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Autore: ELE106    05/02/2015    11 recensioni
Piccola Johnlock che dovrebbe più che altro divertire. Spero. Buona lettura ;)
[...] È vergine. Punto. Che mai ci sarà di tanto difficile da credere? Sherlock non ha ancora quarant’anni, ma li sente vicini. E questa... cosa del sesso non avrebbe la benché minima rilevanza, se solo la gente imparasse a farsi gli affari propri e si evitasse il disturbo di farne un problema. [...]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Sherlock e John non mi appartengono (anche perché, altrimenti, ve ne accorgereste di certo), questa è una storia di fantasia, l’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.



 
40 anni vergine

 


Capitolo 1.
[Vergine]




Ci sono poche cose certe, al mondo.
Una, è che moriremo tutti (con l’unica variabile del come e quando).
L’altra, è senza dubbio la stupidità altrui.
A Sherlock è sempre piaciuto essere definito macchina, soltanto perché è oltremodo gratificante non sentirsi accomunare col resto del genere umano.
Tolto tutto quello che è il significato emotivo del termine (al quale non ha mai dato molta importanza -e si vede), essere associato ad una macchina, alle sue orecchie suona meravigliosamente come un complimento.

Splendido.

*

Se qualcuno dovesse chiedergli da dove arriva tanto disprezzo, Sherlock risponderebbe che dipende sostanzialmente dal suo Q.I. e dall’improbabilità di trovarsi di fronte qualcuno che vi si avvici anche minimamente.
Dall’età di tre anni circa, se ben ricorda, Sherlock giudica il resto dell’umanità parecchi gradini al di sotto di sé.
In generale, le persone comuni gli sono totalmente indifferenti. Con taluni di loro è costretto ad interagire quotidianamente (purtroppo), per cui ha sviluppato una sorta di apatia nei loro riguardi.
Ma deve ammettere di essersi imbattuto, nel corso della sua esistenza, in un certo qual numero di eccezioni (perlopiù in senso negativo) in merito a cui, però, il suo interesse si è esaurito in meno di 24 ore, trascorse le quali è tornato ad ignorarle.

Noiose.

*

La stupidità altrui è quindi lo scoglio, lo zoccolo duro, la bestia nera che si erge mostruosa ed inquietante tra di sé e anche solo l’idea di condividere un’ipotetica intimità con chiunque.
Perché il punto è che ci sono cose sulle quali, semplicemente, Sherlock non può passare sopra.
La futilità intrinseca in ogni argomento che gli altri giudicano importante, ad esempio.
Come si può sprecare un’esistenza intera intorno al sesso?
Questa. Questa è la vera domanda.

Ridicolo.

*

Quando Sherlock lo dice ad alta voce o anche solo lo lascia intendere, le persone lo guardano come fosse un alieno. O un essere vivente simile a loro ma mentalmente disturbato; cosa che in effetti, da un certo punto di vista, potrebbe corrispondere a verità.
È vergine. Punto.
Che mai ci sarà di tanto difficile da credere?
Sherlock non ha ancora quarant’anni ma li sente vicini. E questa... cosa del sesso non avrebbe la benché minima rilevanza, se solo la gente imparasse a farsi gli affari propri e si evitasse il disturbo di farne un problema.
Problema che, in realtà, per Sherlock non è mai stato tale.

Non si è fatto mai toccare da nessuno, né ha mai avuto il desiderio di toccare qualcuno.
E con questo?
È stato costretto, suo malgrado, ad essere abbracciato, baciato, preso per mano e quant’altro, ma non ha mai sentito il bisogno di concedere ad un... pesce rosso il permesso di possederlo. Non ne ha mai nemmeno posseduto uno e mai lo ha voluto.
Come si fa a nutrire desiderio sessuale per un pesce rosso?
Non è lui quello mentalmente disturbato, è il resto del mondo ad avere problemi gravi.

“... ma Sherlock, un uomo della tua età non può assolutamente essere vergine!”

Assurdità. E delle peggiori.
Con quale competenza si fanno affermazioni del genere?
Ci sono molti più quarantenni vergini di quanto si creda, Sherlock lo sa, riesce a dedurlo solo incrociandoli per le strade di Londra.
Se matematica e statistica non sono barzellette (e non lo sono), nel resto del mondo il numero deve variare di ben poco, rapportato a milioni di persone.
L’oltraggio vero, per lui, è che questo lo accomuni ad altri individui.
Lui, che è unico e solo e che lo è sempre stato.

Inaccettabile.

*

Comunque, se proprio deve, Sherlock ha sempre avuto la spiegazione precisa a questa sua quasi totale mancanza di interesse per l’intimità.

Il sesso lo spaventa.

Oh sì, è così! Per quanto si impegni a negarlo persino a se stesso (e che negherà fino all’ultimo respiro di fronte a suo fratello Mycroft, sia chiaro).
Il sesso lo terrorizza a morte perché comporta una dose decisamente troppo elevata di frenesia e confusione emotiva e mentale, nonché una quantità di fiducia incondizionata per un altro essere umano, che Sherlock non è mai stato in grado di concedere a nessuno.
L’intimità sessuale è una forma di abbandono, ed è proprio questo il problema. Il problema degli altri, ovviamente, perché lui non ha problemi. Proprio per niente.
È un fatto: una mente come la sua non si spegne a comando, non smette di lavorare quando è lui a deciderlo. Sherlock può fare molte cose grazie alla propria intelligenza, ma questa no, questa proprio non è mai riuscito a farla.

Mai.

*

Poi, un bel giorno: John Watson.

È un po’ misera come spiegazione ma non saprebbe come altro descrivere quanto è accaduto da quel giorno. Sospetta fortemente, infatti, che da allora (e per tutti i motivi che seguiranno) nel suo cervello sia in corso la decimazione progressiva e inarrestabile di un’allarmante quantità di neuroni attivi.
Le sue capacità cerebrali sono chiaramente in diminuzione, costantemente messe alla prova da una serie infinita di stimolazioni chimiche, che disintegrano la sua logica bombardandola di impulsi.

Impulsi sessuali.

In tutta onestà, non può dire di non averne mai avuti. Generalmente l’attività localizzata in quella particolare zona anatomica del suo corpo, è molto limitata e tende ad andare e venire senza che ci sia alcuna collaborazione pratica da parte di Sherlock.
Raramente ha dovuto partecipare alla... cosa, per intenderci.

Sherlock ha fatto ricerche in merito. Moltissime. Non esiste altro soggetto che gli provochi una tale valanga emotiva, al di fuori di John Watson.
Chimica.
Lui e John sono chimicamente compatibili, è l’unica spiegazione che, per non impazzire tra matasse indecifrabili di domande senza risposta, è riuscito a dare al suo inesorabile tracollo intellettivo.

Benedetta chimica!

Vista, tatto, olfatto.
Per 12 ore buone è rimasto catatonico di fronte allo specchio del bagno, inorridito da se stesso e dalla sconcertante verità appena palesatasi: è umano e assoggettato agli stessi primordiali istinti di ogni altra creatura (strisciante e non) del pianeta.
Quasi quarant’anni di sperimentata e accertata asessualità, disintegrati in 12 ore esatte.

Inaudito.

*

Lo shock iniziale è stato in qualche modo mitigato dalla solida e costante presenza dello stesso John Watson, con il quale si è miracolosamente instaurato (cosa che tutt’ora non smette di stupire Sherlock) un rapporto di stretta amicizia e collaborazione.
L’intimità è arrivata senza che nessuno dei due avesse fatto nulla per volerla.
C’è. La si può percepire.
Nel corso di anni (e ne sono passati tanti), Sherlock ha potuto osservare con interesse un intensificarsi progressivo delle proprie sensazioni e reazioni alla mancanza o presenza di John, al suo fianco.
La sua è una passione crescente e mai estinta.

Un caso da 10 mai risolto.

E dopo La Caduta e il Disastroso Caso Mary (come ama codificare i grandi eventi), il tutto è divenuto dolorosamente più intenso.

Qualche volta, l’odore di John (dopobarba insospettabilmente costoso per un uomo che parrebbe così poco attento a certe finezze) gli arriva talmente forte alle narici -e lui è così vicino- che Sherlock si ritrova a non comprendere come facciano le persone comuni a non saltare addosso al primo soggetto chimicamente compatibile, che capita loro a braccio.
Si controlla, per amor di Dio, Sherlock è bravo a farlo.
E prende appunti per distrarsi, appena John lascia il suo fianco, su intensità, durata e sforzo repressivo di ogni singolo impulso provocatogli dal suddetto soggetto.

Altre volte, invece, è il timbro di voce o il modo particolare in cui John inclina la testa e serra la mascella, quando Sherlock lo fa alterare.
Oh, le pagine e pagine di diagrammi e grafici che disegna dopo che il Capitano lo guarda come se volesse mettergli le mani al collo. Le curve e i picchi che raggiunge in quei momenti sono fonte di estremo stupore e curiosità da parte di Sherlock.

Affascinante.

*

Quindi può anche lui.
Certo che può. Potrebbe potenzialmente concedersi rapporti sessuali, solo ed esclusivamente con un John Watson come partner.
Non fosse altro che per provare a se stesso di essere in grado di farlo.
Lui può tutto, potrà ben comandare alla sua mente di stopparsi una quantità di tempo ragionevole e sufficiente a portare a termine un coito.

Che diamine.

Ora, bisognerebbe anche che John ricambiasse la cosa, a ben vedere.
Non è precisamente un dettaglio trascurabile, Sherlock lo sa.
A differenza sua, John ha inclinazioni ben precise e convinzioni sociali radicate e stabilizzate in anni e anni di pratiche eterosessuali (più o meno appaganti), per le quali non mostra segni di noia, né desiderio di variazioni sul tema.
Nonostante ciò, Sherlock è abbastanza certo che il buon dottore sia consapevole che la natura del loro rapporto vada ben al di là della semplice amicizia. John è sentimentalmente coinvolto da lui, non gli piace esserlo, ma è abbastanza lucido da notare i segnali.

E per Sherlock è ormai certo: lo sterminio dei suoi neuroni è ad uno stadio avanzatissimo, ecco spiegato come le emozioni e i sentimenti abbiano fatto breccia nel suo cervello.

In ogni modo.
Basterebbe pochissimo a sbriciolare le barriere di John e convincerlo a gettarsi su di lui e farne ciò che vuole. Il buon dottore lo farebbe. Lo vuole. Probabilmente lo ha sempre voluto e Sherlock lo ha sempre saputo.
Se tra loro non è mai successo niente è solo perché sono due idioti, ovviamente. E inglesi... ha importanza. E perché Sherlock non ha mai davvero dimostrato interesse per la cosa, John è un gentiluomo e non si sognerebbe mai di forzare nulla, in quel senso.
Per numerosi motivi, insomma.
Come dargli torto? Il Capitano dovrebbe darsi parecchio da fare nell’eventualità di una loro relazione sentimentale. E sessuale. Senza contare sulla collaborazione di Sherlock, perché il poveretto sarebbe troppo occupato a tramortire con un colpo secco la sua mente, tentando di non morire inghiottito dalla matassa emotiva, che tiene segregata nelle budella da quando ha l’età per ricordarsi il suo nome.

Mi farà a pezzi.

Lo pensa spesso, è sincero, quando è quasi convinto di rendere John partecipe dei pensieri che lo riguardano.
Il ché accade anche abbastanza di frequente, negli ultimi tempi. Soprattutto da quando John è tornato a Backer Street. È passato un anno, ormai... un anno, un moglie assassina, un bambino mai nato, menzogne e tradimenti e il resto del mondo che li ingoia e poi li sputa, senza pietà.
Ma loro due sono ancora insieme, come si fossero scelti senza saperlo.
Eppure, per un motivo o per un altro, Sherlock non glielo ha mai detto.

Patetico.

*

A decidere per loro è infine la noia di un pigro pomeriggio qualsiasi. È allora che Sherlock lo chiama sul serio.

“John...”

Fuori, una pioggia torrenziale e infinita sembra aver sigillato il tempo e segregato i londinesi dentro le proprie case. Il vento spazza via tutto. Forse, in qualche modo, ha spazzato via anche i dubbi.
È in piedi davanti alla finestra del soggiorno col violino in mano da circa venti minuti, ma non ha ancora suonato una nota. In testa però, le ha tutte ben chiare.
Musica.
Ha pensato di dirglielo così: suonando e sperando che capisca.
Lo fece al suo matrimonio, sembra passata un’eternità, ma lo ricorda con estrema precisione. John non aveva capito e, beh... Sherlock sapeva perfettamente che la sua dichiarazione sarebbe rimasta solo sua.

Quando la testa del dottore sbuca da dietro la porta della cucina, Sherlock gli volta le spalle.

“Ascolta soltanto. E non parlare.”

Si toglie la vestaglia perché pensa potrebbe intralciare la sua esecuzione. E perché sa di avere un bel culo, e lo sa anche John. Poi reclina la testa sullo strumento, vi appoggia la guancia e fa un bel respiro profondo.
Schiena dritta, petto in fuori, il ricordo della voce di Mycrof che lo rimprovera di continuo perché sbaglia postura, e... musica.

Sono follemente innamorato di te.

*

Quando la melodia finisce c’è uno spaventoso minuto di silenzio durante il quale Sherlock è quasi certo che il dottore abbia effettivamente capito (e sia morto di conseguenza), ma non si gira verso di lui, non può.

Mi farà a pezzi.

“Sai, per essere un sociopatico frigido e privo di emozioni, direi che hai trovato un modo molto romantico di chiedermi di scoparti.”
Oh.
Sherlock si volta di scatto, sorpreso, senza mancare di ostentare il proprio oltraggio per la scelta di parole tanto grezze. John lo sta guardando e sorride.
“Non era questo il punto, idiota!”
Sbotta sventolando l’archetto per aria un paio di volte, plateale, come sempre.
Il dottore si gratta la nuca abbassando per un attimo lo sguardo, e cammina lentamente verso di lui.

Che fa? Perché si sta avvicinando?

“A me era sembrato proprio quello...”

Ride. Sherlock vorrebbe solo ucciderlo e poi rimangiarsi gli ultimi minuti, ore, settimane, mesi, ANNI di stupide fantasie su di sé e John Watson.
Inaspettatamente, la situazione diverte il dottore -si diverte!- e la cosa lo mette, se possibile, ancora più a disagio.
Inizia a chiedersi quale livello di stupidità abbia raggiunto per aver commesso un simile errore di valutazione, per essersi esposto così, per essersi messo nelle mani di John, senza l’adeguata preparazione.

Quarant’anni di verginità andrebbero tutelati meglio.

Ma la regressione cerebrale è quasi completa, Sherlock se lo sente nelle ossa -che al momento gli sembrano fatte di gelatina- ed è questione di minuti, forse secondi, poi il suo cervello imploderà su se stesso.
Aveva previsto una sorta di disagio vagamente interessato, seguito forse da un rifiuto potenzialmente violento, seguito ancora da un più ragionato e calmo lascia che ci pensi un po’ su.
Non di certo tutto questo... entusiasmo.

John è a due passi da lui e continua a guardarlo con insistenza, il sorriso sempre più largo, le mani appoggiate ai fianchi. Sherlock non distoglie lo sguardo e si mantiene dritto per miracolo, ma la facciata regge, da fuori sembra perfettamente tranquillo. Forse.
Grazie a Dio almeno, da vicino può notare che l’imbarazzo è reciproco.

“Non voglio nemmeno chiederti come fai a sapere che lo farei.”
Dice John.
“P-perché-” Perché mi ami, mi hai sempre amato, ma la sola idea di mandare in frantumi il mio precario equilibrio emotivo (e di conseguenza anche il tuo) ti terrorizza quanto terrorizza me?
“Sta zitto. Ho detto che non voglio saperlo!”

Perfetto, meno male.

Sbuffa. Quando lo fa, a Sherlock sembra quasi un toro e non sa se sorridere o aver paura di un tale pensiero; tutto quello che sa è che non riesce ad impedire alle sue stupidissime guance di quarantenne vergine, di arrossire per l’imbarazzo.
Eccolo lì: il grande Sherlock Holmes col suo violino ancora in mano, rigido come una statua di pietra, probabilmente prossimo all’arresto respiratorio.

John fa un altro passo avanti.

“Cos-no! Fermo lì. Non voglio che lo facciamo adesso, per l’amor di Dio!”

L’espressione del dottore in questo istante lo farebbe persino ridere, se non stesse per venirgli un infarto.
John alza le sopracciglia, sorride di più e ha persino l’ardire di posare una mano appena sopra l’anca di Sherlock, che in tutta risposta strabuzza gli occhi e smette definitivamente di respirare.

“Non sono così stupido, ho capito.”

“Allora perché la tua maledetta mano sta sul mio maledetto fianco?”

Il tempo di distogliere lo sguardo per indicare il punto in cui l’epidermide di uno è in contatto con quella dell’altro, che la situazione degenera irrimediabilmente.
Il corpo di John è così vicino che la quantità di pelle a contatto è impossibile da calcolare. Non con l’infarto in corso, comunque.
La chimica vince, l’intelletto perde.

“Sta buono, è così che si deve procedere.”

Dice piano.
Gli occhi di Sherlock si alzano e incontrano un blu così profondo che è certo di annegarci dentro. Non ha mai osservato gli occhi di John così da vicino. Le pupille sono larghe, il blu è notturno e liquido, sembra quasi che l’iride sia viva e respiri.
A Sherlock manca il fiato. Ancora.

“Sei rigido come un manico di scopa. Non sto per assassinarti in uno dei 47 modi in cui stai pensando che potrei farlo.”
“Sono 72, ad essere precisi.”

Deglutisce rumorosamente mentre John lo esplora con gli occhi, la mano ben salda che si sposta dietro la schiena, appena sopra il sedere.

Contatto intimo, che denota sentimenti romantici e des-
Sta zitta, zitta, maledetta testaccia.

“Gradirei darti un bacio prima di parlare di sesso, Sherlock. Sono uno all’antica...”
“Oh...”
Per i successivi e interminabili minuti, la sua bocca manterrà questa forma.
A questo non aveva proprio pensato.
Un bacio.
La sua competenza in materia si riduce a baci castissimi a labbra serratissime, rigorosamente sotto copertura e soltanto perché utili ad un caso.
Dovrebbero baciarsi, sì. Decisamente.
John intende adesso? Perché andrebbe bene... ovvero si potrebbe procedere.

Realizza di essere rimasto imbambolato per troppo tempo, perché il dottore corruga la fronte e lui si sente avvampare di vergogna.
Ha come l’impressione di dover dire o fare qualcosa che lasci dedurre a John, che Sì, Dio sì, baciami immediatamente, fallo idiota, cosa aspetti?!
Quindi si china quasi impercettibilmente verso il basso, chiude gli occhi e aspetta.
Lo sente ridacchiare ed è indeciso se suicidarsi e mettere fine all’agonia, o ridere anche lui fino a farsi scoppiare la pancia.

“Questo vorrebbe dire che posso?”

Quando riapre gli occhi, fulmina John con tale ferocia da preoccupare entrambi, e decide che no: ucciderà lui e sarà tutto finito.
Poi sente le sue dita sulla guancia, calde, leggerissime. E una voce da un luogo lontano del suo cervello che grida come non ricorda di aver mai sentito in vita sua. Lo considera un buon inizio, se si tiene conto del fatto che si era appena rassegnato alla perdita permanente delle sue facoltà mentali.

John.

*

Quando il Capitano lo bacia è l’esplosione simultanea di ogni singolo neuro trasmettitore di piacere esistente nel suo cervello, prima dormiente e ora pulsante.
Se solo lo avesse previsto, calcolato, se solo avesse saputo che avrebbe raggiunto un tale livello di attività cerebrale, lo avrebbe baciato al “È stato straordinario...”, tanti anni fa.
No.
Se avesse saputo quale consapevolezza di se stessi e del proprio corpo, di ogni particella dentro e fuori dallo spazio e del tempo, si raggiunge quando John Watson lo bacia, lo avrebbe baciato al “Tenga, usi il mio.”

John ci mette la lingua e Sherlock si sbriciola. Letteralmente.
I suoi brillanti ragionamenti si limitano a quel singolo grido, dalle profondità più oscure della sua coscienza, emesso dal suo istinto ormai quasi atrofizzato, che sostanzialmente dice quanto la sua melodia voleva significare.

‘Strappami i vestiti, John.
Ora.
Ma quale ‘sono uno all’antica’, atterrami e fa quello che devi, soldato.
Possiedimi.
Fammi stare zitto, fai tacere ogni stupida, ridicola, inutile vocina che bisbiglia dubbi e paura.
Manda in brandelli il dannato palazzo mentale.
Fai cadere ogni mattone.
Demolisci anni di cementificata sociopatia.
Fai crollare tutto, dovrai restare solo tu, dentro e fuori.
Te lo lascerei fare.
Parla finché ricorderò solo la tua voce, John.
Assorda ogni altro suono.
Sarò sempre e solo tuo.’

Si pentirà di tutto questo. Si ricorderà ogni sillaba e negherà fino alla morte di averlo pensato.
Ma saprà, oh se lo saprà, che è accaduto davvero.

Straordinario.

*

Si stanno baciano da una quantità di tempo che, nonostante l’impossibilità di approntare statistiche sull’argomento, ritiene abbondantemente sopra la media, eppure vorrebbe non finisse mai.
Poi John si allontana, lo guarda e sembra già tutto così diverso da fargli quasi paura. Fa dannatamente paura, invece, ma è talmente bello da rimbecillire persino il cervello più brillante esistente al mondo.

Sì, mio caro Mycroft, hai capito bene.

A che diavolo serve tanto cervello, quando si ha un John Watson che afferra le melodie al volo, non si lamenta della carne umana nel congelatore, e riattiva i neuro trasmettitori di piacere ammuffiti di un quarantenne vergine, con un bacio sulla bocca?

Assolutamente fantastico.

*

“Ti rendi conto che mi stai fissando imbambolato da quasi due minuti?”

Sherlock ascolta John parlare ma ha la gola secca e gli occhi lucidi e non sa cosa rispondere; sente le labbra così gonfie che gli fanno male, ma l’impulso di farsi baciare di nuovo è più forte, e crede si tratti di una specie di miracolo.

Dovrebbe dirglielo? Non è sicuro.

“Ora ti chiederò com’è stato, Sherlock. E non mi farai sentire un idiota per averlo fatto.”

Sherlock è indeciso per un attimo sulle parole più adatte per formulare il suo pensiero.
Quando si decide, John lo sta contemporaneamente abbracciando e baciando leggero su una spalla. Ha ancora le mani strette ai suoi fianchi, è sicuro gli resteranno i segni, ma non capisce come mai la cosa lo stuzzica. Molto.
Si schiarisce la voce per richiamare l’attenzione del dottore.

“È stato... chimicamente compatibile.”
“Oh, quanto ti amo, è la cosa più carina che tu mi abbia mai detto.”
Ride John.
“Sono serio.”
Sherlock si domanda se sia normale voler fare l’amore e uccidere il proprio partner, a tempi alterni così frequenti, ma accantona la questione. Per il momento.
“Hai ancora la bocca aperta, come faccio a prenderti sul serio?”
Sherlock corruga le sopracciglia e mette un broncio tale da far invidia a un moccioso.
John lo abbraccia e un improvviso slancio di coraggio lo porta a capire finalmente dove mettere le mani: le appoggia entrambe al petto del Capitano, che lo avvolge per bene, nonostante la piccola statura.
“E comunque, pensa quando faremo davvero sesso.”
John ghigna e Sherlock chiude finalmente la bocca.

Mm, forse dovrebbe preoccuparsi.
Nah... disegnerà grafici per una settimana, dopo.





Continua...








Nda: non so cosa dire X'D Prima di tutto, mi scuso se la lettura dovesse esservi sembrata una perdita di tempo (tipo: già letto, già visto, noia, noia, noia), e finisco subito ringraziando tantissimo chiunque sia giunto alla fine di questa agonia (che dovrebbe essere divertente, ma bo). Un bacione a tutti!

Nda(2): ed è diventata una mini-long. yeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee *abbattela*
Ele (@orsettobiondo)
   
 
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