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Autore: TvSeriesAddicted    30/01/2015    4 recensioni
Continua a pregare una statua l’orgoglioso Re, perché in fondo è tutto ciò che gli rimane del suo amore perduto. Non vi è nemmeno una tomba su cui piangerla. Niente che la ricordi, eccetto quella solitaria scultura ai limiti del bosco, e gli occhi del figlio.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I sottili ma robusti rami d’edera si arrampicavano sulla statua marmorea avvolgendola come per abbracciarla, e sembrava che anch’essi conoscessero la purezza e la bontà della persona rappresentata.

Thranduil sfiorò quasi con timore e ansia quelle labbra fredde e inespressive, così diverse dal ricordo morbido e vellutato che aveva di esse.

Gli occhi della scultura fissavano un punto indistinto del sentiero al fianco del quale sostava per l’eternità, e l’elfo, nonostante sapesse che non c’era vita nella figura dinanzi a lui, si sentiva offeso che non ricambiasse il suo sguardo.

Aveva chiamato i migliori artisti del Reame Boscoso per scolpirla, eppure nemmeno il più grande di essi, elfo, umano, hobbit o nano che fosse, sarebbe riuscito a rappresentarla degnamente nella suo splendore.

Intrecciò le dita affusolate a quelle gelide di lei, così impassibile nell’immobilità della sua morte, quando in vita, ad un gesto simile, le sue guance si sarebbero tinte di rosa come il tramonto e i suoi occhi avrebbero brillato come stelle del firmamento.

“Idril vinya…”

Si bagnarono i suoi occhi, perché era troppo il dolore che provava nel ricordare l’amore provato per ella.

“Voite ninna vinya niire ten elye, ilya hui…”

Notti vuote che nulla potesse colmare. Un’eternità di dolore che, paragonata a quei miseri 400 anni passati con lei, sembrava un abisso infernale, un oceano di dolore nel quale sarebbe affogato.

Quando lei era in vita, gli avrebbe accarezzato il volto, intrecciato i suoi capelli e calmato i suoi demoni con baci liberatori. Lui era dolore, lei era
sollievo.

“Uu mane atto ten Legolas… “

Dopo la sua scomparsa, Re Thranduil, che era appena riuscito ad aprirsi alla tenerezza e all’amore che l’erede, che il figlio, possedeva, non era più
riuscito a guardarlo senza sentire una lama trafiggergli il petto. I suoi occhi erano quelli della madre perduta, e così, giorno dopo giorno, ergeva un muro tra di loro, per non dover mai più mostrarsi debole ai suoi occhi, se non freddo e distaccato e negandogli la felicità di vedere il padre orgoglioso di lui, benchè lo fosse.

“Kuune rog ve mahtar, naa en anna melesse…”

Il sovrano strinse con tutta la sua forza le vesti di roccia della statua in un abbraccio disperato, mentre piangeva tutte le sue lacrime e sanguinava orgoglio.

“An vinya yes qualme? Entulesse, kyerme…”

E’ ancora davanti ai suoi occhi il rosso scarlatto che sgorgava dalla ferita aperta nel ventre, un tempo caldo e morbido, di lei.

Ricorda il ghigno dell’orco, che beffardo sapeva di avergli tolto il suo bene più prezioso, che sapeva di aver vinto.

La regina fece appena in tempo a voltare il capo nella sua direzione prima che la morte si impossessasse di lei.

Thranduil fu tentato di correre da lei, di cercare di salvarla, ma sapeva che ormai non era rimasto più nulla da fare, sapeva che se non se fosse andato immediatamente, Legolas non avrebbe avuto nemmeno più un padre.

La guardò per un’ultima volta negli occhi, si specchiò in essi e vi lesse tristezza, perché non si sarebbe più seduta al fianco del suo amato; vi lesse rimpianto, perché non avrebbe mai visto suo figlio crescere, e forse perché Legolas non si sarebbe nemmeno più ricordato di lei; e infine vi lesse gratitudine, perché per 400 anni aveva regalato moltissimo amore a persone che la avevano ricambiata.

“Kyerme…”

Continua a pregare una statua l’orgoglioso Re, perché in fondo è tutto ciò che gli rimane del suo amore perduto. Non vi è nemmeno una tomba su cui piangerla. Niente che la ricordi, eccetto quella solitaria scultura ai limiti del bosco, e gli occhi del figlio.

Pianse il popolo quando seppe della dipartita della loro amata sovrana, e chiamarono Thranduil “malvagio”, perché in pubblico non mostrava nemmeno un accenno di dolore. Ai loro occhi sembrava che non gli importasse la perdita della sua sposa.

Il Re, si staccò da quella figura austera e fredda e la fissò intensamente per alcuni lunghi secondi, nutrendo la remota speranza di riportarla in vita.

Naturalmente il marmo restò marmo, perché nemmeno in un paese magico come la Terra di Mezzo esisteva un incantesimo tanto potente da poter destare i morti dal loro sonno eterno.

Abbassò lo sguardo, e allo stesso tempo le sue labbra si incresparono in un sorriso triste, capendo quanto fossero ridicole le sue fantasiose
aspettative.

“Namaarie Isil, namaarie Anar, namaarie vesse…”

Lei fu tutto per il sovrano.

E’ stata una breve e fugace scintilla in un oceano di oscurità.¹

Lei era la luna, il sole, il firmamento, il terreno, le radici e l’acqua di quella terra fantastica, e per sempre la avrebbe abitata in ogni più piccola essenza, così come avrebbe governato sui sogni del suo perduto amore.
 
 
Note:

Traduzioni:

“Amore mio…”

“Ho pianto molte notti per te…”

“Legolas cresce bene…”

“Forte come un guerriero, ma col dono del tuo amore…”

“Perché sei dovuta morire? Ritorna, ti prego…”

“Addio luna, addio sole, addio sposa…”

Citazioni:
  1. Dalla serie tv “C’era una volta”, stagione 1, episodio “Una terra senza magia”, personaggio Tremotino.
  
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