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Autore: Ai_1978    05/02/2015    8 recensioni
Cosa succederebbe se due Ozora e un Wakabayashi si trovassero "costretti" a passare una domenica insieme al mare?
E se con loro ci fossero anche Kojiro Hyuga e Ken Wakashimazu?
E se la colpa di tutto ciò fosse di Taro Misaki?
Questa è una storia d'amore e di amicizia... soprattutto di amicizia.
Perchè si sa: i piccoli gesti contano molto più delle parole.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mito delle Metà'
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NOTA DELL’AUTORE: Buongiorno a tutti! Ed ecco, come preannunciato, il ritorno di Minami Ozora (il mio OC) più in forma che mai!
Questa breve storia in due parti è da considerarsi uno spin-off di “The Eye of the Tiger”.
Ma uno spin-off un po’ particolare, sarebbe forse meglio partlare di un mezzo “reboot”: troverete infatti elementi un po’ diversi da quelli cui eravate abituati.
Innanzi tutto i nomi giapponesi. Vivien d’ora in poi verrà definitivamente identificata come Minami (detta Nami, o addiruttura Nacchan).
La ritroverete, come da prassi, fidanzata con Kojiro ma…
Due nuove fanciulle importantissime faranno capolino nella vicenda: Sakura Ozora, la sorella minore di Tsubasa (quindi cugina di Nami) e Yasu Wakabayashi, la gemella del “caro” Genzo.
Un grazie enorme a Sakura chan e Berlinene che mi hanno permesso di “usare” i loro bellissimi OC.
In questa storia ho tentato di fondere tre universi distinti, creati da tre teste diverse. Non è stato affatto semplice: ho dovuto cambiare parecchi elementi della storia originale e modificare la timeline di “The Eye of The Tiger” per adattarla alla storia di Sacchan e Yasu.
Spero di aver fatto un buon lavoro.
A voi lettori l’ardua sentenza.
Questo racconto è preludio di qualcosa di molto grosso che arriverà prossimamente, ma per ulteriori dettagli dovrete aspettare la fine della storia.
Prima di concludere ringrazio nuovamente tantissimo Sakura chan per il “betaggio” e preziosi consigli e Berlinene per avermi suggerito come muovere Yasu.
Ora vi lascio alla lettura, ma come di consueto la frase di rito:
 
I personaggi di Kojiro Hyuga, Ken Wakashimazu, Taro Misaki e Genzo Wakabayashi non sono una mia creazione ma appartengono al genio e alla maestria di Sensei Yoichi Takahashi.
Sakura Ozora appartiene alla sua creatrice: Sakura chan.
Yasu Wakabayashi è proprietà esclusiva di Berlinene.
Minami Ozora, invece, è mia in tutto e per tutto.
Tutto quello che ho scritto è stato fatto senza alcun scopo di lucro, ma per puro divertimento
 
 

 
MORE THAN WORDS
-PART I-
 
Kojiro aprì gli occhi e vide la luce che filtrava dalla tapparella abbassata. Guardò la sveglia sul comodino: le 7:30.
Si stropicciò le palpebre stancamente, pensando che fosse giunto il momento di alzarsi. Si guardò intorno stranito: ma dov’era? Quella non era la sua stanza al secondo piano del dormitorio maschile della Toho. Poi il suo cervello elaborò rapidamente una meravigliosa consapevolezza: era domenica mattina. E lui, nel fine settimana, si fermava sempre da lei.
Poteva dormire ancora un po'. Allungò il braccio verso la metà sinistra del letto, cercando quel corpo che normalmente giaceva accanto a lui, come ogni weekend.
La delusione lo attanagliò nel trovare il letto vuoto.
Si tirò a sedere di scatto: ma dov’era Nami?
Il rumore dell'acqua corrente della doccia giunse ovattato. Era in bagno.
A quell'ora?
Di domenica?
La sua ragazza doveva essere impazzita, concluse.
Nello stesso istante il campanello della porta suonò, facendolo sobbalzare.
Chi poteva essere? Chiunque fosse lo scocciatore poteva anche andare al diavolo: lui non aveva la minima intenzione di alzarsi. Si sdraiò di nuovo e infilò la testa sotto il cuscino.
Di nuovo un trillo alla porta.
Insistevano.
Sbuffando sonoramente si tirò faticosamente in piedi. Si osservò di sfuggita allo specchio per controllare di essere presentabile: era a torso nudo ma indossava i pantaloni del pigiama.
Cosa molto strana, considerando come era andata la notte appena trascorsa.
Non ricordava proprio di esserseli infilati.
Di nuovo il suono del campanello turbò la quiete. Nel frattempo sentì Minami che usciva dal box doccia urlando: « Apri tu?»
«Sì...» rispose controvoglia.
Trascinando i piedi si diresse verso l’ingresso, attraversando il salotto. Giunto all’uscio, tolse la catena di sicurezza e fece scattare la serratura.
Aprì.
Il bel volto sorridente di un suo coetaneo dai tratti gentili apparve. Dietro di lui, una graziosa ragazza dai lunghi capelli castano chiaro e dai dolcissimi occhi nocciola screziati di verde fece capolino.
«Buongiorno Kojiro!» esordì il nuovo arrivato.
«Misaki?» chiese incredulo il capitano della Toho. Poi, volgendo lo sguardo nuovamente alla ragazza, la riconobbe: «Ozora?».
«Hyuga.» replicò pudicamente lei.
«Ci fai entrare?» chiese Taro dubbioso.
«Certo... Prego.» concesse Kojiro ancora guardingo.
Poi un urlo gioioso alle sue spalle: «Taro! Sacchan!».
Il bomber della Toho si voltò appena in tempo per vedere la sua ragazza, avvolta soltanto da un ridottissimo asciugamano, che si buttava come una furia al collo dei due ospiti.
Sakura, travolta da tanto entusiasmo, ricambiò calorosamente l’abbraccio della cugina. Quindi la scostò delicatamente e la squadrò. Non era decisamente coperta in modo decente. Possibile che non provasse un minimo di vergogna? Un po’ di pudore nel mostrarsi mezza nuda di fronte a Taro?
Stava per rimproverarla quando fu anticipata da Hyuga:« Nami, cazzo... Un minimo di decenza! Copriti! Abbiamo ospiti.»
«Ho ospiti, Hyuga» sottolineò la ragazza dandogli un buffetto: «Ti ricordo che questa è casa mia, non tua. E giro come voglio. Poi non vedo dove sia il problema... Sono soltanto mia cugina e Taro!»
«Grazie per la considerazione!» ironizzò Misaki.
Nami rivolse un sorriso radioso all’amico storico che ricambiò spontaneamente, suggellando con un semplice gesto la complicità che caratterizzava il loro rapporto.
Kojiro storse il naso contrariato. Come sempre faticava ad accettare il legame che univa il centrocampista della Nankatsu e la sua ragazza.
Sakura, dal canto suo, si limitò ad osservare cugina e fidanzato con una punta di apprensione. Si fidava ciecamente di entrambi, ma non riusciva proprio a fare a meno di provare un po’di gelosia per quell’amicizia tanto speciale che durava da anni. Sapeva che era un sentimento totalmente pulito e platonico, ma lei si sentiva sempre un’intrusa tra i due.
La voce allegra di Nami la distolse dai suoi pensieri: «Tornando a noi… è bellissimo rivedervi, ma come mai siete qui?»
Sakura e Taro si scambiarono un’occhiata furtiva e lievemente imbarazzata. Fu Misaki a parlare: «Beh… pensavamo: è una bella giornata e siamo ormai a fine giugno. Cosa ne dite di fare una gita al mare tutti insieme?»
Hyuga sollevò un sopracciglio pensieroso e chiese in tono dubbioso: «Tutti insieme… chi?»
«Beh… noi.» rispose Sakura titubante.
«Noi… chi?» rincarò la dose il numero dieci della Toho.
«Oh, insomma Koji!» intervenne Minami «Quanto la fai lunga! Ci stanno semplicemente chiedendo di andare al mare, mica chissà che cosa!» Detto ciò la ragazza si avvicinò all’attaccante e buttandogli le braccia al collo con fare lascivo disse: «Dai, ci andiamo? Ti prego!»
Kojiro, vuoi per il tono, vuoi per il contatto con il corpo seminudo di Nami che lo stordiva sempre un po’, sbuffò sconsolato e cedette: «E va bene…».
«Grazie! Ti adoro.» replicò gioiosa la ragazza, sfiorandogli le labbra con un bacio leggero. Quindi aggiunse: «Voi mettetevi comodi. Io vado a vestirmi. Sarò pronta in un lampo.»
«Le ultime parole famose…» ironizzò Hyuga guardandola scomparire in camera.
Mentre si dirigevano verso il divano, Sakura diede il gomito a Taro e sussurrò: «Ma come mai Hyuga dorme qui, a casa di Nami?»
Misaki le sorrise dolcemente e rispose bisbigliando: «Che male c’è? Lo sai che stanno insieme, no?»
«Ok, ma cosa c’entra… non mi sembra un buon motivo per…» poi un dubbio passò come un lampo nella mente della giovane Ozora: «Tu lo sapevi?»
Taro, senza celare un po’ di imbarazzo, annuì.
«E non me lo hai mai detto?»
«Beh… ecco… vedi… io…» replicò il ragazzo impacciatissimo.
Sacchan si allontanò di un passo dal fidanzato e disse piccata: «Ne riparliamo dopo. Adesso devo vederci chiaro.»
Senza pensarci due volte, Sakura seguì Minami in camera da letto.
Hyuga osservò la sorella di Tsubasa perplesso e domandò a Misaki: «Ma che succede? Dove sta andando?»
Taro, lasciandosi andare pesantemente sul divano, rispose con un filo di voce: «A rimettere in riga sua cugina, temo…».
 
Sakura entrò nella camera della cugina, si guardò intorno - erano BOXER quelli sul pavimento!? - e si appoggiò allo stipite della porta
«Da quanto va avanti?»
«Uh?»
«Nacchan... non fingere di non capire...» e, con un gesto del capo, indicò il letto sfatto.
Nami scoppiò a ridere e si avvicinò sorniona alla cugina : «Perché vuoi dirmi che tu e Taro non...? Guarda che vado a chiederlo a lui. E mi faccio raccontare tutto nei dettagli.»
«Non siamo noi il punto. » Sakura arrossì fino alla punta delle orecchie e sviò il discorso «Non è... elegante, che voi due dormiate insieme».
Minami contò mentalmente fino a dieci per mantenere la calma. Era di buon umore e non aveva alcuna voglia di litigare con la cugina. Meglio buttarla sull’ironia.
Rise divertita ed esclamò: «Ma no, Sacchan! Hai completamente frainteso. Non è come credi. Kojiro sta da me nel weekend perché abbiamo intrapreso un torneo di scacchi. Lui è portatissimo per questo gioco.»
Quindi si avvicinò a Sakura e la fissò con aria provocatoria: «Tu non hai idea di quanto Hyuga sia bravo a fare scacco matto… o meglio: preferisce di gran lunga fare scacco alla Regina
La sorella di Tsubasa fu per qualche secondo incerta su come reagire: Nacchan la stava palesemente prendendo per i fondelli. Doveva lasciar correre? Abbassare lo sguardo ed andarsene facendo finta di niente, umiliata e sconfitta dal sarcasmo di Nami?
No: forse la vecchia Sakura avrebbe reagito così. Ma lei stava cambiando. Era stufa di soccombere a coloro che si dimostravano più spavaldi di lei. Fissò Minami intensamente e con rabbia esclamò: «Ti facevo più intelligente Nacchan. Invece evidentemente non sei in grado di affrontare un discorso da “adulti”!»
Detto questo voltò sui tacchi e fece per uscire dalla stanza.
Nami, completamente spiazzata dalla reazione inaspettata della cugina, la trattenne per un polso costringendola a guardarla.
Sakura fu travolta dallo sguardo verde ed intenso di Minami. Quest’ultima pronunciò sommessamente poche parole: «Vedi Sacchan… io … lo amo
«Lo so… non metto in dubbio i tuoi sentimenti» rispose lei dolcemente sorridendo alla cugina: «Ma comunque, il tuo stile di vita è troppo... europeo. Accogliere ospiti mezza nuda, avvinghiarti a lui in maniera così...»
«Lasciva?» Nami adorava stuzzicare la pudica cugina.
«Sì: lasciva. Hai detto bene.»
«Uff… ti hanno mai detto che faresti bene a lasciarti andare un po’, cuginetta? Sei fredda come un pezzo di ghiaccio. Hai sempre paura del giudizio altrui. Mai una volta che fai un colpo di testa, una scelta avventata. Rifletti sempre cento volte prima di agire…»
Sakura interrogò la cugina: «Cosa stai cercando di dirmi, Nacchan?»
«Che sei una palla!» esclamò con franchezza Minami.
Sakura trasalì: una palla? Era quella l’impressione che dava alla gente? Di essere noiosa e pedante?
Questa proprio non se l’aspettava.
Si morse il labbro: doveva dirglielo? Doveva dire alla “amatodiata” cugina cosa stava per fare? No. Lo avrebbe spifferato a Taro e non era il caso. Doveva essere lei ad avere il coraggio di dire al ragazzo ciò che aveva deciso, doveva farlo in fretta.
Optò quindi per cambiare argomento: «Forza, Nami. Muoviti… finisci di cambiarti che così ci avviamo.»
«Va bene. Ah, se torni di là, mi mandi qui Kojiro per favore? » domandò Minami alla cugina, mentre quest’ultima si allontanava.
Sakura sgranò gli occhi: «Mentre ti cambi?»
L’altra sorrise sarcastica: «Sacchan, per favore! Sei ridicola. Ti informo che stanotte mi ha visto molto più svestita di così!»
La sorella di Tsubasa fece un cenno rapido con la mano, come per scacciare la cattiva influenza della cugina e si diresse verso il salotto.
Hyuga comparve sulla soglia della camera da letto dopo pochi istanti: «Tua cugina mi ha detto che mi volevi.»
Minami gli chiese: «Mi sa che se vogliamo andare al mare devi tornare ai dormitori a prenderti il costume… a meno che tu non voglia fare il bagno nudo.» sorrise ammiccante «Cosa che, sia chiaro, a me non  dispiacerebbe affatto!»
Kojiro fece una smorfia divertita: «Scema!»
La ragazza esplose in una risata argentina. Lui proseguì: «Comunque non serve che io torni ai dormitori. Nel borsone da calcio dovrebbe essere rimasto il costume che uso quando abbiamo l’ora di nuoto in piscina… aspetta che controllo.» Il ragazzo si mise a frugare nella borsa col cambio e trovò quasi subito ciò che cercava: «Come pensavo: eccolo.».
Sollevò lo sguardo e si ritrovò davanti la fidanzata in un ridottissimo costume da bagno. La squadrò interessato ed esclamò: «Vieni così?»
«Sì, perché?»
Hyuga represse un ghigno: «Sono proprio curioso di vedere la reazione di tua cugina quando ti vedrà!... A proposito: cosa voleva?»
Minami, spazzolandosi i capelli di fronte allo specchio, rispose distrattamente: «Ma no, nulla… Un predicozzo inutile su quanto sia sconveniente che io e te dormiamo insieme nello stesso letto…»
Al Capitano della Toho sfuggì un mezzo ruggito: «Ma che cazzo vuole da noi, quella mezza bacchettona frigida?»
Minami si voltò di scatto, piazzandosi di fronte al fidanzato con fare minaccioso e puntandogli la spazzola a pochi centimetri dal volto, sibilò: «Ti avviso Hyuga: non osare mai più dire una cosa del genere su mia cugina! Non ti permettere! Non lo tollero.»
Kojiro era spiazzato: «Ma Nami… tu stessa hai detto che…» azzardò. La ragazza non lo lasciò finire: «Quello che dico io non conta. IO POSSO FARLO, TU NO!»
Il calciatore era basito, ma allo stesso tempo trovava molto buffo l’atteggiamento estremamente contradditorio della fidanzata.
Ma dopotutto: di cosa si stupiva? Per quanto ribelle e anomala, Minami rimaneva comunque una Ozora.
E per gli Ozora, si sa: la FAMIGLIA è TUTTO.
Come per lui, del resto. Ammise a se stesso che probabilmente avrebbe reagito anche peggio di Nacchan se qualcuno avesse insultato un suo familiare.
 
Dopo qualche minuto tornarono insieme in salotto, dove Taro e Sakura li stavano aspettando.
«Se siete pronti, possiamo andare. Avevo pensato di trascorre la giornata alla spiaggia di Shichirigahama. Ci arriviamo con un’oretta di autobus» propose Misaki.
Minami batté insieme le mani per la gioia e saltellando come una bambina accettò al colmo dell’entusiasmo: «Ottima idea Taro-chan! Quel tratto di costa è bellissimo» si volse quindi in direzione di Kojiro : «Tu cosa ne pensi?».
Il bomber della Toho fece spallucce con noncuranza: «Per me va bene: un posto vale l’altro.»
Sakura si accostò a Minami e le chiese ad un orecchio: «Non è un grande oratore il tuo ragazzo, vero?»
La cugina ridacchiò e rispose: «No: proprio per niente. E dovresti vederlo in coppia con Wakashimazu: sembra che facciano “il gioco del silenzio”. E per fortuna che è il suo migliore amico!» fece una pausa e infine aggiunse senza riflettere: «Ogni tanto penso che la Toho sarebbe piena di musoni se non si fossero iscritte due casiniste come me e Ya…». Non finì la frase e si morse il labbro per auto-zittirsi.
Sakura se ne accorse e la stuzzicò: «Come te e chi?»
«Nessuno, lascia perdere. Non ha importanza» si affrettò a tagliare il discorso Nami tornando verso Hyuga.
La sorella di Tsubasa la osservò sospettosa. Avrebbe scommesso qualunque cifra che il nome che Nacchan stava per pronunciare fosse quello di Yasu, la gemella di Wakabayashi e fidanzata di Wakashimazu. La migliore amica di Nami.
Anzi: la migliore EX-migliore amica di Nami.
Guardò Misaki al suo fianco chiedendogli con lo sguardo se avesse sentito la conversazione: il ragazzo annuì e sollevò il pollice.
Sakura si rasserenò: forse l’idea di Taro non era poi così malvagia come aveva pensato all’inizio.
 
La fermata dell’autobus si trovava esattamente di fronte ai cancelli dell’entrata principale della Toho Gakuen, circa a cinque minuti a piedi dall’appartamento di Minami. Gli edifici di cemento grigio si estendevano maestosi per tutto l’isolato: il complesso scolastico era davvero enorme ed era costituito dalle palazzine che ospitavano le aule, le biblioteche e i laboratori, il campus con i dormitori maschile e femminile e la mensa, gli impianti sportivi e un giardino botanico.
Sakura osservava ammirata la famosa scuola privata frequentata dalla cugina e da Kojiro Hyuga.
Giunsero alla pensilina: erano le 8: 30 di domenica mattina e non c’era molta gente in giro. Tuttavia due persone attendevano sedute sulla panchina della fermata: un ragazzo e una ragazza.
Sacchan li riconobbe immediatamente, anche perché sapeva perfettamente che li avrebbe trovati lì. Guardò Taro con preoccupazione e lui le rivolse un sorriso rassicurante. Deglutendo, la giovane Ozora continuò a camminare evitando accuratamente di incrociare lo sguardo della cugina.
Le due persone sotto la pensilina si alzarono in piedi.
Nami si paralizzò all’istante, restando immobile al centro del marciapiede.
Kojiro fece una faccia torva.
Misaki e Sakura si guardarono evasivamente intorno.
«Ciao Wakashimazu. Ciao Yacchan.» disse l’attaccante della Toho salutando l’amico e la compagna.
«Buongiorno Capitano. Ciao Nacchan.» rispose il portiere.
Era chiaro quanto entrambi fossero sorpresi di trovarsi uno di fronte all’altro.
Minami non salutò nemmeno. Si voltò di scatto verso Sakura e Taro e sibilò: «Cosa ci fa lei qui?»
«Potrei fare la stessa domanda.» disse alle sue spalle la voce sarcastica di Yasu Wakabayashi.
Nel frattempo Kojiro si era avvicinato a Ken e gli chiese piano: «È stata un’idea tua?»
«Assolutamente no. Ti sembro così pazzo, Capitano?» rispose Wakashimazu «Mettere quelle due vicine equivale a dar fuoco ad una polveriera.»
Hyuga era stranito: «Ma se non sei stato tu ad organizzare questo incontro, chi?...»
Il numero dieci ed il numero uno della Toho si fissarono per qualche istante e poi compresero. Misaki e la Ozora. Quei due avevano invitato le due coppie l’una all’insaputa dell’altra. Ma perché? Sapevano perfettamente che Yasu e Nami non andavano esattamente d’amore e d’accordo.
Le due ragazze si stavano infatti fissando, senza rivolgersi minimamente la parola.
«Ma si può?» mormorò Sakura, affranta.
«Vedrai che ce la facciamo… non so come, ma ce la faremo.» la confortò Taro, dandole una leggera carezza sul volto.
Sakura sollevò un sopracciglio.
«Tu dici?»
«Dico.»  ribadì il ragazzo e tornò ad osservare il quartetto di fronte a loro.
Hyuga e Wakashimazu chiacchieravano del più e del meno, sebbene un po’ a monosillabi, mentre Yasu e Minami continuavano a guardarsi in cagnesco.
Sakura si sentì in dovere di smuovere la situazione, stufa di quell’aria gelida che aleggiava sul gruppetto, nonostante la giornata calda e assolata :
«Ma guardatevi! Fate tanto le donne di mondo, e poi vi comportate come due bambine di 5 anni. Daichi è più maturo di voi.»
«Sta zitta!» le intimarono le due in coro, salvo poi guardarsi negli occhi ancora più in cagnesco.
«Non ti azzardare a trattare male mia cugina!» aggiunse Nami in direzione di Yasu.
Sakura sbuffò: «Dai, smettetela. Potreste almeno salutarvi. Così, tanto per rompere il ghiaccio.»
«Buongiorno Minami.» disse la sorella del SGGK.
«Buona giornata a te, Yasuko.» replicò asciutta la cugina di Tsubasa.
Mamma mia che gelo! Addirittura i nomi per intero… Beh, almeno non si erano chiamate per cognome. Era già qualcosa.
In quello stesso momento l’autobus comparve in fondo alla via.
«Allora, cosa volete fare?» domandò a quel punto Misaki: «Andiamo a trascorrere questa giornata al mare tutti insieme, oppure no?»
Hyuga parlò a nome suo e di Ken: «Per noi non ci sono problemi… Yacchan? Nacchan? Cosa ne dite?»
La Wakabayashi acconsentì per prima: «E va bene, andiamo…»
La Ozora la imitò: «Se è proprio necessario…»
«Sì, lo è.» concluse Sakura prendendole a braccetto entrambe e costringendole a salire sull’autobus, che nel frattempo si era fermato.
 
Presero posto nei sedili in fondo.
Hyuga, Wakashimazu e Misaki  incominciarono a parlare dell’imminente Campionato Nazionale: l’ultimo che avrebbero giocato, essendo tutti e tre studenti dell’ultimo anno.
Yasu e Nami sedevano silenziose e lontane una dall’altra, fissando il paesaggio fuori dal finestrino.
Sakura le osservò: erano davvero due teste dure. Non avevano la minima intenzione di fare pace. Da quando avevano litigato, circa otto mesi prima, si rivolgevano a malapena la parola. Ed era una cosa assurda, considerato che stavano con due ragazzi che erano molto più che semplici compagni di squadra.
Sakura non riusciva proprio a farsene una ragione: Yasu e Nami erano sempre state ottime amiche, fin da piccole. Facevano tutto insieme, avevano gli stessi gusti. Quando Minami era andata in Italia per l’interscambio, Yasu, che già frequentava la Toho, coglieva ogni occasione possibile per tornare in Europa a trovare l’amica. Inoltre tutti sapevano che era stata proprio un’idea della Wakabayashi suggerire alla cugina di Tsubasa di iscriversi alla Toho Gakuen. Così avrebbero potuto stare vicine.
Tutto era sempre stato rose e fiori tra le due ragazze.
Finché un giorno non successe il fattaccio: Genzo Wakabayashi, il bel gemello di Yasu, ci aveva messo lo zampino.
Sakura stava fissando la fidanzata di Ken. Improvvisamente quest’ultima si voltò, incrociando il suo sguardo.
Sacchan sorrise. Yasu sbuffò e tornò a guardare fuori dal finestrino sospirando tra sé: quanto detestava gli Ozora. Tutti così pacati e perfettini.
Tutti tranne… Nami.
Lei no, effettivamente. Non lo era: né pacata né perfettina. E infatti erano state amiche un tempo.
Peccato che poi  quella lì non fosse stata capace di tenere le gambe chiuse. E aveva mandato a puttane tutto.
Quella scema.
Si morse il labbro inferiore. Non riusciva a fare a meno di provare rammarico per il rapporto con Nami irrimediabilmente rovinato. E si detestava per questo.
 
 
 
Amburgo: Otto mesi prima…
 
Minami e Yasu conversavano nel salotto dell’appartamento tedesco della famiglia Wakabayashi: un lussuoso attico nel centro storico di Amburgo.
Erano entrambe in vacanza e avevano deciso di incontrarsi lì per passare qualche giorno insieme. La Ozora, approfittando della lontananza da casa, aveva deciso di chiedere qualche consiglio all’amica su un “cambio di look”.
«Cosa ne dici di un tatuaggio? Una bella testa da morto, come piace a te!» propose Yasu sghignazzando.
«Mmmmh… no. Troppo permanente.» rispose Nami.
«Allora fatti delle ciocche blu tra i capelli, come quelle che avevo fatto io un paio di anni fa!»  suggerì a quel punto la Wakabayashi
«Ma sei scema? Rovinare i miei bei capelli neri? Non ci penso nemmeno!» replicò l’altra scandalizzata.
«Certo che come “trasgressiva” fai veramente schifo, Nacchan!» ironizzò la gemella del SGGK.
La Ozora sbuffò contrariata: «Lo so… ma non mi va di esagerare. Vorrei fare qualcosa di più… discreto.»
«Aspetta. Ho un’idea splendida!» esultò Yasu. E prendendo l’amica per un polso la trascinò fuori di casa.
«Ma dove andiamo?»
«Aspetta e vedrai che dopo mi ringrazierai!»
«Inizio a preoccuparmi…»  concluse Nami.
 
Due ore dopo erano di ritorno.
Le due ragazze entrarono in casa ridendo come due pazze e attirando l’attenzione di Genzo che stava studiando in camera sua.
Il portiere uscì dalla stanza e lanciando un’occhiata interrogativa alla sorella e all’amica chiese: «Cosa avete da starnazzare, voi due?»
Yasu si bloccò all’istante e rispose. «Niente. Cose nostre.»
Il SGGK si avvicinò con fare sornione: «Segreti da donna? La cosa mi incuriosisce…»
«È una cosa che riguarda Nacchan. Non spetta a me informarti» detto ciò si volse verso l’amica, come per esortarla a parlare.
Nami ricambiò lo sguardo di Yasu e le fece l’occhiolino. Quindi con una mossa fulminea sollevò la propria maglietta, scoprendo il ventre. All’ombelico, ancora lievemente arrossato, era comparso un piercing ad anello. Minami ammiccò al ragazzo e chiese: «Allora Gen? Cosa ne pensi? Dammi un parere maschile.»
Wakabayashi sgranò gli occhi e Yasu scoppiò a ridere di fronte all’espressione da pesce lesso del fratello.
Genzo in realtà non era stupito per il piercing, quanto per la mossa inaspettata di Minami. Insomma: già la cugina di Tsubasa era una bella ragazza, se poi si metteva pure a spogliarsi così, come se niente fosse…
Forse valeva la pena approfittarne. Il SGGK allungò una mano sfiorando appena l’anello metallico e la pelle di Minami e poi sussurrò: «Interessante…»
Minami si ritrasse: quel tocco leggero le aveva provocato un brivido inquietante lungo la schiena.
Yasu intervenne: «Ma piantala, Gen! È inutile che ci guardi in quel modo, funzionerà con le tue squinziette ma non con me e Nacchan.»
Nami dissentì mentalmente: in realtà UN POCHINO stava funzionando. Si guardò bene, comunque, dall’informarne l’amica.
Yasu nel frattempo si diresse verso il divano e aprì lo zaino. Assunse quindi un’espressione preoccupata ed esclamò: «Sono una cretina!»
«Che c’è?» chiese Minami perplessa
Yasu si picchiò una mano in fronte con fare sconsolato: «Ho lasciato il portafoglio nel negozio dove hai fatto il piercing.»
L’amica fu pronta a rispondere: «Beh, cosa aspettiamo? Andiamo subito a recuperarlo.»
Yasu si mise lo zaino in spalla e la trattenne per un braccio: «Ma no, tranquilla. Non ti preoccupare: vado da sola. In un’oretta vado e torno. Tu aspettami pure qui comoda.»
«S-sei… sicura?» balbettò l’altra.
«Certo. Nessun problema. Sempre che per te non sia troppo pesante sopportare da sola quel piombo di mio fratello!»
Minami sbirciò Genzo che se ne stava in piedi immobile a braccia conserte dall’altro lato del salone. Era proprio un gran figo. No: effettivamente “sopportarlo” non sarebbe stato un gran peso. Tornò in sé e sorrise a Yasu: «Vedrò di sopravvivere.»
 
Yasu rincasò dopo circa un’ora. Quando aprì la porta le parve subito che la casa fosse avvolta da un silenzio innaturale. Ma dove erano tutti?
Richiuse la porta e si avviò per il corridoio verso la sua camera da letto: probabilmente Genzo aveva ripreso a studiare e Minami si era sdraiata per riposare. Meglio non far rumore.
Con passo felpato proseguì, oltrepassando l’uscio semi-aperto della camera del fratello. Buttò dentro un occhio per salutarlo e si paralizzò.
Sul letto si stavano rotolando due corpi semi-svestiti. I gemiti che producevano erano inequivocabili. La rabbia montò spontanea. Spalancò la porta dicendo ad alta voce: «Ma cosa state facendo?»
Genzo e Minami si sollevarono immediatamente, visivamente imbarazzati.
«Yasu!» esclamò la ragazza alzandosi dal letto e andandole incontro.
«Non ti avvicinare. Traditrice.» Sibilò la sorella del SGGK furibonda.
«Ma Ya-chan…»
«Zitta, ho detto. Me ne vado. Scusate il disturbo.» Yasu si votò e uscì dalla stanza quasi correndo.
Nami cercò di inseguirla: «Aspetta!»
Venne fermata dalla  mano di Genzo sulla spalla: «Lasciala andare, Nacchan. E’ arrabbiata… ma fidati: le passerà presto.»
Minami sorrise a Genzo con scarsa gaiezza e nascose il viso nel petto di lui.
 
Yasu era in camera sua e fissava il soffitto sdraiata sul letto.
Le lacrime le rigavano il viso.
Perché?
Come avevano potuto?
Genzo era SUO fratello.
Nami era la SUA migliora amica.
Perché avevano dovuto rovinare tutto?
Perché?
PERCHÉ?
 
continua
   
 
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