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Autore: _antigone    01/02/2015    2 recensioni
{Stydia}
AU dove Stiles si trova ad affrontare una delle sue peggiori paure: un vaccino.
E Lydia è la dottoressa che glielo deve fare.
Sempre che Stiles non svenga prima, ovvio.
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A strong connection, an emotional tether.'
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Belenofobia
 
 
 

Era un idiota.
Un emerito idiota.
Un emerito e dannatissimo idiota.
Stiles avrebbe potuto benissimo elencare tutti gli aggettivi qualificativi dispregiativi di un qualsiasi vocabolario e affibbiarseli, ma non sarebbe cambiato un bel niente: lui sarebbe continuato a rimanere seduto su quel dannatissimo letto in quello studio medico e la giornata non si sarebbe resettata, dandogli la possibilità di non finire in quella situazione.
Ma se fosse stato possibile… oh, se fosse stato possibile, Stiles non avrebbe esitato neanche un secondo a farla ripartire daccapo.
Quando Scott gli avrebbe chiesto supplicante un favore, lui avrebbe risposto con un freddo “dipende” e non con un “certo amico, dimmi pure!” che sprizzava disponibilità da tutti i pori.
Sarebbe stata una scelta saggissima, considerando ciò che Scott gli avrebbe chiesto di lì a poco: andare a farsi quel benedetto vaccino non in un ambulatorio comunque, ma quello dove lavorava la migliore amica di Allison (Scott fortunatamente conosceva anche i suoi orari, quindi avevano preso appuntamento in base a quello la faccenda si faceva sempre più inquietante).
E fin qui tutto okay, tranne per un piccolo, insignificante dettaglio: Scott ed Allison non stavano più insieme.
Non che non si amassero più, certo, era solo una pausa che avevano deciso di prendersi per motivi a Stiles ancora sconosciuti.
Non trovo che stalkerarla sia una buona idea, amico, aveva ribattuto Stilinski nel reale alla proposta del migliore amico.
Sì, e poi dopo che ne dici di andare a Disneyland Paris con la mia nuovissima e per niente difettosa jeep volante?, avrebbe ironizzato invece se avesse riflettuto più attentamente.
Tuttavia, accettare di aiutare un amico non era sempre sinonimo di idiozia.
Lo era, però, fissare imbambolato la propria dottoressa.
In effetti, il vero motivo per cui Stiles si sentiva un cerebroleso era che lì davanti a lui – esattamente lì davanti a lui – si trovasse una delle ragazze più belle che avesse mai visto e non facesse altro che fissarla.
Nella sua mente iperattiva le aveva già dato un ridicolo soprannome, non avendo ancora potuto leggere il suo nome vero sul cartellino appiccicato al camice: Rossa.
Rossa e non Blu o Viola o Gialla o Turchese perché il colore della sua chioma era proprio quello del fuoco, degli autobus londinesi, della spada laser dei Sith, dei… be’, era rosso. Chiaro, no? Ecco. Che poi quei capelli non erano neanche rossi, bensì biondo fragola, ma richiedeva troppo tempo ripetere mentalmente quel nome e perciò dovette chiamarla in quel modo.
Rossa aveva dei bellissimi e lunghi capelli color rame – difficile da immaginare, eh? – , pelle chiara, abbastanza rosea, un bel fisico e degli occhi di un colore chiaro, ma che non aveva ancora ben individuato per non passare per lo stalker che non era.
Be’, ripensandoci forse un po’ lo era, ma giusto un poch –
“Togliti la maglietta.”
Stiles non parlò finché non ebbe metabolizzato quelle parole, cosa che accadde diversi secondi dopo.
“Eh?”
Erano per caso finiti in una ridicola ed imbarazzante specie di Cinquanta sfumature di Grigio?
Rossa si voltò verso di lui: prima era intenta a gingillarsi con fogli dall’ambigua comprensibilità e strampalati termini medici borbottati tra sé e sé.
“La maglietta” ripeté allora con tono esageratamente calmo scoccandogli un’occhiataccia. “Toglitela.”
“Oh, ovvio” esclamò allora Stiles, capendo, finalmente. “Sono qui per il vaccino. Che va fatto sul braccio. Dove ora però c’è la manica. Ovvio. Giusto.”
Nel togliersi la maglietta e rimanendo in canottiera, Stiles si diede diverse volte dell’idiota, mordendosi l’interno dell’indumento e maledicendo il suo migliore amico che, fuori ad aspettarlo, probabilmente non faceva altro che voltarsi continuamente alla ricerca della chioma nera della sua ex-fidanzata, che forse – forse – era andata a trovare la sua migliore amica. Non era neanche certo che sarebbe venuta, poi, quindi dirigersi lì era stato come andare a giocare a mosca cieca in autostrada.
Poi, Rossa si avvicinò a lui con l’ago in mano; Stiles sbiancò.
“Tutto bene?” gli domandò vedendolo impallidire.
“Oh, ehm, certo” replicò Stiles fin troppo in fretta. “Sto bene. Benissimo, anzi. Proprio benissimo. Solo una, ehm, solo una domanda, prima che quel… coso venga infilzato nella mia pelle” bofonchiò reggendosi forte ai ferri del lettino dove era seduto.
“Dimmi pure” disse Rossa inarcando un sopracciglio.
“Siamo sicuri che quell’ago sia sempre stato così grosso?” domandò preoccupato. “No perché io non ricordo che –”
“Ascoltami” sospirò la dottoressa a quel punto. “Ti chiami Genim, no? Stilinski.”
Stiles annuì deglutendo, nonostante, in quel momento, desiderasse essere chiunque altro e odiasse quell’assurdo nome che gli avevano dato alla nascita.
“Allora ascoltami, Genim. Hai un orologio?”
“Cosa c’entra?”
“Hai. Un. Orologio?” ripeté Rossa fin troppo calma.
“Sì, certo” disse allora lui.
“Bene. E che ore sono?”
“Le tre.” rispose immediatamente Stiles. Per fortuna che aveva deciso di non indossare quello con le lancette, o sarebbero rimasti lì fino al suo ottantesimo compleanno.
“Okay. Sai da che ora sto lavorando?” continuò Rossa con un tono che lo spaventava sempre più, fissandolo intensamente negli occhi.
Stiles riuscì finalmente a capire di che colore fossero: un verde chiaro, particolare, ricco di venature.
“Ehm, veramente no” ammise grattandosi la nuca e distogliendo lo sguardo.
Lei sorrise, anzi, sarebbe più corretto dire che stirò le labbra all’insù in pieno stile Joker.
“Perfetto, allora ti illumino io: dalle nove, Genim. Dalle nove. Quindi sto lavorando  da sei ore. E be avrò ancora fino alle quattro. Con dei bambini. Tanti bambini.”
Stiles deglutì.
“E loro, te lo assicuro, fanno molte meno storie. Perciò, fa’ il diciottenne e non spaventarti come un ragazzino di terza elementare, Genim.”
“Stiles” si affrettò a rettificare lui, stanco di sentire quel dannatissimo nome.
“Cosa?”
“Chiamami Stiles, non Genim. Non sopporto il mio nome, e infatti per tutti gli Stati Uniti sono Stiles Stilinski, giuro, non so perché qui sia Genim, io davvero non –”
“Non siamo amici, Genim. Sei un mio paziente e quindi ti chiamo per col nome che trovo scritto qui sopra.”
“E non possiamo diventarlo? Amici, dico.”
Se fino a quel momento non lo aveva fatto, Stiles pensò che in quell’instante Rossa avesse appena iniziato a considerarlo pazzo.
E idiota.
Rossa non disse nulla, però; rimase a fissarlo con un’espressione impassibile. Probabilmente stava valutando se chiamare o no il 911.
“Ammesso che accetti, perché mai dovremmo essere amici?”
Oh, cavolo.
Stava accadendo. Stava accadendo davvero? Quella ragazza – quella bellissima e perfetta ragazza – gli stava seriamente parlando?
Probabilmente poi lo avrebbe fatto rinchiudere nell’Eichen House – quel posto dava i brividi a tutta la contea – ma, diamine, gli stava parlando!
“Oh, ehm… io sono amico di Allison.”
Ecco.
Altra idiozia fatta.
“Allison?” ripeté infatti confusa Rossa. Be’, di certo non poteva immaginare che il suo strano e logorroico paziente Genim-Stiles Stilinski conoscesse la sua migliore amica, che si chiamava proprio…
“Allison Argent, no?” spiegò Stiles. “Sono suo amico. O ero. Non so.”
“Non mi ha mai parlato di te” ribatté Rossa.
“Sono il migliore amico di Scott, il suo ex. Ma sono comunque rimasti in buoni rapporti, eh, mi pare di aver capito. Quindi niente a che vedere con vendette, violenza e uxoricidi – anche se con quello si intendono le mogli e non le fidanzate –, naturalmente – a proposito, lo sapevi che la parola uxoricidio viene da uxor? È un parola latina, seconda declinazione mi sembra – esatto, studio Latino, dicono che sia una lingua che apre la mente, ma io non ne sono tanto sicuro – e comunq – ”
“McCall? Sei il migliore amico di Scott McCall?” lo interruppe lei.
“Già”
“Be’, Scott ed Allison potranno anche essere in buoni rapporti e tu potrai anche essere il suo migliore amico, ma tu per me resti solamente Genim Stilinski, il paziente che mi sta facendo perdere un’ora per un semplicissimo vaccino, che peraltro ti sto per fare in questo preciso istante. Ah, e uxor è un sostantivo della terza, non della seconda. Ti consiglio di ripassare meglio.”
“Ehm, okay. Sai che differenza, comunque. E la cosa dello studiare… non sei la prima che me lo dice, ci credi?”
“Chissà perché me lo aspettavo” mormorò sarcastica lei.
Quando la vide avvicinarsi con l’ago in mano, Stiles non oppose resistenza e strinse fortissimo il lenzuolo del letto su cui era ancora seduto, tentando di non mostrare quanto fosse spaventato.
Dannatissima belenofobia.
Una cosa buona, però, era accaduta: Rossa gli si era avvicinata talmente tanto che era riuscito a leggerle il cognome sul cartellino (ma perché il nome lo scrivevano così piccolo?).
Martin.
 Oh, che cognome stupendo. Non era un cognome perfetto per quel mestiere? O era quel mestiere ad essere perfetto per quel cognome? O quel cognome era semplicemente perfetto in qualunque contesto fosse inserito? Oh, era così. Doveva essere così, Stiles ne era certo.
Fatto sta che un istante dopo sentì Rossa allontanarsi da lui. Senza che sentisse dolore.
Allora si guardò intorno, confuso.
Rossa gli stava davanti con un pezzetto di ovatta che premeva sul suo braccio.
“Ma…” esordì.
“Abbiamo finito” disse la ragazza intuendo cosa stesse per dire. “E’ tutto finito.”
“Cioè, hai già fatto tutto?”
“Sì”
“Tutto tutto?”
La Martin non gli rispose, gli disse di premersi l’ovatta sul braccio e poi si mise a litigare con vari fogli.
“Sai, Genim, sei il paziente più rompiscatole che abbia mai avuto finora” disse con tono divertito. “E anche quello col nome più strano” aggiunse.
Stiles mise subito il broncio. “Scommetto che il tuo è anche peggio.”
“Peggio di Genim? Non credo proprio.” replicò quella.
“Lascia che sia io a giudicare, no?”
E il cuore di Stiles perse un battito.
Lo perse perché era un momento estremamente importante, quello: se gli avesse rivelato il suo nome, avrebbe voluto dire che stavano veramente flirtando e che non era una cosa a senso unico – come al solito, d’altronde (non ci voleva una laurea per capire chi fosse il verso in questione) –, che non lo riteneva un pazzo maniaco, mentre, se non gliel’avesse detto… be’, sarebbe dovuto scappare in Canada per il resto dei suoi giorni per la vergogna, probabilmente.
“Lydia” disse Rossa. “Pensi ancora che sia peggiore del tuo?”
Stiles sorrise lievemente. “No.”
Anzi, è un bellissimo nome.
“Grazie.”
“Eh?”
Lei lo guardò confusa. “Mi hai detto che ho un bellissimo nome. Quindi ti ho ringraziato.”
Ops.
“Oh, ehm, giusto. L’ho detto. Ad alta voce. Già.”
“Comunque abbiamo finito, resta un quarto d’ora per vedere se ci sono effetti e poi puoi andartene tranquillamente” si raccomandò la ragazza.
“Certo, certo. Allora, ehm, io vado.” disse, e si incamminò, rosso in viso.
Era da così tanto tempo che non gli capitava una cosa simile… era colpa del suo carattere: di viso, si disse, non era poi tanto male. Ma a Beacon Hills i suoi amici lo conoscevano perfettamente ed il suo carattere non andava a genio a molti di loro.
Era una cosa così normale per Stiles che a volte si dimenticava di essere un bel ragazzo.
“Stiles” lo chiamò poi la voce di Rossa, e lui si fermò di colpo, quasi senza accorgersi che l’aveva chiamato Stiles e non Genim.
“Sì?” le chiese tornando indietro.
Lei si stava sforzando di non ridere.
“La maglietta.”
“Eh?”
“Vuoi per caso uscire in canottiera improvvisandoti modello di Abercrombie? Potresti, se volessi, ma comunque là fuori ci sono solamente bambini e non credo che apprezzerebbero… a meno che tu non voglia beccarti una denuncia per molestie nei confronti di minori, ovvio.”
Stiles arrossì ancor di più, borbottando un “ehm, sì, cioè no, non voglio”, e andò a prendere ed infilare la maglietta.
Dopodiché, finalmente pronto, fece per uscire, ma si fermò un attimo prima e rifletté.
Quello era il momento in cui poteva decidere se essere un po’ meno idiota o esageratamente idiota.
 “Dottoressa Martin?” chiamò facendo un passo indietro.
Meglio la prima.
“Dimmi pure” fece lei con tono abbastanza sorpreso.
“Mi hai chiamato Stiles, prima. Vuol dire che ora siamo amici?” le domandò. Era piuttosto audace da parte sua, lo sapeva. Ma doveva osare, almeno quella volta.
“Vuol dire solo che ho deciso di non chiamarti Genim, visto che abbiamo due amici in comune e che è un nome orribile.”
“Mm” mugugnò lui poco convinto. “Okay. Grazie di tutto.”
Stava finalmente per andarsene davvero, ma la sua uscita fu rimandata nuovamente, ancora una volta da Lydia/Rossa/Dottoressa Martin.
“Ah, di’ a Scott che oggi Allison non verrà qui all’ambulatorio. Oggi dava un esame di Infettologia.”
“Davvero?” esclamò Stiles.
Scott non sarà felice di saperlo.
“Davvero.”
“Grazie, ehm, dell’informazione. Ciao.”
“Ciao”
Fu quando mise piede fuori dalla sala che sentì l’impulso di tornare dentro e stare ancora lì.
Gli piaceva, quella Lydia Martin. Se quel tonto di Scott fosse tornato con Allison sarebbero potuti uscire tutti e quattro insieme e lui e Lydia si sarebbero finalmente conosciuti e lui avr –
“Stiles! Finalmente, pensavo fossi svenuto” lo salutò con un sorriso Scott alzandosi da delle tante sedie della sala d’aspetto.
“Ah-ah, simpatico” bofonchiò Stiles raggiungendolo.
“Allora che facciamo, mentre tu resti qui un attimo io vado a… be’, hai capito, no?”
“Allison non c’è, Scott. Lydia mi ha detto di dirtelo.”
Qualcosa si spense, nei suoi occhi.
“Ah, quindi ci hai parlato.” constatò McCall dopo una breve pausa, la gola secca.
“Certo che ci ho parlato, Scott. Cosa pensavi che avessimo fatto tutto il tempo, una partita a Monopoli?” borbottò l’altro.
“No, certo che no, solo… be’, nulla” dileguò il discorso Scott. Sospirò. “Mi dispiace, amico.”
“Di cosa?”
“Del vaccino. Avresti potuto farlo un altro giorno, ma io ti ho costretto, nonostante sapessi della tua paura degli aghi.”
Già, era esattamente così.
Normalmente, Stiles gli avrebbe risposto male, lanciandogli anche varie frecciatine, ma quella volta non gli venne quell’impulso.
Anzi, sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. “Tranquillo, amico, davvero.”
Scott lo imitò.
Dopodiché, Lydia-Rossa-Dottoressa Martin uscì dalla sala e comparve nella sala d’aspetto per chiamare un certo Jim Collins.
Non appena sentì quella voce limpida e acuta che aveva già memorizzato, Stiles si voltò di scatto e la vide.
I loro occhi si incrociarono per un attimo e nessuno dei due distolse lo sguardo.
Il cuore di Stiles fece una capriola.
Poi, però, Jim Collins si fece avanti e Lydia dovette tornare dentro nella sala.
Scott, che aveva osservato la scena in silenzio, toccò il migliore amico ancora imbambolato sul braccio. “Ehi, Stiles, che ti prende?”
Ma quello lo ignorò beatamente; con un lieve sorriso ad increspargli le labbra, senza neanche guardarlo, gli domandò ansioso:
“Scott, secondo te fra quanto tempo potrò ritornare a fare un vaccino?” 



Note:

Allora, innanzitutto mi sento in dovere di farvi i miei più sinceri complimenti, se siete arrivati fino a qui.
In secondo luogo, mi scuso con tutti quelli che seguono la mia text!Stydia (che trovate qui), sto elaborando il prossimo capitolo e spero di riuscire a scriverlo e postarlo in tempi decenti.
Anyway, mi sono resa conto che a parte la long ho sempre scritto Stydia dove i nostri adorati pucci stanno già insieme, e dato che ho odiato terribilmente questa cosa ho voluto rimediare. Ed è uscito fuori ciò.
Lydia ed Allison qui sono più grandi di almeno qualche anno di Scott e Stiles, infatti i due vanno ancora all'ultimo anno di Liceo, mentre Lydia già lavora (sebbene sia una specializzanda) ed Allison è prossima alla Laurea.
Ora, non so se quello che ho scritto in questa shot sia verosimile ma okay, non linciatemi, ve ne prego.
Temo di aver reso i personaggi un po' OOC, comunque, c'è una spiegazione puramente logica anche a questo: Stiles e Lydia non si sono mai incontrati , sono due pezzi di fighi come al solito e dunque non si conoscono. Stiles ha per fortuna i capelli lunghi e Lydia ha superato la fase io sono superiore a tutti voi (che peraltro ricorda molto Alison DiLaurentis - esatto, la mia ossessione per PLL continua).
Ma okay, sto sproloquiando, quindi tento di fermarmi. Prima che me ne dimentichi, ci tengo a dire che la frase della mosca cieca in autostrada purtroppo non è mia, bensì di Alessandro Locatelli, un ragazzo di Ask che fa morire dalle risate con le sue risposte (esatto, c'è gente che prende citazioni da Leopardi, Gandhi e Mandela e poi ci sono io, che prendo quelle dei diciannovenni su un social newtork).
OMMIODDIO FERMATEMI STO STRAPARLANDO.
Me ne vado, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate, è la mia prima AU sul fandom e non so davvero cosa pensare owo
Alla prossima.


 
   
 
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