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Autore: Shepard85    29/01/2015    0 recensioni
L'amore è sicuramente uno dei sentimenti più potenti che un essere umano può provare. Ma chi lo dice che lo si deve provare per forza nei confronti di un'altra persona?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kyrea
 
Erika decise di recarsi ogni giorno alla Mole per incontrare il Genio Alato benché sapesse che non si sarebbe animato per ogni notte. Poco importava per lei. Vivo o statua che fosse era sempre il suo Genio Alato e a volte era talmente assorta nel guardarlo che non si accorgeva di parlarci come se fosse sveglio.
Tra tutti i problemi che questa straordinaria esperienza comportava, sicuramente uno tra i più gravi era quello riguardante la sua amica Mari. Tra le due ragazze non c'erano mai stati segreti. Si erano sempre confidate ogni particolare della loro vita sebbene raccontare di una statua che si sveglia ogni 30 notti non sia cosa di tutti i giorni, Erika non si sentiva di tenere nascosta un'esperienza del genere. Se Mari davvero credeva in lei, allora avrebbe accettato qualsiasi realtà purché fosse quella vera.
 
Il giorno del risveglio di Kyrea le due ragazze si diedero appuntamento sulla cima della Mole sebbene la sua amica non fosse del tutto d’accordo: ancora temeva possibili incidenti come quelli accaduti nell’ultimo periodo.
Guardò l’orologio e poi diede un’occhiata al panorama. Il tempo non era affatto dei migliori. Nuvole nere oscuravano il cielo mentre un vento tiepido aveva messo in allarme l’intera provincia. Finalmente arrivò Erika con il fiatone dopo aver percorso gli ultimi scalini.
<< Tu sei pazza! Quelli del centro meteorologico hanno dato lo stato di massima allerta e tu mi dai appuntamento sull’edificio più alto e pericoloso della città! >> urlò Mari.
La ragazza fece finta di nulla e con fare del tutto naturale le diede due baci.
Mari non volle credere ai suoi occhi.
<< E’ la prima volta che ti vedo così triste di fronte alla tua amata statua. E’ successo qualcosa? >>.
Erika era preoccupata perché non sapeva da che punto cominciare. Come avrebbe reagito la sua amica alla verità? Una statua viva? Non stava né in cielo né in terra.
<< Allora? >> chiese la sua migliore amica con uno sguardo misto di curiosità e preoccupazione.
Un fulmine cadde vicino a Piazza Castello illuminando i tetti della città; il tuono fece vibrare la cima della Mole.
<< Non è facile da spiegare. E’ qualcosa di complicato >>.
Mari fu più sorpresa di prima.
<< Che intendi dire? >>.
Un altro fulmine illuminò il cielo. Erika guardò l’orologio: ormai l’ora del risveglio era imminente.
<< Se ti dicessi che la statua è viva, tu mi crederesti? >>.
Mari rimase visibilmente sbigottita.
<< Scusa, ho sentito bene? La statua è viva? >>.
La sua migliore amica accennò un sorriso cercando di convincerla della veridicità di quanto detto.
<< E’ uno scherzo vero? >> chiese ridendo.
Il sorriso di Erika svanì all’istante. Mari sapeva quando la sua amica scherzava o meno e fu proprio quell’espressione di delusione che la preoccupava: pareva fosse sincera.
<< Quindi, sentiamo, questo colosso dorato dovrebbe animarsi? >> chiese mettendosi a braccia conserte.
Erika riacquistò un barlume di sorriso.
<< Si. Devi credermi è così >>.
Mari si avvicinò al Genio Alato e bussò sul piede. La statua non accennò alcun movimento.
<< Gioia io ti ho sempre creduto. Ma non credi di esagerare? Insomma, una statua che prende vita! Come posso credere ad una cosa del genere? >>. La sua migliore amica abbassò lo sguardo. Mari non disse altro e rimase a guardare la statua. Poi spostò il suo interesse verso i tetti della città. Il profilo urbano di Torino era costantemente illuminato dai fulmini che col passare del tempo si fecero sempre più insistenti. Poi si voltò.
<< E’ meglio tornare a casa >>.
Erika fece un profondo respiro e seguì l’amica.
<< Ti accompagno alla fermata del tram >>.
Per la prima volta ci fu un silenzio imbarazzante tra le due ragazze; fu qualcosa di nuovo per loro e di certo non era una situazione piacevole. Quando uscirono dall’edificio presero la direzione per Piazza Castello. Il forte vento preannunciava l’arrivo di un violento temporale. Una volta arrivate in piazza, aspettarono.
<< Torni a casa anche tu? >> chiese Mari cercando di trovare un argomento che spezzasse quella tensione invisibile ma presente.
Erika scosse la testa.
L’amica la squadrò dalla testa ai piedi sbigottita.
<< Non vorrai mica tornare sulla Mole! >>. Non ci fu risposta.
<< Erika ascolta, capisco che sei sempre stata attratta dagli angeli, capisco che hai avuto sempre difficoltà a creare nuove amicizie e che sei timida, ma tutto questo ti ha portato a vedere in una statua qualcosa che non esiste! >>. Mari pareva davvero preoccupata per la sua amica.
<< Stai abbandonando la tua vita sociale per vedere qualcosa che solo nella tua mente è viva. E’ una statua e niente di più! >>. Erika guardò la sua amica con un misto di rabbia e tristezza. Non ebbe la forza di rispondere e così le voltò le spalle e con passo spedito si diresse verso la Mole Antonelliana. Mari la seguì.
<< Dove stai andando? Erika torna indietro! >>. La fuga durò davvero poco e per raggiungerla la prese per un braccio. La sua migliore amica stava piangendo dalla rabbia perché riusciva a capire le difficoltà di credere a cose assurde ma allo stesso tempo lei non si era mai inventata nulla.
<< Lasciami andare. Quando il cervello non crede in qualcosa allora deve essere il cuore a farlo. Pensavo mi capissi! >> disse con voce spezzata dal pianto. Mari rimase senza parole e più voleva rispondere, più non ci riusciva.
Poi qualcosa la distrasse.
La terra tremò per qualche secondo ma fu tutto opera di un fulmine caduto molto vicino.
Mari cerco di asciugare le lacrime della sua amica che rimase immobile. Proprio in quel momento la terra tremò di nuovo, questa volta per qualche secondo in più rispetto alla prima vibrazione. La folla in Piazza Castello sembrava incuriosita da quanto accadeva. Qualcuno guardava il cielo pensando che il temporale fosse ormai vicino. Altri rimanevano immobili cercando di carpire qualche altro segno. 
<< Io non volevo darti della pazza ma è che sono preoccupata per te, tesoro >> disse Mari con espressione visibilmente dispiaciuta. Erika cercò di non piangere e volle provare a risolvere il problema in modo semplice e sereno.
In quel momento, il tempo era come se si fosse fermato. Le due ragazze percepirono una strana sensazione e in pochi secondi, assistettero a qualcosa d’inquietante.
Le finestre dei palazzi che andavano a creare la piazza si frantumarono in migliaia di pezzi. Il castello che dà nome alla piazza cominciò a tremare.
<< Oddio! Che succede? >> urlò Mari guardando spaventata la sua amica.
Le torri collassarono su se stesse e in pochi secondi l’intero edificio medievale si sbriciolò sotto lo sguardo pietrificato dei cittadini. Mari prese per mano Erika e senza pensarci due volte scappò verso i portici dei palazzi.
Il panico era totale. Tutti fuggivano dalla piazza senza una direzione precisa col rischio di creare ancora più confusione. Per quello Mari continuava a fissare uno punto preciso dei portici e correva a più non posso schivando le persone come se fosse una giocatrice di rugby.
Ormai mancavano una ventina di metri ai portici: erano salve o così pareva. Ma all’improvviso la terra tremò nuovamente alle loro spalle. Si fermarono per controllare: la curiosità vinse la paura in quel momento e fu un errore fatale. Dalle macerie fumanti del castello, stava emergendo qualcosa di impensabile. I passi echeggiavano tra i palazzi mentre un’ombra si faceva strada tra le ceneri fumanti del castello. Un lampo illuminò la piazza. Dalla nuvola di fumo uscì quella che pareva una zampa meccanica dalle dimensioni notevoli. Una seconda zampa uscì dal fumo e infine una terza.
La gente che fino a quel momento stava scappando rimase vittima della curiosità ed immobile osservò ciò che stava accadendo.
Il corpo della creatura metallica era molto simile ad un prisma. Il colore bianco delle zampe era nettamente in contrasto col nero opaco del corpo.
Mari ed Erika come del resto tutti i presenti, erano bloccate ed incredule. Le zampe dell’essere erano immobili mentre il prisma lentamente girava su se stesso come se stesse osservando ciò che aveva intorno a sé.
Cominciò ad emettere strani suoni ripetutamente. Infine iniziò a camminare pesantemente verso i portici. Le due ragazze tornarono a correre ma il terreno tremava troppo per via dell’enorme peso della creatura.
Erika perse l’equilibrio e cadde. Il robot gigante stava per calpestare la ragazza inconsapevolmente e fu in quel momento che in piazza arrivò la salvezza.
Dal cielo cadde a gran velocità qualcosa che creò una seconda nube di fumo. L’essere metallico si fermò con la zampa a mezz’aria così Mari prontamente diede uno strattone alla sua migliore amica salvandole la vita da morte certa.
La nube si dissolse rapidamente, svelando l’identità dell’oggetto caduto dal cielo. Erika lo riconobbe.
Kyrea.
Il Genio Alato di Torino era giunto dalla Mole per salvare gli abitanti della sua città.
<< Mio Dio ma è la statua della Mole! >> urlò un cittadino.
Le due creature si studiarono. Il silenzio più assoluto regnò nella piazza mentre i presenti rimasero a guardare: pareva che il tempo si fosse fermato. Mari non era in grado di constatare ciò che stava accadendo: era troppo assurdo.
<< Chi sei? >> chiese con voce tonante la statua dorata.
Il prisma smise di ruotare e come un fiore si aprì mostrando l’interno: una sfera di luce carica di un’energia terrificante. Un raggio partì dalla sfera in direzione di Kyrea che spinto dall’istinto si buttò a terra evitandolo. Il raggio prese in pieno un palazzo che dopo pochi secondi crollò. Molte persone tornarono a fuggire. Erika e Marika si nascosero sotto i portici e spinte dalla curiosità osservarono ciò che stava accadendo anziché optare per la fuga.
La statua si alzò da terra e non avendo un’arma per rispondere decise di contrattaccare come poteva. Fu così che prese la rincorsa verso il nemico.
Fu uno scontro epico.
Le due creature cominciarono a battersi senza esclusione di colpi.
La terra tremava continuamente sotto i colpi dei due giganti e la piazza pareva essere diventata un campo di battaglia. Tutto ciò che stava accadendo era reale ma nessuno in quel momento ci stava pensando.
Erika guardava il suo salvatore come mai aveva fatto prima. Stava difendendo lei, stava difendendo gli altri presenti, stava difendendo la sua città.
Il robot cercava di liberarsi dalla stretta del suo rivale come poteva. Caricò un altro raggio di energia che questa volta colpì in pieno il Genio Alato catapultandolo dall’altra parte della piazza. La ragazza urlò e presa dalla pazzia cercò di raggiungerlo ma la sua amica giustamente la trattenne sapendo del pericolo a cui poteva esporsi. La statua gigante non pareva fosse danneggiata. Si rialzò senza problemi e spiccò il volo caricando tutte le sue forse sul suo pugno destro. Fu il turno della creatura metallica a cadere rovinosamente. Anche in questo caso, i danni furono lievi: avevano lo stesso coefficiente di resistenza.
<< Da dove vieni? Che cosa vuoi da noi? >> tuonò Kyrea preparandosi per un altro scontro corpo a corpo.
Il nemico metallico finalmente rispose.
<< Direttiva: distruzione cyborg classe K.y.r.e.a. >>.
Il Genio Alato non capì cose volesse dire ma poco importava poiché il nemico non dava segno di voler discutere ma solo di agire.
<< Come fai a sapere il mio nome? >>. Il tripode non rispose ma caricò di nuovo la sua arma.
La statua gigante aprì le ali puntando il cielo. Credeva di aver risolto il problema cercando di prendere tempo per pensare ad una possibile soluzione ma fu sorpreso nel vedere la reazione del suo nemico. Le tre zampe robotiche si unirono mentre i petali del prisma si chiusero: decollò anche lui.
Le persone che stavano assistendo all’evento, si sentirono più sicure nel vedere che il pericolo si era allontanato e di conseguenza uscirono dai loro nascondigli cercando di osservare il cielo per capire come poteva finire il duello tra i due esseri. Erika tenne fisso lo sguardo verso l’alto mentre lentamente si stava avvicinando al centro della piazza. Marika la seguì come se fosse la sua ombra.
Kyrea volteggiava tra i cieli di Torino schivando le nuvole minacciose cariche di pioggia. Si guardò alle spalle e notò che il robot teneva la sua stessa velocità. Frenò improvvisamente caricando il pugno mentre la creatura metallica capì troppo tardi le intenzioni del suo rivale; cercò di fermarsi ma era troppo veloce. Dopo aver preso il pugno con tutta la sua potenza, il robot volante cominciò ad imbizzarrirsi perdendo quota. La folla che stava assistendo al duello da terra urlò di gioia, felici nel vedere uscire vittorioso il loro salvatore.
Il nemico fu sconfitto. Ma durante la discesa, un barlume di lucidità lo portò ad elaborare un’ultima disperata strategia. I suoi petali si aprirono malamente. Kyrea capì che il suo rivale stava tentando il tutto per tutto e si lanciò in caduta libera per contrastarlo. Con gran sorpresa però vide che non stava mirando a lui bensì ad un aereo che era in fase di atterraggio.
<< Oh no! >> gridò Marika. La strategia era perfetta: il robot sapeva bene che Kyrea non gli avrebbe permesso di colpire l’aereo; l’unica soluzione era quella di assorbire il colpo. La statua raggiunse il suo rivale ormai pronto ad emettere l’ultimo raggio di energia. Il resto avvenne in pochi secondi. Sparò il colpo che venne prontamente contrastato dal Genio Alato ed insieme caddero al suolo.
La creatura metallica era distrutta e la sfera di luce si spense lentamente. Erika corse in aiuto della statua dorata seguita prontamente dalla sua migliore amica. Furono attimi di disperazione.
<< No >> disse la ragazza guardando le condizioni del suo amico speciale.
Il colosso dorato era disteso a terra ma ancora vivo.
<< Ehi >> disse preoccupata Erika << Come ti senti? >>.
Kyrea sorrise.
<< Un po’ stanco >>. Marika si avvicinò e senza dir nulla osservava la statua che respirava a fatica. Sebbene tutto quello che la sua migliore amica aveva detto fosse vero, si trattava comunque di credere a qualcosa di davvero impensabile. Erika era a pochi passi dagli occhi del suo amico.
<< Ricorda ciò che ti ho detto >> disse la statua accarezzando con un dito il viso in lacrime dell’unica persona che l’aveva sempre reso felice.
<< Tieni nel tuo cuore quella bella serata passata assieme. Non dispiacerti per me.
Io ci sarò sempre >>.
Erika accarezzava l’enorme guancia del Genio Alato.
La folla silenziosamente si avvicinò ai due.
Il dito della statua cominciò a tremare. La ragazza si spaventò avendo capito cosa stava accadendo.
<< Oh no! Ti prego alzati! Devi tornare sulla cima della Mole! >>.
La statua sorrise.
<< No. Ormai ho compiuto la mia missione. Io dovevo difendervi da quella creatura. E ora la minaccia è stata eliminata >>.
Erika non riusciva a smettere di piangere e cercava di spronare il suo amico.
<< Devi farlo per me. Ti prego. Io ti amo! Non morire >>.
Marika stava piangendo. Mai in vita sua aveva assistito a qualcosa di così drammatico. Mai aveva visto la sua migliore amica così disperata.
<< Non avere paura piccola. Io sarò sempre con te e con tutti voi. E in qualsiasi luogo andrò, vi proteggerò sempre >>.
La statua cominciò a immobilizzarsi. Marika cercò di tirare a sé la sua amica ma senza successo.
I torinesi erano dispiaciuti per ciò che stava accadendo. Ciò che avevano sempre scambiato per un angelo, si era sacrificato per salvare la vita proprio a loro. Loro che, guidati dall’egoismo, non erano stati in grado di capire fino in fondo l’importanza del simbolo torinese per eccellenza. Fu una lezione per tutti. Erika fu la prima a dare importanza a lui e ora dovette fare i conti con la triste realtà.
Il Genio Alato si addormentò tornando statua per sempre.
Poi qualcosa d’inaspettato accadde. La statua morta cominciò ad emanare luce. Marika prese per mano la sua migliore amica e spaventata assistette alla scena. Il Genio Alato si sbriciolò lentamente sotto gli occhi dei numerosi testimoni. I frammenti della statua parevano uno sciame di lucciole bianche che presto presero a fluttuare verso la Mole Antonelliana. Tutti osservarono increduli.
Lo sciame ben presto si posò sulla cima creando un nuovo simbolo: una stella dorata.
Kyrea era diventato ciò che aveva sempre desiderato.
La folla applaudì compiaciuta e felice.
Quella stella avrebbe protetto per sempre la città di Torino e questa volta nessuno avrebbe potuto volere diversamente.
   
 
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