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Autore: Shailene_bird    29/01/2015    1 recensioni
Dopo aver scritto un primo finale di Colpa delle stelle, ho deciso di farne un altro, questa volta però ho iniziato il racconto dal viaggio che i due ragazzi, Hazel e Gus, fanno ad Amsterdam.
Di conseguenza, tutto quello che accade nel libro dopo questo viaggio, nel mio finale non ci sarà.
Buona lettura!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Amsterdam.
Un sogno che si avvera.
Non avrei mai creduto un giorno di poter fare un viaggio simile, insomma, nelle mie condizioni ti immagini sempre dentro ad una vita fatta di medicine, ossigenatori che ti tengono in vita, genitori apprensivi che temono per te e giornate all’insegna della noia, relegati in casa.
E invece sarei andata ad Amsterdam, per di più con Gus, quindi non potevo desiderare di meglio.
C’era solo un piccolo problema però in tutto questo: il mio futuro precario.
Sì, perché come in tutte quelle situazioni sfortunate da sempre (probabilmente la mia era una di quelle) c’era qualcosa che purtroppo non avrei avuto la possibilità di cambiare.
Qualche giorno prima, infatti, quando andai dalla dottoressa per chiederle se potevo effettivamente affrontare un viaggio e tutto quello che ne conseguiva, scoprii che nelle mie condizioni attuali non sarebbe stato proprio l’ideale, anzi la dottoressa era davvero contraria e non se la sentiva di darmi, come dire, il permesso. Ma la pregai così tanto di lasciarmi andare che probabilmente l’avevo portata ad uno stato di esasperazione totale, che non poté non dirmi di sì.
Scoprii infatti che il tumore, piano piano, si sarebbe espanso agli altri organi, portandomi inequivocabilmente alla morte, una morte dolorosa e lenta.
Fu il giorno più brutto della mia vita.
Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato, ma non credevo così presto, o meglio non volevo che fosse proprio ora che avevo trovato Gus. Anche lui non era nel perfetto della forma, ogni tanto doveva fare dei controlli, ma tutto sommato stava bene.  
Quel giorno decisi che non avrei detto niente a Gus riguardo la mia salute e la ragione era molto semplice.
Non volevo farlo soffrire, non volevo che mi guardasse come quelle bombe che hanno i minuti contati prima di esplodere. Era una cosa che non avrei sopportato. E poi si sa, quando teniamo molto ad una persona, cerchi sempre di fare in modo che niente o nessuno possa farla soffrire, che possa provocarle quel dolore che ferirebbe prima te che lei.
Probabilmente era da vigliacca, lui si meritava di sapere, ma sono sicura che poi avrebbe capito la mia situazione e mi avrebbe perdonata per non avergli detto niente.
In fondo, il fatto che lo sapesse non avrebbe di certo cambiato il mio futuro.
Il giorno prima di partire preparai le valigie insieme a mia madre. Lei sarebbe venuta con noi, ma mise in chiaro fin dall’inizio che ci avrebbe lasciato qualche momento per noi due, solo per me e Gus e questo la rendeva una delle mamme più comprensibili al mondo. Non perché volessi fare chissà che cosa con lui, ma avremmo avuto bisogno di un po’ di tempo per noi, dato che di tempo non me ne rimaneva poi molto e questo mia madre lo sapeva bene, forse fin troppo bene.
 La notte non dormii molto al pensiero di partire e infatti parlai al telefono con Gus fino a tarda notte, raccontandoci di tutto e di più. Solo sentire la sua voce mi faceva stare bene.
La mattina andammo tutti e tre, con tanto di valigie e ovviamente Philip con me, verso l’aeroporto.
Ero così elettrizzata che non riuscivo neanche a capire dove mi trovassi e infatti il check – in lo fece mia madre perché io non ne ero effettivamente in grado e Gus tanto meno. Lui era ancor più elettrizzato di me, non faceva altro che girarsi intorno e sorridere come un ebete.
Il viaggio in aereo fu molto divertente perché Gus aveva una paura matta di volare. Ad ogni piccola turbolenza, dalla sua bocca usciva uno strano suono acuto come se volesse gridare “Aiuto!” da un momento all’altro. Dovetti stringergli la mano per tutto il tempo e di certo questo non mi dispiacque.
Quando scendemmo dall’aereo ebbi un piccolo mancamento.
Gus parve molto preoccupato, ma cercai di tranquillizzarlo il più possibile. Non doveva sospettare niente.
Arrivammo in hotel e lasciai mamma ad ordinare le valigie e tutto il resto, mentre io e Gus passeggiammo per il centro di Amsterdam, soffermandoci su di una panchina che si trovava a ridosso di un piccolo fiume.
Restammo seduti a coccolarci e a parlare per più di un’ora. Il tempo con lui scorreva così velocemente che mi sembrava di perderne il controllo. Più passavano i giorni e più la paura aumentava dentro di me. Ma non per l’idea di morire, in fondo a quella avevo dovuto pensarci già da un po’ di tempo, ma per il fatto che avrei dovuto separarmi da lui e a questa idea ovviamente non ero preparata.
Ma sapevo di dovermi godere ogni attimo insieme a Gus, ogni secondo che gli stavo vicino, senza pensare a quello che sarebbe successo poi, ma non era per niente facile.
La sera Gus mi portò a cena e fu la più bella di sempre.  
Il ristorante era davvero molto bello, tavole bianche imbandite, candele ovunque e una musica di sottofondo che riecheggiava nella stanza. Dal nostro tavolo si vedeva addirittura il laghetto con i cigni attraverso le vetrate. Era tutto così perfetto che mi sembrava di trovarmi dentro ad un sogno.
Ridemmo tutta la sera, ma la parte più bella fu quando Gus mi disse che era innamorato di me e a quelle quattro parole messe insieme, il mio cuore esplose di gioia.
Prima d’incontrare Gus pensai all’idea di non riuscire nemmeno ad avere il tempo di innamorarmi o di essere amata a mia volta ed invece eccomi qua, devastata più che mai perché mi sono resa conto di essere pazzamente innamorata di una persona dalla quale dovrò separarmi e questa consapevolezza fa davvero male.
Credo che dovrebbero descrivere l’amore come un’arma a doppio taglio, che con la sua lama ha il potere sia di donarti la felicità che di trafiggerti il cuore e da questa ferita è difficile salvarsi.  
Il giorno dopo andammo a casa del signor Van houten. Finalmente avrei avuto la possibilità di fargli le domande che da tanto tempo avevo in mente.
Ci fece entrare la segretaria dello scrittore, la signorina Lidewij Vliegenthart. Ci fece accomodare sul divano e andò a chiamare Van houten.
Ben presto però capii che lo scrittore di cui tanto amavo il libro non esisteva, perché chi avevo davanti non ne assomigliava neanche un po’.
La verità è che Van houten era davvero una brutta persona, era scorbutico, maleducato, non faceva altro che bere e non gli importava di niente e di nessuno e non era di certo interessato ad ascoltarci.
Rimasi così sconvolta dal suo comportamento nei nostri confronti che l’unica cosa che mi restò da fare era andarmene da lì, arrabbiata più che mai, forse più con me stessa che con lui, perché mi ero immaginata una persona che nel mio mondo reale non esisteva.
Ero così nervosa che quando mi lasciai la porta alle spalle e Gus era davanti a me, ebbi un altro mancamento, questa volta anche peggio del primo.
Cercai di non far trapelare stanchezza e affaticamento, ma Gus non era stupido e non so per quanto tempo ancora avrei potuto nascondergli una cosa del genere.
“Che cos’hai Hazel?”, disse vendendomi in quello stato.
“Niente, Gus, davvero, è solo il nervoso per quello che è appena accaduto. Quel Van houten mi fa imbestialire”, dissi cercando una scusa per nascondere il mio pessimo stato di salute.
“Stai tranquilla però adesso, non voglio vederti così”, disse Gus, tenendomi tra le sue braccia.
Di quel calore non ne avevo mai abbastanza. Avrei voluto mi abbracciasse sempre, non volevo altro.
Quando arrivai in hotel raccontai tutto alla mamma. Era palesemente dispiaciuta per me, perché sapeva quanto ci tenessi. In fondo eravamo andate ad Amsterdam proprio per quello.
Mancavano sempre due giorni prima di tornare a casa, così decidemmo di fregarcene di Van houten e di goderci quel viaggio al meglio.
Io e Gus trascorremmo tutto il pomeriggio in un parco, per poi passeggiare in centro e fermarsi davanti ai negozi. C’era una pasticceria così bella che non potemmo non entrare. Ci comprammo due muffin al cioccolato e ce li gustammo come se non li avessimo mai assaggiati. Erano squisiti.
Ad un certo punto però accadde l’inimmaginabile.
Sentii un forte dolore ai polmoni, non riuscivo a respirare bene nonostante Philip.
Svenni.
 
***
Mi risvegliai in una camera d’ospedale.
Ero molto stanca e faticavo a respirare.
Gus era seduto accanto a me, appoggiato sul letto. Stava dormendo.
“Gus…”, lo chiamai con un filo di voce.
Si svegliò di soprassalto. 
“Hey…come stai?”, rispose con un tono di voce preoccupato.
Quella voce che ogni volta mi accarezzava dolcemente l’anima ed il cuore.
“Meglio”, mentii, come solo io sapevo fare.
Era inevitabile il mio non volerlo far soffrire.
“Non è vero Hazel, tu non stai bene, mi stai nascondendo qualcosa. Hai avuto diversi mancamenti in questi due giorni. Ti prego, dimmi che sta succedendo, voglio saperlo”, disse Gus, con gli occhi lucidi e con la voce che gli tremava.
Vederlo così era una colpo al cuore per me, ero distrutta in tutti i sensi, sia fisicamente, che mentalmente. Nel frattempo arrivò mamma, che si avvicinò al letto e mi chiese come stavo.
“Signora Grace, la prego, mi dica cosa sta succedendo, merito di saperlo”, disse Gus a mia madre.
Mamma si girò verso di me come per chiedermi il consenso e a quel punto non potevo più mentire.
Annuii lentamente con la testa come per darle il permesso di parlare.
Uscirono dalla stanza e li vidi discutere dal vetro che ci divideva.
Capii quando mamma disse a Gus che non avevo ormai molto tempo da vivere, perché l’espressione che assunse in volto era come quella di una persona che improvvisamente si rende conto di aver perso tutto, di quella persona assente, che non può fare niente per cambiare le cose. L’espressione di colui che ti ama e che è costretto, contro la sua volontà a lasciarti andare.
Gus rientrò nella stanza.
“Perché non mi hai detto niente Hazel, io dovevo sapere! Perché?”, gridò guardandomi dritto negli occhi.
Dentro di me percepivo un insieme di sentimenti, senso di colpa, amore, tristezza, rabbia, non riuscivo più a controllarmi.
Ormai sapevamo entrambi a cosa saremmo andati in contro e questo era davvero insopportabile.
Gus si avvicinò a me, appoggiò le sue mani sul letto, come se aspettasse una mia risposta.
Ma io non avevo risposte da dargli e l’unica cosa che riuscii a fare fu scoppiare in lacrime.
Anche Gus aveva gli occhi lucidi. Vedevo che era arrabbiato, ma nei suoi occhi leggevo solo amore.
Così, senza preavviso, mi accarezzò una guancia per asciugarmi le lacrime e appoggiò le sue labbra sulle mie, lasciandomi uno di quei baci, che per l’intensità che lasciano sembrano essere gli ultimi.
E’ stato il bacio più bello di sempre, perché vi era racchiuso tutto l’amore che provavamo l’uno per l’altra.
Era come se stessi baciando l’aria che ti fa respirare, quell’unica cosa che ti permette di vivere e che la vita stessa ti sta strappando.
“Io non posso vivere senza di te, Hazel, lo sai, okay?”, disse Gus, quasi singhiozzando.
Continuai a baciarlo, come se esistessimo solo noi due, perché in fondo per me, nel mio piccolo mondo ideale, era proprio così.
“Okay”, gli sussurrai dolcemente.  
Qualche giorno dopo, mi dimisero. Stavo un po’ meglio, ma ancora non del tutto.
Tornai a casa, dove mio padre mi aspettava, preoccupato come non mai.
Stetti tutto il giorno in camera, sdraiata sul letto, a riposarmi e a pensare a come avrei dato il mio personale addio a Gus. E in quel momento capii come farlo.
 
Punto di vista di Gus
 
Qualche giorno dopo il rientro da Amsterdam, precisamente tre giorni e 40 minuti dopo (sì, li ho contati quei maledetti minuti, quelle cazzo di ore che mi avrebbero portato via l’amore della mia vita), Hazel se ne andò, per sempre.
Ero distrutto, era come se mi avessero lacerato l’anima, lasciandovi un vuoto incolmabile, un vuoto che non si sarebbe mai più riempito.
Al funerale non feci nessun discorso, perché ciò che avevo da dirle non volevo che lo sentissero tutti, lei sapeva già tutto, lei sapeva già quanto la amassi, quanto fosse, non importante, ma fondamentale per la mia felicità.
Al funerale di Hazel venne anche il signor Van houten , assieme alla sua segretaria, che era stata l’unica ad essere stata carina con noi e a preoccuparsi per la salute di Hazel.
Van houten era pentito per come si era comportato ad Amsterdam e credeva di essere ancora in tempo per sistemare le cose, ma purtroppo non era così.
Parlammo molto quel giorno e nonostante fossi arrabbiato con lui, al tempo stesso lo compresi, probabilmente perché la comprensione era l’unico sentimento che potevo provare in quel momento.
Dopo il funerale di Hazel, se ne andarono tutti, mentre io rimasi ancora lì ad osservare quel cumulo di terra, sotto il quale stava Hazel.
La signora Grace, prima di tornarsene a casa si avvicinò a me e mi porse un foglio.
“Hazel mi ha chiesto di darti questa lettera una volta che sarebbe successo tutto questo. Mi ha detto di dirti che questo era il suo personale addio. Augustus io sento davvero di doverti ringraziare perché ho visto mia figlia felice per la prima volta dopo tanto tempo. E’ grazie a te se Hazel ha avuto la forza di andare avanti, quindi grazie”, disse, abbracciandomi forte come se fossi suo figlio.
“Io amerò per sempre sua figlia, signora”, dissi.
“Lo so Augustus, lo so. Ti prego, per qualsiasi cosa non esitare a chiederci aiuto perché io e mio marito saremmo felice di poter esserti utile in qualsiasi modo”, disse la signora Grace, prima di andarsene verso la macchina, dove suo marito l’aspettava.
Aprii il foglio bianco ed iniziai a leggere.
 
“Caro Gus,
 
nonostante non sia una bravissima scrittrice, penso che lasciare impresse queste parole su questo misero foglio bianco sia la migliore cosa che possa fare per lasciarti qualcosa di me.
Mi dispiace averti nascosto il mio stato di salute, ma non volevo farti soffrire, perché ti amo e l’ultima cosa che voglio è vederti star male per me. Sapevo che prima o poi l’avresti scoperto, ma credevo di poter avere più tempo per capire come dirtelo anche se sapevo che non sarei mai stata pronta per farlo.
Quindi eccomi qua, con un conto alla rovescia scritto in fronte.
La vita è davvero ingiusta perché non mi permette di restarti accanto ancora per tanto tempo e non mi permette di dimostrarti quanto sia follemente, pazzamente e incondizionatamente innamorata di te. Odio tutto questo, odio questa vita che mi è stata data, ma al tempo stesso la amo perché è in questa vita che ti ho incontrato, quindi grazie destino e grazie a te Gus, perché mi hai fatto scoprire che esiste un mondo fatto di piccoli infiniti e noi due siamo uno di quelli, grazie perché mi hai insegnato che nella vita è importante lasciare un segno, di qualsiasi tipo, ma che sia importante per qualcuno e sai, tu mi hai lasciato un segno proprio qui, sul petto, nel mio cuore, che da quando ti conosce non ha fatto altro che battere di emozione. Anche se domani o fra due giorni non ci sarò più vorrei che tu ti ricordassi quanto sia importante non solo vivere, ma saperlo fare ed io vorrei che tu continuassi a saper vivere anche senza di me perché io ho imparato a vivere da quando ti conosco. Spero tu possa trovare ciò che cerchi e spero che tutte le scelte che hai fatto o quelle che farai in futuro siano quelle giuste, ma io sono certa lo saranno.
Sai, quando ti ho conosciuto credevo fossi un tipo strano e credimi, non pensavo certamente che sarei finita con l’innamorarmi proprio di questo tuo lato strano, quasi bizzarro, ma che mi ha regalato ogni giorno un sorriso ed una motivazione per vivere.
Non vorrei doverti dire “addio”, è una parola che non ho mai amato ed ora la odio ancora di più, ma devo farlo e tu lo sai, quindi addio Augustus Waters, unico infinito nel mio cuore finito.
 
Per sempre tua,
 
Hazel
 
Le lacrime mi bagnarono le guance senza che potessi fermarle.
Ce l’avevo con me stesso perché non le avevo detto abbastanza quanto la amassi, perché non le avevo detto che senza di lei sarebbe stato come se non esistessi.
Però ero sempre in tempo per trovare un mio modo di dirle addio e lo avevo trovato.
 
“Hazel, perdonami, perché potevo fare di più e non l’ho fatto, perdonami, perché sono stato uno stupido e non ho capito cosa stesse succedendo, perdonami perché avrei dovuto fare così tante cose per te che ad un certo punto non sapevo più quale fosse la cosa giusta da fare, perché se avessi avuto la possibilità di scegliere cosa fare per te avrei scelto di regalarti del tempo, per te, per noi, per la nostra vita, ma questo era impossibile.  
Mi sono innamorato di te dalla prima volta in cui ti ho vista, avevi qualcosa di speciale ed è per quel qualcosa di speciale che poi ho iniziato ad amarti sul serio. Avrei voluto che la vita ci desse più tempo perché se penso al fatto che non potrò più stringerti a me, baciarti o anche solo tenerti per mano mi sento morire dentro. Sarà impossibile senza di te e tu lo sai, ma so di non poterti deludere, so che dovrò continuare a fare delle scelte per me e per la mia vita, ma te lo assicuro, di tutto quello che ho fatto non mi sono mai pentito di niente e innamorarmi di te è stata la scelta migliore che potessi fare nella mia vita. Forse non ho dovuto neanche sceglierti, perché il mio cuore lo aveva già fatto [anche] solo guardandoti.
Mi mancherai come quando ti manca l’aria per respirare e ci vorrà molto tempo per pensare a te senza soffrire, ma ti prometto che ci proverò”.
Addio Hazel, ti amerò per sempre,
 
tuo Gus.
 
Appena finii di pronunciare quelle parole, un forte vento mi scompigliò i capelli e giuro che per un istante mi sembrò di aver sentito quel calore che sentivo solo con lei.
 



Angolo autrice

Ciao a tutti! Spero che vi sia piaciuto il mio finale. Ne ho scritto un altro qualche mese fa, quindi se vi va di leggerlo lo troverete nella mia pagina assieme ad altri testi.
Per qualsiasi critica, positiva o negativa che sia sono qui per ascoltarla.
Ringrazio tutti quelli che leggeranno, recensiranno e via dicendo.

Shailene_bird

 
   
 
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