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Autore: Roberto9    30/01/2015    0 recensioni
Una nuova stravolgente avventura di Percy Jackson; il quale lui e i sette della Grande Profezia dovranno collaborare con Due personaggi del cast di Supernatural più altri tre nuovi personaggi un ragazzo che ha un segreto che potrebbe mettere a rischio la Nuova Squadra, la sua migliore amica ha un passato che ha sconvolto la sua vita per sempre ma nonostante ciò va avanti.
La loro avventura sarà per loro molto difficile perché dovranno impedire il risveglio di un antico e potente potere...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Quasi tutti
Note: Lemon, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Eccola. L'ho trovata era proprio identica alla descrizione, capelli biondi, gilet di jeans e un pantaloncino molto corto, le gambe erano coperte da calze marroncine.
Stava lì ferma ad aspettare che scattasse il semaforo verde dei pedoni, dovrò stare attento a come parlarle, con cautela e molta sicurezza. Potrebbe essere fatale, certo i figli di Atena sono supersecchioni e calmi ma lei non era da sottovalutare, soprattutto dopo la seconda guerra dei giganti.
«Dovresti chiamare Castiel.» La voce della mia fidanzata mi riportò al presente. «Allora? L'hai trovata?»
«Sì, è laggiù.» la indicai.
«Vengo con te.»
«No, è troppo... pericoloso, Atena mi ha avvisato che se sbagliassi a "usare" le parole potrebbe...» "Uccidermi?" Pensai. «Meglio che tu vada a casa poi ti aggiornerò.» conclusi. All'inizio sembró esitare poi mi baciò.
«Non farti ammazzare.» Disse.
«Ci proverò, tu augurami buona fortuna.» Sorrise, era uno schianto soprattutto quando sorrideva. «Buona fortuna.» Si voltò e se ne andò.
Il centro storico di Napoli é molto affollato oggi. "Ma dove vanno tutte queste persone a quest'ora?".
Erano le tre del pomeriggio del 8 giugno, giornata molto assolata. Scattò il verde, a quel punto corsi verso la ragazza, in mezzo la folla, stavo rischiando di perderla se non si fosse fermata ad osservare le vetrine di un negozio di arredamento. Ho sudato e non ho corso per chissà quanti metri, il mio cuore batteva così veloce come se volesse darsela a gambe, anche se era quello che volevo fare.
Non potevo darmela a gambe. Le vado vicino e la chiamo. «Annabeth? Annabeth Chase?» Si voltò di scatto e mi fissò con i suoi occhi grigio intenso.
«Sì?» Chiese la ragazza in tono minaccioso.
«Devo dirti una cosa.»
«Ci conosciamo?»
«No, cioè tu non mi conosci, ma io so tutto sulle tue imprese, o "vita semidivina".» Mi accorsi che avevo sbagliato approccio, troppo tardi. Non ebbi neanche il tempo di reagire che mi trascinò nella traversa vicino, che a quanto pare sembra vuota, estrasse un pugnale dalla sua fodera in cuoio argentato legata alla vita e me lo punto al collo. «Chi sei?» Dovevo aspettarmelo, chiunque farebbe così se uno sconosciuto ti si avvicinasse e ti direbbe "Ehi io so chi sei, so tutto sulle tue imprese". «Allora?» Ringhió. «Come sai chi sono? Che cosa vuoi da me?» Stavo sudando e non sentivo caldo. «Potresti togliermi questa lama dal collo?».
«Prima rispondi.» Come mi sarebbe tornata utile la lingua ammaliatrice.
«Allora, facciamo così, io non ti uccido, entriamo in un bar e ne parliamo, però a una condizione...» «Cioè?»
«Che tu risponda alle mie domande e che non mi uccida. Lo giuro sullo Stige.» Mormorò qualcosa sottovoce e il patto fu sigillato.
Entrammo nel bar più vicino, quello di "Totò" quando entrai il barista esclamò: «Ueee ma guarda chi si rivede, o'giovan nput e d Vicienz, ma comm si cresciut.»
«Buongiorno don Salvatore.»
Don Salvatore era il migliore amico di mio nonno, Vincenzo, era un uomo calvo ma simpatico; da piccolo mi raccontava sempre storie sugli dei e gli eroi greco-romani. Aveva ereditato questo bar da suo zio, e lo aveva ristrutturato, era di stile antico-moderno, il bancone e le mensole del barista erano in legno vecchio; il pavimento era di marmo nero e bianco, il bar era spazioso in lunghezza infatti si notavano tre colonne di marmo: La prima era una colonna di colore verde con una Δ e sopra quella lettera greca vi era scolpita una ragazza che camminava sul prato e aveva in mano un cesto di spighe di grano. La seconda colonna era di marmo bianca la lettera Ρ incisa e sopra di essa vi era scolpita una scenetta di una ragazza e un ragazzo che si stavano sposando e una signora che scendeva dal cielo con una corona in testa. La terza e ultima colonna era in marmo bordeaux con la lettera E incisa a differenza delle altre due colonne sulla lettera vi era una bambina vicino a un focolare. Erano tre colonne bellissime, simboleggiavano le Tre Sorelle figlie di Crono. Il simbolo Δ e la ragazza nel prato era Demetra, dea dell' agricoltura e delle stagioni. Il simbolo P e la signora che benediceva i due giovani era la dea Era, divinità del matrimonio e della famiglia. Il simbolo E e la bambina vicino al camino indicavano Estia, dea del focolare e della casa. Don Salvatore una volta mi raccontò di averle viste tutte e tre insieme.
«Uagliú vatt'asstta tu e a uaglion.» Mi guardò come se avesse visto la coppia più bella del mondo. «È un'amica niente di più.» Conclusi. La feci sedere e le domandai: «Gradisci un cappuccino?»
«No voglio sapere cosa vuoi da me.» Rispose secca.
«Un cappuccino per due.» Ordinai. «Bene da dove dove cominciare.... ah da tua madre.» Annabeth sgranó gli occhi.
«M-Mia madre?» Mi chiese. C'era un tono di paura nella sua domanda.
«Sì, da Atena, bene io non sono un semidio, ma Atena mi ha scelto come suo "eroe".»
«"Eroe?" Ti ha scelto.»
«Sì ascolta abbiamo una missione, gli Olimpici si sono riuniti l'equinozio del 21 marzo, temono che stia per succedere qualcosa di tremendo, temono che qualcosa di "antico" stia per risorgere, e che probabilmente ci sarà una guerra...»
«Guerra? Olimpici? E... e tu che ne sai di queste cose?»
«Sono primo consigliere massimo degli dei e nonché loro ambasciatore.»
«Come? Sei consigliere?» Annabeth fece una risata isterica e poi mi guardò molto stordita come se fosse stata appena investita da un treno.
«Senti, non mi piace essere ripetitivo ma devi promettermi una cosa...»
«Che cosa?»
«Stasera alle 21:00 verrai a cenare a casa mia tu e gli altri 6 della Grande Profezia. Alle 20:30 verrò a prendervi con una macchina per arrivare a casa mia; non vi uccideró dopotutto... l'ho giurato sullo Stige; mi devi dare l'indirizzo dell hotel di dove alloggiate.» Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio, nel frattempo i cappuccini ci furono serviti. Pagai e dissi: «Si tenga il resto come mancia.»
«Hotel Naples, corso Umberto I.» Mi disse all'improvviso, per un attimo mi dimenticai della sua presenza.
«Verremo... ma c'è un problema... Leo Valdez, il figlio di Efesto non è con noi a momento si trova sull'isola di Ogigia per superare una prova.»
«Va bene allora a stasera.» Presi il cappuccino aprii la porta del bar, uscii, voltai l'angolo e mi fermai. Il mio cuore pulsava da matti, guardai l'orario ed erano le quattro meno un quarto, poi le parole della mia fidanzata rimbombarono nella mia mente: "Dovresti chiamare Castiel dopotutto è tuo amico". Già.. dall'incidente di 5 mesi fa Castiel non era più se stesso.
Composi il suo numero e lo chiamai.
   
 
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