Prima che io partissi per New York, lo ricordo in ginocchio davanti il Gate, fradicio dalla pioggia che aveva preso.

 - Salvami da me stesso - mi supplicò.

Lo ricordo spaventato, tremante, solo, non era più il Derek Hale ghignante e strafottente, aveva scoperto il peso dei sentimenti e quanto male facessero se sottovalutati.

 

 

Mi prese una mano, tremando come un bambino.

A stento tratteneva le urla di dolore, dolore psicologico, ma era stato lui a volere che lo lasciassi in pace per sempre, e quella era l'ultima volta che sarebbe stato obbligato a dirmelo, me ne sarei andato permettendogli di chiudersi in sé stesso, come tanto amava fare.

Non c'era spazio per tutti e due nei suoi pensieri, e lui, di me, non aveva tempo di curarsi.

Me lo rifacciava ogni volta, dopo l'amore.

 

 

-Io ti amo- mi diceva, sull'orlo delle lacrime.

Le persone al Gate ci scrutavano, fissavano me come se fossi io ad aver fatto del male a lui, come se fossi stato io a fargli a pezzi l'anima, il cuore, la carne.

Come se fossi stato io ad essermi preso tutte le sue prime volte, per poi dirgli che per me era solo routine.

Ed ora era stremato dal peso di tutti i suoi sbagli. 

 

-Io ti amo- mi diceva, sull'orlo delle lacrime, 5 anni fa, proprio come ora.

 

Scott mi aveva chiamato giorni prima dicendomi che Derek non dormiva e non mangiava più, scavato dentro dai dubbi.

Io non potevo farci nulla, ero stato cacciato via dalla sua vita come se fossi un estraneo.

Dopotutto non potevo offrirgli altro che me stesso, non avevo super sensi, né ero capace di ululare alla luna.

Io non ero abbastanza, e Derek non perdeva occasione per ricordarmelo.

 

 

Lo guardai, ed ero innamorato di lui, tutti i suoi difetti, tutti i suoi sbagli, lo guardai ed era spaventato come me, ma ora io conducevo i giochi.

-Salvami da me stesso- mi pregò ancora, con lo sguardo trafitto dai suoi pensieri, umiliato.

Un Alpha in ginocchio, a supplicare un ragazzino.