adoro quell’uomo): https://www.facebook.com/TheIDEAlistRevolution/photos/a.545133395520111.131122.212514318782022/934230263277087/?type=1&theater
Grazie ad Anya per i consigli
e il supporto. <3
E grazie in anticipo a chi leggerà.
Spero di tornare presto o con
una rossa o con una what if.
Buona serata
kia