Anime & Manga > Soul Eater
Segui la storia  |      
Autore: SilverSoul    02/02/2015    6 recensioni
Dal testo:
"Per una tipa attenta e puntigliosa come lei, l’essere in ritardo era qualcosa di semplicemente inconcepibile.
E l’essere in ritardo per il terzo giorno consecutivo, rasentava l’eresia.
Soprattutto perché non c’era un certo albino a correrle affianco , con un bozzo rosso sulla fronte segno di un Maka-chop recente e la bocca impegnata in una litania di richieste di perdono che avrebbero fatto impallidire anche il più devoto dei credenti.
No, non era colpa di Soul: era tutta colpa di quella stupida e inutile invenzione."
***
Ehm-ehm, ciao a tutti! Sono ancora io (?)
Sono pienamente consapevole di dover ancora portare a termine "Paper World" (cosa a cui non mancherò per nulla al mondo) ma quando arriva un'idea be', devo metterla nero su bianco.
Sarà una storia di una decina di capitoli massimo, una storia leggera, non impegnativa, frizzante e divertente (almeno spero!).
Spero che apprezzerete l'idea!
Buona lettura :)
Genere: Commedia, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Death the Kid, Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
To Dami-kun,
my muse.
 



Maka correva veloce per le strade di Death City, i codini biondi che le rimbalzavano sulle spalle e sulla cartella di cuoio marrone che teneva sulle spalle.

Aveva fatto tardi, di nuovo.

Per una tipa attenta e puntigliosa come lei, l’essere in ritardo era qualcosa di semplicemente inconcepibile.
E l’essere in ritardo per il terzo giorno consecutivo, rasentava l’eresia.

Soprattutto perché non c’era un certo albino a correrle affianco , con un bozzo rosso sulla fronte segno di un Maka-chop recente e la bocca impegnata in una litania di richieste di perdono che avrebbero fatto impallidire anche il più devoto dei credenti.

No, non era colpa di Soul: era tutta colpa di quella stupida e inutile invenzione.

Il fiatone della ragazza si condensava nell’aria formando candide nuvolette, mentre scalava a tre a tre gli infiniti gradini che portavano alla Shibusen.

“Questi gradini servono a forgiare cuore, mente e corpo”.

Quante volte aveva ripetuto quelle parole, con aria da maestrina intransigente, a Soul e a Blackstar che puntuali come orologi svizzeri si lamentavano per la fatica.
“Lamentarsi è il loro sport preferito, altro che basket!”  pensò la Meister, tentando di roteare gli occhi scocciata senza finire a baciare il pavimento.

Eppure, avevano anche – a detta loro – i loro buoni motivi.

Soul protestava ogni santa mattina contro quella interminabile salita perché non era “per niente cool arrivare chiazzati in faccia e sudati” davanti alle ragazze ammiranti che lo aspettavano in cima, rovinando la sua immagine di “figo per eccellenza” faticosamente riconosciutagli dopo anni e anni di pose plastiche e mezzi sorrisini ammiccanti; Blackstar, invece, lo faceva perché “questa inutile scalinata non mi consente di salutare i miei fedelissimi sudditi come dovrei!”.
Come se ci fosse ancora qualche svitato in tutta la Shibusen che desse retta al farneticante spettacolo del buongiorno che il piccolo Meister dai capelli blu dava abitualmente, gridando a squarciagola da uno degli spuntoni di roccia della scuola.

Ma torniamo a noi.

Ora, a metà di quella scala infinita, la schiena indolenzita, Maka cominciò a rivalutare le parole di quegli stolti dei suoi amici, rimpiangendo amaramente quanto detto.
 La ragazza era talmente stremata che camminava con la colonna vertebrale praticamente parallela al terreno, le braccia a penzoloni e la testa bassa, tentando di incamerare quanta  più aria possibile con il minimo sforzo.

Le ginocchia le dolevano, gli anfibi di cui era orgogliosissima sembravano macigni ai suoi piedi e tutti quei libri in più che portava iniziavano a sembrarle delle ottime esche per accendere il grande falò che avrebbe inghiottito in fiamme, fumo e fuoco la scuola stessa.

“Calma Maka, respira” si disse la ragazza, tentando di asciugare le gocce di sudore che le colavano lungo il volto, mentre quasi intravedeva il piazzale davanti alla scuola, segno che ce l’aveva quasi fatta.

Strano, era vuoto. Non c’era –letteralmente- un’anima in giro.

“Non ti era mai successo prima di provare istinti omicidi verso i libri, e poi tu adori andare a lezione… Calma ragazza… D’altronde è normale, tutti i compiti, gli allenamenti extra, l’ultima missione riuscita per un pelo, e poi quello, il compito di metà quadrimestre di Stein sul programma di quattro anni… La pressione inizia a farsi sentire” continuò a riflettere Maka, incurante di tutto e di tutti.

La bionda si accasciò, finalmente, sull’ultimo scalino, mentre tirava un sospiro di sollievo e si cacciava la testa tra le gambe per evitare di svenire, prendendo grandi boccate di ossigeno.
“E poi tu, oltre tutto questo, cosa fai? Passi le notti in bianco. E sì che ti reputi tanto intelligente! Hai trascorso tutte le notti dell’ultima settimana a spulciare quello stupido sito, quella grandissima cavolata, senza neanche pensare allo studio, senza neanche riposare un singolo attimo, non è proprio da te.

Persa nei suoi pensieri, il battito del cuore che si calmava piano piano insieme al respiro, Maka si rilassò, lanciando uno sguardo in giro, indolente, cercando di prepararsi mentalmente per affrontare le lezioni.

Un brivido d’allarme la percorse da capo a piedi all’improvviso, mentre il suo cervello stanco e bisognoso di grandi dormite collegava gli indizi che erano dispersi in quel calderone in ebollizione che in quel momento era la sua testa.

NON aveva dormito, per colpa di quel sito.
NON aveva studiato, per colpa di quel sito.
AVEVA perso la cognizione del tempo, per colpa di quel sito.

Maka sgranò gli occhi, scattando in piedi e precipitandosi come una forsennata verso le aule del corso EAT.

NON c’era NESSUNO nel piazzale di solito gremito della scuola.
Neanche Blackstar in preda ad uno dei suoi deliri di onnipotenza.

Giunta al corridoio giusto, la bionda iniziò a frenare la sua folle corsa puntando i talloni, bloccandosi infine esattamente davanti alla maniglia dell’aula. Con l’ansia che cresceva, Maka spalancò la porta con tutta la forza che aveva in corpo: un bisturi saettò ad un centimetro dalla sua testa, andando a conficcarsi nel corridoio alle sue spalle prima ancora che Maka potesse fare un passo o dire una parola. Rimase impalata, la bocca schiusa in una espressione di stupore, la mano ancora sulla maniglia.

Il luccichio di una lente, una sedia a rotelle che sferragliava lungo l’aula, un ghigno folle.

<< Signorina Albarn, finalmente si è unita a noi! Moooolto… bene >> Il cric cric del bullone che Stein si era impiantato in testa fece nuovamente rabbrividire Maka, mentre questi se lo avvitava tranquillamente.
La ragazza diede uno sguardo all’aula, notando le teste chine sui banchi dei compagni e l’assordante silenzio che saturava l’ambiente, spezzato solo dal trascinarsi frenetico delle penne sui fogli.

Maka Albarn, la secchiona per eccellenza, aveva dimenticato il compito più importante dell’anno.

Sono. Fregata.                                     
Tutta colpa di quel sito, ancora.


 
Una settimana prima…

 
LUI era stanco, tremendamente stanco.
Stravaccato sulla poltrona di casa sua, le mani unite davanti al viso quasi in preghiera, gli occhi solo un riflesso nella penombra della sera, rifletteva sul da farsi.

Era al limite: stanco di sé, stanco di Maka, stanco della stupidità di Patty e Liz, stanco di tutto il loro berciare inutile e stanco di Tsubaky, sempre così calma.

Stanco di essere sempre così chiuso e intrattabile, stanco di non essere mai considerato, non in quel senso almeno, stanco di dover nascondere il suo lato più dolce con la persona con la quale avrebbe voluto (dovuto) aprirsi, stanco di reprimere i suoi sentimenti.

Stanco di lei, che in battaglia lo capiva sempre al volo, ma che del profondo del suo cuore non aveva proprio capito niente.
Stanco di quella biondina che andava in giro con solo pantaloncini e canottiera, indumenti strategicamente studiati per mettere in mostra le sue inesistenti quanti invitanti curve e per farlo impazzire: “guardare ma non toccare” era il tacito accordo che aveva fatto tra sé e sé, per non rovinare quello che aveva costruito fino ad allora.

Solo che ora, lui, voleva di più.

Il ragazzo si agitò sulla poltrona, smanioso di agire.
Basta, era stanco di tutte quelle menzogne.

Occorreva un consiglio, dall’unica persona che ancora non lo irritava, dall’unica di cui sapeva che poteva fidarsi, l’amico di sempre.

Una volta che decideva, era per sempre.
LUI era scattato, praticamente correndo fuori di casa, dimenticandosi di chiudere a chiave.
“Gli spiegherò tutto, saprà consigliarmi come fare.”

***

Dopo mille balbettii incoerenti, le parole ringhiate cavate di bocca e confessioni estorte tra mille difficoltà, LUI era riuscito a spiegare, più o meno, la situazione.
Efficiente come sempre, l’amico aveva fatto trascorrere esattamente otto secondi e, con un elegante svolazzo della mano, aveva illustrato la semplicissima soluzione adatta al suo caso, aggiustandosi di tanto in tanto il cravattino portato aderente alla pelle liscia del collo.

Sul volto di LUI andò disegnandosi un ghigno man mano che l’amico parlava.
Aveva visto giusto, affidandosi al suo consiglio.

LUI era scivolato fuori dalla grande casa scura, chiudendosi la porta alle spalle e iniziando a camminare per le strade di Death City.
Ora, doveva solo agire.

“Che i giochi abbiano inizio, Maka.”

Passò accanto ad un paio di bar aperti fino a tardi, udendo gli schiamazzi degli ubriachi e i richiami delle signore della notte al suo indirizzo, le labbra ancora piegate in un sorriso storto.
Ignorò tutto e tutti, proseguendo soddisfatto sulla sua via.

“Entro una settimana…”

Un vicolo buio sulla destra, un ultimo scintillio d’occhi, e il ragazzo si fuse con le tenebre, inghiottito dalla città.

Sarai mia.”

***


Un Soul rilassato riemerse dalla sua camera, sul volto ancora le tracce del recente sonnellino, raggiungendo Maka giusto in tempo per cenare, un gran sorriso sulle labbra.
Tre o quattro porzioni di curry più tardi, Soul aveva iniziato a sparecchiare mentre Maka, come era suo solito, si era alzata da tavola e diretta verso il divano, facendo magicamente comparire un libro nella sua mano.

Una sera come tante, con i soliti protagonisti.

Mezz’ora dopo, Soul apparve in salotto asciugandosi sui jeans le mani ancora umide per aver lavato le stoviglie, avvicinandosi con il suo passo ciondolante al computer, posto su una scrivania in un angolo della stanza.
Indifferente alla partner persa nella sua lettura, l’albino si sedette sullo sgabello di fronte all’apparecchio, pigiando il tasto per accenderlo e cercando di non sbuffare per la lentezza di quel triste aggeggio.
 
 Da qualche tempo a questa parte, Soul aveva trovato un nuovo modo per scaricare i nervi alla fine di una giornata intensa.

Il gossip.

Ma non del gossip qualunque, Shinigami ce ne scampi! L’albino storse il naso al solo pensiero: non aveva mai compreso cosa spingeva le persone a comprare quegli stupidi giornaletti che riportavano le notizie più inutili sulle star più famose.

No, il gossip che piaceva a lui riguardava le persone reali, concrete, di sua conoscenza, ed era fatto con molta ironia e una buona dose di cinismo.
Qualcosa di molto ghiotto, per un pessimista del suo calibro.

Tutto era iniziato con una soffiata di Kid: come ogni accademia che si rispetti, anche la Shibusen aveva la sua pagina di Spotted, ossia un sito sulla quale pubblicare foto, commenti e battute su persone facenti parte della stessa comunità.
Spotted: Shibusen! era stata creata qualche mese prima su iniziativa di Liz, che voleva rendere più eccitante la sua vita scolastica, ed aveva avuto un enorme successo: tra maestri ed armi non si parlava d’altro!
 
Intanto, il pc si era accesso, e Soul si era immediatamente collegato all’attesissima pagina.
Scorrendo la rotellina del mouse, lesse avidamente qualche post, solo quelli più succosi, facendosi anche un paio di risate. Andò avanti così per un po’, finché non si imbatté in qualcosa di eclatante.

Il suo cuore, in genere granitico, perse un battito, mentre pensava al modo migliore per richiamare l’attenzione della partner: se non l’avesse fatto nel modo giusto, si sarebbe trovato il cranio sfondato da un Maka-chop in men che non si dica, data la permalosità della biondina quando si trattava di staccarsi dalle sue amate pagine.

<< Ehi Maka, vieni un po’ a vedere! >> Buttò lì con tono gioviale, allegro, eppure non troppo spensierato.
“Non si torna più indietro” pensò l’albino, facendo roteare lo sgabello ed incontrando lo sguardo confuso della bionda, che lo fissava. Il suo cuore batteva nervoso, ora.
<< Cosa, Soul? >> Maka aveva il suo solito tono un po’ petulante, venato però da un accenno di accondiscendenza, tipico di quando si staccava malvolentieri da un libro.
Un tono che, tradotto in parole, sarebbe suonato più o meno con un “spero che sia di vitale importanza, Soul, sennò morirai tra atroci sofferenze”.

Il sorriso affilato di Soul rese la bionda curiosa, tanto che abbandonò il tomo sul divano, alzandosi e avvicinandosi al ragazzo, per poi sbirciare oltre la sua spalla.
<< Cos’è? >>
L’albino, soddisfatto per non essere ancora stato ridotto  ad un ammasso sanguinolento e agitato come se dovesse recitare su un palcoscenico, roteò nuovamente  lo sgabello con una poderosa spinta di gambe, tornando con il viso rivolto allo schermo, cercando di mantenere la calma.

Il profumo di Maka gli invase le narici quando inspirò profondamente, disorientandolo per un attimo.

Ancora un po’ frastornato, Soul puntò il lungo indice al centro dello schermo, lanciando una lunga occhiata alla sua Meister.
L’albino si schiarì la voce e scosse la testa, rinsavendo, per poi proseguire con la sua sceneggiata.
<< Uh-uh, sembra proprio che Maka Albarn abbia un ammiratore… >> Ora il suo tono era diventato un po’ tagliente, ma cosa poteva farci? Era sempre stato geloso di quello che era suo.

Maka arrossì fino alla radice dei capelli, rifiutandosi però di abbassare lo sguardo e di andarsene.
Ormai troppo curiosa, la piccola ragazza prese a leggere il post che Soul aveva indicato:

 
All’attenzione della RAGAZZA dai CODINI DORATI

A te, giovane donna indipendente, forte e bella, che hai deciso di condividere la tua vita con me.
A te, mio sole d’oriente, che illumini anche i più bui recessi della mia anima.
A te, per cui darei la mano, il braccio, la vita.
A te, con la risposta sempre pronta e sempre esatta.
A te, con il tuo broncio testardo e la tua mania per i libri.
A te, io lancio una sfida:
ogni giorno, per una settimana, lascerò su questa pagina un indizio che possa ricondurti a me, tuo cavaliere dall’armatura scintillante.
Ogni giorno, allo scadere del giorno, io ti rivelerò una parte di me,un piccolo dettaglio di vita che, confido, porterà te, o’ regina del mio cuore, a riconoscermi ed, infine, amarmi.
Ti svelerò solo una parte di me, splendida creatura dagli occhi di smeraldo, perché – ahimé e per fortuna- l’altra parte di me sei tu.
Fa sì che due anime spezzate in due diversi corpi tornino a fondersi in un’unica entità.
Trovami, o’mia bella, trovami,  e sarai completa.
Sarai finalmente la vera Maka Albarn.
 
Hinome.
 
 
 
 
 
 
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Soul Eater / Vai alla pagina dell'autore: SilverSoul