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Autore: cassiana    01/12/2008    5 recensioni
"La soffitta era umida e polverosa, sottili sciabolate di luce spiovevano dalla finestra opaca e illuminavano l’ambiente con linee nette e imprecise. McGee sbuffò asciugandosi il sudore dalla fronte e dal collo. Come diavolo era finito in quel solaio a spostare scatoloni e vecchie cianfrusaglie polverose?"
Genere: Commedia, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Abigail Sciuto, Timothy McGee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un mistero dal passato

Scritta per il Fan-a-thon. Anzi ne approfitto pubblicamente per ringraziare aleheartilly e idreim, le amministratrici della community per la bella idea e invitarvi a partecipare numerosi!
Promp: un vestito da sposa e macchie di sangue  

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono e la storia è scritta senza intenti di lucro.


        La soffitta era umida e polverosa, sottili sciabolate di luce spiovevano dalla finestra opaca e illuminavano l’ambiente con linee nette e imprecise. McGee sbuffò asciugandosi il sudore dalla fronte e dal collo. Come diavolo era finito in quel solaio a spostare scatoloni e vecchie cianfrusaglie polverose? Si guardò intorno, scatole e bauli erano ammucchiati in disordine, vecchi banchi scolastici giacevano inclinati l’uno verso l’altro, sedie dalle gambe o gli schienali rotti erano in equilibrio precario. Una lavagna tutta scheggiata era appoggiata ad una delle pareti insieme ad un vecchio paravento e diversi appendiabiti. Un esclamazione soffocata gli ricordò perché fosse lì.
        “Ehi Tim, guarda qua!” la voce di Abby rimbombò nel locale. La ragazza era seduta davanti ad un baule pieno di vecchie ed ammuffite fotografie. Indossava dei pantaloni bondage neri imbrattati di polvere,  una maglia anch’essa nera con un teschio stampato davanti e manicotti rossi e viola, i new rock massicci erano opachi e sporchi..
        “Spiegami una cosa – fece polemico McGee accucciandosi vicino a lei – come mai stiamo ripulendo la soffitta del convento?” Abby lo guardò in cagnesco.
        “Perché abbiamo promesso alle suore che avremmo fatto un po’ di pulizia”
        “Abbiamo?...Ahi! - Tim si massaggiò la spalla - Avevi detto che saresti stata carina con me!” continuò imbronciato. Abby per tutta risposta sorrise e gli pulì uno sbaffo di polvere dalla guancia.
        “Ma ci pensi? Qui ci sono un sacco di cose interessanti…”
        “…di suore morte” finì la frase Tim schivando un altro pugno. La luce era andata via via facendosi più fioca, dovevano sbrigarsi a finire. McGee non sapeva se rallegrarsi dell’interruzione  di quella tortura o preoccuparsi dato che Abby avrebbe insistito a continuare anche il giorno seguente. Sollevò gli occhi al cielo: un weekend rovinato.
        Abby invece era entusiasta, adorava frugare in garage o soffitte come quella in cerca di piccoli tesori dimenticati. Era affascinata dai vecchi vestiti  e dalle fotografie sbiadite. Aprì un altro baule pieno di abiti stinti e un lembo di pizzo bianco attirò la sua attenzione.
        “Tim aiutami!” esclamò. Il ragazzo si sporse da sopra la sua spalla mentre Abby continuava a tirare lentamente ma con decisione.
        “Attenta a non…ehi!”
L’abito si era improvvisamente disincagliato, Abby e Tim caddero l’una addosso all’altro alzando una nuvoletta di polvere. I due tossirono a lungo. Mentre Tim si asciugava gli occhi, impiastricciandosi ancora più di polvere, Abby si era alzata e teneva tra le mani il vestito.
Era di foggia antiquata, dal taglio impero, con lunghe maniche a sbuffo e il corpetto di pizzo. Sul davanti c’erano larghe chiazze marroncine che ne deturpavano la bellezza ingiallita.
        “Non è una meraviglia?” chiese Abby reverente.
        “E’ sporco” rispose Tim strizzando gli occhi. Abby si voltò di scatto verso di lui, mettendogli la stoffa sotto al naso.
        “Non sporco, macchiato!” esclamò con foga. Tim fece un passo indietro. Abby inclinò la testa e osservò ancora il vestito, aveva qualcosa che le frullava per la mente.
        “E’ sangue!” stabilì perentoria.
        “Oh, andiamo, può essere mille cose diverse! Marmellata, ruggine, vernice…” cominciò ad elencare sulle dita McGee.
        “…o sangue!” concluse enfaticamente Abby. Tim alzò gli occhi al cielo. Abby volteggiò intorno a lui tenendosi il vestito appoggiato addosso.
        “Una sposa uccisa nel suo giorno più bello! - Abby si fermò e sospirò - Non è incredibilmente tragico e romantico?” McGee scosse la testa .
        “Non puoi sapere quello che è successo” disse. Il volto di Abby s’illuminò mettendo in allarme Tim.
        “Oh, si che posso! Sono una scienziata! Porterò il vestito al laboratorio e lo esaminerò. Ti dimostrerò che è la prova di un delitto!”
E questo pose definitivamente una pietra tombale sulle speranze di Tim di passare un weekend tranquillo e in pace.

        Più tardi McGee percorreva il lungo corridoio arancione che portava al laboratorio dell’NCIS, la musica a tutto volume si poteva sentire anche da lì.    
        “Abby, Abby!” McGee urlò il nome dell’amica diverse volte nel frastuono. Abby canticchiava tranquilla in quel baccano mentre le dita volavano sulla tastiera del computer. A grandi passi Tim si diresse verso la ragazza e le urlò di nuovo il suo nome nell’orecchio. Abby si voltò sorpresa e spense la musica.
        “Finalmente!” esclamò Tim.
        “Ehi, erano i Rotten Skulls!” rispose piccata. Tim aveva posato lo zainetto su una sedia e ne aveva tirato fuori due enormi bicchieri rossi. Abby s’impossessò della sua confezione di Caf Pow! e tirò un lungo sorso.
        “Si può sapere perché mi hai fatto venire qui? Ero nel bel mezzo di una partita!”
Abby sedette sul tavolo di metallo. Con calma si rifece una delle due treccine che si era allentata, per nulla intimorita dall’espressione esasperata dell’amico.
        “Ho parlato con le suore. Quel baule era lì da molti anni, ma proprio tanti, tipo dagli anni ’20 o giù di lì. Quando le ho chiesto di chi fosse la Madre Superiora mi ha raccontato che apparteneva alla sorella, inteso come sorella biologica, di una delle sorelle, inteso come suore. Non se n’é mai voluta separare, comprensibile direi, e l’ha lasciato in eredità al convento. Le due sorelle erano irlandesi, Elizabeth e Helen O’Malley, e un’aura tragica ha sempre avvolto suor Helen….o era Elizabeth? ” McGee aggrottò le sopracciglia , frastornato da quella valanga di parole.
        “Ad ogni modo ecco il responso dello spettrometro: ossido di ferro…”
        “Allora avevo ragione io! E’ semplice ruggine” l’interrupe Tim con un sorrisetto compiaciuto stampato sul volto.
        “…e sangue umano” concluse Abby trionfante.
La ragazza l’informò che dovevano solo aspettare che l‘analisi del dna desse il suo responso. Era sicura che il sangue fosse quello della povera sposa ammazzata sull’altare. La bocca di Tim si storse in una smorfia. Non era per niente sicuro che fosse così facile e inoltre era passato troppo tempo. Provò a dirlo ad Abby ma questa, con la sua solita sfacciataggine, lo aveva convinto a mettersi al pc in cerca di notizie sulle due sorelle. McGee si chiese come facesse a fargli fare tutto quello che voleva.
        “Non credo che questi vecchi casi siano in archivio e in ogni caso ci vorrebbero mesi” si lamentò dopo un po’. Per tutta risposta Abby si avvicinò a lui e gli sussurrò in un orecchio:
        “Se mi fai questo favore prometto che sarò molto, molto carina con te”
        “Guarda che non attacca più: l’avevi già promesso e non hai affatto mantenuto la parola data!”
        “E se ti dicessi che potrei indossare un certo vestito bianco?” McGee deglutì.
        “Quel vestito?” Abby annuì. Tim sospirò e si mise al lavoro. Aveva cominciato dagli archivi dei giornali che già da  parecchi anni erano stati digitalizzati. Ovviamente erano a pagamento, ma Tim conosceva uno o due trucchetti per bypassare quel piccolo intoppo. Scoprì che il Washington Post aveva una ricca sezione storica e ci si tuffò immediatamente, speranzoso di finire al più presto quel lavoro inutile. Stava pensando ad Abby vestita da Marilyn e quasi oltrepassò un trafiletto che lo fece rimanere a bocca aperta. Tornò a controllare i numeri precedenti e rimase di stucco di fronte ad un articolo a tutta pagina.
        “Come hai detto che si chiamava la sposa?”    
        “Helen o Elizabeth. Trovato qualcosa d’interessante?” gli domandò Abby sporgendosi dietro le sue spalle. In quell’istante la macchina per l’analisi del dna cinguettò, avvertendo i due ragazzi che aveva terminato il suo lavoro. Mentre Abby leggeva la risposta Tim riprese:
        “A meno che la tua sposa non fosse risuscitata, il Post racconta una storia diversa” concluse indicando eloquentemente lo schermo del pc. A tutta pagina campeggiava la foto di una donna dallo sguardo allucinato e i capelli scomposti. Il titolo a caratteri cubitali urlava: Inizia il processo alla sposa assassina. In quello stesso istante Abby si lasciò sfuggire un’imprecazione. Tim la guardò interrogativo.
        “Questo è sangue maschile!” esclamò lei sbalordita.
        “A quanto pare la tua teoria si è dimostrata errata” disse McGee compiaciuto, ma Abby gli si sedette sulle ginocchia per leggere dallo schermo. Tim sentì del calore affiorargli in viso.
        “Qui dice che Helen O’Malley stava provandosi l’abito da sposa. Credeva di essere sola in casa, ma un rumore l’ha insospettita” lesse Abby. Casualmente la mano di Tim andò ad appoggiarsi sul fianco della ragazza.
        “Ha preso un coltello in cucina ma non si aspettava di trovare il futuro marito con un’altra donna. In preda ad una furia cieca l’ha colpito senza pietà.”
        “Per ben 12 volte. E l’altra donna?”
        “Non si è mai saputo chi fosse. Helen ha sempre rifiutato di fare il suo nome.” Abby si alzò di scatto lasciando McGee senza fiato.
        “Ecco perché Elizabeth non ha voluto separarsi dal baule: lo custodiva per la sorella! Ma non si sono mai più riviste. Suor Greta mi ha detto che è morta nel 1949 per un cancro.”
Tim scorse in avanti le pagine del Post, Abby aveva ragione: Helen O’Malley rimase in carcere tutta la vita e vi morì all’età di sessantotto anni.

        Il cielo era una scura lastra d’ardesia, il monastero si ergeva buio, tranne un lieve chiarore che proveniva dalla cappella. La cancellata cigolava lamentosamente e un canto tenue si perdeva tra le folate di vento. Erano seduti nella macchina di Abby e guardavano il convento in silenzio. Lei aveva tra le mani il vestito da sposa di Helen O’Malley.
        “Dovrebbe stare tra le prove del caso. Che ne farai?” le chiese Tim, Abby fece spallucce.
        “Credo che lo rimetterò dove l’abbiamo trovato. – si voltò verso Tim – credi che fosse lei l’altra donna?”
Tim aprì la bocca e poi la richiuse, aggrottò le sopraciglia pensieroso. Abby gli appoggiò la testa su una spalla in preda alla malinconia. A Tim venne voglia di accarezzarle i capelli, le passò un braccio intorno alle spalle. Restarono in silenzio fino a che la musica s’interruppe, la luce nella cappella si spense e Jetrho dal sedile posteriore uggiolò. Abby si raddrizzò e carezzò il folto pelo del cane lupo. Poi mise in moto e partì.
    


   
 
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