Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    06/02/2015    2 recensioni
Era una di quelle orrende e letali situazioni di impasse verso cui Hanamiya provava un fascino magnetico – ovviamente soltanto quando erano gli altri ad esservi sottoposti –.
E se la madre di Hanamiya trovasse l'amore nel padre del suo peggior nemico?
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Makoto Hanamiya, Shoichi Imayoshi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Son vs Son





Il suono cristallino dei tacchi contro il parquet lo distrasse dalla sua lettura, tanto che Hanamiya sollevò il proprio sguardo e si soffermò per un istante sulla porta socchiusa, sospirando spazientito non appena comprese la ragione di tutta quella concitazione – sì, perché poco prima sua madre gli aveva chiesto cosa fosse meglio indossare fra una camicetta nera con decori di pizzo sul colletto e sulle maniche ed una bianca decisamente più sobria e giovanile e poi, dopo essere tornata di corsa in camera sua, aveva cominciato a lagnarsi perché non trovava le sue collant preferite –.
Nonostante Makoto fosse l'esatto opposto di un figlio modello – considerando, più che altro, la sua condotta durante le partite di basket – e nonostante avesse l'abitudine di passare quasi tutta la giornata chiuso in camera a leggere romanzi e a risolvere alcuni escape games online, amava molto sua madre e, essendo insito in lui il senso del dovere di un vero uomo di casa, valutava ogni situazione e faceva in modo che non cadesse nelle grinfie di qualche squallido scapolo – purtroppo era una donna che non restava indifferente alle lusinghe maschili, anzi –.
Sua madre era molto bella, ma aveva il terribile difetto dell'impulsività: non si fermava mai a ragionare, non era analitica, prima di agire non riusciva a contare nemmeno fino a due e, soprattutto, si illudeva molto facilmente, spesso sognava ad occhi aperti.
Nell'ultimo mese, sua madre aveva cominciato a frequentare un professore di fisica dell'Università Imperiale di Tokyo che, da quanto Makoto aveva appreso più tardi, era recentemente riuscito a firmare i documenti di divorzio, dopo circa un anno di lotte burocratiche. Sua madre lo aveva descritto come un uomo molto tranquillo e pacato, ovviamente ben istruito, appassionato di pesca e amante dei romanzi gialli – proprio come lui –.
Dalle prime descrizioni sommarie e dai particolari che si erano aggiunti poco a poco, Makoto era riuscito a tracciare una sorta di identikit immaginario di quel uomo che, per quanto concerneva la spiccata intelligenza e le passioni – ad esclusione della pesca –, si rivelava sempre più simile a suo padre.
In quell'ultimo mese, sua madre era stata più felice che mai, così aveva preferito limitarsi ad ascoltarla, a volte mostrando perfino indifferenza, ma in verità Hanamiya era arrivato addirittura al punto di tenere il conto dei suoi appuntamenti con Hisashi – così si chiamava quello che ormai si poteva considerare a tutti gli effetti il suo fidanzato –.
Quello era il loro nono appuntamento, per cui Makoto non riusciva davvero a capire la ragione di tale concitazione, piuttosto doveva essere lui – che si stava brutalmente sforzando di mantenere la calma – a spazientirsi, visto che a sua madre era venuta in mente la brillante idea di fargli conoscere il figlio di Hisashi.
Hanamiya aveva protestato, ma la sua contestazione era parsa più come il brontolio scostante e sommesso dell'acqua che bolle in pentola. A quel punto, sua madre aveva abbassato il fuoco e il brontolio era scomparso, non era rimasta neppure l'eco.
Makoto diede un'occhiata all'orologio da parete appeso sopra la porta e rafforzò la presa sul libro, continuando a tenerlo spalancato davanti a sé e con la copertina premuta contro i muscoli tesi delle cosce: Hisashi e suo figlio sarebbero arrivati da un momento all'altro.
«Allora? Secondo te come sto?» sua madre spalancò la porta e Hanamiya chiuse il libro con un movimento veloce – in modo che il tonfo comunicasse a sua madre che stava cominciando ad averne abbastanza –, sbuffando sonoramente.
«Bene.» detestava che sua madre entrasse in camera sua senza bussare, anche se aveva già fatto irruzione una decina di minuti prima e la sua porta era socchiusa, non significava certo che potesse disturbarlo ogni volta che ne sentiva il bisogno.
«Mako-chan, comportati bene con il figli di Hasashi, va bene?» sua madre si resse allo stipite della porta con una mano e gli sorrise.
«Certo, mamma.» Makoto sbottò e ripose il libro «non ho cinque anni.»
Si soffermò per un istante sulla figura snella della madre, sul suo sorriso gentile e sulle onde morbide dei capelli neri che ricadevano sulle spalle, in completo contrasto con la camicia bianca che faceva da sfondo. Aveva fatto bene a consigliarle la camicia più semplice, troppi ornamenti avrebbero messo in risalto il suo guardaroba piuttosto che la sua persona.
«Mi dispiace, ma per oggi dovrai interrompere la tua lettura.»
«Sì. Lo finirò questa sera, mi mancano solo due capitoli.»
Sua madre annuì con un rapido movimento del capo, forse sul punto di dire qualcosa, ma il suono del campanello mise entrambi allerta.
«Bene, sono arrivati!»
Makoto si trattenne dallo sbuffare e ritirò il viso indietro non appena vide sua madre avvicinarsi a lui in tutta fretta.
«Ci vediamo questa sera!»
«Mamma, no!» un altro terribile difetto di sua madre era l'eccessivo affetto che gli riservava, come se alcune volte lo considerasse ancora un bambino bisognoso di attenzioni.
Quando sua madre gli prese il viso fra le mani, Hanamiya si dimenò, forse sperando di scomparire oltre il cuscino, ma la sua ribellione fu sedata dallo schiocco delle labbra della donna sulla sua guancia.
«Mamma!»
«Ah, Mako-chan! Smettila di fare i capricci!»
Makoto sbuffò: lui non faceva i capricci. I bambini facevano i capricci.
«Avanti, vieni a salutare!» sua madre scomparve dietro la porta e Hanamiya si chiese perché si ostinasse ancora a pensare che sarebbe andato a salutare – dopotutto, delle otto volte precedenti in cui Hasashi aveva suonato alla loro porta, lui si era fatto vedere soltanto in un'occasione –.
Makoto restò in ascolto del suono cristallino e scostante dei tacchi che battevano sul parquet, a poco a poco sempre più flebile, e quando non riuscì più ad udirlo, neppure sforzandosi, afferrò il libro e tornò a leggere le prime righe del penultimo capitolo.

Makoto sentì un rumore di passi farsi sempre più distinto e vicino: erano ritmici, come se chi stava camminando fosse completamente a suo agio e sapesse esattamente dove si stava dirigendo.
La porta cigolò e il corpo di Hanamiya si irrigidì come quello di un rospo che, fuori dal suo stagno, viene sorpreso da un'improvvisa nevicata notturna.
Chi gli aveva dato il permesso di entrare?
«Credevo saresti venuto a salutarmi, e invece sei più maleducato di quanto mi aspettassi.»
Hanamiya si sentì mancare il respiro: prima ancora dell'aspetto, era stato completamente disarmato dalla voce. Una voce fin troppo famigliare.
«O-ohi!» chiuse il libro e strinse i denti, desiderando di nuovo di poter scomparire al di là del cuscino «tu che ci fai in casa mia?! In camera mia?!»
Imayoshi sorrise e accennò un saluto con un rapido movimento della mano; Hanamiya, dal canto suo, si sentì come paralizzato, tanto da non riuscire neppure a cambiare espressione: come aveva fatto a non capire che si trattava di lui? Come aveva fatto a dimenticare che il padre di Imayoshi era un professore dell'Università Imperiale di Tokyo e che andava molto spesso a pesca con il figlio? Sua madre gli aveva detto che il figlio di Hasashi aveva un anno in più di lui e giocava a basket, ma continuare a mantenere l'aria disinteressata lo aveva fatto calare talmente tanto nella parte che non aveva neppure preso in considerazione tutte le informazioni di cui disponeva e, quindi, immaginando di non conoscere il ragazzo in questione, non aveva tratto alcuna conclusione riguardo a chi potesse essere.
«Non dovresti accogliermi così, sai? Ora che i nostri genitori si frequentano, sei un po' come il mio fratellino.» Imayoshi ampliò il sorriso e Hanamiya ringhiò, sul punto di tapparsi le orecchie.
Cos'era peggio? Sua madre che frequentava il padre di Imayoshi, oppure il fatto che avesse appena pronunciato la parola fratellino?
«Cosa leggi?» Imayoshi si protese un poco e Hanamiya capovolse il libro, in modo che il titolo restasse faccia a faccia con il copriletto, lontano dagli occhi curiosi dell'altro.
«Non sono affari tuoi.»
Shouichi non cambiò espressione e continuò a guardarlo, estremamente divertito dalla situazione.
«Tua madre vorrà sicuramente che andiamo d'accordo, non trovi?»
«Non parlare di mia madre!» a dire il vero sarebbe stato meglio che si mangiasse la lingua e smettesse di parlare per sempre; non sopportava la sua voce da serpe, sembrava quasi che trattenesse a stento una risata di scherno.
Imayoshi soffocò una risata, estremamente divertito dallo strepito di Hanamiya: per come gli aveva risposto, sembrava quasi che avesse offeso sua madre.
«Vedrai che andremo d'accordo, a partire da sabato prossimo le cose cambieranno sicuramente!»
Hanamiya aggrottò la fronte e lo incenerì con lo sguardo.
«Perché? Che cosa succede, sabato prossimo?»



Quando sua madre era tornata dall'appuntamento, Hanamiya aveva lasciato da parte qualsiasi briciolo di pietà – sentimento già piuttosto raro e insolito per la sua persona – potesse dimorare in lui e le aveva strepitato contro con tutta la voce che aveva in corpo.
Urlare, brontolare e continuare a ripetere che non lo avrebbe mai fatto era stato uno sforzo inutile perché, durante quell'ultima settimana, sua madre aveva approfittato di un fugace e temporaneo momento di calma per spiegargli che ci teneva molto e per assicurargli che, superato l'ostacolo iniziale della confidenza, le cose sarebbero andate sempre meglio. Mentre per sua madre era tutta una strada in discesa, per Makoto si trattava di un insormontabile strapiombo da scalare.
Era furibondo: alla fine aveva ceduto a sua madre e all'accezione di famiglia, perché se sul campo da basket Hanamiya provava gusto nel fare del male ad altri giocatori e a ridurli in “spazzatura”, fuori pareva addirittura un ragazzo normale – forse più intelligente e meno socievole della norma – che, rimasto senza un genitore, fondava un minuscolo nucleo domestico con l'altro ed era perfettamente consapevole di doversene prendere cura sempre e comunque.
Voleva molto bene a sua madre, ma senza dubbio era una donna con molti difetti e, anche se si era sforzato di accontentarla, era molto arrabbiato con lei.
«Ti faccio vedere come si fa.» Imayoshi interruppe il silenzio, rivolgendo una rapida occhiata ad Hanamiya.
«Non mi interessa.» Makoto, dal canto suo, rispose immediatamente e continuò a fissare l'orizzonte.
Era sabato pomeriggio e lui, sua madre, Imayoshi e il padre di quest'ultimo erano da poco giunti al lago per pescare tutti insieme – idea “brillante” di sua madre che, ovviamente, aveva deciso anche per lui –.
«Bisogna individuare un punto in cui le acque basse e quelle profonde si incontrano.» ovviamente Imayoshi aveva ignorato la risposta aggressiva di Hanamiya e aveva ricominciato a parlare «i pesci più grandi passano la maggior parte del tempo nelle acque profonde e si spingono nell'acqua bassa per mangiare.»
Hanamiya contrasse le labbra e sbuffò sommessamente: a lui che importava dai pesci? E poi, era così fondamentale sapere dove nuotavano?
Tuttavia, Hanamiya lo vide aprire e frugare all'interno di una scatola e si incuriosì, lo osservò per qualche istante con la coda dell'occhio e poi si decise a rivolgergli la propria attenzione quando notò che aveva cominciato a maneggiare l'amo e la lenza.
«Che fai?» c'era troppo movimento, cominciava ad urtarlo più del dovuto.
«Il nodo. Se l'amo è piccolo e la lenza è sottile, ci sono più possibilità di cattura, il problema è che fare il nodo è molto difficile.» Imayoshi sorrise compiaciuto non appena riuscì nel suo intento «e ora tocca all'esca.»
Makoto lo vide aprire un altro barattolo e inclinò il viso, cercando di capire quale fosse il contenuto.
Imayoshi rimase in silenzio ed estrasse un lombrico. Hanamiya osservò il movimento rapido con cui l'amo trapassò il corpo del verme da parte a parte, facendolo dimenare e contorcere più del normale, e increspò le labbra in un sorriso quando Imayoshi ripiegò il corpo lungo e lucido all'indietro e lo infilzò una seconda volta, ponendo fine alle sue sofferenze.
A giudicare dalla calma con cui Imayoshi maneggiava le esche e l'amo, e prima ancora la lenza, Hanamiya ipotizzò che praticasse la pesca da almeno quattro anni – ma per capirlo, dopotutto, non era necessario basarsi sulla cura e sulla dimestichezza che dimostrava con gli strumenti del mestiere, bastava pensare che suo padre era un grande appassionato di quelle sport. Molto probabilmente pescava da quando era piccolo –.
«Le esche vanno infilzate due volte.» Shouichi continuò la sua lezione «prima ad un terzo della loro lunghezza, poi bisogna piegarle all'indietro e infilzarle a metà.»
Imayoshi si alzò e strinse la presa sulla canna, la spinse dietro di lui, tenendola a qualche centimetro di distanza dal fianco destro, e poi, con un movimento fluido, la gettò in acqua, premendo il tasto per rilasciare la lenza.
Hanamiya restò in silenzio e decise di prestare attenzione ai lombrichi contenuti nel barattolo – erano creature decisamente più utili e meno disgustose di Imayoshi –. Ne afferrò uno e lo imprigionò fra il pollice e l'indice, osservando i suoi movimenti agitati e confusi ogni volta che aumentava la pressione a metà del suo corpo sottile.
«Stai attento.» Imayoshi mormorò, con lo sguardo fisso all'orizzonte e la presa ben salda sulla canna: nonostante stesse rivolgendo la propria attenzione al grado di tensione della lenza, sapeva esattamente cosa stava per fare Hanamiya.
Makoto lo ignorò e afferrò uno degli ami, infilzando il lombrico con estrema cura e con le labbra increspate in un sorriso quasi impercettibile: era divertente vedere quelle creaturine indifese contorcersi per il dolore e morire lentamente, infilzate dall'ardiglione.
Hanamiya si rigirò l'amo fra le mani e poi estrasse il corpicino senza vita, gettandolo in acqua.
«Ehi, guarda che mi servono.» Imayoshi spinse il barattolo delle esche con la punta del piede, cercando di allontanarlo da Hanamiya che, imperterrito, prese un altro lombrico e lo infilzò con estrema cura.
«Se ti piace così tanto infilzare i miei vermi, almeno lasciali attaccati all'amo e non gettarli in acqua.»
Makoto rimase in silenzio e diede un'occhiata al barattolo contenente gli ami: ce n'erano una decina, quindi, forse, avrebbe anche potuto fare come diceva Imayoshi – ma non subito, ovviamente –.

«Allora? Come va, ragazzi?»
Quando sentì la voce di sua madre, Hanamiya si irrigidì e continuò a tenere lo sguardo fisso sull'orizzonte: ovviamente era arrivata proprio quando Imayoshi, dopo aver estratto dall'acqua il secondo pesce, si era chinato vicino a lui per cambiare l'amo.
«Va tutto bene.» fu proprio Imayoshi a voltarsi verso di lei e rivolgerle un sorriso e un cenno della mano in segno di saluto «Makoto è il mio infilzatore di vermi personale!»
Quando Hanamiya sentì il suo nome pronunciato dalla voce serpentina di Imayoshi, si sentì avvolgere da un brivido, ma la mano che gli scompigliò i capelli con un movimento veloce, piuttosto che intimorirlo, lo rese ancora più aggressivo, tanto che gli soffiò contro e gli graffiò l'avambraccio.
«Non chiamarmi per nome! Non provarci mai più! E lascia stare i miei capelli!»
«Ahi, ahi, quanto sei aggressivo!» Imayoshi trattenne una risata e finì di annodare la lenza all'amo «devo ricordarti che un siamo quasi fratelli?»
«Non siamo fratelli. Non saremo mai fratelli.» Makoto sbuffò e increspò le labbra in una smorfia, guardando in cagnesco l'acqua del lago e le sottili increspature che il vento tracciava sulla superficie.
«E comunque mi sto annoiando.» esordì, attirando l'attenzione di Shouichi.
«Ti posso insegnare.»
Hanamiya trattenne un sospiro di sollievo: era contento che fosse stato Imayoshi ad offrirgli il suo aiuto, lui di sicuro non si sarebbe mai abbassato a chiederglielo.
«Avanti, prova ad annodare la lenza all'amo.» Imayoshi si drizzò in piedi e stese le pieghe della maglietta con un rapido movimento delle mani, accennando un sorriso «vediamo chi prende il pesce più grande.»

«Come ci si sente ad essere battuti da un principiante?» Hanamiya increspò le labbra in un ghigno e dondolò il carassio davanti al viso dell'altro, tenendolo saldo per la coda.
«È merito mio se hai pescato un pesce così grande.» era incredibile che Hanamiya fosse riuscito a pescare un carassio di un chilo e duecento grammi quando il peso massimo si aggirava intorno al chilo e mezzo «sono un bravo maestro, dovresti chiamarmi senpai
«Cosa?! Scordatelo!» Hanamiya fu tentato dall'idea di schiaffeggiarlo con il pesce che aveva pescato pochi minuti prima, ma la voce del padre di Imayoshi interruppe le sue fantasie.
«È ora di andare.»



Hanamiya non era affatto contento che fosse costretto ad avere a che fare con Imayoshi perché sua madre si era fidanzata con suo padre, ma almeno lei era felice.
Quel pomeriggio passato a pescare non era stata la sola occasione in cui Makoto aveva dovuto trascorrere il suo tempo con la madre, Imayoshi e il padre di quest'ultimo, fingendosi componente di una famiglia che, dal suo punto di vista – e anche per questione di principio – era decisamente mal assortita. Per sua sfortuna, in quegli ultimi due mesi era stato costretto dalla madre a partecipare ad altre “uscite famigliari” e sempre più spesso Imayoshi e suo padre erano ospiti a casa loro, tuttavia sembrava che qualcosa fosse cambiato.
Da quel pomeriggio passato a pescare, Hanamiya aveva capito che per rendere meno evidente la sua agonia e alleviare l'immenso fastidio che gli provocava la presenza di Imayoshi, avrebbe dovuto competere con lui.
Imayoshi era infido quanto lui, forse anche di più, per cui aveva assecondato le sue provocazioni fin da subito e avevano cominciato a competere in tutto, facevano a gara per qualsiasi cosa – che si trattasse di pescare il pesce più grande, di prendere il voto più alto possibile a scuola, di cucinare la cena migliore o lucidare più attentamente il pavimento –. Una volta si erano perfino sfidati in un uno contro uno a basket.
I risultati erano sempre alterni e quando uno dei due trionfava sull'altro, lo faceva sempre per un soffio.
Anche se avevano metodi differenti, erano entrambi molto intelligenti e forse più simili di quanto Hanamiya pensasse, quindi la maggior parte delle volte non c'era un vero e proprio vincitore, si eguagliavano e tornavano a competere con ancor più determinazione di prima.
Ciò che compiaceva maggiormente Makoto, però, era il fatto che Shouichi avesse smesso di rimarcare il fatto che fossero quasi fratelli; tuttavia era successo altre volte che lo chiamasse per nome e lo invitasse a riferirsi a lui come senpai, ovviamente scatenando la sua ira.
In verità Hanamiya era perfino sollevato che sua madre avesse scelto Hasashi Imayoshi come partner: era un uomo buono e, anche se pensava fosse abbastanza disgustoso, si vedeva lontano un chilometro che era innamorato di lei. In quanto al figlio, Makoto doveva ammettere che gli sarebbe potuto capitare di peggio, cominciava perfino ad arrendersi all'idea di passare quasi tutti i fine settimana con Imayoshi, soprattutto perché si era abituato alla sua presenza e al suo carattere evasivo e, almeno in minima parte, aveva smesso di fargli paura. Potevano passare interi pomeriggi a discutere di fisica, di romanzi o di film e, sì, era piacevole.
In quel momento avrebbe voluto che sua madre entrasse in camera sua senza chiedergli il permesso e gli pizzicasse una guancia per farlo tornare in sé: ultimamente pensava troppo spesso ad Imayoshi senza provare eccessivo odio, senza provare disgusto e senza riuscire a darsi un freno.
Come mai aveva cambiato idea così in fretta? Non voleva saperlo.
Hanamiya chiuse gli occhi e inspirò profondamente, trattenendo il respiro quando sentì la porta di camera sua cigolare.
«Ciao.» non soltanto sua madre aveva la cattiva abitudine di violare la sua privacy entrando in camera sua a tutte le ore del giorno e della notte senza bussare, ormai anche Imayoshi si era macchiato di quella che Hanamiya definiva mancanza di rispetto.
«Ciao.» ma con Imayoshi non si dimostrava scontroso come con la madre, forse perché era un ragazzo anche lui ed erano quasi coetanei – e forse perché non lo riempiva di baci lasciandogli dello stupido lucidalabbra appiccicoso sulle guance –.
«Com'è andata la verifica di aritmetica?» Hanamiya si mise lentamente a sedere e Imayoshi restò fermo sulla porta, accennando un sorriso quasi impercettibile prima di rispondergli.
«Ho preso il massimo. Come te, immagino.»
Hanamiya gli rivolse un'occhiata silenziosa e rispose al suo sorriso con uno altrettanto impercettibile, quasi complice.
«Sì.» fece una piccola pausa e rivolse il proprio sguardo allo spazio vuoto accanto al suo letto «questa notte ti fermi qui?»
«Sì.» la mano di Shouichi affondò nella borsa a tracolla ed estrasse un DVD che il più grande fece ondeggiare in aria un paio di volte e poi gettò sul letto.
Hanamiya diede un'occhiata alla copertina e sorrise soddisfatto, cercando di reprimere l'euforia non appena si accorse che era decisamente troppa.
«Questa sera splatter, così smetti di assillarmi.»
«Quando mai ti ho assillato?»
«Mandarmi foto di cadaveri squartati su WhatsApp non è abbastanza?»
Hanamiya cercò di trattenere un sorriso divertito e si alzò dal letto per transitargli accanto, immobilizzandosi non appena Imayoshi gli porse un cioccolatino avvolto da carta stagnola rossa: un gesto così semplice era divenuto un'usanza impossibile da trascurare, e ogni volta che accettava un cioccolatino dalla sua mano si sentiva sempre più vicino a lui e sempre più prossimo a toccare il fondo del baratro.
Hanamiya non disse nulla e afferrò il cioccolatino, infilandolo nella tasca dei pantaloni non appena il padre di Imayoshi li raggiunse.
«Ciao, Makoto.»
«Ciao.»
«Potreste venire in cucina? Io e la mamma abbiamo qualcosa da dirvi.»
Hanamiya si sentì gelare il sangue.



Makoto era ancora sotto shock.
Era accaduto tutto troppo in fretta e così inaspettatamente che aveva deciso di darsela a gambe ancor prima che sua madre apparecchiasse la tavola.
Io e la mamma – sì, la chiamava proprio la mammaci sposiamo!
E poi sua madre aveva sorriso. E, tanto per peggiorare la situazione, si erano baciati.
Imayoshi, che non sembrava essere particolarmente infastidito da quell'annuncio e da quella scenetta che pareva quasi trasudare miele, gli aveva rifilato una gomitata.
Hai visto? Alla fine saremo davvero fratelli.
Hanamiya sentiva ancora nitidamente la sua voce cantilenante e serpentina, una nenia malefica che gli pulsava nelle orecchie in continuazione e che presto lo avrebbe portato all'esaurimento.
Se sua madre e il padre di Imayoshi si sarebbero sposati, significava che tutti e quattro avrebbero condiviso una casa unica – una situazione ben diversa da quella che aveva vissuto negli ultimi mesi –.
Rischiava di dover rinunciare definitivamente al suo spazio personale, rischiava di dover trascorrere anni della sua vita a competere con quella serpe di Imayoshi e a litigare come due fratelli veri e propri, rinunciando al piacere e alla serenità che era riuscito ad assaporare nelle ultime settimane.
Makoto schiuse le labbra e prese una grande boccata d'aria, chiuse gli occhi e focalizzò la propria attenzione sulla brezza fresca della sera che si insinuava fra i suoi capelli e gli pizzicava la cute.
Era una di quelle orrende e letali situazioni di impasse verso cui Hanamiya provava un fascino magnetico – ovviamente soltanto quando erano gli altri ad esservi sottoposti –.
Doveva agire in fretta, ma in verità non era facile decidere fra la felicità di sua madre e il suo quieto vivere.
Il cellulare vibrò un paio di volte e Makoto si affrettò ad estrarlo dalla tasca della giacca e a leggere il contenuto del messaggio.


«Dove sei? Guarda che prendi freddo. Torna a casa, altrimenti guardo il film senza di te e ti invio i nomi di tutti i personaggi che muoiono.»




Hanamiya si inumidì le labbra e sfiatò appena.
«Che bastardo ...» borbottò, riponendo il cellulare nella tasca della giacca.
Non mosse un passo, piuttosto lasciò scivolare le mani nelle tasche dei pantaloni per tenerle al caldo.
D'un tratto percepì qualcosa di caldo e leggermente grinzoso, qualcosa di tondo, grande come una biglia.
Hanamiya lo estrasse e restò a fissarlo con sguardo inespressivo e con le labbra incrinate in una smorfia colma di disappunto: aveva ancora il suo cioccolatino.
Voltò il viso in direzione di casa e scartò il cioccolatino, lasciandolo scivolare oltre le labbra e schiacciandolo fra la lingua e il palato con un po' di rabbia: tra la felicità di sua madre e il suo quieto vivere, forse avrebbe potuto scegliere i cioccolatini come terza opzione.
«Maledetto bastardo.» biascicò, con la bocca impastata di cioccolato, e si incamminò verso casa.




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L'angolino invisibile dell'autrice:

Ultimamente ho avuto un sacco di idee per delle one shot e ho deciso di cominciare da questa!
Ho cercato di prendermela il più comodo possibile perché ho notato che poche delle mie one shot piacciono e credo che il motivo sia perché non le sviluppo abbastanza. Di solito mi concentro sempre sulla prima parte e quando arrivo alla terza pagina comincio a pensare: “Sarà troppo lunga?” e accorcio il finale così bruscamente che è impossibile goderselo.
Qui non mi sono data un limite di pagine e infatti ne ho riempite poco più di cinque e, a parte la caratterizzazione dei personaggi, sono soddisfatta del risultato.
Avevo molta paura di scrivere una ImaHana, ma volevo farlo da un po' e sono contenta che si sia delineata una one shot simile, tuttavia sono consapevole che Hanamiya e Imayoshi sono due personaggi piuttosto complicati e credo di aver azzeccato ben poco di entrambi (e, santo cielo, scusatemi se Hanamiya non ha fatto la linguaccia, ma non si è presentata l'occasione e poi Imayoshi lo mette sempre un po' in soggezione, ecco!)
Mi sono fatta una cultura sulla pesca, come avete notato, e sì, il carassio è un pesce ùwù (ci ho impiegato tre ore a trovare un pesce che si trovasse in Giappone e si potesse pescare senza tecniche particolari, apprezzate i miei sforzi/?/)
Per quanto riguarda i rapporti famigliari, qui mi sono voluta concentrare molto su quello madre/figlio e ho voluto torturare un po' Hanamiya assegnandogli una madre disordinata, ansiogena e troppo calorosa (mi sono divertita a delineare il loro rapporto!) e infine su questa fratellanza bizzarra fra Hanamiya e Imayoshi (non mi sono voluta spingere oltre, la shot mi piaceva così e non ho voluto forzare la mano ficcandoci di mezzo l'amore, però c'è un punto della shot in cui Hanamiya si pone una domanda e la risposta non viene data perché voglio lasciare libera interpretazione a voi lettori!)
Da dove è venuta l'idea? Nel “Kuro Fes” viene detto che Hanamiya ha la mamma e Imayoshi ha il papà (e anche una sorella se non sbaglio, ma qui ho fatto finta che non esistesse per facilitarmi le cose/?/) e quindi la mia mente malata non ha potuto evitare di pensare: “E se la mamma di Hanamiya e il papà di Imayoshi si innamorassero?” ed ecco qui il frutto della mia demenza.
Alla prossima!
   
 
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