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Autore: Nykyo    27/01/2015    3 recensioni
Stiles decide che il loft non ha un aspetto abbastanza natalizio e ordisce un piano per decorarlo in assenza di Derek. Le cose non andranno esattamente come le aveva programmate. Ma non sempre fare i conti con il passato serve solo a riaprire vecchie ferite.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Sorpresa, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un grazie alla mia Lori/Eloriee, per essere stata, come sempre, la mia beta adorata  <3

 

La storia che state per leggere avrebbe dovuto essere pubblicata a Natale, ma la vita ci si è messa di mezzo in ogni modo ed eccoci qui. Come si suol dire: meglio tardi che mai. O almeno si spera ;)

 

Questo racconto è dedicato a Suzakusly, che ringrazio di tutto cuore per averlo letto in anteprima, per avermi supportato e sopportato e per aver disegnato per uno dei capitoli a venire.

Lo dedico anche a CiciCe, con affetto e gratitudine immensa per avermelo ispirato. Senza di lei (e senza Charles Dickens) questo racconto non avrebbe mai visto la luce. E per lei e e grazie alle emozioni che mi ha suscitato il suo bellissimo Acqua che ho voluto provare a scrivere di Stiles in questo modo. Non potevo avere ispiratrice migliore.

Memento Amoris


«Ehi, ragazzone, sei in casa?»
Domanda stupida. Certo che no, Derek non era nemmeno lontanamente nei paraggi del loft e Stiles lo sapeva, altrimenti non avrebbe azzardato quella sortita nella “tana del lupo”. Anzi, sarebbe stato meglio affermare che Stiles aveva programmato tutto proprio in modo da avere via libera in completa sicurezza e per almeno un’ora. Quindi esisteva la certezza matematica che Derek non sarebbe rientrato per un bel pezzo. E se, invece, qualcosa fosse andato storto, Scott avrebbe avvisato Stiles in tempo utile con un sms, così da consentirgli una veloce e dignitosa ritirata.
Malgrado ciò Stiles fu ben felice di non ricevere nessuna risposta alla domanda che, per mera prudenza, aveva appena formulato, cercando di usare un tono sbarazzino e casuale e riuscendo invece a sembrare solo colpevole e preoccupato.
Se Derek fosse stato lì, se magari avesse fatto capolino dal piano di sopra, scendendo svelto i gradini della scala a chiocciola per domandare che diavolo significava quell’improvvisata, Stiles si sarebbe trovato davvero in difficoltà. Avrebbe anche potuto inventarsi la scusa perfetta, ma la scatola di cartone che reggeva tra le braccia l’avrebbe comunque tradito. Per non parlare dell’abete, finto ma riconoscibilissimo, che aveva lasciato momentaneamente appoggiato di là, sul pavimento del pianerottolo.
Non poteva sperare di cavarsela con un «Io? Niente, passavo di qui per caso e mi sono detto, vediamo come sta il mio vecchio amico Derek». Non dopo aver fatto irruzione in casa altrui portandosi dietro tutto l’occorrente per decorarla, compresi tre diversi fili di lucette colorate. Specie considerato che quella era la sera del 23 di dicembre.
Per fortuna il piano aveva funzionato a meraviglia. Non c’era traccia di Derek; nemmeno l’ombra della sua grossa presenza minacciosa, ingrugnita e incombente. Il loft era deserto. Stiles aveva campo libero e poteva passare alla seconda fase della sua non poi tanto diabolica macchinazione.
I suoi intenti, per quanto invasivi, in effetti erano buoni e perfino gentili. Voleva solo dare un tocco natalizio al grigiore spento del loft. Cosa c’era di male? Nulla, a parte il fatto che non sarebbe dovuto spettare a lui decidere che era necessario e poi occuparsene. Era Derek il proprietario del loft, Derek avrebbe dovuto poter scegliere se addobbarlo o no. E Derek aveva sempre espresso con i fatti il proprio desiderio di fare a meno di ghirlande, campanelle, nastri, bastoncini di zucchero alla menta e ammennicoli vari.
Erano ormai anni che Stiles lo conosceva e Derek non aveva mai, nemmeno una volta, neanche quando aveva avuto accanto Braeden, mostrato la benché minima intenzione di ingentilire l’aspetto del loft sotto Natale, fosse stato anche solo con una sola misera pallina sbeccata. Il che era triste, se ci si pensava. Era proprio una cosa deprimente da matti.
Il loft non era esattamente un posto allegro in nessun periodo dell’anno, tra l’altro. Con l’andare del tempo almeno il numero dei mobili che lo arredavano era aumentato – sia pur non di molto – ma l’enorme stanzone principale aveva sempre un’aria troppo spartana e poco calorosa. Ok, era una faccenda che non avrebbe dovuto riguardare Stiles in nessun modo. Problemi di Derek, fatti suoi. Però era davvero, davvero triste, ed era un peccato. Stiles si guardò intorno e lo pensò per l’ennesima volta. Non poteva farne a meno.
Ogni anno, sotto Natale, Derek era ormai dispostissimo a trascorrere la vigilia con il resto del branco, se non era giù in Sud America a trovare Cora.  In quel senso Derek, pur non essendo mai diventato l’anima della festa, pareva molto più rilassato che in passato. Partecipava perfino allo scambio generale dei doni. Prendeva sempre un pensierino per le ragazze, e un oggetto utile per Scott.
Comprava sempre qualcosa perfino a Stiles. Per lo più si trattava sempre di sciocchezze che denotavano uno smaccato sarcasmo, una specie di sfottò tramite regalo, insomma. A Stiles, comunque, non dispiaceva. La prima volta aveva risposto con un paio di battutacce sferzanti e, dal Natale successivo, si era dato da fare per replicare a sua volta con un piccolo presente ironico. Alla fine era diventata quasi una gara tra lui e Derek. Si sfidavano, di anno in anno, a trovare il regalo più stupido e, nello stesso tempo, anche più divertente e adatto.  E Stiles doveva ammetterlo:  ci si divertiva un mondo.
No, non poteva dire che durante le feste natalizie Derek mettesse il muso rifiutasse di interagire con gli altri. Anzi, ogni anno il suo comportamento diventava un pochino più sciolto. Il loft, però, restava sempre la solita tana un po’ malinconica e desolante. Era come se lo spirito del Natale non sfiorasse nemmeno da lontano le massicce pareti spoglie di mattoni a vista. Neppure per un solo giorno all’anno.
Derek festeggiava con tutto il braco, ok, ma poi ogni notte per tutto il mese di dicembre, quella del 24 compresa, tornava a rinchiudersi in una casa – se la si poteva definire tale – da cui l’atmosfera natalizia, calorosa e lieta, rimaneva rigorosamente chiusa fuori.
Non era normale e neppure salutare. Stiles lo ribadì a se stesso mordicchiandosi un labbro. Continuava a molleggiare da una gamba all’altra, indeciso e sulle spine, incapace di mettere giù lo scatolone ma troppo agitato anche per fare marcia indietro e andarsene.
Fece un paio di passi in avanti, sbuffò, agitò la scatola il tanto necessario a sentire un tintinnio di campanelle.
Era sicuro di non sbagliarsi: non faceva bene né all’anima né all’umore vivere le feste in un ambiente così disadorno. Per quanto ricercasse o almeno accettasse la compagnia altrui, ogni volta che Derek si chiudeva alle spalle il portellone del loft doveva essere troppo facile per lui scordarsi che il Natale fosse mai esistito e sentirsi di nuovo solo.
Stiles poteva capire che a Derek non fosse mai venuta voglia di appendere festoni rossi e verdi ai muri carbonizzati di casa Hale, prima che venisse demolita. Anzi, la sola idea lo faceva rabbrividire. Era macabra e del tutto sbagliata. Stiles se ne rendeva conto e comprendeva che anche un vagone abbandonato non era proprio il luogo più adatto per i decori, le candeline rosse e l’agrifoglio, ma il loft avrebbe potuto essere ingentilito eccome. Che senso aveva non provare nemmeno a dargli un aspetto più accogliente e consono a quel periodo dell’anno?
Stiles era convinto di conoscere la risposta e non gli piaceva nemmeno un po’.
Sapeva come ci si sentiva a volte. Quanto era difficile trovare dentro di sé la voglia di celebrare davvero non solo il Natale ma anche le piccole e grandi gioie di tutto un anno. Aveva ricordi davvero tristi al riguardo e li ricacciava nel buio della memoria ogni volta che provavano a riaffiorare per molestarlo. Ma per quanto spingesse con tutte le sue forze per farli affondare di nuovo nell’oblio, non riusciva quasi mai a soffocarli. Non del tutto. Ogni benedetto anno, non fosse che per il tempo necessario a tirare fuori l’albero e gli scatoloni dal garage, Stiles faceva un breve e malinconico tuffo nel passato.
Non gli piaceva per nulla che fosse così ma a volte, durante le feste, lo sguardo di Derek gli ricordava certe occhiate che suo padre aveva scoccato al loro vecchio albero di Natale un po’ sbilenco. Al solo ripensarci Stiles fece una smorfia e si dondolò ancora di più sui talloni, impalato sul posto, ma incapace di stare fermo davvero. Si sentiva sempre più a disagio.
Per almeno un paio d’anni, dopo la morte di sua madre il Natale a casa Stilinski era stato un tormento. L’albero era stato il simbolo della sotterranea guerra in atto. Un conflitto contro il caos e il dolore che Stiles, nonostante fosse stato solo un bambino, aveva combattuto in prima linea, con le unghie e con i denti.  Perfino sotto le feste. Una stupida pallina alla volta.
Stiles aveva dovuto occuparsi da solo di preparare l’abete finto e troppo verde che lui e lo Sceriffo possedevano e che, in effetti, utilizzavano ancora. Se non lo avesse fatto non ci sarebbe stato nessun Natale. Perciò ci si era incaponito, con caparbietà disperata, più per scuotere lo Sceriffo che per se stesso, perché tanto il solo dono che a quell’epoca avrebbe voluto ricevere era stato un qualcosa che non avrebbe mai potuto ottenere.
Se li ricordava ancora quei sui primi arrangiamenti maldestri, le palline quasi tutte distribuite solo negli strati più bassi, perché ogni tentativo di arrampicarsi fino in cima e magari sistemare anche il puntale si era dimostrato rocambolesco e fin troppo simile a un mezzo suicidio. Sul serio, ora che Stiles ci stava ripensando gli pareva un miracolo che Melissa McCall non avesse mai dovuto dargli dei punti dopo che si era sfracellato giù dalla scaletta traballante su cui era salito fino all’ultimo gradino per poi mettersi in punta di piedi.
Beh, alla fine Stiles l’aveva avuta vinta. Lui e suo padre ne erano venuti fuori. Stiles ne andava orgoglioso. C’era voluto tempo, anche dopo i primi due anni difficilissimi, ma ora, se non altro, a casa Stilinski l’albero di Natale era un lavoro di squadra tra i più coordinati e di successo. Il vuoto lasciato da sua madre era ancora lì, Stiles lo sentiva e sapeva che anche lo Sceriffo non avrebbe mai smesso di avvertirlo, però era tollerabile e non spegneva più ogni gioia e ogni altro affetto.
Stiles non poteva negare che di assenze di quel tipo Derek ne aveva sperimentate e ne sperimentava ancora fin troppe. Stiles lo capiva, era proprio quello il punto. Lo comprendeva meglio di quanto gli avesse mai detto. Ecco perché era certo che Derek, nonostante tutto, non si godesse poi tanto le feste.
A Stiles non sarebbe dovuto importare, ma ehi!, Derek faceva parte del branco, era un amico e… comunque fosse a Stiles invece importava eccome. Abbastanza da essere lì, armato di palline e festoni dorati. E di sicuro gli interessava al punto di porsi domande che ogni volta scacciava come insetti fastidiosi, prima che diventassero troppo pressanti e cominciassero a esigere una risposta. In ogni caso, quale che fosse il motivo che lo spingeva a preoccuparsene, Stiles pensava che Derek avesse bisogno di essere avvolto con ancora più impeto nel calore un po’ sciocco e fuori moda del Natale. Pazienza se per ottenere lo scopo bisognava invadere la sua privacy e forzargli un po’ la mano. O almeno Stiles ne era stato del tutto convinto fino a circa dieci minuti prima. Poi aveva messo piede nel loft.
Sì, era uno spettacolo per nulla festoso e allegro, certo, ma per Derek era casa. Un sacco di gente, raramente benintenzionata, si era permessa a più riprese di violare quello spazio senza il permesso del legittimo proprietario, ma in qualche modo Derek riusciva ancora a sentirlo come intimo e di sua appartenenza, era evidente. Malgrado le invasioni di campo, i terribili ricordi legati a quelle mura e i tanti momenti di emergenza che ci aveva vissuto, per Derek il loft era e restava una tana sicura.
Che diritto aveva Stiles di modificarne l’aspetto in modo radicale solo perché a vederlo così vuoto e spoglio gli veniva il malumore? Erano paturnie solo sue, non avrebbe dovuto permettersi di allontanare Derek con l’inganno e di comportarsi in quel modo. A fare di testa sua avrebbe ottenuto solo di fare incazzare Derek e per di più a ragione.
Al principio Stiles era stato sicurissimo di aver avuto un’ottima idea. Gli era parsa una cosa sensata e si era anche detto che Derek sarebbe stato più incline ad accettare una sorpresa che a lasciarsi convincere da mille parole. Del resto Stiles non credeva che un simile discorso, che andava ben oltre il mero concetto di piazzare qua e là due addobbi più o meno pacchiani, potesse essere intavolato con successo. Non ce lo vedeva proprio Derek a lasciarsi coinvolgere in una discussione cuore a cuore di quel tipo e per di più da lui.
Quindi aveva optato per il blitz con l’inganno. Ora, però, si sentiva d’un tratto dubbioso e giù di corda.
«Scommetto che sto sbagliando tutto» si disse, appoggiando con un sospiro lo scatolone sul ripiano lucido del tavolo.
Si chiese perfino se non stesse cercando di riempire il proprio, di vuoto, visto che era il primo Natale da quando Malia aveva lasciato la città e il branco. Soprattutto da quando aveva lasciato lui, in effetti. Era passato quasi un anno e Stiles se ne era fatto una ragione, però sotto le feste si era tutti un po’ nostalgici, giusto?
Chissà, forse Malia non c’entrava, o forse sì, restava il fatto che, arrivato al dunque, Stiles non riusciva a decidersi. Ogni ragionamento che gli era parso logico ora gli sembrava assurdo e la sua determinazione ad andare fino in fondo stava decisamente vacillando.
Desistere però gli pareva altrettanto ridicolo. Ormai era lì. Tanto valeva prendere il coraggio a due mani e, se non altro, aspettare che Derek tornasse, per parlargli sul serio, o per provarci, in ogni caso, comunque andasse a finire. Pazienza se sarebbe stato messo alla porta senza tante cerimonie, magari prima ancora di essere riuscito ad arrivare al punto.
Andarsene e basta era l’unica altra alternativa e aveva tutto il senso del mondo, ma – per quanto non sapesse spiegare il perché nemmeno a se stesso – se l’avesse fatto a Stiles sarebbe parso di fuggire.
Alla fine si mise a sedere sul divano. Si appoggiò all’indietro sullo schienale, chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie, cercando di schiarirsi le idee. L’unico risultato che ottenne fu di  ritrovarsi di nuovo alle prese con una serie di rovelli che riguardavano pur sempre Derek e che, ultimamente, lo assillavano spesso.
Stiles non provò nemmeno a riaprire gli occhi o a ignorarli del tutto. Sbuffò, e rimase lì seduto a pensare troppo e troppo alla svelta. Del resto, anche il suo cuore stava battendo più veloce del dovuto, alla sola idea di come Derek poteva reagire a un suo gesto o a una sua parola. E non era nemmeno la prima volta che succedeva. Negli ultimi tempi, in realtà, non faceva che succedergli di continuo.
 
 
   
 
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