Salve
a tutti! È una fic speciale: per la prima volta NaruXHina si cimenta in una
storia non ispirata dal manga/anime Naruto! Certo, perché l’uomo non vive di
solo un manga U__U
E
a me ne piacciono molti! Non è comunque la mia prima storia che non ha a che
fare con Naruto, ma è la prima con un nuovo manga/anime: BLEACH!
Purtroppo
so che molti di voi potrebbero non conoscerlo e penso di dovermi aspettare un
minor numero di lettori, ma poco mi importa; l’importante è scrivere, scrivere
qualcosa di bello che la propria fantasia ha partorito! ^__^ In ogni caso, se
non conoscete la serie, ve la consiglio: è bellissima, avventurosa e
divertente, vale la pena di darci un occhiata.
Per
coloro invece che conoscono la serie, sappiate che anche qui ho le mie coppie
(sono un romanticone lo sapete), però quella di questa fic non è un pairing
romantico, piuttosto una grandiosa accoppiata vincente:
Kenpachi
e Yachiru!
So
che è un po’ azzardato scrivere una fic un po’ sentimentale su un bruto
spaventevole come Kenpachi… ma che volete farci? Yachiru mi ispira troppa
tenerezza, specie quando è con lui! X3
Chiuso
il preambolo, vi lascio alla lettura! Spero vi piaccia!
PS:
ICHIGO X RUKIA ORA E SEMPRE!
(Che
c’è? Manga nuovo, coppia nuova, PS nuovo U__U)
PPS:
NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!
Chi
nella Soul Society non conosce quella banda di attaccabrighe smargiassi nota
anche come UNDICESIMA COMPAGNIA?
Non
si direbbe a guardarli in faccia, ma questa allegra marmaglia di guerrieri
ormai da secoli innumerevoli ispira sempre grande sicurezza nei cuori delle
anime di Rokongai: si dormono sogni più tranquilli al pensiero che i rissosi
zotici e i litigiosi buzzurri vengono tolti dalle strade per poter confluire in
questo mirabile organo deputato alla propria sicurezza… Sempre meglio che
vederli vagabondare in giro, magari ubriachi, in cerca di visi a cui cambiare i
connotati.
L’Unidicesima
Compagnia è chiaramente un vanto per il Gotei 13, che si osanna continuamente
per questo suo ottimamente riuscito progetto di recupero sociale: imbrigliare
orde di cafoni col l’hobby del pestaggio in un corpo scelto a cui non manca mai
la voglia di fare a tocchetti qualsiasi hollow capiti loro a tiro.
Sono
più contenti loro, che possono sfiziarsi quanto gli pare con il loro nuovo,
violento ed entusiasmante lavoro, ed è più contenta la brava gente della Città
delle Anime!
Specializzati
nel combattimento, gli uomini di questa divisione portano ogni giorno, sui loro
visi da duri, sui loro toraci scolpiti da cicatrici, i segni della loro
vocazione alla nobile arte del suonarle, capitano in primis.
Costui,
per abilità ed attitudini, è ben più che un esempio per gli altri… è una meta
irraggiungibile anche per loro, che al confronto da lupi ringhiosi diventano
meno di cuccioli con gli occhioni lucidi!
A
questo punto, ad un ipotetico neo-entrato nella compagnia, sorgerebbe spontanea
la domanda: come fa una compagnia tale ad avere un bimbetta come tenente? E per
giunta con i capelli del colore che più fa rabbrividire, e disperare, i suoi
sottoposti… IL ROSA?!?!?!?
Poi
il neo-entrato membro della compagnia apprende dello strettissimo legame tra
lei e il capitano in carica, e inizia a pensare che sia quello l’unico motivo
per cui quella mocciosa non veniva buttata a calci tra le schiappette della
Quarta Compagnia…
Poi
il neo-entrato membro della compagnia viene messo gambe all’aria dalla
bimbetta… e inizia a pensare seriamente di cambiare mestiere…
Al
di là dell’idillico e notissimo rapporto tra lei e il capitano Zaraki Kenpachi,
aveva le sue buone motivazioni per ricoprire quella carica.
Kenpachi
l’aveva tenuta con sé da quando era ancora più piccola e minutina di adesso, e
dopo tanto tempo non aveva avuto dubbi nel riconoscere in lei un tenente abile
e in cui riporre fiducia (tranne quando si tratta di trovare la strada giusta
per qualsivoglia obiettivo…). Dal canto suo, la piccola sin da subito non aveva
avuto dubbi nel riconoscere nel suo “Ken-chan” la persona che avrebbe seguito
sempre e comunque, come i pulcini, una volta usciti dall’uovo, seguono il primo
essere che vedono.
“(YAAAAAAAAAAWWWNNN!!!)”
Per
essere formalmente una bambina la sua bocca, quando sbadigliava o mordeva, dava
l’aria di essere parecchio capiente, e soprattutto parecchio minacciosa: il
cranio lindo del povero Ikkaku aveva avuto pochi ma sfortunati incontri
ravvicinati con i suoi “dentini”…
Yachiru
Kusajishi, sbadigliando, si stiracchiò per bene, dopodiché scuotendo il capo
lasciò cadere sul pavimento in legno il suo berretto da notte col pon pon; i
suoi grandi occhioni poterono aprirsi al mondo ultraterreno in un’altra delle
sue meravigliose giornate.
Scostò
la calda copertina del suo futon (ovviamente colorata e piena di fiorellini
sorridenti), e si mise pian pianino all’impiedi. In realtà Yachiru, come
Zaraki, non aveva una casa propria, ma entrambi vivevano e dormivano in due
locali del quartier generale. Dopo anni da senzatetto si accontentavano
benissimo, inoltre così erano esempio di sobrietà ed alzavano il morale della
truppa: un comandante che fa del quartier generale la propria dimora
rispecchiava tantissimo lo spirito guerriero della divisione!
La
piccoletta si stiracchiò ancora e poi con buffi passetti si diresse al
calendario, che nella sua “cameretta” era vicino alla finestra e ai pupazzetti
di stoffa che si divertiva a punzecchiare e combattere con le spade
d’addestramento in legno (e dunque in condizioni non delle migliori…).
Il
sole l’abbagliò un po’, ma riuscì a leggere la data e cominciò ad esultare e
saltellare.
Yachiru:
“Siiiii! Che bello! È arrivato il giorno! Yahiii!!!”
Queste
ed altre infantili grida si sentirono fino al cortile esterno dove alcuni
shinigami erano già impegnati con gli esercizi di riscaldamento mattutini: mai
infatti farsi trovare impreparati per un sano combattimento che può sempre
rientrare nel programma della giornata.
In
ogni caso, quelle grida, emesse da quella voce da piccina candida ed innocente
come un dolciume spensero per un po’ gli animi…
Non
più spade che cozzavano, ma: “Bah! Come faccio a concentrarmi sulla spada e
sulla lotta sentendo una vocina tanto pucciosa?!” e commenti simili…
“E
da quando usi parole come “pucciosa”?”
Lo
shinigami si mise le mani tra i capelli: “ARGH! È la vicinanza con Yachiru!”
“Bah…”
“Yuppi
duuuu!”
Con
il solito entusiasmo, ma a velocità molto maggiore, si lavò per bene mani e
faccia, si strofinò i denti e corse di nuovo nella sua stanza a cambiarsi e
mettersi in divisa. Poi uscì precipitosamente, in kimono nero e zampakutou al
fianco, senza neppure fare colazione…
Durante
la sua corsa incrociò Ikkaku, ma non si fermò, passandogli invece sotto le
gambe grazie alla bassa statura: “Ciao, Pelatone!”
Ikkaku:
“Urgh… Almeno una volta al giorno devi dirmelo, eh tenente?”
(SCREEEEEEEEKKK!!!)
Ikkaku:
“?!?!?!”
Si
voltò e vide che il suo vice-capitano aveva appena inchiodato i freni,
fermandosi davanti al portone del quartier generale.
Ikkaku
si avvicinò: “Qualche problema?”
Yachiru:
“Ikky-chan…” disse, apostrofandolo con un altro dei suoi famosi nomignoli.
“Cosa vuol dire quando hai un filino attaccato al dito?” voltandosi gli mostrò
il sottile filo rosa legato all’indice.
Quello
scrollò brusco le spalle “E che ne so? Ti sarai dimenticata di fare qualcosa.”
Yachiru
si accigliò e ci pensò un pochino…
(Non
ho dimenticato che oggi è quel giorno speciale. Che cosa allora? Di andare a
far visita ad Uki-chan?)
FLASHBACK
Juushiro
Ukitake, il pacifico ma eternamente cagionevole di salute capitano della
Tredicesima Compagnia si affacciò alla finestra della sua casetta in riva al
fiume e prese una bella boccata d’aria.
Ukitake:
“Aaaahh! Che bella giorna…”
(SBAAAAM!!!)
Il
secondo dopo era a terra, svenuto per l’urto violento della testa contro il
pavimento, e con una bambina dai capelli rosa sul suo petto a scuotergli il
corpo ormai privo di sensi: “Ciao, Uki-chaaaaan! Come ti senti oggi? Hai una
caramella?”
Ukitake:
(KO) “………”
FINE
FLASHBACK
(No,
l’ho fatto ieri. Forse qualcosina che centra con oggi?)
Tornò
di corsa alla sua cameretta, e sul calendario trovò la risposta!
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHH!!!”
Ikkaku:
“Ma che ca…”
Yumichika:
“Oh, cielo, sarà successo qualcosa di brutto?”
Subito
un gruppo di valorosi sguainarono le spade ed accorsero irruenti alla cameretta
del loro tenente, pronti a soccorrerla. L’affollamento davanti all’uscio
provocò tuttavia un disordinato rovesciamento per terra di shinigami
all’interno della stanza; i quali furono poi calpestati da Yachiru uscendo,
come non esistessero.
“Ahio!
Mi ha camminato sulla faccia!”
“Ouch,
toglietevi da dosso!”
“Tanto
rumore per nulla dunque?”
“Ma
che le è preso?”
“HO
DIMENTICATO IL REGALINO PER KEN-CHAAAAAAAN!!!!!!”
Attraversò
per qualche centinaia di metri i lunghi viali della Seireitei prima di rendersi
conto che correva senza meta.
(SCREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEKKK!!!)
Ancora più forte di prima!
“Sigh…”
Eppure
l’aveva segnato con la matita colorata sul calendario, e con largo anticipo!
Come aveva potuto scordarsene?
FLASHBACK
Nanao
Ise: “In conclusione: noi shinigami donne dobbiamo scendere in campo e batterci
affinché l’effige del coniglietto Chappy sia cucita sul risvolto dei nostri
kimono per ribadire il bisogno di femminilità in questa maschiocratica Soul
Society!”
Lunghi
e scroscianti applausi per il suo intervento.
Rukia
si alzò dal suo posto innalzando un cartellone, ovviamente disegnato da lei:
“VIVA CHAPPY!!!”
Nanao:
“Bene! Ora, passando al prossimo punto...”
Yachiru:
(Yaaaawn!)
A
volte le riunioni dell’Associazione delle Shinigami Donne (ASD) a lungo andare
le risultavano noiose, e quella volta si andava avanti già da parecchio.
Momo
Hinamori: “Yachiru-chan?”
Yachiru:
“Uffi, io ho un impegno! Se continua così ancora un po’ me ne dimenticherò!”
Ovviamente quello di comprare il regalo per Ken-chan con una settimana
d’anticipo.
Hinamori
sorrise: “Sbadata, eh? Aspetta…”
Le
prese la mano e legò al suo indice un filo rosa: “Ecco! In questo modo ogni
volta ti guarderai la mano e noterai il filo legato ti ricorderai del tuo
impegno: fidati, è un metodo infallibile!”
Yachiru
si scrutò curiosa il ditino e rise.
FINE
FLASHBACK
Era
stata un intera settimana con uno spago legato all’indice senza che le venisse
in mente nulla… Non poteva certo prendersela con Momo comunque, lei era in
buona fede. Ma…
“Sono
nei guai! Come faccio? Non voglio farmi vedere da Ken-chan senza un regalino!”
Cominciò
a riflettere, e lo fece camminando in cerchio al centro della strada, tra la
confusione e l’imbarazzo dei vari passanti. Finché, sulla sua testa color
zucchero filato comparve una lampadina accesa!
“Idea!
Mi farò aiutare!”
E
canticchiando, la piccola si mise a cercare qualcuno che l’aiutasse a trovare,
o almeno le consigliasse, un buon regalo per il suo Ken-chan in quel giorno
speciale.
Poco
dopo all’Ugendo, ovvero il Tempio della Pioggia e dell’Asciutto, ovvero
l’alloggio del capitano della Tredicesima Compagnia, quest’ultimo si decise a
sporgere con circospezione gli occhi oltre la finestra. Non percepiva la presenza
non ostile eppur pericolosa di Yachiru, quindi poteva osarsi uscire fuori dalla
porta.
Il
luogo dove sorgeva casa sua era tranquillo ed assolato, con un fiumiciattolo placido
alle spalle e boschi rigogliosi intorno alla radura sul davanti: perfetto per
rilassarsi e rinvigorire la sua malferma salute.
Ukitake: “Ah, che
pace!”
“CAPITANOOOOOOOOOOOOOO!!!”
Ukitake: “Oh, no!”
Non
provò neppure a fuggire. I suoi due terzi seggi di divisione gli furono subito
addosso!
Sentaro
Kotsubaki: “CHE STA FACENDO!?!?! È IMPAZZITO!?!?!?!”
Kiyone
Kotetsu: “NELLE SUE CONDIZIONI DEVE STARE A COMPLETO RIPOSO, NON PUò AZZARDARSI
AD USCIRE DI CASA CON TUTTI I BRUTTI CEPPI CHE CIRCOLANO!”
Ukitake:
“Ehm… vorrai dire “brutti ceffi”…”
Sentaro:
“Mio capitano, so per certo che sarebbero i brutti ceffi a dover temere per la
loro incolumità contro di lei!”
Kiyone:
“Si? Beh, io lo so ancora di più, perché so molto meglio di te che il capitano
è fortissimo!”
Sentaro:
“COSA?!?!? GRRR!!!”
Kiyone:
“Mi riferivo ai brutti ceppi batterici influenzali che sono qui fuori pronti ad
aggredirla! Siccome tengo al suo bene, devo chiederle di tornare dentro!”
Sentaro:
“Ehi! Io tengo molto di più di te al suo bene! Quindi sono io che le chiedo di
tornare dentro!”
Kiyone
cacciò fuori uno sguardo irato: “BALLE! GLIELO CHIEDO IO!”
Sentaro
sfoderò uno sguardo furibondo: “CHIUDI IL BECCO!”
Ukitake:
“Mi sa tanto che con questa faccenda di “Capitan Tubercolosi” siamo andati un
po’ troppo oltre…”
Povero
capitano Ukitake, vittima della sua fama!
Il
capitano dai capelli bianchi scostò i due, separandoli prima che si menassero sul
serio, e li tranquillizzò: “Kiyone, Sentaro, so che tenete molto a me: non
perdete un occasione per dimostrarmelo…”
Kiyone
e Sentaro, felici e contenti, scattarono sull’attenti: “Grazie, signore!”
Ukitake:
“Tuttavia, se devo guarire, quest’arietta mattutina non può che farmi bene. Non
posso certo stare a letto a marcire ogni singolo giorno, ho bisogno di luce ed
aria io.”
Sentaro:
“Se… se lo dice lei…”
Il
buon capitano sorrise beato alla natura che lo circondava e che lo rinvigoriva…
“UKI-CHAAAAAAN!”
!!!
Kiyone:
“CAPITANO! È sbiancato improvvisamente! Lo sapevo che non doveva alzarsi dal
letto, lo sapevo!”
Sentaro:
“Ma io lo sapevo più di te, invece lo hai fatto uscire lo stesso!”
Kiyone:
“IO!?!?!?!? GRRRR!”
Ukitake
aveva ora i brividi: “Sapete, penso che abbiate ragione voi due, mi ritirerò!”
disse frettolosamente, richiudendosi la porta di casa dietro di sé.
“Ah,
e se dovesse passare qualcuno, chiunque, magari il tenente Yachiru…
occupatevene voi!”
Sentaro:
“Lasci fare a me, capitano!”
Iyone:
“No, a me!”
Sentaro:
“Brutta caccola!” l’uomo cominciò a tirarsi su la manica del kimono, ma proprio
allora sopraggiunse la piccola tenente.
Yachiru:
“Ciao ciao, Pizzettone!”
Sentaro
(a terra in depressione): <
Kiyone: “AH AH AH
AH AH!”
Yachiru:
“Ciao ciao, sorellina piatta di Isane-chan!”
Kiyone
(a terra in depressione): <
Sentaro: “AH AH AH
AH AH!”
Yachiru
si sporse con fare curioso oltre i due: “Uki-chan? È in casa?”
Ai
due terzi seggi parve di udire il rumore di assi che venivano inchiodate ad una
porta…
Sentaro
si fece autoritario: “Mi spiace tenente, ma il capitano Ukitake non riceve
visite in questo momento.”
Yachiru
si mostrò subito delusa: “Ma non è giusto! Mi serviva aiuto!”
Kiyone:
“Beh, forse possiamo esserle utili noi?”
Yachiru:
“Voi cosa regalereste a Ken-chan?”
All’udire
il suo nome, anche se così carinamente storpiato, la schiena dei due venne
percorsa da un brivido.
Sentaro:
“I-io un regalo a quello lì? Ah ah ah!”
Kiyone:
“Ehm, proprio non lo so… mi spiace… Vede, non è un soggetto su cui si possano
fare ipotesi facilmente…”
Comprensibile:
cosa si può regalare ad un tipo simile? Al più brutale e temibile dei capitani?
Il proprio corpo da maciullare a colpi di katana?
Il
viso tondo della piccola però si fece interrogativo. Non capì cosa volessero
dire, ma non si sprecò a chiedere spiegazioni: dato che non potevano aiutarla,
li salutò ed andò via saltellando rapida sulle sue gambette.
Yachiru:
“Che facce strane che hanno fatto…”
Al
Quartier generale della Decima Compagnia…
Matsumoto
Rangiku: “Vuoi comprare un regalo al capitano Kenpachi?” disse alzando la voce
per la sorpresa.
Per
nulla impressionata la bimba fece un sorrisone ed annuì: “Si, si!”
Matsumoto
si passò una mano tra i capelli e poi incrociò le braccia sotto l’enorme seno,
con la faccia di chi ha sentito qualcosa di assurdo: “Beh… Non saprei dire, non
lavoro molto con lui… fortunatamente…”
Yachiru:
“Uh?”
Matsumoto,
resasi conto delle sue parole cominciò a ridacchiare: “Ehm, nulla! Ah ah ah!”
Si
girò verso la porta che dava sull’altra stanza: “Capitano! Mi dica, lei cosa
regalerebbe al capitano Kenpachi?”
Il
giovane Toshiro Hitsugaya, impegnato a scribacchiare su dei rapporti con aria
imbronciata, rispose quasi in malo modo: “Di stargli il più lontano possibile,
almeno di questi tempi. Quando è inattivo per troppo tempo adocchia in modo
sinistro gli altri capitani, e credo di sapere cosa voglia da loro…”
Una
bella sfida, di sicuro!
Matsumoto
sbuffò: “Insomma, capitano! Il tenente Yachiru è qui per il nostro aiuto!
Faccia il serio!”
Toshiro
sbuffò ancora più forte della sua sottoposta e si fece indietro con la sedia
dalla scrivania: “Beh… una spada zampakutou nuova? Quella che ha è tutta piena
di crepe…”
Non
finì nemmeno di dirlo che Yachiru, saltando sulla scrivania, gli si piombò
davanti, mandando all’aria caterve di foglio così scrupolosamente catalogati!
Yachiru:
“MA COSA DICI, BIANCHINO!?!?!?! Ken-chan ama un sacco la sua spada! È
impossibile che voglia volerne un’altra!” Anche chi non lo conosceva bene
quanto Yachiru poteva immaginare ciò come una cosa ovvia, e Toshiro si disse
che se lo avesse realizzato prima ora tutto il suo lavoro non sarebbe sparso su
metri e metri quadri di pavimento…
Toshiro:
“SIGH!” (SBAM!) (Suono di una testa lasciata a sbattere su una
scrivania…)
Yachiru:
“Umpf!”
Saltò
giù dalla scrivania e si avviò all’uscita altezzosa, quasi come si fosse
offesa.
Matsumoto
la osservò andar via: “Ehm… capitano? Vuole una mano?”
Toshiro:
“…… Bah!”
Deglutì…
Quel posto non gli era mai piaciuto da fuori e da dentro era ancora peggio… Il
laboratorio sotterraneo della Dodicesima Compagnia!
Camminava
scrutandosi intorno, un po’ inquietata da tutti quegli aggeggi rumorosi, quei
macchinari con tanti luci lampeggianti, le facce dei ricercatori ingobbiti sui
dati analizzati, scavate ed inquietanti, e poi ancora i misteriosi grafici alle
pareti e i ben più misteriosi esseri rinchiusi in sospensione in quella che
sembrava acqua dentro grandi teche di vetro… Davanti a lei facevano strada, con
passo più sicuro, il tenente Nemu Kurotsuchi e il capitano e direttore delle
ricerche del laboratorio Mayuri Kurotsuchi.
Mayuri:
“Hai fatto bene a rivolgerti a me, tenente Yachiru.” Disse con la sua voce
acuta e un po’ nasale, quasi da alieno. Yachiru invece non ne era altrettanto
convinta. Per la bambina quel mostro, a vedersi e non solo, di Mayuri era
sempre stato uno strambo enigma, al punto che non riusciva mai a trovare il
soprannome più adatto tra “Zombie”, “Unghione”, “Topino di laboratorio”,
“Cervellone pazzo”, così preferiva rivolgersi a lui semplicemente come “Il Bruttone”…
Mayuri
e Nemu la guidarono fino ad un angolo del laboratorio dove un mostro, bavoso,
peloso ed irto di zanne cercava inutilmente di sfondare la colonna di vetro in
cui era rinchiuso. Una volta lì, il diabolico Mayuri estrasse una scatoletta
contenente diverse siringhe piene di un liquido giallo-verdastro.
Mayuri:
“Un regalo perfetto per quello lì!” disse con una punta di disprezzo alla fine.
“Questo
che vedi è il nostro ultimo ritrovato. Siamo riusciti a sintetizzare un siero
inibitore dalle notevoli capacità tranquillizzanti, ed in grado di sopprimere
anche i reiatsu più potenti… Sai, eravamo stufi di vedere le nostre cavie,
umane e non, agitarsi e sbraitare mentre venivano vivisezionate.”
Nemu
non batté ciglio, e nemmeno Yachiru che nella sua innocenza non aveva capito
tutto di quello scioccante discorso.
Yachiru:
“Ehm… A Ken-chan dovrebbe piacere quella punturina?”
Mayuri:
“Ma certo!” fece il capitano, alzando platealmente le braccia “Immagina: così
finalmente, repressa la sua rabbia e il suo spirito combattivo potrà starsene
tranquillo, senza la minima voglia anche solo di pensare ai combattimenti. In
questo modo non starà male quando rimane troppo a lungo senza nemici forti.
Basta una dose e diventerà mite e silenzioso, quasi… quasi apatico, tipo un
paziente d’ospedale allo stadio terminale, si!” Dopodiché esplose in una risata
da accapponare la pelle.
“Te
ne do una dimostrazione. Nemu!”
Nemu:
“Si, Mayuri-sama.”
La
donna pigiò un pulsante e la teca in cui si agitava selvaggiamente il bestione
sparì! Questi fu sul punto di saltare addosso ai malcapitati e fare a pezzi
ogni cosa in un delirio animalesco, ma Mayuri, con la velocità che solo i
capitani possiedono, infilzò la siringa tra i suoi occhi e gli iniettò il
liquido prima che la sua furia potesse esplodere. Il tempo di tornare,
camminando tranquillo, da Nemu e Yachiru e quel ringhiante abominio si era steso
a terra con un aria assonnata e mansueta.
Mayuri:
“Visto? Non è fantastico?”
Yachiru:
“…… Non credo mi piacerebbe vedere Ken-chan in questo modo…”
Mayuri:
“Suvvia! Sarà pure un po’ meno vispo e rompiscatole del solito ma così almeno
apprenderà anche lui il valore della stasi e della calma.”
Si
avvicinò al mostro e gli carezzò la testa: “Non è così?”
“Ah,
magari quel bruto fosse così tutti i giorni… anche se questo tipo qui mi sembra
un po’ troppo rilassato…… Ma che… Nemu!”
La
figlia prontamente arrivò. Con grande perizia controllò gli occhi vitrei, il
polso e il battito alla cavia... e scosse la testa!
Mayuri
per la rabbia scagliò a terra la siringa vuota e la schiacciò sotto il piede:
“Dannazione! È la quinta cavia che fa questa fine! Quante volte dobbiamo
diluirlo questo siero per non far tirare loro le cuoia?” Imprecò lui urlando!
Yachiru
cominciò ad indietreggiare con gran disinvoltura: “Spiacente, non credo che gli
regalerò la tua punturina.”
Poi
improvvisamente aumentò il passo e corse via.
Mayuri:
“Bah! Nemu, fa sparire questo coso!”
Nemu:
“Si, Mayuri-sama.”
Mayuri:
“Tsk, lo avessi saputo prima……… non le avrei fatto vedere nessuna dimostrazione!”
Mayuri
Kurotsuchi non si smentiva mai…
Un
po’ meno entusiasta di quando si era svegliata quel mattino, Yachiru Kusajishi
camminava per la strada senza incrociare sguardi, chiedendosi perché nessuno
sapesse aiutarla con il regalo a Ken-chan, perché tutti reagissero in un modo
così strano quando spiegava loro il suo problema…
“Uffi…
Ken-chan non sembra sia molto simpatico a molti…”
Piantò
i piedi e saltò su di un tetto: “Non mi arrendo! Oggi non mi presenterò a
Ken-chan senza un regalino!” esclamò decisa!
(GROOOOWWWLLL!)
“……”
Il
suo stomaco in quel momento le ricordò della colazione saltata… In effetti
l’ora di pranzo era anche molto vicina!
Yachiru:
“Ho faaaaaameeeeeeeeeeeeeeee!” urlò.
Guardò
a destra, guardò a sinistra, pensò un po’… e poi sorrise!
“Ih
ih ih!”
Con
gesto lento e misurato, afferrò il bastoncino con l’estremità a rastrello, e ad
occhi chiusi, assorto, come dovesse raggiungere l’illuminazione, cominciò a
lasciar scorrere i denti nella sabbia del suo giardino zen, disegnando forme leggere,
ascoltando il rumore di ogni singolo granello che si sposta.
Era
sua abitudine, poco prima del pranzo, venire lì, sotto il portico della grande
magione Kuchiki, a rilassarsi e distendersi dalle fatiche della mattinata.
Byakuya
Kuchiki: “………”
“BYA-KUUUUUUUUUUUUUUUUUUN!!!”
Nonostante
sapeva benissimo cosa significasse, non una sola ruga d’espressione turbò il
suo volto stoico. Unico segno che tradiva il suo immenso disturbo per ciò che
stava per arrivare era stato il brusco movimento della sua mano destra, che al
momento dell’urlo era scattata nervosamente sollevando uno sbuffo di sabbia
bianca, rovesciandolo inesorabilmente sul legno del pavimento.
“……
Tsk…”
“BYA-KUUUUUUN!!!”
Byakuya
si chinò in avanti per scansare la piccola pesta irruzionaria! Questa con una
capriola rimbalzò con le punte su di una colonna in legno del porticato e si
diede la spinta per un altro assalto. Stavolta però il serioso capitano si
chinò all’indietro, scansandola ancora e facendola rovinare sul pavimento.
Byakuya
aprì gli occhi: “Perché?” appena una puntina impercettibile di disperazione
nella voce…
Yachiru:
“Bya-kun!”
Byakuya,
col suo tono serioso: “Te l’ho detto mille volte: io per te sono il capitano
Kuchiki.”
Yachiru gli rise in faccia, nessuno osava mai tanto!
“Ho bisogno del tuo aiuto! Senti qui.”
(Grrroooooowwwll!)
Byakuya,
senza scomporsi: “Hai fame.”
Yachiru
ridacchiò cristallina: “Si, si, si!”
Byakuya
con uno shunpo sparì da quel luogo per ricomparire subito dopo con un bento
pieno di leccornie: al vederlo le brillarono gli occhioni pucciosi!
Byakuya:
“Se ti do questo mi lasci in pace?”
Yachiru:
“Prima devo chiederti una cosa!”
Byakuya,
ormai visibilmente infastidito: “Parla…”
Yachiru:
“Voglio fare un regalino a Ken-chan! Cosa posso prendergli secondo te,
Bya-kun?”
Byakuya
alzò un sopracciglio e guardò la sabbia rovesciata del suo giardino zen con
aria vacua, come contenesse la risposta a quell’inconsueto interrogativo!
Byakuya
cercò di pensarci su, ma Yachiru cominciò a ronzargli intorno, con i suoi
occhioni e i suoi capelli confetto, ripetendo, ossessiva con la sua nocetta,
per lui snervante:
“Allora?
Allora? Che cosa? Che consigli? Che dici? Uh? Uh? Uh? Eh? Allora? Eh?”
Byakuya,
prima così prossimo all’illuminazione per serenità interiore, accumulava sempre
più stress ogni secondo che passava! Prima pensò di usare Senbonzakura per
scacciarla, ma Kenpachi non avrebbe gradito e non gli andavano diverbi con lui,
con il quale avrebbe, come tanti, preferito avere meno contatti possibile. Poi
si rassegnò a dire la prima cosa che gli veniva in mente.
“Un
nuovo haori: quello che ha è consunto dall’usura ed ha il bordo seghettato
dagli strappi. Di sicuro sarebbe più dignitoso per lui e per il Gotei 13 se
andasse in giro vestito come si deve.”
La
bimba lo guardò e notò anche in lui un certo risentimento nel tono di voci nel
confronti di Zaraki. Si grattò il capo. La cosa la intristiva un po’…
Yachiru:
“Mhmm… Forse…”
In
realtà la cosa non la convinceva: anche il suo haori (Nda: è il mantello bianco
del capitani), come la sua katana, conteneva i ricordi di mille e più
battaglie, e non gli sarebbe certo piaciuto separarsene…
Yachiru
raccolse da terra il bento (Nda: cestino per il pranzo) e sorrise grata al
capitano della Sesta Compagnia: “Grazie dell’aiuto e del pranzo, Bya-kun! (gnam)(gnam)”
disse, cominciando subito a riempirsi la bocca di ravioli senza usare le
bacchette.
Byakuya
scosse la testa: mangiare con le mani! Povera piccola shinigami: il contatto
con quel mostro la stava rovinando.
Byakuya:
“Ora, se vuoi scusarmi vorrei mangiare anch’io.”
Yachiru:
“(gnam)(gnam) Ok! Ciao!
(gnam)”
Byakuya:
“Non si parla a bocca piena. Tsk, tale capitano, tale vice.”
Magari:
se Renji fosse solo un po’ più simile a lui…
Yachiru
saltò oltre il muro di cinta della villa ed andò a cercarsi un angolino dove
rifocillarsi in pace. Purtroppo la sua ricerca di un regalino non si faceva per
niente più facile, ed era già a metà giornata…
Mentre
il suo gironzolare seguitava, si spremeva le meningi, cercando di farsi venire
qualche idea; ma ad un certo punto qualcosa la distrasse. In un vicolo cieco
immerso nell’ombra alla sua destra c’erano due figure: tutte e due celate da
abiti scuri che le coprivano quasi completamente.
Si
acquattò dietro l’angolo ed origliò.
“Hai
ciò che ti ho commissionato?” Sembrava una voce femminile.
“Si,
è qui.” Porse rapido una busta di carta.
“Perfetto.
Ecco il tuo compenso.”
Due
occhioni scintillanti comparvero nel buio del vicolo scrutando da vicino la
busta: “Che cos’è?”
“AAAAAAAAAAHHH!!!”
Dopotutto era una tenente, sapeva essere rapida. Ed anche silenziosa vista la
piccola stazza!
Una
delle due figure saltò subito oltre il muro. L’altra, che aveva la busta, fece
un passo per darsi lo slancio e fare altrettanto, ma inciampò su una mattonella
della pavimentazione messa male.
Yachiru:
“Uh?”
Le
bende erano cadute, e poté riconoscere la capitana della Seconda Compagnia, con
l’abito nero da shinobi dei corpi speciali: Soi Fon.
Soi
Fon: “Ahio!”
Ma
nemmeno il tempo di portare una mano a massaggiarsi la testa che vide la bimba
sgambettare verso la busta ed aprirla curiosa.
Scattò
in piedi: “NOOOO! NON FARLO!”
Troppo
tardi…
Un
pupazzo di stoffa raffigurante Yoruichi…
Soi
Fon: °///°
Yachiru
guardò lei, guardò il pupazzetto (raffigurante l’ex-capitana di Soi Fon, nonché
maestra e forse più)… E rise!
Yachiru:
“Che bellina! È uguale uguale alla Gattona!”
Soi
Fon ringraziò il cielo che quella fosse il tenente Yachiru e non nessun altro.
Cautamente
e con un sorriso forzato si avvicinò: “Eh eh eh… Ehm, me lo ridai?”
Lo
riprese in mano svelta: “Tenente… lei deve giurarmi che non dirà nulla di ciò
che ha visto! Nulla! Le concederò tutto ciò che vuole!”
“LECCA-LECCA!”
rispose subito la rosa!
Un
rumoroso (Slurp)(Slurp) accompagnava, e precedeva
alle orecchie altrui, le due shinigami durante il loro cammino.
Soi
Fon: “Acqua in bocca, mi raccomando.”
Yachiru,
senza capirci molto, annuì: “Soi-Soi, devo chiederti una cosa.”
Soi
Fon deglutì e chiuse gli occhi…
Yachiru:
“Cosa regaleresti a Ken-chan?”
Soi
Fon prima si sentì immensamente rilassata, poi immensamente sbigottita: “Cosa?
Vuoi fare un regalo a quello lì? E a che scopo? Per come è ridotto mentalmente
quello l’unica cosa che potrebbe rallegrarlo sarebbe un bell’incontro
all’ultimo sangue.” Disse scettica.
Yachiru
guardò un attimo il lecca-lecca extra-large che aveva in mano, poi la capitana
al suo fianco: “Io… voglio fargli lo stesso un regalino.”
Soi
Fon: “Per me è fatica sprecata, lui non è il tipo da regalini.” Disse come lo
conoscesse meglio di lei che si faceva portare in spalla da lui.
“E
comunque…” proseguì “Hai chiesto alla persona sbagliata. Chiedi consiglio ad
qualcun altro.”
Yachiru
si rassegnò a fare così ancora una volta
In
una taverna aveva casualmente incrociato un altro dei capitani, e anche
stavolta aveva fatto la stessa identica domanda.
Shunsui
Kyouraku: “Un regalo, eh?”
Stavolta
non ci fu nessuno sguardo sorpreso o inebetito; Shunsui si limitò a mandare giù
un altro bicchierino di liquore. Lei lo guardò bere, seduta sulla sedia davanti
a lui con le mani sulle ginocchia, facendo dondolare i piedi nel vuoto tra di
essi e il pavimento (era comunque molto bassa e le sedie del locale erano a
misura di adulto ubriacone). Posò il bicchierino e cominciò a grattarsi il
pizzetto con l’indice e il pollice, con un aria più assonnata che pensosa per
via degli occhi sempre socchiusi, in un espressione insieme un po’ ubriaca ed
affascinante… da latin-lover!
“Mhmm…
non mi viene nulla in mente. Ad essere sincero non ho mai pensato che a
qualcuno potesse venire in mente di fargli un regalo.”
A
quelle parole e all’ennesimo sorriso beffardo, Yachiru si impuntò e mise il
broncio: non perché nessuno sapeva aiutarla, ma per quella così fastidiosa
incredulità sulla faccia e nelle parole di tutti coloro a cui si era rivolta, e
con essa a volte la paura, o il disprezzo…
Si
alzò in piedi sulla sedia: “Uffa, uffa, uffa! Non vi sopporto più!”
Shunsui:
O_o ???
Incurante
del fatto di trovarsi in pubblico ed in un locale dove la gente vuol stare in
santa pace (era il posto preferito da Kyouraku), cominciò a sbraitare senza
riserve!
“Cosa
c’è di buffo in quello che voglio fare? Perché fate tutti quelle facce? Grrr!”
Shunsui
inarcò un sopracciglio: nonostante l’imbarazzo della situazione volle ascoltare
attentamente.
“Ed
ogni volta sentite il nome di Ken-chan diventate nervosi e fate le facce da
“Bah!” e da “Umpf!”!”
Il
suo personale ed infantile modo di descrivere le reazioni di molti di quelli a
cui si era rivolta: non solo capitani e tenenti, ma anche passanti e
conoscenti, ed addirittura alcuni della sua stessa compagnia, anche loro
perplessi ed in difficoltà come tutti gli altri.
”Nessuno di voi gli vuole bene, vero? Anzi, non lo sopportate affatto! Eh? Eh?
Eh?”
Shunsui:
“……”
Il
capitano dinanzi a lei la fissava quasi inespressivo, nei suoi occhioni da
bimba incavolata nera, con i denti stretti bene in mostra.
E
poco dopo sorrise e ridacchiò.
Yachiru:
“GRRRRRRRRRRRR!!!”
Shunsui
rabbrividì. La sua era una risata sincera, sorta spontanea di fronte al
dolcissimo attaccamento della piccola tenente per il suo capitano, il suo
Ken-chan… Ma essendo lei già abbastanza spazientita era meglio chiarire subito!
Shunsui
(gocciolone dietro la testa): “Ehm… calma su! Non intendevo ridere di te, eh eh…
Comunque ti sbagli: noi non odiamo affatto Zaraki.”
Yachiru:
“Umpf!” Improvvisamente parve intristirsi ed abbassò il capo, continuando con
una vocina, sempre furiosa, ma ben più bassa del solito (vispa com’era arrivava
ad infastidire le orecchie di molti!).
“Se
non è vero che non lo odiate allora perché tutti pensano che sono scema perché
voglio fargli un regalo? Bianchino vuole stargli alla larga, Bruttone vuole
fargli le punturine, a Bya-kun non piace come si veste…”
Kyouraku
Shunsui per un attimo si chiese chi fossero “Bianchino” e gli altri da lei
nominati, ma non ci fece molto caso.
Shunsui:
“Ehi, non è mica vero che sei scema a volergli fare un regalo.”
Pensava
piuttosto a spiegare il “problema” della gente a Yachiru: “Vedi Yachiru-chan…”
cominciò versandosi un altro po’ di saké e mandandolo poi giù in un sorso. Lo assaporò,
anche per ripassarsi un attimo il discorso che stava per fare e cominciò.
“Zaraki
è un tipo molto particolare, forse unico. È imperscrutabile, austero… è
difficile che si apra con gli altri, e i suoi atteggiamenti non lo aiutano
certo.
Io
non è che non lo sopporti, anzi, però, anche se siamo colleghi, non posso dire
di essere poi in gran confidenza con lui, o di essere amici. Non abbiamo ancora
avuto il piacere di brindare insieme ad esempio, eh eh eh!”
Yachiru:
“……”
Si
schiarì la voce: “Ad ogni modo, lui non è il tipo che risulta simpatico a
tutti, né gli interessa esserlo. È chiaramente un buon capitano e un gran
combattente, utile e fedele al Gotei 13, nonostante questo quasi nessuno gli è
davvero vicino, e c’è poi chi non comprende e non accetta alcuni lati della sua
persona, e non a torto.”
Gli
sembrò necessaria quell’ultima aggiunta: la sua cattiva fama era ben meritata
d’altronde.
“Non
pensi sia plausibile che tutti quelli a cui ti sei rivolta siano rimasti un po’
in imbarazzo al pensare a che regalo fargli?”
Yachiru:
“… Hai ragione…”
Lui
sospirò e si grattò la testa: “Però, Yachiru-chan, forse non era poi così
necessario chiedere consiglio a loro. Impegnandoti puoi riuscire benissimo a
farti venire un idea.”
Yachiru:
“Uh?”
Shunsui, con l’immancabile e pacato sorriso: “Dopotutto tu lo segui da
tantissimo tempo, e sei la persona con cui passa più tempo.”
Anche
perché lei gli girava continuamente attorno: anche quando sembrava non esserci
alcune volte era nascosta nel suo haori, magari meditando di saltare fuori
all’improvviso per giocare qualche scherzetto.
“Se
non conosci tu i suoi gusti o cosa gli piacerebbe ricevere, chi allora?”
Già,
chi altri se non l’unica persona che avrebbe pensato di fargli un regalo?
Chi se non la persona che gli voleva più bene di tutti, in quella grande Soul
Society?
“Su,
pensaci.” Esortò ancora Shunsui.
Yachiru:
“Mhmmmmm…”
Si
sedette sulla sedia incrociando le gambe e le braccia, ed arricciando le
labbra: a vederla così concentrata faceva uno strano effetto, strano ed anche
parecchio divertente! Aggrottò le ciglia, strinse i denti, sempre più
concentrata, sempre più concentrata…
Yachiru:
“Ehm… come si decide che regalo fare?”
Il
capitano dell’Ottava Compagnia per poco non si rovesciò sbilenco sul tavolo!
Shunsui:
“Beh, prova a pensare a qualcosa che non ha e che gli piacerebbe avere o che
gli serva.” Disse allungando la mano verso la bottiglietta ancora una volta.
Qualcosa
che gli servisse e che volesse avere? pensò lei.
FLASHBACK
Dall’alto
dei suoi due metri d’altezza, il capitano Zaraki Kenpachi era una visione
imponente e minacciosa per chi lo incontrava: la benda sull’occhio, la
cicatrice, il naso aguzzo, quei capelli così strani e quell’inquietante rumore
di campanellini che lo precedeva. Al suo fianco, la figura del suo tenente
sarebbe dovuta scomparire al solo confronto d’altezza, invece finiva sempre per
risaltare per la sua assoluta discordanza! Occhi dolci, guanciotte rosse e
morbide, capelli rosa confetto, sorrisetto sbarazzino.
Come
facesse la più giovane shinigami del Gotei 13 a preferire ai giochi e alle
amichette il combattimento e il capitano Kenpachi era un mistero per chi non
sapesse che storia avessero alle spalle quei due. Fatto sta che imperterrita lo
seguiva ovunque, ogni volta possibile o non avesse altro per le mani al
momento.
Quel
giorno lo stesso: lei a canticchiare…
“La
la la, la la la!”
E
lui ad avanzare con passo pesante ed inarrestabile per la sua strada. Anzi,
quella volta non inarrestabile.
Si
fermò anche lei: “Uh?”
“Mhmm…”
mugugnò. Scosse il capo a destra, poi una volta a sinistra ed ancora a destra,
con l’aria di controlla qualcosa. Poi si afferrò una delle lunghissime punte
aguzze in cui erano ordinati i suoi capelli e portò la punta fin davanti gli
occhi:
“Tsk!”
Gli era giusto parso che facessero meno rumore del solito.
Yachiru
cominciò a saltellare curiosa: “Che c’è? Che c’è? Che c’è?”
Kenpachi:
“Se ne è staccato un altro. E a giudicare dal suono non ne sono rimasti molti.
Bah, poi ci penserò. Andiamo.”
Yachiru:
“Ok!”
FINE
FLASHBACK
La
rosa scattò in piedi sulla sedia!
“I
campanellini!” gridò!
Quelli
che Kenpachi portava alla fine delle “guglie” dei suoi capelli. Li usava per
rendere manifesta la sua presenza al nemico: non era il tipo a cui piaceva far
fuori l’avversario cogliendolo di sorpresa, troppo poco divertimento e poi era
da codardi! Molto spesso però li perdeva durante i duri combattimenti che tanto
lo facevano divertire. Tra l’altro metterli non era affatto facile: la punta
più alta era difficilissima da raggiungere! Ora però sapeva cosa cercare: dei
campanelli nuovi, magari più resistenti, che non si staccano al primo brusco
sballottamento.
Yachiru
“Whiiiiii!
Ah ah ah ah ah!”
Shunsui
fu altrettanto contento che ce l’avesse fatta: “Eh eh eh… Ehm, se continui a
saltare così finisce che rompi la sedia.”
E
non solo salti, a volte faceva anche capriole e giravolte! Quando ritenne di
avere esultato ed urlato abbastanza afferrò la mano di Shunsui e cominciò a
stringerla e a sventolargliela su e giù, sballottando così tutto il capitano!
Yachiru:
“Grazie tante, Glu-Glu, sei stato di grandissimissimo aiuto!”
Shunsui,
sballottato da quella calorosa stretta di mani: “D-di-di nulla!”
Ridendo
lo lasciò e saltò giù dalla sedia, correndo verso l’uscita.
Shunsui:
“Glu-Glu?” Il suo personale soprannome “by Yachiru”!
“Eh
eh eh! Che tipa!”
Sospirò
e si poggiò con un gomito sul tavolo: “Ah, perché non capita mai che per caso
incontri Nanao-chan mentre sono qui?”
Chiuse
gli occhi un po’ sognante, mentre si portava alla bocca un altro bicchierino:
“Ah, Nanao-chan…”
SPLAT!
La
sua “Nanao-chan” gli aveva appena rifilato una mega-sberla dietro la nuca con
la cartella dei rapporti non ancora controfirmati!
Nanao:
“CAPITANO! Sempre a bere, eh? Grrrrr!”
Gli
altri avventori della locanda, nonché il proprietario, cominciano a
spazientirsi di tutte quelle urla provenienti da quel tavolo all’angolo!
Shunsui:
“Ahi! N-Nanao-chan…” Come non ci fosse già l’alcool a scuotergli la testa!
Nanao:
“ “NANAO-CHAN” UN CORNO! Ora mi segue e viene a finire il lavoro da buon
capitano responsabile!”
Lo
afferrò per il vistoso haori rosa e cominciò a tirarlo con una forza
insospettabile!
Nanao:
“Ah, se non ci fossi io la nostra compagnia andrebbe a rotoli, sigh!”
Shunsui:
“……”
Una
volta che anche loro furono fuori, la pace tornò sovrana nella taverna.
Yachiru:
“Ih ih ih!”
Ce
l’aveva fatta! Li aveva trovati!
Yachiru:
“Grazie tante Momo-chan!”
Momo
Hinamori: “Non c’è di che!”
Anche
grazie ad un piccolo aiutino. Poco dopo aver lasciato Shunsui aveva scovato la
tenente della Quinta Compagnia, già brillante suggeritrice del trucco dello
spago al dito: l’aveva aiutata a cercare il posto adatto dove comprare ciò che
gli serviva.
Ora
Yachiru poteva gongolare mentre reggeva tra le mani un cofanetto amaranto con
dentro una bella riserva di eleganti e splendenti campanelli nuovi, garantiti
contro lo smarrimento: ora Zaraki avrebbe potuto rotolarsi a terra a fare la
lotta libera con un huhe-hollow senza temere per i suoi sonagli se avesse
voluto!
Si
fermarono ad un incrocio.
Hinamori:
“Io devo andare per di qui, ho delle faccende da sbrigare. Tu ora torni al tuo
quartier generale?”
Yachiru
annuì gioiosamente.
Hinamori:
“Allora dobbiamo separarci. È molto carino da parte tua quello che stai
facendo, lasciatelo dire!”
Yachiru:
“Ih ih ih! Grazie!”
Hinamori,
come Shunsui, faceva caso al gesto, non a chi era rivolto: quindi delle persone
senza pregiudizi alla fin fine c’erano.
Hinamori:
“Chiudi la scatola, non vorrai farli cadere.” Avvertì lei.
Yachiru:
“No, no, no! Sono troppo belli per perderli!”
Hinamori:
“Già, al capitano Kenpachi piaceranno come regalo di compleanno.”
Yachiru:
“Oh, ma non è il suo compleanno, Ih ih ih!”
Hinamori:
“Come?”
Yachiru:
“Io vado! Ciao ciao, Momo-chan!”
Ovviamente,
prima che Momo arrivasse a chiedergli altro, lei era già scappata via
canticchiando a bocca chiusa.
Hinamori:
“Ma se non è il suo compleanno perché gli fa un regalo? Che giorno è oggi? Beh,
d’altronde non è che deve esserci per forza un occasione…”
Ed
anche lei andò per la sua strada.
Correva
e correva, e rideva di contentezza: ora aveva il regalino! Non restava altro da
fare che trovare Ken-chan, darglielo e fargli gli auguri!
L’unico
problema era il suo famigerato scarsissimo senso dell’orientamento! Non era mai
stata molto brava a trovare la strada per qualsivoglia luogo e qualsivoglia
obiettivo, come Kenpachi aveva sperimentato altre volte… La determinazione a
trovarlo c’era se non altro. Ma sarebbe bastata?
Se
poi ci si mette anche un po’ di sfortuna…
Infatti
al quartier generale, l’unico posto che bene o male riusciva a trovare non
c’era: ora le cose si sarebbero fatte difficili.
Yachiru: “Uffi! Keeeeeeeeeen-chaaaaaan!!!
Dove sei???”
Ma
il destino, e non Ken-chan, era in agguato dietro l’angolo...
Ikkaku
(ubriaco): “Ah ah ah ah! E allora sai che ho fatto?”
Iba
Tetzuzaemon (ubriaco, anche se di meno): “Eh eh, cosa?”
Ikkaku,
barcollante per l’alcool, gli si appoggio alla spalla: “Prima gli dico “Tu non
sai chi hai di fronte, pivello!” e dopodiché lo prendo e lo scaravento a terra
con una mossa di arti marziali! WUAH!”
Iba:
“Ben fatto! I giovani vanno temprati per bene, ah ah!”
Ikkaku:
“Infatti mica mi sono fermato lì: gli sono piombato addosso, lì per terra dove
si trovava, e ho cominciato a prenderlo a schiaffi in faccia, ah ah!”
Iba:
“Ehi, calma, ora ci sei andato giù un po’ duro!”
Ikkaku:
“Naaa, dopo è arrivato il capitano e non ho potuto continuare, quindi se l’è
cavata bene: lezioncina imparata!”
Iba:
“Sempre il solito tu!”
Yachiru,
educatamente: “Permesso.”
Ma
né l’uno né l’altro fecero caso alla sua presenza lì in basso davanti i loro
piedi.
Iba:
“Devi cercare di essere meno…”
(STUMP!)
Ikkaku:
“Ma che ca…”
Yachiru:
“Aaaahh!”
La
travolsero neanche fossero bufali in carica prima di accorgersi di lei, che
intanto era caduta col sederino a terra.
Yachiru:
“La scatolina!”
Pessima
mossa tenerla in mano: all’urto con il terreno si aprì, ed i campanelli
cominciarono a rimbalzare per la pavimentazione della strada. Nulla di che, se
non fosse stato che in quel punto il fondo stradale pavimentato d’azzurro era
in pendenza per lasciar scolare l’acqua piovana in un tombino!
Ikkaku
si guardò intorno: “Campanellini? Il capitano è qui vicino?”
Iba:
“No, sono lì per terra, ma tra poco saranno tutti nelle fogne…… aspetta, forse
se ne salva uno……… no, è andato anche quello.”
Intanto
lei, a gattoni, era rimasta scioccata a guardare lo svolgersi della scena: il
regalo per cui tanto aveva girato, chiesto e cercato finire giù in un buco,
perduto.
Yachiru:
“……”
Iba
si grattò il capo: “Accidenti, mi sa che abbiamo fatto un guaio.”
Ikkaku,
ancora tutto sbronzo ancora non aveva realizzato del tutto…
”Mi spiegheresti anche a me? Il capitano è nella fogna?”
!!!!!!
Poi
una pressione spirituale immensamente rosa lo fece rinsavire più di un anno di
sedute di gruppo agli alcoolisti anonimi!
Il
mondo intorno a lui stava assumendo il colore che avrebbe segnato la sua
dipartita…
IL
ROSA!
Iba:
“I-I-Ikkaku?” Stava tremando!
In
quel momento la bambina girò la faccia verso quei due, e i suoi occhi da tigre
infuriata sembravano spiccare, come lampi omicidi, in un inferno color
confettini!
Ikkaku
urlò ed insieme ad Iba si gettò all’indietro per terra.
Iba
(indietreggiando sulle gambe): “Ikkaku, sembra preoccupante!”
Ikkaku:
“Lo è! Guarda i suoi occhi! Siamo fottuti! Da noi dell’Undicesima una delle
regole più sacrosante è quella di non far mai e poi mai arrabbiare il tenente
Kusajishi!”
Iba
(abbracciandolo forte): “P-per via del vostro capitano?”
Ikkaku:
“PENSI CHE ABBIA BISOGNO DEL CAPITANO PER FARCI MORIRE DI TERRORE???”
Una
fiammata di reiatsu rosa si innalzò più delle altre, mentre si rimetteva in
piedi…
Iba:
“Ehm… forse se le chiederai scusa, come è da persone educate in questi casi,
non se la prenderà troppo…”
Vana
speranza…
“YAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH!!!”
Iba
e Ikkaku: “WAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH!!!”
L’attacco
si basò sul fattore sorpresa: Ikkaku nel vedersi addentato il cranio lucido da
un secondo all’altro da una bimba infuriata rimase infatti parecchio sorpreso!
Yachiru:
“GRRR! (MUCH!)" (rumore di mandibole…)”
Ikkaku:
“NOOO! TENENTE… AHIII! IBA! AIUTAMIIIII!!!”
Iba
in realtà aveva già iniziato a correre, ma non compì più di tre falcate che
sentì l’amico invocarlo disperato.
I
suoi occhiali scuri da yakuza brillarono: “Sono troppo orgoglioso e troppo poco
vile per lasciare un amico in pericolo!”
Che
fortuna avere un compagno tanto virtuoso!
“Arrivo
Ikkaku, resisti! Placherò a tutti i costi la furia del tuo tenente!”
Yachiru
alzò gli occhi dal pelato pasto: “UH?”
Iba:
“In quanto pari di grado apriamo una civile discussione per… Oh oh…”
Yachiru
staccò i denti da Ikkaku che crollò a terra in stato di shock per avventarsi su
di lui: anche stavolta a denti sguainati!
Con
uno scatto mandibolare addentò e spaccò i suoi poveri occhiali da sole, e fu a
quel punto che capì che ogni tentativo di calmarla era vano!
(Sigh!
I miei occhiali, mi sento nudo!)
Ikkaku,
riscossosi un po’, si alzò, afferrò Iba per la manica del kimono e cominciò a
correre: “SCAPPIAMO! È L’UNICA SALVEZZA!”
Yachiru:
“NYAAAARRRR!!!”
Ovviamente
non volle lasciarli andar via così facilmente! Non potevano passarla liscia!
Iba:
“Ci insegue! Senti, in tali casi di pericolo non ci sarebbe concesso di
difenderci? Siamo in due dopotutto!”
Ikkaku
da solo poi era forte quanto e forse più di un normale tenente…
Ikkaku:
“E che cosa vuoi fare, combatterla? Già così incazzata ci farebbe sudare, e se
le facciamo del male và a finire che ci ritroveremo a scappare dal capitano
Zaraki!”
Iba:
“COME NON DETTO! CORRIAMO E BASTA!!!”
Yachiru:
“GRRRR! FERMIIIIIIIIIIIIIII!!!”
Un
ora dopo…
Iba:
“(anf)(anf) Ma è ancora lì! (anf) Non ci da tregua! (anf) Ma per quanto ancora
vorrà inseguirci?”
Ikkaku:
“Conoscendola… (anf)… fin quando le andrà! (anf)”
Ormai
la distanza si era ridotta a ben poche decine di metri! Il rosa, irradiante
l’ambiente, assumeva tonalità sempre più intense.
Ikkaku:
“Iba… (anf)… per noi è la fine… (anf)” disse Ikkaku. Perduta ogni speranza era
il caso di prepararsi psicologicamente assieme al fraterno Iba ad una fine
dignitosa.
Iba:
“Forse no! Guarda!” disse arrestando improvvisamente le gambe, ed indicando un
cancello alla loro destra.
Di
lì si entrava nel luogo che ora si presentava come ultima speranza: il quartier
generale della Quarta Compagnia, l’unità operativa di soccorso e ricovero.
Ikkaku
ed Iba (occhi brillasi): “SIAMO SALVI!”
Yachiru:
“FERMIIIIIII!”
Si,
come no! Come forsennati attraversarono il giardino dell’edificio, provocando
folate di vento al loro passaggio tali da pelare i fiori di tutti i loro petali
(che Ikkaku centrasse qualcosa?). Arrivati al portone in legno cominciarono a
sbattere furiosi i pugni, sottoponendo il legno ad un cruento pestaggio!
Ikkaku:
“FATECI ENTRARE!!!”
Iba:
“ASILO!!! ASILO!!! CHIEDIAMO ASILO!!!
E
a quelle preghiere ecco la porta aprirsi e comparire sulla soglia, in tutta la
sua fulgida possanza… Hanataro Yamada, il tranquillissimo simpaticone della
divisione medica.
Li
guardò con il suo solito sguardo (per alcuni da rimbambito…) e poi disse calmo:
“Mi spiace, ma qui nell’ospedale centrale possono entrare solo medici e
infermieri o malati e feriti.”
Ikkaku:
“Ma io sono ferito! Guarda, qui sulla testa: non li vedi questi segni di
morsi?”
Iba:
“Ed io credo di avere qui nell’occhio una scheggia dei miei adorati occhiali da
sole.” <
Hanataro:
???
Non
sembrava molto convinto, ma quei due avevano davvero tanta fretta di mettersi
in salvo.
Iba:
“Senti tu, se non ci fai entrare immediatamente anziché due feriti avrete due
moribondi!”
Ikkaku:
“Capito, omuncolo? Facci passare!”
Il
fiero Hanataro si oppose timidamente: “M-ma-ma…”
Ikkaku
lo afferrò per il bavero, lo sollevò e gli sparò la sua faccia più
terrorizzante: “Hai detto qualcosa, MERDACCIA?”
Hanataro
(terrorizzato): “EEEEEEEK!!!”
Ikkaku
scagliò Hanataro fuori dai suoi passi e lui ed Iba si rifugiarono all’interno
dell’ospedale, chiudendosi dietro il portone e puntellandolo per sicurezza…
Yachiru:
“Sigh!”
La
sua rabbia non era servita a nulla, e non aveva neppure potuto appagarla
vendicandosi su quei due dannati ubriaconi che avevano rovinato una giornata
che finalmente si stava raddrizzando.
FLASHBACK
Yachiru:
“Sono andati di qui!”
Svoltò
anche lei e cominciò a percorrere il selciato che dirigeva verso il portone,
ringhiando e sbraitando.
Yachiru:
“Uh?”
SCREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEK!
La
frenata fu a malapena sufficiente da impedirle di schiantarsi sulla capitana
della Quarta Compagnia che subì solo un leggero urto sulle gambe vista la bassa
statura dell’aggressore!
Retsu
Unohana le rivolse un pacifico sorriso: “Salve, tenente Yachiru.”
Yachiru,
ancora sprizzante di fiammate rosa di reiatsu: “Unohana-san, due scemi… due…
grrrr! Dove sono?”
Retsu:
“Ehi, calmati dai!”
Yachiru:
“Grrrrr! Per colpa loro… grrr! E adesso cosa… Grrrrr!”
Visto
che era recalcitrante a calmarsi, Retsu abbandonò per un po’ il sorriso:
“Tenente Yachiru!”
E
sorprendentemente il suo sguardo serio basto a farla smettere di agitarsi.
Ottenuta la sua massima attenzione, indicò una piastra metallica a lato della
porta:
<
Yachiru,
spegnendo il fuoco della sua energia spirituale: “Oh…”
Retsu
allora continuò nuovamente con parole pacate: “Qui molte persone che non stanno
bene sono in cerca di cura, e non hanno bisogno solo di quella, ma anche di
molta quiete.”
Yachiru
si grattò la nuca: “Ehm… già, già… Però ho visto che quei due sono venuti di
qua!”
Retsu,
sorridente: “Ti sbagli, non è arrivato nessuno qui.”
Intanto,
ad appena un metro da lei, in un cespuglio, Hanataro a terra in stato
confusionale…
Yachiru:
“Si? Oh, allora… mi sono sbagliata? Scusa, non volevo fare chiasso…”
Retsu:
“Non ti preoccupare.”
La
piccola salutò ed a passo svelto ma a testa bassa andò via…
La
capitana rientrò dentro e richiuse la porta, e così Ikkaku ed Iba si tirarono
fuori dalle coperte dei letti in cui si erano rintanati.
Iba:
“La ringraziamo immensamente e profondamente capitano!” disse inchinandosi.
Retsu
però, dall’alto della sua naturale bontà, era infastidita alquanto: “Non è da
me mentire. L’ho fatto solo perché so a cosa va incontro qualcuno che è inseguito
dal tenente Yachiru…”
Ikkaku,
trafitto da uno sguardo colpevolizzante: “Ma… capitano, noi non le abbiamo
fatto nulla, o meglio nulla di tanto grave, almeno credevo…”
Retsu:
“Basta così Madarame. Voi due sappiate che farò rapporto ai vostri superiori,
ci penseranno loro a prendere provvedimenti.”
Ikkaku
ed Iba: “Sigh!”
Poi
però Retsu tornò gentile… almeno in apparenza…
“Già
che siete qui, perché non vi sottoponete ad un check-up completo?”
Iba
ed Ikkaku: “Eh?”
“AAAHIIIAAAAAAAAA!!!”
Non
tutti nella Quarta Divisione ci andavano piano di mano con le iniezioni… specie
se si trattava di qualcuno dell’Undicesima Compagnia: quei bricconi tanto
simpatici e goliardi a cui piaceva fare i bulletti ed apostrofarli “Mammolette”
e simili… Ad Iba andò un po’ meglio, un po’…
FINE
FLASHBACK
Che
inutile spreco di reiatsu il suo. Alla fine era solo riuscita a farsi
rimproverare dalla tanto buona capitana dell’Unità Medica per nulla: i
campanellini non c’erano più, e anche quelli con cui doveva prendersela erano
spariti. Magari anziché rincorrerli avesse pensato a tornare al negozio dove li
aveva comprati prima che chiudesse… e prima che chiudessero anche tutti gli
altri.
Yachiru:
“Sono nei guai! Ora non ho più nulla da regalare a Ken-chan e non posso più
comprare niente! Sigh!”
Il
giorno a lungo atteso si stava trasformando in una cocente delusione. Anzi,
ormai stava finendo, e con esso le speranze della bimba di celebrare per bene
Ken-chan in quel giorno così importante. Curioso che fino a qualche anno prima
ne ignorasse l’esistenza, ma poi si era convinta che quella festa faceva
proprio per lui e lei.
Peccato
che fosse finita così.
In
tutto questo Zaraki Kenpachi aveva trascorso una giornata non sostanzialmente
diversa dalle altre, ma che non poteva ancora dirsi finita.
“Bah!
Che bisogno c’era di fissare a quest’ora la riunione dei capitani?”
Già
la maggior parte delle volte le trovava decisamente poco interessanti,
figurarsi quando per una di esse rischiava di far tardi per il rancio in
caserma. Si perché un autentico combattente come lui usa sempre “rancio”, e
giammai “cena”, e giammai si concede cibi diversi da quelli dei suoi bravi
soldati!
Così
mugugnando l’imponente capitano arrivò alla sala delle riunioni nel quartier
generale della Prima Compagnia, consapevole che oltre quel portone in legno
c’era ad aspettarlo altro lavoro noioso. Nonostante ciò, lo spalancò con
veemenza.
“Eccomi.”
Disse semplicemente.
Era
stato l’ultimo ad arrivare. Dato il rigore dell’ambiente non era consuetudine
si salutasse, specie i ritardatari. Ma si sarebbe aspettato almeno un piccolo
rimprovero, o se non quello, che il vecchio Yamamoto dichiarasse aperto il
consiglio e si iniziasse.
Invece
quella volta si notò addosso le occhiate di un bel po’ di gente…
Zaraki,
sorpreso ma infastidito cominciò a lanciare occhiate alla rinfusa del tipo
“qualche problema?”, che anche quando non voleva gli venivano naturalmente
minacciose!
Byakuya:
“Tsk!”
Kenpachi:
“Beh? Perché non iniziamo?”
Il
Comandante Generale (che poi è l’unico lì comodamente seduto, e poi si va
facendo qualificare “primus inter pares”, primo tra pari… si come no!), prese
allora parola: “Certamente Capitano dell’Undicesima Compagnia, è solo che
alcuni dei presenti qui, prima del tuo arrivo, hanno avuto modo di discutere su
degli strani comportamenti del tuo tenente.”
Kenpachi:
“… Cosa?”
Ukitake:
“……”
Shunsui
ridacchiò: “Vedi, è passata da alcuni di noi facendo ad ognuno delle domande.”
Soi
Fon: “Umpf, anche poco ortodosse come domande.”
Kenpachi
inarcò un sopracciglio: “Che genere di domande?”
Shunsui:
“Eh eh eh!”
Byakuya
si fece però avanti per interrompere quell’inopportuno excursus: “Signori, le
riunioni dei capitani del Gotei 13 dovrebbero svolgersi nella massima serietà.
Riferirete dopo al capitano dell’Undicesima Compagnia delle follie… del tenente
Kusajishi.”
Seccato
dal suo atteggiamento e dal suo modo di parlare cercò i suoi occhi per
fulminarlo, senza essere tenuto minimamente di conto dal Kuchiki.
Yamamoto:
“Il capitano della Sesta Compagnia ha ragione, se ne parlerà a riunione finita.
Ora, passiamo al primo punto…”
Kenpachi:
<
Mayuri:
<
Essendo
quelli tempi tranquilli, non c’era molto da discutere: si finì in fretta e
Kenpachi venne così messo al corrente. Per la verità Shunsui e quelli che si
erano offerti di spiegargli furono alquanto vaghi e cercarono di evitare, per
il bene di Yachiru, di menzionare la parola “regalo”: le sorprese non vanno
mica rovinate!
Retsu,
oltre all’assalto di Yachiru al suo ospedale, parlò poi anche di Ikkaku,
cosicché il risultato fu che un Kenpachi molto ma molto più confuso di prima si
mise alla ricerca della sua prima ufficiale: che nella sua divisione stesse
improvvisamente dilagando una vena di idiozia?
Madarame
ebbe il buon senso di rendersi irreperibile; per quanto riguardava Yachiru fu
fortunato ad incontrare il suo quinto seggio Yumichika che lo indirizzò nei
prato nei dintorni della loro caserma dove qualche minuto prima l’aveva vista
aggirarsi.
Yumichika:
“Posso fare altro per lei, capitano?”
Kenpachi:
“Mi è giunta voce di un comportamento non molto consono di Ikkaku, lo hai visto
in giro?”
Yumichika
(finto tonto): “Oh, no, no, no, no, non l’ho proprio visto oggi…”
Kenpachi:
<
Se
si oltrepassava la caserma della compagnia dal lato nord, si scopriva appena
fuori di essa, oltre il muro di cinta, un’area più o meno vasta di prato
incolto, delimitata dai vari alloggiamenti militari. Un cuore di natura, verde
e colorita, tra centinaia di kimoni neri e spade di freddo grigio acciaio, in
cui nessuno però andava mai.
Zaraki
vi si avventurò guardandosi intorno, finché non scrutò vicino all’ombra di un
albero un’altra ombra molto più piccola: avvicinandosi il suono di mugugni e di
meningi al lavoro si faceva sempre più chiaro.
A
metà della piccola discesa che portava in quel punto la vide chiaramente,
seduta di spalle tra i fili d’erba verdi e giallastri che però il tramonto alla
loro destra faceva brillare e risaltare nel cielo rosso-arancio.
Kenpachi:
“……”
Yachiru,
con la testa china sulle ginocchia: “Mhmm… mhmm… uff… sigh…”
Kenpachi:
“…… Yachiru.”
Yachiru:
!!!
Balzò
subito all’in piedi!
“K-Ke-Ken-chan!
Ih ih ih…”
Siccome
il terreno si rialzava lui sembrava ancora più colossale davanti a lei, che
nell’imbarazzo si faceva ancora più piccola e dolce.
Kenpachi:
“Che stai facendo qui?”
Yachiru:
“Eeeeeeehmm…… indovina!”
Kenpachi
sbuffò e scosse il capo: “E poi si può sapere cos’è questa storia che sei stata
tutta la giornata in giro a rompere le scatole alla gente? Mi spiegheresti per
piacere?”
Yachiru:
“Ooohh… è tanto complicato, ih ih! Piuttosto Ken-chan, ti devo dire una cosa!”
Kenpachi:
“Ovvero?”
Accidenti!
Ora non si tornava più indietro però così era troppo brutto: non ci si presenta
a mani vuote! Intanto lui aspettava che parlasse e la metteva ancora più in
agitazione mentre guardava l’erba intorno a sé in cerca della risposta.
Un
fiorellino rosa?
Non
era granché, ma pensò che fosse meglio di nulla così rapidamente lo colse, lo
nascose dietro e disse con un sorrisone:
”Chiudi gli occhi, Ken-chan!”
Kenpachi:
“Eh? Perché?”
“E
chiudili, dai!” strillò lei per tutta risposta.
Kenpachi:
“Uh?..... Bah…”
Stufo
di tutti quei misteri, decise che obbedirle sarebbe stata l’ultima concessione
che le avrebbe accordato prima di dare in escandescenze!
Yachiru: “Ih ih ih! Aprili!”
Ma
si, si disse lei determinata: sentiva ripetere così spesso alla gente che “basta
il pensiero”, quindi con tutta probabilità doveva essere vero.
Dischiuse
le palpebre alla luce del sole calante, ed uscendo dal buio fu accolto da lei
che le porgeva con una manina quel fiore dello stesso colore dei suoi capelli.
“BUONA
FESTA DEL PAPÀ, KEN-CHAN!”
Kenpachi:
“……”
Yachiru:
^__^
A
quelle parole rimase basito, tanto che nemmeno cambiò espressione! E poi che se
ne faceva lui di quella piantina dai petali colorati?
“Ma…”
riuscì poi a dire lui “Ma io non sono tuo…”
Yachiru:
*___*
Mentre
lo stava per dire, vide i suoi occhietti luccicare guardandolo, e poi di nuovo
il fiore nella sua mano, in attesa di essere accettato.
Poteva
mai deludere una bambina con uno sguardo simile?
“Ehm…
grazie.” Disse, impacciato, prendendo il suo regalo con due dita, giganti al
confronto, e tenendoselo per un po’ davanti agli occhi.
La
guardò ancora: “Oh, è… davvero carino!”
“Ah
ah ah!”
Yachiru
a quelle parole scoppiò di felicità!
“KEN-CHAN!”
Con
un balzò arrivò ad aggrapparsi al suo forte collo, facendolo chinare tutto in
avanti per un istante; da lì si sollevò e ridendo gli diede un bacetto sulla
guancia.
E
mentre accadeva tutto questo, lui, senza neanche accorgersene, aveva cominciato
a ridere.
Suonava
così semplice ed umana quella risata di colui che invece sghignazzava soltanto nella
furia della battaglia, nell’euforia matta e sanguinolenta del massacro. Ora la
sua voce usciva fuori serena, piena di un sollievo riconoscente verso l’unica
creatura che riuscisse a procurargli un po’ di gioia, di quella autentica.
Di
quella che non deriva dal sangue che scorre, dall’appagamento della propria
sete di lotta e dal proprio disperato istinto di sopravvivenza in un mondo
tanto difficile ma a cui aveva fatto il callo.
Mentre
tutti, lui compreso, pensavano che i mostri possano sentirsi bene solo tra le
urla della lotta e i cadaveri immobili, lei arrivava a smentirli, portando,
fosse anche per pochi attimi, un briciolo di umanità in un povero uomo segnato
da una vita vissuta nel dolore dell’interminabile violenza, che solo
l’attaccamento inspiegabile di una bimba aveva salvato da un oscuro limbo di
solitudine.
Kenpachi: “Ah ah
ah!”
Yachiru: “Ih ih!”
“Ehm…
però non posso certo tenerlo in mano, poi si rovina.”
Yachiru:
“Uh! Hai ragione!”
Kenpachi:
“Torniamo alla caserma e vediamo di trovargli un posto, su!”
Yachiru:
“Ok!”
Kenpachi
si voltò quando sentì la presa sulle sue spalle allentarsi un pochino…
Yachiru:
“Ken-chan…”
Girò
la testa e la vide socchiudere gli occhi: “Sono un po’ stanca, mi porti tu?”
Le
dita smisero di stringere l’haori bianco e scivolarono giù...
In
un attimo però, l’uomo le afferrò il braccio impedendole di cadere.
Sostenendola con quello stesso braccio dietro la schiena appena un po’ inarcata,
e con il suo regalo nelle dita dell’altra mano, cominciò a percorrere a ritroso
il cammino dell’andata.
La
poveretta si era davvero sfiancata! Tutto il santo giorno a correre e
rincorrere su e giù, per di qui e per di là, alla ricerca disperata di consigli
e regali, e con solo un piccolo bento a metà giornata per sostenersi. Se poi si
aggiunge l’enorme reiatsu sprizzato contro Ikkaku ed Iba si poteva capire il
suo leggero affanno.
Mugolando
nel sonno, abbracciò più forte il collo del suo “papà”… del capitano, a cui
stava tenendosi.
Kenpachi
la osservò, in silenzio, cullandola col rumore del suo avanzare tra gli steli
d’erba.
“Festa
del papà… Umpf!” Ridacchiò a un tratto.
“Ma
pensa un po’...”
FLASHBACK
Era
stato sconfitto. Le volte che gli capitava una cosa simile erano più uniche che
rare. Qualcuno l’avrebbe definito un pareggio, qualcun altro era dell’opinione
che era stato un “due contro uno” e che il vincitore era lui.
Fatto
sta che ora era su di un tetto, steso a terra, con tagli anche profondi su buona
parte del corpo, a gridare la sua angosciosa frustrazione, brandendo come un
forsennato una spada rotta, che ancora una volta si era rifiutata di
rispondergli.
“VOGLIO
DIVENTARE Più FORTEEEEEEEEEE!!!”
E
lei era giusto lì accanto.
“Ci
riusciremo, Ken-chan… Diventiamo più forti! Insieme! Io lo so che… Ken-chan è
il migliore!
Si,
sin da quel giorno… tu sei stato tutto per me in questo mondo!
Quindi
diventiamo più forti! Io e te insieme!”
“……”
“Ken-chan?.......
KEN-CHAN!”
FINE
FLASHBACK
Quel
giorno, per un po’ la spaventò sul serio.
Non
aveva potuto ascoltare tutto, ma giusto un attimo prima di perdere coscienza,
con le orecchie che già si ovattavano nel cadere nel torpore della mente e del
corpo, l’aveva sentita.
<< Si, sin da quel
giorno… tu sei stato tutto per me in questo mondo!>>
Il
fiore aveva bisogno di un vaso come casa: pensò che era meglio affrettarsi, non
voleva appassisse.
“Umpf!”
Per come sono io
Non oso chiederti di essere
per te come un padre
Ma ti prego, concedimi di
essere per me come una figlia
So come sei fatto
Non ti costringo ad pensarmi
come una figlia se non ti và
Però per favore, posso almeno
vederti come un papà?
FINE
QUANTA
DOLCEZZA! QUANTO LI ADORO QUEI DUE!
Inutile
che fai il duro Kenpachi: lei dimostra che non sei così burbero e spaventoso
come sembri! ^__^
E
così finisce la mia prima fanfic su Bleach, la mia seconda serie preferita dopo
Naruto! Temo però che, non essendo ancora arrivata in Italia sia poco
conosciuta; spero dunque che, incuriositi, eventuali lettori che non la
conoscono vogliano correre ad informarsi! ^__^ è davvero un bel manga!
In
certi punti sono stato un po’ OOC, ma mi sono ispirato molto spesso ai
siparietti comici alla fine delle puntate dell’anime: sono troppo spassosi, alleggeriscono
parecchio i toni e rendono divertente qualunque personaggio, anche i più
inquietanti ed antipatici! Voi cosa ne pensate di Kenpachi e Yachiru? Come
avete letto, li apprezzo moltissimo per via di questo celato ma in certi casi
palese rapporto stile padre-figlia. L’avrò già detto ma lo ripeto: come fa uno
così a ritrovarsi una tenente tale? L’autore è un genio! XD
Forse
scriverò altro ancora su quei due ^__^ Per il momento, spero di sentire i
commenti dei nuovi lettori e spero che anche mie vecchie conoscenze si facciano
sentire per questo mio ultimo lavoro!
Alla
prossima!
PS:
ICHIGO X RUKIA ORA E SEMPRE!
PPS:
NARUTO X HINATA ORA E SEMPRE!