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Autore: Gigiogiogio    30/01/2015    0 recensioni
"Non sono spacciata. No. Ritornerò a casa. Perché non c'è forza più potente di quella della speranza e della disperazione."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Altri tributi, Caesar Flickerman
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 1
 
Mi alzo di scatto respirando affannosamente. Oggi è il giorno della mietitura. Oggi con moltissime probabilità verrà estratto il mio nome.
Ho 46 tessere. È un numero, secondo me, altissimo. Mia mamma quando entro nella vecchia cucina, è in silenzio. Con lo sguardo basso e vuoto. So che sta pensando. Ha paura di perdermi come ha perso suo figlio, cioè mio fratello, cinque anni fa. 
Ho paura anch'io, ma le regalo un grosso sorriso. Non ricambia. Mi mette sul tavolo il latte e il formaggio, per poi andarsene nell'altra stanza. 
Il suo silenzio non migliora le cose. 
Mi siedo e mangio cercando di non pensare che tra meno di  otto ore devo essere in quella piazza affollata. 
Cerco di pensare al fatto che siamo in migliaia. Molto probabilmente la scamperò anche questo anno. Una volta finita la mia colazione, esco fuori. Il distretto 7 fa troppo freddo. V I pacificatori ci tengono  d'occhio e quando passo davanti a loro cerco di evitare di sputargli addosso. 
Cammino verso il mercato e compro un laccio rosso. Mi serve per la mietitura, e chissà! Se non vengo estratta posso poi rivenderlo, con un prezzo decisamente più basso, che mi permetterà almeno di comprarmi del pane per qualche giorno. Al massimo uno o due. 
Ritorno a casa, e cerco di infilarmelo trai capelli, ma il risultato è orribile e quindi busso debolmente la porta di mia madre, per poi entrare con lo sguardo basso.
-. Mamma, ecco... Ho bisogno del tuo aiuto-.
Mormoro appena. Lei si avvicina lentamente a me, prima di pettinarmi i lunghi capelli castani. Me li lascia sciolti, prima di legarmi solamente qualche ciocca con il nastro.
La ringrazio e vado a vestirmi. Metto il vestito giallo dell'anno scorso, e fortunatamente mi sta ancora.
Non so più che fare. So che se esco fuori, non potrei sopportare tutte le finestre e porte chiuse. Oggi probabilmente, non uscirà nessuno. 
E questo mi fa sentire male. Troppo male.
Decido quindi di tirare fuori il libro che mi ha regalato, tempo fa, mio fratello.
Lo apro con cura, e accarezzo delicatamente i fogli. Leggo qualche pagina, a caso, prima di chiuderlo quando capisco che sono quasi le due. Lo capisco dal modo in cui i pacificatori bussano con insistenza. Mia mamma scoppia a piangere, prima di abbracciarmi e dirmi di andare. 
Esco di casa a testa bassa, camminando verso la piazza, prima di mettermi accanto alle ragazze della mia età. Diciassette.
Non mi guardo neanche intorno, e non voglio salutare nessuno. Resto a guardare le mie scarpe rovinate, stringendo con tutta la forza che ho la collana di mia madre che mi ha dato prima di uscire. 
Sento la voce del sindaco, che racconta dei giorni bui, della rivolta e di come Capitol City ci ha offerto gli Hunger Games, con il trattato di tradimento. Solo in quel momento alzo gli occhi. Quando sento la voce squillante di Losuan Gullert. 
-. Buoni Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!-.
Vorrei mandarla al diavolo, ma invece resto in silenzio. I pacificatori mi ucciderebbero. Si alza il mentore che ci sorride tutti, ma capisco che è un sorriso finto, costretto. Si dice che da quando è ritornato dall'arena, è rimasto troppo sconvolto. Credo che la gente abbia paura per quello. Paura di perdere se stessi.
Ci fa un discorso di incoraggiamento, di come potremmo farcela tutti, di come ce l'abbia fatta lui. Il suo sguardo e il mio si incontrano, ma non dura molto. E il discorso è troppo finto, lo capisco. Capisco che questa situazione può essere davvero esilarante. Ci sta davvero facendo un discorso sul fatto che potremmo uccidere delle persone? Io non potrei mai. 
Losuan, lo ringrazia per il discorso, prima di andare al centro del podio e sorridere.
-. Cominciamo con le estrazioni! Prima le donne!-.
Si avvicina alla grande boccia delle ragazze. Tutti trattengono il fiato, e lei infila la mano. La muove circolarmente per un po' prima di afferrare una strisciolina. 
Ritorna al suo posto inziale, la liscia per bene, prima di leggere a mente, il nome. Ci osserva tutte, per poi con un enorme sorriso, urlare il nome Diana Fareva.
Dannazione. Le ragazze accanto a me si allontano, mentre io mi trovo in questo cerchio troppo grande per nascondermi. Sento le urla di mia madre, e devo stringere gli occhi per non piangere anch'io.
Losuan mi sorride amichevolmente, mentre con un gesto della mano mi dice di avvicinarmi. Cammino lentamente verso il podio, prima di salire. Sono davanti a centinaia di ragazza e sono uscita io. Sento le mie guance bagnate, ma non ci faccio troppo caso. Tanto tra una settimana morirò, no?
La telecamera continua a inquadrarmi e devo dire che mi sento molto a disagio, e devo combattere l'istinto di spingere via il cameraman. 
Losuan mi abbraccia mentre io resto rigida. Non stacco i miei occhi da quelli di mia madre, mentre lei chiede se ci sono volontari. Non ci sono. Certo che no.
Tocca i maschi. Si avvicina alla boccia e estrae velocemente il nome. Penso che il suo lavoro non le piaccia.
- Jason Oscar!-
Urla. Il ragazzo rimane un po spiazzato prima di avvicinarsi al podio. Ci stringiamo la mano, e  guardiamo per l'ultima volta Raen.
Jason mi rivolge uno sguardo pieno di tristezza e compassione, ed io non faccio altro che sorridergli. Non posso fare altro. 
Ci dirigono verso il palazzo della giustizia e mi conducono verso questa immensa stanza. Neanche la scuola è così grande. Entra correndo mia madre, che mi abbraccia facendomi quasi perdere l'equilibrio. 
Non voglio piangere di nuovo, ma purtroppo lo faccio e lei mi lascia milioni di baci sul viso. 
-. Oh, Diana...-
Singhiozza. Sa che non potrò farcela. Non sono in brava in nulla. Non so correre veloce . Ne procurarmi del cibo. Nulla di nulla. Non sopravviverò neanche un giorno. 
La abbraccio fortissimo, ma il tempo non mi basta. I pacificatori entrano, costringendola a staccarsi da me. La tengo contro il mio corpo prendendola la camicia, ma le guardie la strattonano troppo forte, facendola quasi cadere. Urlo. Urlo troppo forte, e mi scaglio contro un pacificatore. Mi spingono lontano, mentre urlo e piango. Mia mamma mi manda dei baci, ma non mi bastano. Ho bisogno delle sue labbra in contatto con la mia guancia.
Chiudono la porta, e mi rendo conto che probabilmente è l'ultima volta che la vedrò. Mi accascio per terra, e piango, quando sento la porta aprirsi. 
.- Diana, dobbiamo andare.- 
È il mentore, che mi sorride leggermente. Mi alzo asciugandomi le lacrime per le telecamere prima di cominciare a camminare verso la stazione. Jason è dietro di me e grazie ad un televisore alla stazione, vedo che sembra quasi impassibile. Vorrei mostrarmi come lui, ma non ci riesco, e quindi salgo sul treno in silenzio, sperando che questo sia tutto un incubo. 
   
 
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