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Autore: rhys89    30/01/2015    1 recensioni
Laxus ha passato tutta l'infanzia e l'adolescenza a Magnolia, un piccolo paesino di montagna, sotto la custodia di suo nonno - il direttore di Fairy Tail.
Ormai sono sette anni che vive in città, e mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe ritornato (seppur temporaneamente) sui suoi passi... eppure, certe volte, è proprio vero che non tutto il male viene per nuocere.
Tuo nonno è sempre stato un po’ strano, in effetti.
Ed è anche il motivo per cui hai rifiutato un paio di ingaggi con parecchi zeri nel compenso, hai abbandonato il tuo comodo loft in pieno centro e sei invece venuto a passare i prossimi sei mesi ai confini del mondo.
Per insegnare educazione fisica.
Se ci ripensi ti viene quasi da ridere. Quasi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Luxus Dreher, Natsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice

Eccomi di nuovo qui, proprio come vi avevo minacciato promesso! ^-^
Bon, per questa storia ho parecchie precisazioni da fare, quindi direi di lasciar perdere le vuote ciance e iniziare subito con le note:
1) Innanzitutto, questa storia partecipa al contest Quanti punti vuoi? indetto da DonnieTZ sul forum di EFP (per il quale è stata scritta). Le linee guida di questo contest prevedevano di scegliere alcuni prompt (più sono, meglio è) da una serie di liste. Per chi fosse interessato, in fondo a questa pagina può trovare l'elenco di quelli utilizzati per questa storia. Edit: la storia non è arrivata sul podio per un soffio, ma ha vinto il "Premio miglior coppia"! :D
Partecipa anche al contest Divulghiamo il verbo (storie edite) indetto da S.Elric_ sul forum di EFP.
2) L’AU di questa one-shot è un mondo contemporaneo al nostro e privo di magia. Fairy Tail non è dunque una gilda di maghi bensì una scuola/orfanotrofio; più precisamente, è una scuola (comprendente tutti i livelli d’istruzione di base) per tutti i ragazzi del paese, mentre ospita permanentemente quelli che sono senza famiglia.
3) Vi assicuro, per esperienza personale, che le scuole dei piccoli paesi possono avere classi formate anche solo da tre o quattro alunni.
4) Nonostante la localizzazione indefinita, ho preferito utilizzare come riferimento il sistema scolastico italiano: 5 anni di primaria, 3 di medie e 5 di superiori.
5) In questa OS le età dei personaggi sono un po’ falsate dalle originali: Natsu, Gray, Erza, Lucy, Loki ed Elfman sono in quinta superiore; Laxus, Fried, Evergreen e Bixlow erano in classe insieme e hanno circa venticinque anni; Lluvia e Lisanna sono in quarta superiore; Wendy e Romeo sono in seconda media; Mirajane è al primo anno di università; Macao, Gildarts e Warren (che però è in malattia) sono professori.
6) Altre piccole imperfezioni dalla trama originale – Laxus che non ha mai attraversato la fase disturbata (e distruttiva) e Gildarts che ha ancora entrambe le braccia – sono volute e strettamente legate a questo contesto, quindi non me ne vogliate.

Uff, che faticaccia!
Per quelli di voi che non si sono ancora scoraggiati, vi annuncio che tornerò presto - quasi sicuramente a S. Valentino - con una nuova AU Laxus/Natsu. Adoro le AU, si è notato? xD
Detto questo ringrazio DonnieTZ per avermi dato l'ispirazione per questa storia, tutti voi che la leggerete e, ovviamente, chi si soffermerà a farmi sapere cosa ne pensa.

Legenda:

“Pensieri di Laxus”

«Dialoghi»

***
Flash-back
***

Il POV (punto di vista) è quello di Laxus e... niente, mi pare sia - finalmente - tutto.

Disclaimer: i personaggi e la storia di Fairy Tail non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.

Buona lettura a tutti! ^_^




Fa un freddo cane quando scendi dalla macchina, ma dopotutto non potevi aspettarti nient’altro: Magnolia è l’ultimo centro abitato prima della vetta, e di certo essere all’inizio di gennaio non aiuta.
«Ma chi me l’ha fatto fare…» Borbotti tra i denti mentre chiudi l’auto e ti fai strada a fatica attraverso quella distesa bianca e compatta che nasconde il cortile dell’unica scuola del paese.
“Fairy Tail… che nome ridicolo.”
L’hai sempre pensato, nonostante tuo nonno ti abbia ripetuto fino alla nausea che simboleggia la meraviglia, l’avventura, la ricerca e tante belle cose.
Tuo nonno è sempre stato un po’ strano, in effetti.
Ed è anche il motivo per cui hai rifiutato un paio di ingaggi con parecchi zeri nel compenso, hai abbandonato il tuo comodo loft in pieno centro e sei invece venuto a passare i prossimi sei mesi ai confini del mondo.
Per insegnare educazione fisica.
Se ci ripensi ti viene quasi da ridere. Quasi.
Sbuffi e togli una mano dalla tasca del giubbotto per suonare al campanello.
Inutilmente.
Irritato, schiacci ancora quel dannato pulsante – più e più volte – ma il risultato è sempre lo stesso.
Poi, quando ormai la tua – notoriamente poca – pazienza è arrivata agli sgoccioli, «Quello è rotto da secoli, avresti dovuto bussare.» dice una voce alle tue spalle.
Ti volti verso il tuo misterioso interlocutore e scopri che a parlare è stato un ragazzino dagli assurdi capelli rosa, il viso affondato in una sciarpa più grande di lui e due enormi buste per la spesa ai piedi.
Ha un’aria familiare…
«Non lo sapevo.» Rispondi soltanto, dandoti nel frattempo dell’idiota per non averci pensato da solo.
Il ragazzo però si limita a farti un gran sorriso e sporgersi per aprire il portone d’ingresso con le sue chiavi, invitandoti ad entrare per poi riprendere le sue cose e fare altrettanto.
«Sei il supplente di ginnastica, vero?» Ti domanda una volta dentro, ma prima che tu possa rispondere siete distratti dall’arrivo di qualcun altro – probabilmente amici della tua nuova conoscenza…
«Stupido Fiammifero, perché ci hai messo tanto?» Inveisce uno dei due.
… anche se, a giudicare dalla sua reazione, non vanno molto d’accordo.
«Brutto idiota, la prossima volta vacci tu a fare la spesa!»
«Io ci sono andato la settimana scorsa, cretino, e c’ho messo la metà del tempo!»
«La settimana scorsa non aveva nevicato, bastardo!»
Ti stai giusto chiedendo se dovresti intervenire o no – tecnicamente non sei ancora un loro professore, però la situazione sta proprio degenerando – quando la rossa lì vicino ti toglie d’impiccio.
Menandoli entrambi.
«Dovete smetterla di litigare, voi due!» Sbotta poi, guardandoli in cagnesco.
«Scusa, Erza…» Mormorano quelli mentre si massaggiano la testa chini su se stessi.
Ok è ufficiale: sei finito in una scuola di pazzi.
Fai appena in tempo a finire il pensiero che la ragazza, finalmente, si accorge della tua presenza.
«Ma tu…» Inizia, per essere subito interrotta dal rosato.
«Oh, giusto!» Esclama all’improvviso, rialzandosi come se niente fosse. «Erza, sai dov’è il nonnetto?»
“Nonnetto?”
Lei ci pensa un po’ su.
«Nel suo ufficio, credo. Oppure giù in caffetteria.» Risponde alla fine. Poi si china a prendere le buste della spesa, ne porge una all’altro ragazzo e, dopo un rapido cenno di saluto, spariscono insieme lungo il corridoio.
“Valla a capire…”
«Vieni, ti accompagno.» Si offre il ragazzino rimasto, attirando di nuovo la tua attenzione. Poi, vedendoti esitare, «Tanto devo andarci comunque per portargli il resto.» aggiunge, mostrandoti un borsellino che prima non avevi notato.
E allora ti dici che in fondo sono parecchi anni che non metti piede qui dentro, e una guida potrebbe farti comodo.
«Ok, grazie.» Accetti quindi con un mezzo sorriso.

La palestra è pressappoco identica a come te la ricordavi: stesso pavimento dal colore indefinito, stessi canestri malandati, stesse finestre che lasciano entrare tanti spifferi che sembra quasi di stare in Norvegia.
C’è persino lo stesso vecchio poster con la serie di Fibonacci attaccato sopra la cattedra… e lo sai che è lo stesso di sette anni fa, ci sono ancora gli scarabocchi dei tuoi compagni di classe.
Non hai mai capito come diamine c’è finito, lì… ma in effetti ormai il mistero ha perso tutto il suo fascino.
La porta si apre all’improvviso e i ragazzi dell’ultimo anno fanno il loro ingresso trionfale con la stessa grazia di una mandria di bufali al galoppo – nonostante siano poco più di una decina.
“Bene… ci siamo.”
«Buongiorno, ragazzi.» Esordisci quando li vedi tutti radunati – bhé, più o meno – intorno a te. «Io sono Laxus, il supplente di educazione fisica. So che il direttore vi ha già parlato di me, ma io non so quasi nulla di voi. Quindi per adesso fate cinque minuti di corsa, poi passiamo ad alcuni esercizi di base per vedere un po’ il vostro livello generale. D’accordo?» Chiedi infine, cercando di essere quantomeno cortese… ma quando quei mocciosi si limitano a borbottare qualche verso non meglio definito, senza neanche accennare a muoversi, perdi la pazienza.
«E allora che ci fate ancora qui?» Sbotti, smuovendoli finalmente da quello stato di apatia-da-rientro-dalle-vacanze.
Mentre li guardi correre – più o meno svogliati – intorno alla stanza, la tua attenzione si sofferma sul terzetto in cui ti sei imbattuto il giorno del tuo arrivo.
***
«Natsu, Erza e Gray sono qui da più tempo di tutti gli altri: sono rimasti orfani da bambini e da allora hanno sempre vissuto a Fairy Tail.» Ti racconta tuo nonno dopo aver saputo del tuo incontro. «Sono dei gran casinisti – soprattutto Natsu e Gray – ma, se hai bisogno di qualcosa, sappi che su di loro si può sempre contare.»
***
Ti riscuoti con un sospiro dai tuoi pensieri e riprendi a osservare tutta la classe, appuntandoti qualche nota di tanto in tanto.

Una paio di settimane dopo hai incontrato tutti i colleghi – molti dei quali, tra l’altro, sono stati a suo tempo anche i tuoi professori – e conosciuto tutti gli alunni… ma in realtà c’è voluto molto meno tempo: l’intero plesso conta in totale un centinaio scarso di ragazzi e una manciata di adulti tra docenti e personale ausiliario.
«Loki hai avuto tutto l’intervallo per flirtare, adesso sta’ buono.» Commenti esasperato all’ennesimo tentativo del ragazzo di abbordare la biondina in cima alla fila. «E tu, Lucy, tira quel dannato peso prima che faccia notte, per favore.»
La ragazzina arrossisce e si morde il labbro, esitante, e allora con un sospiro le vai vicino e le spieghi di nuovo il movimento corretto.
«Non importa che tu ci metta chissà quale forza,» la rassicuri «cerca solo di concentrarti sulla tecnica.» Concludi, allontanandoti di un paio di passi.
La fila scorre lenta, tra errori grossolani, prese in giro e risate sguaiate, ma finalmente anche l’ultimo finisce l’esercizio.
«Bene. Ora sistematevi a coppie…»
«Laxuuus!» Ti interrompe Natsu, tirandoti la manica. «Avevi detto che ci facevi giocare!» Continua poi, guadagnandosi un sacco di borbottii di assenso.
Lo guardi storto finché non si decide a lasciare la tua giacca, ma in realtà non te la sei affatto presa per quella confidenza decisamente fuori luogo: a Fairy Tail il rapporto tra alunni e professori è sempre stato molto informale – anche troppo, a volte.
E poi…
***
«Sai, Natsu si è illuminato quando ha saputo che saresti stato tu a prendere il posto di Warren.» Ti confida Makarov con un sorriso, riaccendendosi la pipa. «Te lo ricordi? Quand’era piccolo ti seguiva ovunque.»
***
Il moccioso continua a guardarti risoluto, con un mezzo broncio da cui devi distogliere in fretta lo sguardo per non sorridere – e perdere credibilità.
«D’accordo, rompiscatole.» Borbotti scontroso, andando a recuperare il peso. «Vai a preparare la rete, giocate a pallavolo.»

Neanche il tempo di ambientarti – o quasi – che subito ti tocca inventarti qualche stupida verifica per valutare i pargoli e far contenti i genitori.
Fare il professore è ancora più noioso di quanto ti aspettassi.
Stai fissando accigliato il materasso, ponderando se inserire o meno il salto in alto nella prova, quando Natsu sbuca all’improvviso da dietro una colonna e interrompe bruscamente le tue riflessioni.
«Che fai?» Ti chiede, guardando incuriosito gli oggetti sparsi per la palestra.
«Preparo un percorso a ostacoli per quelli di quarta.»
«Oh. Ti dà fastidio se resto a guardare?»
***
«Laxus, ti sfido!»
«Sparisci, moccioso, ho da fare.»
«Che cosa?»
«Aggiusto lo xilofono, si sono allentate tutte le tavole.»
«Oh. Posso stare a guardare?»
«Fai un po’ come ti pare.»

***
Ti stringi nelle spalle, sorridendo internamente per quella chiara sensazione di déjà vu.
«Fai come vuoi.»

Probabilmente la tua è stata una pessima idea, a giudicare dalla chilometrica lista della spesa che ti ha affidato tuo nonno… ma d’altra parte eri stufo marcio di aprire il frigo e trovarci solo due limoni – di cui uno mezzo muffito, oltretutto.
Sospiri e ti infili la giacca, preparandoti ad affrontare l’aria gelida di febbraio.
«Laxus, aspetta!»
Ti volti verso le scale e vedi Natsu scendere velocemente verso di te, rimbacuccato nella sua enorme sciarpa bianca.
«Il nonnetto mi ha chiesto di venire ad aiutarti con la spesa.» Spiega al tuo sguardo perplesso.
E allora ti ritrovi a sorridere tra te, piacevolmente colpito dalla premura di tuo nonno…
«E mi ha dato un’altra lista.» Aggiunge, sventolandoti davanti un secondo foglio pieno zeppo di scritte.
Come non detto.

La cosa buona di abitare in un paese tanto piccolo – una delle poche, in effetti – è che puoi trovare tutto quello che ti serve nell’unico supermercato dei dintorni.
Quella cattiva è che il suddetto supermercato ha dei prezzi al limite del furto.
«Secondo te il vecchio lo sa che non riusciremo mai a comprare tutto quanto col budget che abbiamo?» Borbotti stizzito, rimettendo sullo scaffale un sacchetto di biscotti dal costo esorbitante – ma con all’interno un biglietto omaggio per il cinema.
Che poi a Magnolia non ci sia un dannato cinema, quello è un altro paio di maniche…
«Ovvio che sì, ma qui i rifornimenti sono imprevedibili e di solito più della metà delle cose che ci servono o è già finita o deve ancora arrivare.» Risponde noncurante il tuo accompagnatore mentre esamina pensieroso il reparto cancelleria. «I fogli protocollo sono in offerta. Che dici, li prendiamo?» Aggiunge poi.
Ci pensi un momento.
«Ma sì, tanto quelli servono sempre.» Rispondi alla fine, mettendo l’articolo nel carrello.
Poi inforchi gli occhiali – dannata presbiopia – ed esamini con più attenzione le due liste complete per decidere da dove cominciare…
«Che diamine è la “pomucchina”?» Esclami sconcertato, alzando gli occhi su Natsu.
Giusto in tempo per sorprenderlo a fissarti con l’aria di chi ha visto uno spettacolo molto, molto strano.
Ti guarda in silenzio un altro paio di secondi, poi sembra riscuotersi da quella momentanea trance e «Ma tu porti gli occhiali?» ti chiede.
Non molto intelligente come domanda, in effetti.
Sorridi del suo sguardo perplesso, poi «Solo per leggere.» rispondi semplicemente. «Allora?»
«Allora cosa?»
«Chi o che cosa è una “pomucchina”?» Ripeti spazientito.
Per tutta risposta lui scoppia a ridere.
«Scusa, è solo che… ecco, è un nome che abbiamo inventato noi – io, Erza e Gray – da bambini. Nella nostra testa era una specie di incrocio tra un pomodoro e una zucchina, ma in realtà sono solo quelle zucchine piccole e tonde.» Ti spiega. «So che sembra stupido, però ci faceva ridere un sacco.» Aggiunge, sorridendo intenerito al ricordo.
Sorridi anche tu.
«Nah, ho sentito di peggio.» Ribatti, prima di inoltrarti in quella giungla di scaffali e offerte speciali.

C’è voluto molto più tempo del previsto, ma alla fine siete riusciti a caricare tutto nel bagagliaio e a salire a vostra volta in macchina, pronti a partire.
Peccato che il parabrezza sia praticamente congelato.
Sospiri e accendi il quadro e poi il riscaldamento.
«Ci vorrà un po’.» Avverti il ragazzo seduto al tuo fianco, ma lui si stringe nelle spalle e si limita a sistemarsi meglio sul sedile.
«Posso?» Ti chiede poi, la mano già tesa verso la radio, e quando annuisci l’accende e inizia a cercare qualcosa di suo gusto tra le varie stazioni.
«Lascia qui.» Lo fermi ad un tratto, appena riconosci le familiari note di un pezzo che non sentivi da un sacco di tempo.
Natsu ritira indietro il braccio e ti sorride.
«La conosci?»
«L’ho suonata coi miei amici l’ultimo giorno dell’ultimo anno a Fairy Tail…» Confermi con un sorriso nostalgico. «Ma tu questo già lo sai, giusto?» Gli domandi poi guardandolo di sottecchi.
Lo vedi portarsi le dita tra i capelli della nuca, in viso l’espressione imbarazzata di chi è appena stato scoperto, e ti aspetti quasi che da un momento all’altro cerchi di inventarsi una qualche scusa per negare tutto…
«Ho riascoltato quella registrazione fin quasi a fondere lo stereo.» Ti confida invece lui, cogliendoti completamente di sorpresa. «Gray ha dovuto chiedere al nonnetto di sequestrarmelo, per farmi smettere.»
Sorridi divertito, immaginandoti la scena.
«Anche lui ed Erza mi avevano riconosciuto, vero?» Mormori dopo un po’, attento a non spezzare quella strana atmosfera che vi ha avvolto senza che neanche ve ne accorgeste. «È questo che lei voleva dirmi, il giorno che sono arrivato.»
Non c’è bisogno che tu gli ricordi che non l’ha fatto solo perché lui l’ha fermata, lo sa già…
«Io… ecco, volevo vedere se ti ricordavi da solo di… di noi.» Sussurra senza guardarti.
… così come tu sai che con quel “di noi” in realtà voleva dire “di me”.
Non aggiunge altro – nessuno dei due lo fa – e rimanete in silenzio ad ascoltare il lieve ronzio del riscaldamento immersi in un’intimità del tutto nuova, che ti attrae e ti terrorizza al tempo stesso.
E quando finalmente si volta per incrociare di nuovo il tuo sguardo ti scopri a desiderare di perdertici, in quegli occhi luminosi, solo per scoprire cosa nascondono…
Poi Natsu ti sorride, e all’improvviso, forte e irrazionale, senti l’irresistibile impulso di sporgerti verso di lui per colmare la poca distanza che vi separa – con un buffetto sulla guancia, con una carezza… con un bacio.
L’istante dopo, però, allontani deciso quel pensiero folle.
Insomma, lui non è solo un tuo alunno… lui è Natsu.
***
Natsu che cerca sempre di attirare la tua attenzione. Natsu che litiga con Fried per sedersi accanto a te a mensa. Natsu che scoppia a piangere come il bambino che ancora è quando gli dici che non tornerai a Fairy Tail, dopo l’estate del tuo ultimo anno…
***
«Allacciati la cintura, si parte.» È l’unica frase sensata che riesci a pronunciare mentre fai altrettanto e poi accendi il motore.
Ma, a giudicare dalla sua espressione delusa, è decisamente quella sbagliata.
«E comunque, tanto per la cronaca…» aggiungi, prima ancora di averlo deciso davvero «certo che mi ricordo di te.» Ti volti appena verso di lui e sogghigni. «Moccioso
Il sorriso luminoso che ricevi in risposta vale tutti i rimproveri che dovrai fare a te stesso per esserti infilato in questa situazione probabilmente senza uscita.

Quando finalmente rientrate a Fairy Tail trovate Erza, Gray e Lluvia ad aspettarvi trepidanti in cucina.
«Menomale, stavo morendo di fame!» Esclama sollevato il ragazzo nel vedervi comparire, andando a esaminare il contenuto delle buste che avete posato sul tavolo.
«Le pomucchine c’erano?» Chiede Erza mentre si unisce alla sua ricerca.
Sorridi mentre Natsu le spiega che erano finite, ma quando li vedi iniziare a mettere ogni cosa al suo posto – prendendo nel frattempo pentole e ciotole dal mobile – ti ricordi che la cuoca oggi non lavora… come – in effetti – non ha mai lavorato in nessun giorno di festa.
«Chi è che cucina quando la mensa è chiusa?» Domandi, a nessuno in particolare.
«Facciamo un po’ a turno.» Ti risponde Erza – Natsu e Gray sono impegnati a bisticciare su qualcosa che non hai capito né ti interessa. «Fino all’anno scorso ci pensava sempre Mira, la sorella di Elfman e Lisanna, ma ora che lei è all’università ci arrangiamo come possiamo.»
«Lluvia ha imparato a preparare i sorbetti perché piacciono tanto al suo Gray!» Chioccia la ragazza, abbarbicandosi al braccio del suo – imbarazzatissimo – fidanzato mentre Natsu li guarda e se la ride sotto i baffi.
Li osservi sorridendo in silenzio per un po’, poi lasci borsello e cellulare vicino al frullatore e «Vi do una mano.» dici semplicemente, guadagnandoti parecchie occhiate sorprese ma riconoscenti – quella di una testa rosa a caso sopra a tutte le altre.

Tuo nonno esce dal suo ufficio proprio mentre stai per bussare alla porta – tanto che ci manca poco che vi scontriate – e la sua espressione rabbuiata non lascia presagire nulla di buono.
«Problemi?» Gli domandi.
«Spero di no ma temo di sì.» È la sua laconica risposta. «Tu accomodati, torno appena posso.»
Annuisci e non lo trattieni oltre, entrando in quella stanza piena zeppa di ricordi – già prima di sparire del tutto tuo padre era spesso assente, quindi hai passato a Fairy Tail gran parte della tua infanzia.
Guardi con affetto quell’arredamento così familiare, confrontandolo con quello della tua memoria: la vecchia poltrona in pelle un po’ consunta è sempre al suo posto – ancora più vecchia e ancora più consunta – così come il pugnale tagliacarte con cui giocavi a fare il pirata e la collezione di navi in bottiglia sullo scaffale più alto della libreria – quello a prova di bambino.
Il “tappeto peloso” che stava davanti al camino, invece, ormai non c’è più. Non che la cosa ti meravigli – era davvero in pessime condizioni l’ultima volta che l’hai visto – ma non puoi non dispiacerti quando ripensi a tutte le volte in cui, da piccolo, ti ci sdraiavi sopra a giocare o anche soltanto a schiacciare un pisolino. E poi, quando aveva finito di lavorare, tuo nonno si sedeva accanto a te e iniziava a leggerti uno dei tuoi libri preferiti, o a raccontarti una storia inventata da lui.
Parlavano tutte di esseri magici e misteriosi, draghi, maghi o fate che fossero.
Un’improvvisa brezza leggera attira la tua attenzione e allora ti avvicini alla finestra aperta e guardi fuori, scoprendo che gran parte della scuola ha approfittato del clima mite di fine marzo per uscire in giardino.
Scorri con lo sguardo la piccola folla sotto di te finché non noti due figure un po’ in disparte – quella testa rosa non può passare inosservata – intente a lanciarsi una palla e sorridi: Natsu è di nuovo con quel ragazzino, il figlio di Macao, e sembra che gli stia insegnando a giocare a baseball.
“Ha parecchia più pazienza di me coi ragazzini…” Ti ritrovi a pensare, guardandolo scompigliare affettuosamente i capelli al più piccolo dopo un lancio particolarmente preciso, mentre l’altro sorride radioso.
***
«Laxus, giochiamo ai rigori!»
«Natsu lasciami in pace, voglio ascoltare la musica.» Ribatti, scontroso.
Il bambino ti osserva in silenzio qualche secondo.
«Posso ascoltarla con te?»
Sollevi gli occhi al cielo, stizzito… ma poi commetti l’errore di incrociare il suo sguardo speranzoso, così – sbuffando a più non posso – ti togli una cuffia e gliela porgi.
«Solo cinque minuti.» Borbotti mentre lui si sdraia tutto contento sull’erba accanto a te.
Tanto lo sapete entrambi che lo farai stare tutto il tempo che vuole…
***
In quel momento Natsu alza la testa e ti vede, così rispondi sorridendo al suo saluto e ti allontani dal davanzale per andare a sederti, la mente ancora persa in quei vecchi ricordi.
Tutto sommato, neanche tu te la cavavi tanto male.

Partecipare ad un’esercitazione antincendio da professore è molto più stressante di quanto avresti mai immaginato… ma almeno adesso capisci come mai i tuoi, di insegnanti, alzavano esasperati gli occhi al cielo nel sentire quella campanella speciale che voi ragazzi accoglievate invece con tanto entusiasmo.
“Stai diventando vecchio, Laxus.”
Sogghigni a quel pensiero autoironico e controlli che la tua classe non faccia troppi danni nel cortile sovraffollato… e poi li vedi.
“E loro che diamine ci fanno, qui?”
«Oh, eccolo lì!» Esclama Fried quando incroci il suo sguardo, e in pochi secondi i tuoi storici migliori amici sono al tuo fianco con un sorriso a trentadue denti tutto per te.
O meglio: quasi tutto.
«Cielo, quanto mi mancano le superiori!» Esclama Bixlow, sbottonandosi il colletto della camicia mentre si bea della visione di tutte quelle – poche – ragazze di quarta e quinta che, nonostante il fresco di quella mattina d’aprile, sfoggiano scollature che in qualsiasi altra scuola sarebbero categoricamente vietate.
Stai giusto pensando al modo migliore per prenderlo in giro quando ti senti chiamare da una voce ben nota, così ti volti e vedi che Natsu sta venendo dritto verso di voi.
A torso nudo.
«La ricreazione è suonata, possiamo prendere il pallone da basket per giocare qua fuori?» Ti chiede, dopo un rapido cenno di saluto ai ragazzi accanto a te.
«Basta che poi lo rimettiate a posto.» Concedi. «E prenditi anche una maglietta, già che ci sei.» Aggiungi ironico.
«Anche Gray se l’è tolta!» Protesta invece lui.
“Oh bhé, se l’ha fatto Gray, allora…”
Scuoti la testa senza ribattere e il moccioso si allontana sorridendo.
Dalla parte sbagliata.
«Natsu!» Lo chiami. «E il pallone?»
Il suo sorriso si amplia ancora di più.
«L’ho preso prima.» Risponde soltanto, prima di salutarti con la mano e correre verso il campetto in cemento dall’altro lato del cortile.
Lo segui con lo sguardo fin quando lo ritieni eticamente accettabile… ma, voltandoti, scopri di non essere stato l’unico.
«Quello è Natsu? Il ragazzino che ti stava sempre tra i piedi?» Ti chiede incredula Evergreen, allungando il collo per cercare di non perderlo di vista.
Sorridi della sua meraviglia.
“In effetti è cresciuto piuttosto bene…”
«Già.»
«E ti sta ancora tra i piedi o ha cambiato posizione?» Continua lei maliziosa, congelandoti il sorriso sulle labbra mentre Bixlow ridacchia divertito.
«Ever!» Esclami, decisamente imbarazzato. Perché va bene che ti fa piacere che i tuoi amici abbiano accettato i tuoi gusti con tanta naturalezza da farti simili battute, però c’è un limite a tutto! «È un mio alunno, adesso.» Sottolinei quindi, sperando che capisca la sottintesa richiesta di lasciar cadere l’argomento…
«Certo, e scommetto che non ci hai mai fatto su nemmeno un pensierino, vero?»
… ma evidentemente lei non capisce – anzi, fa finta di non capire, che è anche peggio.
«Perché non ci accompagni dal direttore? È un secolo che non lo vediamo.» Si intromette Fried all’improvviso, interrompendo quel discorso spinoso.
Fortuna che almeno su di lui puoi sempre contare.
Gli sorridi riconoscente e, facendo loro cenno di seguirti, ti volti e fai strada fin dentro l’edificio.

Quando Natsu entra senza bussare nell’ufficio in cui stai lavorando e si accomoda in silenzio sulla vecchia poltrona vicino alla tua scrivania, sai che dovresti esserne seccato – o quantomeno sorpreso – ma in effetti lo stavi aspettando.
«Mi presti il computer?» Ti chiede, non appena alzi gli occhi su di lui.
Ormai hai persino rinunciato a sottolineare che il tuo è un tablet, non un computer.
Gli avvicini la custodia senza batter ciglio, tornando subito dopo al tuo lavoro.
Quando è iniziato tutto questo?
***
«Moccioso torna in camera tua e lasciami lavorare in pace.» Brontoli non appena lo vedi entrare nella stanza.
«In camera ci sono Gray e Lluvia.» Ribatte lui con una smorfia. «Dai, giuro che starò zitto e buono.»
«Zitto e buono puoi starci anche in biblioteca o in caffetteria.»
«Ma io voglio stare qui con te.» È la sua semplice, disarmante risposta.

***
Sospiri: avresti dovuto impuntarti e mandarlo via già allora, questo lo sai… ma non ci sei riuscito.
No, la verità è che ti piace averlo intorno più di quanto sei disposto ad ammettere persino con te stesso.
«Qualcosa non va?»
Alzi gli occhi dal foglio che – in teoria – dovresti leggere e incroci quelli preoccupati di Natsu, così abbozzi un sorriso e «No, sono solo stanco.» butti lì.
Lui annuisce e non aggiunge altro… ma qualcosa, nella sua espressione, ti spinge a indagare a tua volta.
«Tu, invece?» Gli domandi, togliendoti gli occhiali per prestargli la massima attenzione.
Lo vedi esitare un po’, poi «Romeo ha scoperto che sono bisex… e non l’ha presa affatto bene.» sussurra senza guardarti.
“E come diamine l’ha scoperto?”
Ti mordi a sangue la lingua, rimangiandoti quella domanda inopportuna.
«Quel ragazzino ti adora, Natsu… magari ha solo bisogno di un po’ di tempo per accettare questa novità.» Gli dici invece. «Vedrai che tra un paio di giorni tornerà tutto come prima.»
Ti guarda speranzoso.
«Tu dici?»
Sorridi e ti sporgi a scompigliargli i capelli.
«Ne sono sicuro.»

… un impegno che mi terrà fuori città fino alla metà di giugno. Pertanto, seppur a malincuore, sono costretto a rifiutare l’incarico che mi avete offerto.
Finisci di rileggere la lettera, poi la firmi e finalmente la metti da parte: la imbusterai domani.
Togli gli occhiali e ti stiracchi a lungo – sentendo scricchiolare persino ossa che neanche sapevi di avere – e poi ti volti a guardare il tuo silenzioso compagno, raggomitolato su se stesso per adattarsi ai rigidi braccioli della poltrona.
Non riuscirai mai a capire come fa ogni volta ad addormentarsi in quella posizione tanto scomoda.
«Natsu, svegliati!» Lo chiami.
Per tutta risposta lui mugola qualcosa di indefinito, affondando il viso nella giacca che hai usato per coprirlo – dopotutto, anche se ormai è arrivato maggio, la sera quassù in montagna fa sempre fresco.
Sbuffi di finta insofferenza – senza però riuscire a trattenere un sorriso intenerito – e ti avvicini a lui, scuotendolo più o meno gentilmente finché non apre gli occhi e ti sorride.
Ti sorride sempre, quando lo svegli.
«Avanti, alzati da lì.» Lo inciti, tendendogli una mano che lui afferra senza esitare.
“È normale che sia così caldo?”
Lo tiri in piedi più bruscamente del solito e gli scosti i capelli per sentirgli la fronte, un po’ preoccupato.
«Ti senti male?» Gli chiedi poi. «Scotti.» Aggiungi, in risposta al suo sguardo interrogativo.
E allora Natsu ti sorride dolcemente, la mano ancora stretta nella tua, e «Sto bene.» mormora soltanto, piegando leggermente il viso per andare incontro alla carezza che le tue dita hanno iniziato a fargli senza che nemmeno te ne accorgessi.
Annuisci ma non rispondi, troppo incantato da lui – dal calore della sua pelle, dal lieve accenno di barba non fatta, dalla forma perfetta delle sue labbra – per trovare qualcosa da dire… ma dopotutto non ce n’è bisogno: del resto si possono dire tante cose, ma ci sono silenzi in grado di farti capire cose che nessuna voce può spiegare. E il silenzio che vi avvolge mentre rimanete fermi a guardarvi negli occhi, più vicini di quanto non siate mai stati, ti dice chiaramente che entrambi desiderate la stessa cosa e con la stessa intensità…
Ma non puoi.
Sospiri e distogli lo sguardo.
«Torna in camera, Natsu.» Sussurri mentre ti allontani lentamente da lui. «È tardi.»
Lo vedi aprire la bocca per ribattere, ma non gliene lasci il tempo.
«Adesso, Natsu. Per favore.» Aggiungi, tra l’ordine e la supplica.
Si dice che la sintonia fra due persone si misura in quante spiegazioni non hai bisogno di dare… e forse è vero, perché dopo averti guardato indeciso ancora qualche secondo Natsu semplicemente annuisce; poi ti saluta ed esce dal tuo studio, lasciandoti solo con i tuoi pensieri.

C’è una calma quasi surreale stasera, a Fairy Tail… ma forse sei solo tu che la vedi così, immerso come sei nelle tue elucubrazioni.
“Il primo di giugno…”
Nella tua mente rimbalza avanti e indietro solo questa data; ci pensi mentre ti asciughi il sudore, mentre bevi qualche sorso d’acqua e – soprattutto – mentre ti fermi a riprendere fiato dopo soli venti minuti di allenamento.
Si sente che negli ultimi mesi hai battuto la fiacca, vero Laxus?
«Come mai sei ancora in palestra?»
Sorridi: riconosceresti quella voce tra mille.
Dopo quel “quasi bacio” nel tuo studio sia tu che Natsu avete fatto finta di niente, e adesso – a quasi due settimane di distanza – le cose tra voi sono tornate esattamente come prima… o almeno così ti piace credere. In realtà sapete entrambi che il vostro è solo un equilibrio instabile, un filo sospeso nel vuoto pronto a spezzarsi alla prima sollecitazione leggermente più forte del normale…
«È il mio regno.» Ribatti con un ghigno, voltandoti fino a incontrare i suoi occhi.
… eppure continuate a vedervi ogni giorno al di fuori dalle lezioni, imperterriti, incoscienti equilibristi troppo attratti dal baratro in cui rischiate di cadere per rendervi conto del pericolo che esso nasconde…
Natsu ti sorride ma non aggiunge altro, aspettando pazientemente che tu vuoti il sacco spontaneamente, e allora «Ho accettato un ingaggio.» ti decidi infine a rivelargli, gettando l’asciugamano sulla sedia solo per distogliere lo sguardo dal suo. «Inizio le riprese il primo di giugno.»
“Il primo di giugno. Tra dieci giorni.”
«E… è un lavoro interessante?» Ti chiede lui dopo molti – troppi – secondi di silenzio, con un tono forzatamente allegro che non ti convince nemmeno un istante.
Ma dopotutto è quello il suo ruolo, giusto? Lui è solo un tuo studente – il tuo pupillo, questo ormai lo sanno tutti, ma sempre e solo uno studente.
Per questo non gli dici nulla, di ciò che pensi. Non gli dici che non l’avresti mai accettato, se non fosse stato tanto importante per il tuo futuro… non gli dici che l’idea di rinunciare alle ultime settimane con lui non ti fa chiudere occhio fin da quando hai imbucato quella maledetta lettera.
«Probabilmente il migliore della mia carriera.» Rispondi invece con voce incolore. «Insomma,» aggiungi poi, sforzandoti di metterci un po’ più di entusiasmo «non capita mica tutti i giorni di essere scritturato come stuntman ufficiale del protagonista di una trilogia thriller!»
Natsu abbozza un sorriso poco convinto.
«Allora… congratulazioni.» Mormora.
«Grazie.» Sussurri in risposta.
Il silenzio che vi avvolge dopo quelle brevi battute è qualcosa di estraneo e soffocante, nulla a che vedere con quelli rilassati delle lunghe sere passate insieme, ciascuno immerso nei propri pensieri…
«Posso allenarmi con te?» Ti chiede all’improvviso, timoroso – forse per la prima volta da quando vi siete rivisti – di una tua risposta.
Perché tu sai che la cosa migliore per entrambi sarebbe dirgli di no, e iniziare così ad allentare quel rapporto sbagliato che finirebbe solo col farvi del male…
Ma del resto c’è un motivo se adesso fai lo stuntman e non il ragioniere, come invece voleva tuo nonno: non ti sono mai piaciute, le scelte più sagge.
«Cerca solo di non intralciarmi, ragazzino.»

Ancora non capisci come diamine sia potuto succedere: un momento prima stavate facendo degli esercizi di routine, e quello dopo Natsu era a terra, con la testa stretta tra le mani e una sequela infinita di imprecazioni tra i denti.
Cammini nervoso per il corridoio davanti all’infermeria – lanciando di tanto in tanto qualche occhiata irritata alla luce intermittente del neon – mentre Gildarts ti guarda con un sorriso condiscendente.
Se non gli fossi tanto grato ti incazzeresti anche con lui.
***
«Cos’è successo?»
«Mi sono girato un momento e lui è scivolato dalla cavallina, sbattendo la testa in terra.» Mormori con lo sguardo basso, sentendoti dannatamente in colpa… ma poi Gildarts scoppia a ridere di gusto, stemperando all’istante tutta la tensione accumulata dopo quell’assurdo incidente.
«Tutto qui? Allora dovresti preoccuparti per il pavimento, piuttosto.» Commenta divertito, scompigliando i capelli ad un imbronciatissimo Natsu – e stringendoti rassicurante una spalla con l’altra mano.

***
La porta si apre senza far rumore e Polyushka – con in testa quello che sembra un intero sacchetto di bigodini – vi fa cenno di avvicinarvi.
«Non c’è sangue visibile e il paziente non presenta nessuno dei sintomi della commozione cerebrale.» Dice coi suoi soliti modi spicci, e tu rilasci il fiato che avevi inconsciamente trattenuto. «Assicuratevi che non si addormenti per almeno un paio d’ore e se inizia a manifestare nausea, capogiri o forti emicranie venitemi subito a chiamare, altrimenti non mi seccate più.»
E poi semplicemente se ne va, senza aggiungere altro né salutarvi in alcun modo.
“Una vecchietta davvero adorabile…”
«Sei più tranquillo, ora?»
La voce di Gildarts è profonda e vagamente canzonatoria, e tu lo guardi storto senza rispondergli.
Tanto non ce n’è bisogno.
L'uomo ridacchia e si affaccia nella stanza per dare la buonanotte a Natsu, poi «Tengo il telefono acceso, chiamami per qualunque cosa.» ti sussurra, prima di allontanarsi su per le scale.
Annuisci in silenzio – sperando dentro di te di non avere più bisogno del suo aiuto – ed entri in infermeria. Natsu è seduto sul letto a gambe incrociate e, a parte una fasciatura alla fronte, sembra in ottima forma.
«Sempre il solito casinista.» Lo rimbrotti a mo’ di saluto a cui lui risponde con una maturissima linguaccia… salvo poi tornare serio tutto insieme.
«Scusa, non volevo metterti nei guai…» mormora dispiaciuto «o farti preoccupare.»
Non ci provi nemmeno a negare quest’ultima affermazione – sai che sarebbe del tutto inutile – e invece gli sorridi e vai a sederti al suo fianco.
«Non ci pensare.» Lo rassicuri. «Tu stai bene, no? È solo questo che conta.»
Ti sorride anche lui, in quel modo dolce e spontaneo che ormai hai imparato a riconoscere come soltanto suo. E quando allunga la mano per stringere la tua non fai assolutamente nulla, per evitare quel contatto.
«Sai, io…» Inizia, per fermarsi subito dopo.
Allora, senza pensare, gli sollevi delicatamente il mento fino a incrociare di nuovo il suo sguardo.
«Tu…?» Lo esorti, accarezzandogli piano una guancia.
Lo vedi esitare solo un altro secondo, gli occhi incatenati ai tuoi.
«Sono felice, che tu sia tornato…» Mormora infine, e adesso è talmente vicino che quelle poche parole sono solo un soffio caldo sulle tue labbra.
E, giusto un momento prima di farle coincidere dolcemente con le sue, capisci che è troppo tardi, per tornare indietro. Perché ormai l’equilibrio si è infranto, il filo è spezzato, e l’abisso sta già allungando i suoi freddi arti per tirarvi a sé…
Eppure, mentre precipitate insieme in quel baratro di cui non riesci a vedere il fondo, la tua mente è invasa solo e soltanto da lui.
Lui e la sua pelle bollente.
Lui e il suo sapore intossicante.
Lui e il suo cuore che batte forte contro il tuo, sempre più veloce ad ogni minuto che passate uniti in quel bacio mozzafiato.
Vi separate dopo un tempo che sembra infinito, obbligati dalla mancanza d’aria, e mentre l’ossigeno torna lentamente in circolo cominci anche a renderti davvero conto di quello che è successo.
«Merda.» Imprechi a mezza voce, allontanandoti da lui.
Lui che ti guarda preoccupato e ti accarezza gentilmente, cercando di nuovo i tuoi occhi.
«Perché mi devi rendere tutto così maledettamente difficile?» Sussurri quasi tra te e te… ma ovviamente lui ti sente benissimo.
«Qual è il problema?» Ti domanda.
E la genuina incredulità che avverti nel suo tono ti irrita come poche cose al mondo, senza neanche un vero perché.
«Non lo so, forse che sono un tuo professore?» Ribatti quindi, trasudando sarcasmo ad ogni sillaba.
«Uh, è vero, per ben altri dieci giorni.» Replica lui con lo stesso tono, evidentemente pronto per una discussione che tu non hai proprio le forze per affrontare, – non adesso, almeno – così prendi un profondo respiro e cerchi di calmarti.
«Io… non posso e basta, va bene?» Sussurri alla fine, pur sapendo che probabilmente non servirà a farlo desistere.
«No che non va bene!» Esclama infatti subito dopo. «D’accordo, dobbiamo fare i bravi fino a giugno, su questo hai ragione… e poi tu devi anche andare via per quel lavoro.» Aggiunge, ripensandoci. «Ma chissenefrega! Basta che quando hai finito ritorni qui da me.»
Gli accarezzi leggero una guancia, tuo malgrado commosso dal suo discorso accorato.
«Non è così facile, ragazzino…» Mormori poi, passandogli lentamente le dita tra i capelli.
Perché non è solo il fatto che lui è ancora un tuo alunno, e nemmeno che siete entrambi maschi… no, il problema principale è che il tuo ritorno a Fairy Tail doveva essere solo una breve parentesi nella vita frenetica che ti sei scelto, e non qualcosa che l’avrebbe condizionata per sempre…
«E tu non scegliere quello che è facile. Scegli quello che vale la pena.» Ribatte con una semplicità disarmante, strappandoti un sorriso.
«Il vecchio dispensa ancora le sue perle di saggezza, a quanto pare.» Lo prendi un po’ in giro.
Ti sorride anche lui.
«Io credo che abbia ragione… tu no?»
Sospiri, stanco come se avessi l’intero peso del mondo sulle spalle.
«Cosa vuoi che ti dica, Natsu?»
Ti prende di nuovo la mano e la stringe forte.
«Promettimi solo che ci proveremo. Solo questo, non ti chiedo altro. Se poi non funzionerà, almeno non avremo rimpianti.»
Sbuffi internamente: sei proprio arrivato alla frutta se inizi a farti dare consigli di vita da un ragazzino…
Scegli quello che vale la pena.
Vale davvero la pena affrontare tutti i casini che si verranno a creare solo per stare con lui? Solo per buttarsi in una storia che probabilmente è destinata a finire?
Lo sguardo ti cade sulle vostre dita ancora intrecciate, e allora alzi la testa fino a specchiarti di nuovo nei suoi occhi.
Ma soprattutto: sul serio hai creduto di avere altra scelta?
Sorridi e ricambi la stretta.
«E sia, moccioso. Te lo prometto.»

«Laxus! Che ci fai ancora lì fermo?»
Ti riscuoti dal torpore dei tuoi ricordi e ritorni alla realtà, giusto in tempo per vedere Natsu chiudersi il portone di Fairy Tail alle spalle e venirti incontro a passo svelto.
Con la fede che scintilla al dito, vostra figlia stretta tra le braccia e in volto lo stesso sorriso luminoso di cui ti sei innamorato otto anni fa.
Sorridi di rimando e abbracci forte la tua famiglia.
«Nulla… stavo solo pensando a noi.»





Ed ecco l'elenco dei prompt che ho utilizzato:

Coppie:
- Professore + alunno
- Adulto + ragazzo

Ambientazioni e luoghi:
- Tempi contemporanei
- Norvegia
- In macchina
- Vicino alla finestra
- Giardino
- Davanti al camino
- Biblioteca o libreria
- Corridoio con neon intermittente

Generi e sottogeneri:
- Introspettivo
- Romantico
- Fluff
- Slice of life

Avvertimenti/Note/Ratings:
- Slash

Oggetti (o simili):
- La serie di Fibonacci
- Uno xilofono
- Frigorifero che contiene solo due limoni
- Biglietto omaggio
- Cancelleria
- Porta
- Occhiali
- Pomucchina (incrocio fra un pomodoro e una zucchina)
- Un frullatore
- Libri
- Collezione di navi in bottiglia
- Pugnale
- Computer
- Camicia
- Asciugamano
- Acqua
- Un sacchetto di bigodini
- Sangue

Azioni:
- Litigare
- Lanciare un oggetto
- Ridere
- Correre
- Leggere
- Piangere
- Cucinare
- Partecipare ad un'esercitazione antincendio
- Dormire
- Mordere
- Baciarsi

Citazioni:
- “Si possono dire tante cose, ma ci sono silenzi in grado di farti capire cose che nessuna voce può spiegare.”
- “La sintonia fra due persone si misura in quante spiegazioni non hai bisogno di dare.”
- “Non scegliere quello che è facile. Scegli quello che vale la pena.”
   
 
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