Dauntless
– sitter
“Lasciarci
con Eric è come
ingaggiare una babysitter
che
passa il tempo ad affilare coltelli.”
Divergent – Cit.
Tris
Ancora
non riusciva a credere a
quello che Max gli aveva chiesto di fare.
“È
solo per questo pomeriggio, Eric,
sono sicuro che te la caverai alla grande.”
Non
bastava che fosse costretto a
seguire l’iniziazione dei nuovi arrivati, no, adesso ci si
metteva anche Max
con quell’incarico assurdo. Lui era un Capofazione, seppur
diciassettenne, non
un dannato babysitter. Come se ciò non bastasse i due
gemelli erano l’equivalente
di due piccoli tornado.
Raggiunse
l’unità abitativa dell’uomo,
trovando ad attenderlo un Bas decisamente sollevato.
-
Finalmente sei arrivato, questi
due devono essere un incrocio tra una calamità naturale e le piaghe
d’Egitto. –
Scrollò
le spalle, dipingendosi
sul volto l’espressione più risoluta di cui era
capace.
-
Dici così solo perché non hai
il polso necessario a gestire la cosa. Sono solo due marmocchi, quanti
danni
possono fare? –
-
Se lo dici tu – ribattè l’Intrepido,
evidentemente più che contento di andarsene di lì.
Rimasto
solo, Eric fece il suo
ingresso in casa.
Uno
dei gemelli, Thomas o forse
Mike, si voltò verso di lui.
-
Capofazione Eric – esclamò raggiante,
correndo verso di lui con le mani impiastricciate di marmellata.
-
Stai lontano da me con quelle
mani sporche, marmocchio – borbottò, schivandolo
con facilità.
Non
aveva considerato lo spigolo
della porta, tuttavia. Il piccolo si schiantò contro di
esso, cadendo a terra e
tenendosi la testa con le manine.
-
Fa maaaaaaaaleeeeee –
singhiozzò.
L’altro
gemello, dall’aria
bellicosa con cui si avvicinò a lui lo individuò
immediatamente come Mike, gli
lanciò un’occhiata che voleva essere
intimidatoria.
-
Hai fatto del male a mio
fratello. –
-
Veramente si è fatto male da …
- precisò, ma un calcio nello stinco lo costrinse a
interrompere la frase.
Il
marmocchio sapeva decisamente
il fatto suo quando si trattava di dare calci; sarebbe diventato un
buon
lottatore quando fosse stato più grande,
considerò.
-
Mi fa maaaaaleeee – insistè
Thomas.
Sembrava
una piccola e fastidiosa
sirena. Così, tanto per farlo stare zitto, si
chinò su di lui ad esaminare la
zona colpita.
-
Adesso ci mettiamo un po’ di
ghiaccio e il dolore passa, okay? –
Thomas
annuì, tirando su con il
naso, e lo seguì diligentemente verso il bagno. Eric
estrasse una bustina di
ghiaccio secco dal kit di pronto soccorso e lo applicò sulla
fronte del
piccolo, dove stava cominciando a formarsi un bernoccolo.
-
Ahia, è freddoooo. –
Non
fece in tempo a dire nulla
che un altro calcio lo colpì nello stinco.
-
Caz … - si morse la lingua per
impedirsi di continuare.
Ci
mancava soltanto che le
piccole pesti riferissero al padre che aveva imprecato davanti a loro.
Mike
lo colpì ancora, sempre
nello stesso punto.
Se
avesse continuato così avrebbe
finito con l’azzopparlo.
-
E questo per cos’era?
– ringhiò, cercando di reprimere
l’impulso di
strangolarlo.
-
Stavi per dire una parolaccia e
papà dice che non si dicono. –
-
Giusto, le parolacce non si
dicono – convenne, sostituendo il ghiaccio con un
po’ di crema per gli ematomi.
-
E allora perché la stavi per
dire? –
-
Mi è scappata. –
-
E ne conosci molte? – chiese
ancora, con aria improvvisamente molto interessata.
-
Di parolacce, intendi? –
Annuì.
-
Qualcuna, ma non sono cose per
bambini. –
-
E allora perché tu le dici? –
Avvampò,
incredulo. Quel moccioso
gli stava dando del bambino?
-
Perché io sono un uomo. –
-
No, non è vero. –
-
Sì, che lo è. –
-
No. Papà ti chiama sempre
ragazzo, quindi non sei un uomo. –
Roba
da matti, altro che
lottatore … quel piccoletto possedeva tutta
l’impertinenza dei Candidi. Non si
sarebbe affatto stupito se l’avesse visto cambiare Fazione di
lì a undici anni.
-
Ma tu non stai mai un po’
zitto? –
-
Solo quando gioco. –
-
E allora, va’ a giocare con tuo
fratello. –
Come
se avesse appena avuto un’idea
brillante, Mike corse dal gemello e insieme si misero a giocare con le
costruzioni.
Finalmente
un po’ di pace, pensò,
sedendosi sul divano in pelle ed estraendo dalla tasca una copia di una
rivista
elettronica. Gli piacevano i computer, malgrado non l’avesse
mai ammesso con
nessuno per timore che qualcuno potesse affermare che non aveva
troncato del
tutto i legami con la sua vecchia Fazione. Era arrivato a
metà di un articolo
particolarmente interessante quando una mano che batteva sul suo
ginocchio
attirò la sua attenzione.
Thomas
lo fissava con gli
occhioni color cioccolato sgranati.
-
Capofazione Eric, giochi con
noi? –
Giocare
con loro? L’avevano forse
preso per uno di quei marmocchi con cui andavano all’asilo?
-
Sto leggendo. –
-
Ma leggere è noioso, vieni a
giocare. –
-
Anche giocare è noioso – tagliò
corto, immergendosi nuovamente nella lettura.
Passarono
dieci minuti e un nuovo
battere insistente, questa volta sul suo braccio, lo
richiamò.
-
Che c’è adesso?
–
Questa
volta era Mike a fissarlo
e non sembrava affatto contento.
-
Thomas dice che l’altro giorno
tu e Fiamma vi siete dati un bacio … un bacio da
grandi – precisò, inarcando un
sopracciglio.
Avevano
fatto ben altro che darsi
un bacio, ma non era proprio il genere di racconti che si potessero
condividere
con dei bambini.
-
Sì, e quindi? –
-
Perché l’avete fatto? –
-
Perché io e Fiamma siamo
fidanzati e quando stai insieme a qualcuno è normale darsi
dei baci. –
Mike
parve incupirsi ancora di
più.
-
Non è giusto – disse.
-
Non è giusto, cosa? –
Quel
ragazzino sembrava fare
collegamenti tutti suoi e, il più delle volte, sfuggivano
alla comprensione
degli altri esseri umani.
-
Non potete essere fidanzati perché
lei diventerà mia moglie – spiegò,
guardandolo come se fosse stupido.
Piccolo
impudente.
-
Non sei un po’ troppo piccolo
per lei? – chiese, cercando di mostrarsi ragionevole.
-
L’amore non ha età. –
Lo
disse con quell’aria
trasognata tipica di chi era alla prima cotta. Sarebbe stata una cosa
divertente se la ragazza in questione non fosse stata la sua.
-
Fammi indovinare, questa cosa l’hai
sentita dire da Zeke? –
Mike
annuì. – Lui è simpatico,
non come te. –
Questo
era molto discutibile. – E
perché, se è così simpatico, tuo padre
non l’ha chiamato al posto mio? –
-
Perché dice che si comporta
come un bambino – rispose. Detto da lui non sembrava poi una
gran critica.
Evidentemente
Max doveva pensarla
come lui su Pedrad e i suoi attacchi da bambinite acuta. Se non altro
non era
il solo in Fazione a ritenerlo ridicolo.
Stava
per replicare quando si
accorse di aver perso Thomas. Il piccoletto non era più nel
suo campo visivo e,
in aggiunta a questo, non riusciva a muovere le gambe.
Da
dietro il divano giunse la
risatina di Thomas.
-
Ce l’ho fatta, gli ho legato i
piedi – annunciò.
Una
frazione di secondo dopo
entrambi i gemelli gli saltarono addosso e gli immobilizzarono anche le
braccia. Poi l’arrotolarono come un salame e gli depositarono
in testa un
cappello da cowboy.
Ne
indossarono uno da indiano
ciascuno e cominciarono a girargli in tondo imitando i versi che
facevano loro.
Ecco, ora poteva
tranquillamente andarsi a
buttare dallo strapiombo: lui, un Capofazione, che si faceva cogliere
di
sorpresa e legare da due marmocchi di cinque anni. Nessuno avrebbe mai
dovuto
saperlo.
Un
rumore di passi attirò la sua
attenzione.
Possibile
che Max fosse rientrato
prima?
Se
non altro quella tortura
umiliante sarebbe cessata.
Fiamma
si
affacciò nella stanza, osservando il Capofazione con un
sorriso divertito. Doveva
sembrare incredibilmente ridicolo seduto sul divano, legato con delle
corde, con
un cappello da cowboy sulla testa e in balia dei gemelli. Il terribile
Eric
preso in ostaggio da due bambini di cinque anni.
-
Che succede
qui? – chiese ridendo.
Mike
e Thomas si
voltarono verso di lei, rivolgendole due sorrisi sdentati.
-
Stiamo giocando
a indiani contro cowboy e il Capofazione Eric è nostro
prigioniero. –
-
Ma davvero?
Siete stati proprio bravi a catturarlo – replicò,
scompigliando i capelli a
entrambi.
Le
guanciotte di
Mike avvamparono e le strinse le gambe in una sorta di abbraccio.
-
Che ne dite se
liberiamo il Capofazione Eric e vi leggo una storia? –
propose poi, incrociando
lo sguardo supplichevole del fidanzato.
-
Solo se posso
sedermi in braccio a te – ribattè Mike,
sorridendole.
Quel
mocciosetto
cominciava decisamente a dargli sui nervi.
-
D’accordo,
puoi sedermi in braccio – acconsentì, liberando
poi Eric dalle corde.
-
Ma … -
cominciò a protestare lui.
-
Oh, andiamo
Eric, sono solo bambini. –
Sì,
bambini un
accidenti, bastava vedere come Mike se la stringeva contro. Avrebbe
dovuto
parlare con Max e dirgli che l’influenza di Zeke non faceva
affatto bene a quei
due.
-
Quando sarò
più grande, lascerai quello lì per sposarmi?
– le chiese Mike, quando erano
ormai a metà favola.
-
Ehy! Quello lì
è presente e ti sente. –
-
Bene, vuol
dire che ti funziona l’udito – ribattè
impassibile.
Fiamma
scoppiò a
ridere. Non sapeva se fosse più esilarante la proposta di
matrimonio fatta da
un cinquenne oppure il fatto che il suo ragazzo, un diciassettenne
ormai quasi
uomo, potesse essere geloso di lui.
-
Sì, e comunque
non può sposarti perché ha già detto
che sposerà me – rispose.
-
Beh, può
sempre cambiare idea – disse, facendogli la linguaccia.
-
Per sposare
te? Ma per favore! –
Thomas
a questo
punto osservava la scena ridendo insieme a Fiamma.
-
Questo è
meglio della favola e del giocare agli indiani – disse.
-
Concordo in
pieno, sono spassosi. –
Ormai
all’esasperazione,
Eric si alzò in piedi con uno sbuffo. – Ho bisogno
di un po’ d’aria prima che
lo strangoli con le mie mani – annunciò.
Si
chiuse la
porta alle spalle, affidandole i gemelli.
Quando
fece
ritorno, una mezz’ora più tardi, trovò
Thomas e Mike addormentati sul divano.
Il libro delle favole era poggiato sul tavolino di cristallo e Fiamma
aveva
aperto il frigo per servirsi un po’ di succo alla mela.
-
Come sei
riuscita a calmare quei piccoli mostri? –
-
Gli sono
simpatica – rispose, come se fosse ovvio.
-
Già, ho visto
quanto sei simpatica a quello
lì –
borbottò, accennando con la testa a Mike.
-
Sei davvero
geloso di un bambino di cinque anni? – gli chiese, scuotendo
la testa tra l’incredulo
e il divertito.
-
Sono geloso di
qualunque essere di sesso maschile ti si avvicini troppo –
precisò, cingendole
i fianchi con le mani e attirandola a sé.
Si
chinò a
baciarla, sorridendo quando la sentì mordicchiargli il
labbro inferiore. Tutto
sommato questa cosa del babysitter cominciava a piacergli un
po’ di più.
Si
separarono
quando udirono il rumore della porta che veniva aperta.
Max
lasciò
vagare lo sguardo da loro al
divano,
sorpreso.
-
Siete riusciti
a farli addormentare? Dovrei lasciarveli più spesso allora.
–
Eric
sgranò gli
occhi grigi, fissandolo come se avesse appena detto la cosa più assurda del
mondo.
-
Potresti
lasciarli a Quattro la prossima volta. Sai, lui adora
i bambini – mentì, con un sorriso che somigliava
più a un
ghigno che altro.
-
Non lo sapevo –
replicò Max, sorpreso, - Allora farò sicuramente così.
–
Vedere
il Rigido
alle prese con quei due, quello sì che sarebbe stato
divertente.
[1.822
parole]
Spazio
autrice:
Okay,
io dovevo
scriverla. Sul serio, da quando ho letto quella frase in
Divergent quest’idea
ha cominciato ad affollarmi la mente e finalmente l’ho messa
per iscritto.
Colgo poi l’occasione per far presente a quanti hanno letto
“Four” che potremo
dire che il personaggio di Fiamma è Canon!!! La Roth ha
inserito un’iniziata che
si chiama proprio così durante l’iniziazione di
Quattro ed Eric! Quindi, ho
deciso di inserirla come personaggio nella lista e spero che vogliate
approvarmela xD. Concludo dicendo che spero che questo piccolo delirio
vi sia
piaciuto e che vogliate lasciarmi una recensioncina per farmi sapere
che ne
pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt