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Autore: kyonnyuchan    26/01/2015    3 recensioni
Una maschera per non dover dipendere dal mondo, per essere protetti dalla paura, per sentirsi al sicuro... Una maschera per fuggire... Ma prima o poi la maschera che ci siamo costruiti ci incatena inesorabilmente.
E da soli, non riusciamo più a trovare la forza per romperla e iniziare a vivere davvero.
(Ami-centric)
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami Kawashima, Ryuji Takasu, Taiga Aisaka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Kawashima, più tardi ti dovrei parlare. Vieni nel mio ufficio quando finisci il servizio.”

 

“Ci conti direttore!”

 

Ami lo disse con il solito sorriso sulle labbra, mentre riavviava i capelli con fare indolente.

Tutti quel giorno erano stati particolarmente prodighi di complimenti verso il suo aspetto e la sua espressione solare. Come se fosse stata felice per qualcosa.

 

La fotografa aveva persino insinuato, nel break, se non le fosse magari capitata qualche interessante situazione sentimentale, per giustificare quel suo stato di grazia.

 

Illusi.

 

Non potevano sapere, loro.

 

Non potevano sapere che era proprio l'opposto. Quanto più i suoi demoni l'attanagliavano, quanto più sentiva il crac di tante piccole crepe nella sua maschera, tanto più era attenta e controllata.

 

Pesava ogni respiro, ogni espressione, ogni inflessione della voce. Tutto al solo scopo di non permettere che il cerone all'improvviso colasse e il clown mostrasse a mondo il suo vero volto.

 

Si sorprese a constatare che, probabilmente, in punto di morte, avrebbe fatto proprie le parole dell'imperatore romano Ottaviano Augusto: 'se vi è piaciuta la commedia, applaudite!'

 

O forse no. No, forse lei sarebbe stata ancora meglio di quell'uomo morto e sepolto da duemila anni... Lei sarebbe andata avanti a recitare la sua parte fino a che il sipario non fosse calato definitivamente. Non si sarebbe concessa nemmeno quella piccola frase, quel piccolo gemito soffocato di vita vera, dopo decenni di menzogne.

 

Era brava, lei, in queste cose.

Doveva resistere. Era sempre più insopportabile, ma doveva resistere.

 

***

 

Entrò con fare aggraziato e sicuro nell'ufficio del manager, sedendosi con studiata lentezza sulla poltrona in fronte alla scrivania.

 

“Allora, direttore, cosa doveva dirmi?”

 

Ami cercò di non vomitare, sentendo la voce civettuola che uscì automaticamente dalla sua bocca.

Dio, ultimamente nemmeno il suono della propria voce impostata, riusciva a reggere!

 

“Beh... - quello si grattò la nuca con fare imbarazzato – Non è che ci sia un modo facile per dirlo, Kawashima...”

 

Ami non era una stupida. Aveva 26 anni. Non recitava, non doppiava anime... Non che non avesse provato, ma ai colloqui aveva sempre trovato qualcuna più brava di lei. Non aveva nient'altro che la sua bellezza.

 

Ma la bellezza di una 26enne, ormai. Una vecchia, per gli standard di quel lavoro...

 

“Mi volete scaricare, vero?” Lo chiese con una naturalezza, senza alcuna apparente inflessione. Lo disse con la medesima tranquillità di una persona che avesse fatto banali considerazioni sul tempo atmosferico.

 

“No! Non ho detto questo! Sì, insomma... ancora riusciamo a portare a casa qualche contratto decente per te... Al momento. Ma...”

 

Mentre osservava le patetiche scuse dell'ometto insulso che aveva di fronte, constatò di come fossero deboli le persone, quando erano poste faccia a faccia con qualcosa di scomodo. Tentavano in ogni modo di svicolare, fuggire...

 

Patetiche.

 

E lei più di tutte. Lei che era una maestra, nel fuggire da tutto ciò che potesse toccarla.

 

“Senti, Kawashima, noi in realtà avremmo una proposta... Di fatto sarebbe l'unica che ti permetterebbe di continuare in modo brillante la tua carriera, secondo noi...”

 

“Sarebbe?”

 

La schiettezza della giovane, colse di sorpresa l'uomo. Era sempre stato abituato a vedere in Kawashima una bambolina dolce e carina. Quella secchezza le era del tutto nuova. Ciò nonostante, prese coraggio e si tolse il peso:

 

“T-Ti interesserebbe diventare una AV idol?”

 

“Che cosa? State scherzando, vero?”

 

“Naturalmente non ci devi rispondere ora, su due piedi...”

 

“Assolutamente no!” Ami si alzò di scatto dalla poltrona come una furia, continuando: “Che diavolo vi è saltato in mente per farmi una proposta del genere?”

 

“Tranquilizzati Kawashima. Non sei la prima che reagisce così, e non sarai nemmeno l'ultima... Ti chiediamo solo di pensarci. Il diavolo non è brutto come lo si dipinge. E per giunta porta anche dei bei soldoni in tasca.”

 

“Che alternative avrei, se rifiutassi?” Chiese, sempre alterata, la ragazza.

 

“Onestamente? Non molte. E' strano che una come te non venga mai scritturata per delle sceneggiature o come Seiyuu, eppure tutte le volte finisci sempre dietro a qualcun altro...”

 

“Ho capito. Ci penserò.” Fece lei, prendendo la via della porta.

 

Una volta chiusa dietro di sé la porta, Ami corse in bagno. Si fiondò in un gabinetto, mise due dita in bocca e vomitò.

 

Così era finita, la pacchia. Quel limbo di nulla in cui aveva sguazzato fino a quel momento.

 

Ora doveva prendere davvero una decisione.

 

Se portare avanti la commedia fino alla fine, sino alle sue estreme conseguenze, dicendo addio anche a quelle labili convinzioni morali che aveva sempre finto di possedere. Oppure se gettare le maschera e scappare via da quel mondo in cui non riusciva più a resistere.

 

Scappare?

 

Tsk... Illusa.

 

Dove avrebbe potuto andare, ora come ora?

 

Non c'erano amiche o amici cui confessarsi, non c'erano amorevoli parenti su cui sfogare in un pianto dirotto tutte le sue paure.

 

Non c'era niente. C'era solo quel ballo infinito che era la sua vita. Una volta attaccata la musica, non c'era modo di smettere di ballare, era inutile raccontarsi qualcosa di diverso...

 

Dopo una decina di minuti buoni, uscì dai servizi, non prima di essersi ben sciacquata la faccia.

Barcollando per lo sforzo fisico e mentale, fece due passi, prima di nascondersi dietro ad una colonna, all'udire dei passi e delle voci.

 

Non era il caso che chi lavorava con lei la vedesse lontana dalla sua solita 'perfezione', tanto più che si trattava di due semplici operatori delle luci del set.

 

“...Allora, hai provato quel ristorantino tradizionale che ti ho detto?”

 

“Mmm, no, non ancora... Come hai detto che si chiamava?”

 

“Sempre il solito smemorato! 'La tigre e il drago'! Sta nel quartiere di Oashi, a Tokyo. E' piccolo, ma c'è sempre una tale fila!”

 

“Mai sentito. Non dev'essere molto famoso...”

 

“Il solito pignolo schizzinoso... Non sarà molto famoso, ma si mangia da Dio, te lo garantisco! E poi l'atmosfera è così semplice e allegra, che ti mette in pace con il mondo...”

 

“Sarà...”

 

Ami sorrise. Doveva essere bello trovare una cosa per cui scaldarsi tanto, fosse solo la scelta di un ristorante. Per lei, cui tutto sembrava grigio e mortalmente indifferente, aveva un che di tenero.

 

Dopo aver sentito quella conversazione si sentì afferrare da una strana nostalgia, che le fece riaffiorare ricordi a lungo dimenticati e sepolti nei recessi della sua mente.

 

All'improvviso rimase come folgorata.

 

'La tigre e il drago'. Nel quartiere di Oashi. Possibile che...

 

Scoppiò a ridere di cuore, sin quasi alle lacrime, come non faceva da tempo. O, forse, come non aveva proprio mai fatto in vita sua.

 

 

***

 

Ryuji lavava con calma le scodelle della cucina, mugolando un motivetto.

Di colpo udì un sonoro 'PAPAAAAAAAAAA'!” dall'altra parte del bancone.

 

Preoccupato, si girò per individuare con lo sguardo il motivo di tanto rumore.

 

La sua bambina era relativamente tranquilla, ma non poteva fare a meno di vedere pericoli in ogni cosa, quando doveva portarsela dietro al lavoro. Taiga era a letto malata, e sua madre era dai nonni, quindi stavolta toccava al suo giovane e super-apprensivo padre, badare alla piccola Shirabe...

 

“Shirabe! Che è successo?”

 

“La porta papà... Bussano...”

 

“Ma non avevo messo il cartello di chiusura? Ah, dannazione...” Brontolò, mentre si incamminava verso l'uscio. A metà strada, con un sorriso a fior di labbra, prese al volo la figlia e se la issò sulle spalle, generando nella piccola una serie di gridolini eccitati.

 

Spalancò e si vide davanti una supermodella dai capelli neri, occhiali da sole e un vestitino rosso a dir poco provocante.

 

“Ahem... Guardi che il 'Gentlemen's club è da quella parte, in fondo alla strada sulla sinistra...”

 

Ryuji stava per dire altro, ma ad un tratto si bloccò. Scrutò per bene quel viso, su cui era stampato un ghigno leggermente divertito.

 

“Kawashima?” Chiese lui, completamente stupito. Era dai tempi della scuola che non aveva più contatti con Ami. Ryuji e Taiga L'avevano effettivamente invitata al loro matrimonio, ma non era venuta, dato che aveva un photoshoot in bikini a Okinawa.

 

“Takasu, non startene lì impalato! Non vuoi far entrare una tua vecchia amica?” Chiese lei, con quel suo tono ironico, che tante volte aveva confuso il ragazzo, anni prima.

 

“Certo, certo...” Replicò lui, facendole cenno di entrare.

 

Ami si accomodò ad un tavolo, ma non prima di essersi guardata bene intorno. Il locale era straordinariamente semplice, fatta eccezione per il disegno di una tigre e di un drago in versione kawaii che se le davano di santa ragione, appeso alla parete. Per quanto non fosse nulla di eccezionale, quell'immagine le mise buon'umore. Al di là di ogni ragionevole dubbio, in quel draghetto e in quella tigrotta riusciva molto bene a vedere un battibecco tra Ryuji e Taiga...

 

Mentre era ancora persa in queste considerazioni, il giovane le chiese: “Allora, cosa ti preparo?”

 

“Eh? Ma no, Takasu, nulla, figurati!” Si schernì lei.

 

Per tutta risposta si vide davanti un piatto di Tonkatsu. “Troppo tardi. E non mi venire a dire che sei a dieta per il tuo lavoro, chiaro? Si vede lontano un miglio che continui a mangiare in maniera disordinata.”

 

“Sempre il solito noioso stalker, eh?” Lo rimbeccò a tono lei. Mutando argomento, aggiunse con un tenero sorriso: “E quella piccola Aisaka duepuntozero che dal momento in cui mi ha visto si nasconde tutta timorosa dietro al suo papà?”

 

“Ah! Dai su, Shirabe, facciamo conoscenza come si deve con la signorina Kawashima, che ne dici? Non devi aver paura, è un'amica di mamma e papà!” A quelle parole di incoraggiamento da parte del padre, la piccola avanzò esitante fino al lugo in cui era seduta Ami e disse, titubante: “Pia-Pia-Piacere...”

 

Per tutta risposta, Ami le prese il viso e le stampò un bacio in fronte, per poi soggiungere, mentre le guance della bimba si colorarono di rosso: “Il piacere è tutto mio, Shirabe.”

 

Finalmente, la giovane si decise, dopo un paio di alzate di sopracciglia da parte di Ryuji, a mangiare.

 

Ryuji si accomodò con calma di fronte a lei, portandosi sul tavolo una tazza di the fumante.

 

“Allora Kawashima, qual buon vento di porta proprio qui, tra tutti i posti del mondo?”

 

Si accorse però proprio in quel momento, che, dopo il primo boccone di tonkatsu, il volto dell'amica aveva iniziato a rigarsi di lacrime.

 

“E'... E' proprio bello qui... Ta-Takasu...” Dopo quell'esternazione, finalmente, la diga che aveva intrappolato per anni la vera Ami, si ruppe di schianto.

 

Scoppiò in un pianto dirotto, mentre, in pari tempo, e con la foga di un fiume in piena, la ragazza gli raccontava tutta la sua vita: di quanto fosse grigia, vuota, senza un senso. Di quanto volesse essere libera e non capire come fare per esserlo. Di quanto si sentisse addosso le sbarre di una gabbia che lei stessa si era creata. E infine, quasi urlando, disse anche quello che aveva giurato avrebbe tenuto per sé per tutta la vita:

 

“Takasu, sei un idiota! Tu sei sempre stata l'unica persona su questa terra che aveva capito! Che aveva capito cosa c'era dietro la mia maschera! Baka che non sei altro, perché tu e Taiga mi avete lasciata sola? Io non sono forte... Non lo sono mai stata! Perché hai permesso che il mondo mi schiacciasse? Eh? Io... Io sono venuta qui perché non sapevo più in che altro posto andare! Sorreggimi tu, Takasu, ti prego... Non ce la faccio da sola... Non ce la faccio... Non ce la faccio...”

 

Le parole divennero un mugugno incomprensibile, mentre Ryuji non trovò niente di meglio da fare che abbracciarla, mentre lei singhiozzava contro la sua spalla.

 

Dietro di loro, Ami udì una voce ben nota:

 

“BAKA CHIHUAHUA!!! Giù le mani da Ryuji, chiaro?”

 

“Taiga... Ami sta...” Ma la tigre palmare, nonostante combattesse tenacemente per non starnutire, ribatté, senza dar modo a suo marito di terminare: “Kawashima con tutti quei suoi piagnistei e la sua voce da aquila ha interrotto il MIO riposo, quindi niente scuse! Se d'ora innanzi farai ancora queste scenate giuro che ti strozzo, chiaro?”

 

“D'ora innanzi? Co-Cosa intendi?” Ami era talmente frastornata che non riusciva ancora a capacitarsi dell'improvvisa apparizione della sua tanto amata-odiata tigre palmare.

 

“Da quel che ho capito... Sei stufa di posare con qui bikini scemi, giusto?” Chiese diretta Taiga.

 

Ami, che non aveva voglia di ricapitolare il suo lungo discorso, si limitò ad annuire.

 

“Bene! Guarda caso il nostro ristorantino ha proprio bisogno di qualcuno che dia una mano con le ordinazioni...”

 

“Senza parlare di un aiuto in cucina... Taiga, ahem... Diciamo solo che non è molto tagliata per il ruolo...” Aggiunse Ryuji, beccandosi un'occhiataccia da parte della moglie.

 

 

“Quindi tu sarai la mia nuova nee-chan?” Chiese ingenua Shirabe.

 

Ami fu tentata di rispondere nel suo solito modo provocatorio, ironico e beffardo, ma per una volta, non ce la fece. Esplose in una nuova risata, questa volta di gioia sincera. Si era sentita più a casa, più voluta e desiderata in quel momento, che in tutto il resto della sua esistenza.

 

“A quanto pare sì, Shirabe-nee.”

 

Kyonnyuchan space

 

Ed eccomi di nuovo in azione, a portare scompiglio e depressione nella pace di fandom tranquilli e beati!

 

Stavolta ho preso di mira un altro personaggio che è molto più di ciò che appare, Ami Kawashima.

 

I personaggi di Toradora sono talmente veri e vibranti che uno vorrebbe un lieto fine per ognuno di loro. E non sto parlando necessariamente di una storia romantica, ma del trovare la pace e la libertà nel proprio cuore.

 

Per me è la sola Taiga quella che raggiunge questo risultato (Oltre a Yasuko), mentre Minori e Ami rimangono lì, a metà, nel limbo tra la disperazione e la voglia di tornare a lottare... Ho voluto dare a Kawashima una nuova serenità, una nuova pace nell'animo, anche se in un modo un po' insolito e poco ortodosso...

 

Voi che ne dite?

 

A presto!

   
 
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