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Autore: eos75    01/12/2008    7 recensioni
Le assolate spiagge della Versilia, un giovane campione convalescente da un brutto infortunio e un'amica speciale... Spin off della mia ff "Il primo bacio", partecipa al First Aid Kit Challenge indetto da Mnemosyne.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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estate italiana

 


Sinceramente, non avrei mai creduto di scrivere qualcos'altro su Elena e Genzo, ma il First Aid Kit Challenge mi ha fatto partorire quest'idea, per cui ringrazio Mnemosyne per avermi dato la possibilità di rovistare ancora un po' tra i miei ricordi di gioventù^^
Dedicata, come sempre, alle ragazze della "Panchina", e con un ringraziamento speciale a Saretta e Silen che me l'hanno betata.
Una piccola avvertenza per chi non avesse letto la ff da cui ho tratto questo spin off: non è necessario leggerla tutta (non costringo nessuno, per carità^^), anche se i fatti qui narrati sono correlati agli ultimi due capitoli, ma credo che per capire meglio "Estate italiana", ed in particolare il rapporto tra i due protagonisti, sia il caso di dare un occhio almeno al primo capitolo de "Il primo bacio".
Non chiedo, né pretendo, recensioni, il mio è giusto un consiglio tanto per farvi afferrare meglio il senso di questa ff ^^
Grazie e, spero, buona lettura!
eos75



"Cocco! Cocco bello!"
Un paio di lunghe gambe abbronzate apparve al limite del suo campo visivo, mentre due o tre grosse gocce d’acqua sciabordarono fuori dai secchi e s’infransero sulla sabbia dorata, creando spesse macchie color del caffè, perfettamente circolari.
Genzo non fece caso all’ombra che lo sfiorò, né al giovane che continuava imperterrito il suo giro tra i bagni ripetendo, con voce limpida e allegra, la sua cantilena. Sdraiato prono sul telo steso sotto l’ombrellone, soffiò via con una smorfia di disappunto i granelli sottili che un refolo di vento birichino aveva portati sulle pagine del libro che teneva aperto sotto il naso, quindi, con un sospiro annoiato riappoggiò il mento sulla mano chiusa a pugno, nella quale stringeva la penna, e allungò l’altro braccio, andando a tamburellare distrattamente sulla superficie liscia del suo amico sferico.
Il pomeriggio era caldo ma non afoso e il sole splendeva rovente in un cielo d’un azzurro intenso. Lo sguardo scuro abbandonò il testo, leggiucchiato svogliatamente per una manciata di minuti, e vagò a sondare lo spazio infinito che si stendeva sopra la sua testa. Le ciglia corvine si serrarono impercettibilmente mentre il ragazzino tentava di mettere meglio a fuoco il messaggio pubblicitario vergato in rosso fuoco che sventolava veloce dietro ad un aeroplanino perso in quell’azzurro immenso.
Un altro sbuffo sfuggì dalle labbra e, per la centesima volta in meno di mezz’ora, il giovane portiere perlustrò il mare piatto preso d’assalto da una nutrita schiera di bagnanti. Lontana, ma non poi così tanto, una barchetta candida avanzava spedita e dai suoi altoparlanti strillava l’annuncio di una gita alla scoperta delle meraviglie dei dintorni.
"Le quattro e mezza…" calcolò, basandosi sull’orario in cui sapeva transitare la barca ogni giorno. Scandagliò accuratamente la piccola folla colorata che si stava godendo la frescura dell’acqua, cercando una figura in particolare. La penna cominciò a dondolare nervosamente fra le dita, fino a che non venne quasi lanciata tra le pagine a mo’ di segnalibro ed un sorriso soddisfatto andò ad illuminargli il viso.
Fu in piedi in meno di un secondo, nonostante la stretta fasciatura che gli bloccava la caviglia destra, afferrò il fedele cappellino rosso e uno uguale ma bianco, e con un calcio preciso fece schizzare la sfera che, docile, gli finì in mano.
"Laura! Elena sta uscendo! Vado a fare quattro passi!" annunciò alla tata camminando all’indietro e, al contempo, sistemandosi la visiera sugli occhi.
La donna emerse dalla sua lettura e lanciò uno sguardo prima in direzione della battigia, poi verso il ragazzino, che nel frattempo s’era allontanato "Non camminare troppo, Genzo! Ricorda che non devi affaticare la gamba! E cerca di non bagnare la fasciatura, per favore! E dì a Elena…" L’ultima raccomandazione fu interrotta dallo sventolare allegro del berretto bianco nella mano del giapponesino "Di mettersi il cappello!" terminò questi, voltandosi e camminando svelto verso le docce aperte.
"Era bella l’acqua?"
"Uhm uhm…" fu la risposta della ragazzina che si stava passando le mani sul viso sotto il getto freddo.
Genzo la squadrò un secondo, cominciando a palleggiare adagio, e non appena si fu allontanata dalla doccia, si alzò la sfera e con un colpo di testa ben calibrato gliela passò con un pallonetto preciso.
Elena, che stava strizzando i capelli, fu lesta ad afferrare la palla "Ma accidenti! Mi sono appena lavata! Come sei dispettoso, alle volte, fratellino!" e rinviò con stizza al mittente il pallone che le aveva imbrattato di sabbia le mani. Il portiere stoppò di petto, rispondendo con un sogghigno soddisfatto, ma si pentì quasi subito dello scherzo poiché la ragazza, dopo essersi sciacquata, si voltò schizzandolo in viso con l’acqua gelata.
"Ehi, è fredda!" si lamentò ridacchiando.
"Così impari!" fu la risposta, accompagnata da una linguaccia.
"Sei tu quella che mi ha abbandonato per un’ora! Mi stavo solo vendicando della noia!" Genzo aveva ricominciato a palleggiare, passando lo sguardo offeso dalla sfera al viso dell’amica, che scoppiò a ridere e fece per rubargli palla.
"Ma smettila che tanto non ci riesci!" la rintuzzò, dribblandola senza difficoltà.
"E tu piantala di giocare qui o Luigi ti fa la pelle!" un cenno del capo in direzione del bagnino e il pallone si fermò istantaneamente tra le mani del ragazzo, che lanciò un’occhiata alle sue spalle da sotto il berretto.
La ragazza sogghignò, finendo di strizzare la lunga chioma fradicia "Dai, andiamo. Lungo la battigia non ti potrà dire niente! Ma sta’ attento…" "A non bagnare la fasciatura!" terminò lui, cantilenando e alzando gli occhi al cielo.
Una risata cristallina riecheggiò nell’aria e un bacio schioccante arrivò dritto sulla guancia del portiere, che non riuscì a scansarlo e lo ricevette con una smorfia di quasi disgusto.
"Oh, piantala fratellino! E poi, non vorrai mica arrivare tutto rotto in Germania, no?" Elena s’era allontanata subito, un sorriso birichino sulle labbra mentre strattonava l’amico verso l’acqua "E cammina! Non eri tu quello stufo di star fermo?!"
Genzo sospirò rassegnato e sorrise a sua volta da sotto la tela rossa, lasciandosi trascinare per qualche passo prima di liberarsi e rimettere il pallone a terra.
"Io non ho nessuna intenzione di arrivare infortunato ad Amburgo, ma tu vedi di non arrivare con un’insolazione a stasera!" e le porse il cappellino bianco che ancora aveva in mano e che venne afferrato con una smorfia "Uhm… Ho la testa bagnata, non posso prendermi l’insolazione!" Lo scatto immediato verso l’alto di un sopracciglio la fece fermare e sospirare stizzita "Mi sembri Laura…" provò a ribellarsi.
"Sorellina…"
"Ok, ok! Però solo dopo che mi si saranno asciugati i capelli, va bene?"
Vide Genzo scrollare le spalle ed abbassare la visiera con un dito, e colse un: "Sei sempre la solita testona…" appena sussurrato. Gli lasciò qualche metro di vantaggio e quindi si mise a seguirlo a passo svelto, arrivando presto al suo fianco. Le onde placide arrivavano appena a lambirle i piedi, che lasciavano piccole impronte sulla sabbia bagnata, mentre il suo fratellino calciava l’amico pallone qualche metro più in su, là dove la sua fasciatura era al sicuro dall’acqua.
"Manca poco, eh?" gli chiese quando l’ebbe raggiunto
"Già…" non l’aveva guardata, lo sguardo scuro era puntato sulla sfera che arrancava sulla sabbia, e se ne accorse "Quando sarai in Germania ci potremo vedere più spesso! Non solo per le vacanze estive! Natale, Pasqua…"
"E Capodanno!" sogghignò il ragazzino, scrollando il capo trattenendo una risata "Ehi, sorellina! Ti ricordo che mi dovrò allenare! E, comunque, Amburgo non è proprio qui dietro l’angolo…"
"Vero ma…" Genzo la sentì interrompersi e si voltò a guardarla: s’era chinata ed aveva raccolto qualcosa sulla sabbia bagnata, sciacquando quindi nell’onda che le aveva raggiunto i piedi "… Amburgo non è a un giorno di aereo da Milano! Vuoi mettere col Giappone?" chiese sorridendo mentre portava all’altezza degli occhi il suo bottino: una conchiglietta arancione, perfetta e senza ammaccature ma fornita di un buchetto nella sommità. Fece il gesto come di guardarlo attraverso quel forellino, quindi gli sorrise facendo l’occhiolino ed infilò la conchiglia nel berretto che aveva in mano.
Genzo sospirò, tentennando nuovamente il capo e ridacchiando: adorava la sua "sorellina", sempre solare, sempre pronta a vedere il lato migliore delle cose. Non che lui fosse un pessimista, anzi! Ma Elena riusciva ogni volta a trovare il modo di alleviare le preoccupazioni. O almeno le sue…
"E poi…" la vocetta squillante lo riportò alla realtà, e vide l’amica nuovamente china sulla battigia "… se tu non potrai scendere, io potrò salire, no? Magari riuscirò finalmente a vederti giocare una partita vera!" Nel frattempo, il ragazzo aveva ripreso a palleggiare con un’aria vagamente seria in viso "Ci vorrà del tempo per quello…" sussurrò a mezza voce con tono amaro, al che la ragazza lo superò, sbarrandogli la strada, le mani ai fianchi ed un cipiglio quasi severo "Verrò a vederti e sarai in porta, non in panchina! E non prenderai neanche un gol!"
Un sorriso aperto, genuino, gli illuminò il viso nell’avvertire l’affetto sincero nelle parole dell’amica "Sì, molto probabilmente sì… Ma temo che mi toccherà prenderne un bel po’ prima di poter tornare a stare fisso in porta!"
Gli occhioni castani si spalancarono stupiti e un’ombra ne velò la superficie limpida. Genzo scrollò il capo, si chinò e raccolse una conchiglia, mostrandola con una strizzatina d’occhio alla ragazza, che allungò il cappello.
"Giocare in Germania non è esattamente come giocare in Giappone, sorellina." disse, facendo scivolare il bottino nella stoffa bianca, "Il livello è molto più alto di quello a cui sono abituato. Tatsuo me l’ha ripetuto almeno… mmm… mille volte negli ultimi tre giorni?" Ridacchiò palleggiando agile, superando di qualche passo l'amica e dandole la schiena, per poi voltarsi sempre giocando "E comunque le sconfitte sono da mettere in conto, soprattutto nel mio ruolo. L'importante è non farsi abbattere e andare avanti per migliorarsi." Bloccò la palla sotto il piede fasciato ed incrociò le braccia al petto con un gesto risoluto. Un sopraciglio castano salì adagio verso l'alto mentre una ruga solcava la fronte abbronzata della ragazzina, che si avvicinò di un passo al giovane portiere fino ad arrivare col viso a pochi centimetri da quello di lui, che la sovrastava di una spanna abbondante "No scusa, ripeti! Tu?! Mi vieni a dire che i gol vanno messi in conto! Altro che cappellino, quello con l'insolazione sei tu!" lo afferrò per un braccio, tentando inutilmente di trascinarlo via, mentre Genzo rideva di gusto "Ma smettila dai! Ma che insolazione!" rise puntando i piedi e trattenendola senza quasi sforzo "E' solo che dopo il campionato di quest'anno l'ho imparata..." La presa venne mollata mentre un'occhiata indagatrice squadrava il ragazzo da capo a piedi "Ne ha fatti di danni il nanerottolo, eh?"
Una risatina e la sfera ricominciò a rotolare sulla spiaggia, calciata dal suo padrone. Il "nanerottolo" aveva fatto danni, ma soprattutto l'aveva involontariamente obbligato a mettersi in discussione. Aveva capito che essere il miglior portiere giapponese a livello giovanile non gli bastava più, che il suo sogno era ben oltre...
"Se non fosse stato per Tsubasa non credo avrei deciso di andare in Germania. Se non mi avesse segnato quel gol non mi sarei mai più dato una sveglia... Ad Amburgo non sarà una passeggiata, ma ora ho capito che dopo un gol l'importante è rialzarsi e andare avanti."
"Ecco, questo è il mio fratellino!" sentì esclamare alle sue spalle e si girò, un ghigno ironico appena accennato e un lampo divertito nello sguardo scuro "Per un attimo mi avevi davvero spaventata, sai? Il "portiere imbattibile" che all'improvviso dice di essere pronto a prendere un gol! M'è preso un colpo!"
"Ehi! Palla!" un lampo colorato sfrecciò sopra le loro teste e il richiamo catalizzò la loro attenzione. L'istinto del portiere si risvegliò all'istante: un piccolo salto alla sua destra, il braccio che s'allungava e la palla multicolore arrestò il suo inesorabile volo verso l'acqua tra le mani del giapponesino, che la rinviò al mittente con precisione ma...
"Oh, no, accidenti!" concentrato com'era sul pallone, Genzo non s'era accorto di essere atterrato un buon metro più indietro, al limite del bagnasciuga e un'onda birichina, un po' più lunga delle altre, l'aveva raggiunto, sommergendolo fino alle caviglie ed inzuppando così la fasciatura. Fece un paio di passi, riportandosi all'asciutto e scambiando un'occhiata sconsolata con l'amica, mentre constatavano l'entità del danno: la garza intorno al piede era totalmente zuppa e così pure la parte che avvolgeva il polpaccio fin quasi al ginocchio. In più la sabbia asciutta si stava attaccando tutt'intorno, rendendo la situazione ancor peggiore.
"E chi la sente adesso Laura?" mugugnò stizzito, raccogliendo il suo pallone da terra e facendo dietrofront in direzione dell'ombrellone.
Tornarono indietro in silenzio, Genzo con la sfera sotto ad un braccio e la visiera calata sugli occhi a nascondere il disappunto, Elena che restava a tratti indietro a raccogliere conchiglie e lo raggiungeva poi con qualche passo di corsa nell'acqua bassa.
Salutarono Luigi, seduto a controllare i bagnanti dalla prua di un pattino rosso, oltrepassarono le docce e in quell'istante il portiere si sentì tirare per un braccio "Aspetta!" Si voltò, perplesso, un sopracciglio sollevato e gli occhi che si spalancarono ancor di più quando si sentì strattonare con fermezza fuori dal campo visivo della tata, che era ancora evidentemente immersa nelle sue parole crociate e non li aveva notati.
"Se Laura ti vede così fa la predica a tutti e due! Libero, su al bar, ha la cassetta del pronto soccorso; gli chiediamo della garza e ti rifaccio la fasciatura!"
Il ragazzo non ebbe il tempo di replicare poiché l'amica l'aveva afferrato saldamente per una mano e lo stava letteralmente trascinando verso l'ingresso del bagno.
Libero li guardò con aria sospettosa e non mancò di impartire una breve ramanzina al campioncino, recitata però con un sorriso furbo da congiurante mentre da un armadietto bianco su cui spiccava una croce rossa mezza scrostata apparivano due bende, forbici e nastro.
La luce del sole aveva assunto un caldo tono dorato e inondava il bar ormai semideserto. I due ragazzi presero una sedia da un tavolo in un angolo e in pochi istanti la vecchia fasciatura, ridotta ad un ammasso sabbioso, venne disfatta. Genzo massaggiò d'istinto l'arto ormai libero dalla garza, togliendo i granelli che s'erano infiltrati tra le bende.
"Fa male?" l'espressione seria della sua amica lo fece sorridere. Si strinse nelle spalle, scrollando la testa "No, non più. Neppure prima quando ho saltato. Va meglio." Sorrise di nuovo e allungò una mano per prendere una benda, ma una manina abbronzata fu più veloce di lui "Eh no, fratellino! Ci penso io! Tu come pensi di fare a fasciarti per bene da solo?!"
Rimase silenzioso a guardare la sua adorata sorellina armeggiare con garze e forbici, osservò il sole riflettersi sulla massa castana dei capelli ormai asciutti e quindi cercò con lo sguardo il cappellino bianco. Lo trovò abbandonato sul tavolino accanto, sporco di sabbia e pieno di conchigliette. Ridacchiò considerando che bel caratterino avesse la sua "dolce" sorellina. Dolce sì, ma anche piuttosto testarda, si disse. "E’ l’unica, oltre ai miei e a Tatsuo, che riesce a darmi degli ordini. O piuttosto, a tiranneggiarmi…" Se i suoi compagni l’avessero visto, pensò. Un’immagine fugace di Ishizaki Ryo gli si parò nella mente e per un istante sbiancò all’idea. Poi lo sguardo ricadde sulla testolina dai riflessi ramati, china sulla sua gamba ferita ma quasi ormai guarita, ed ogni sciocca preoccupazione sfumò. Lei poteva tiranneggiarlo. Solo lei. Lo faceva da quando erano nati e, in fondo, non era poi tanto male…
"Fatto!" un’espressione estremamente compiaciuta si dipinse sul visetto abbronzato "Ora sei pronto per andare in Germania!"
"Direi che ora siete pronti per andare a casa!" La voce di Laura giunse chiara ed inaspettata e li fece sobbalzare. La donna, cappellone di paglia in testa e borsone da mare pure in paglia agganciato al braccio, li osservava dalla porta a vetri del bar con aria accigliata.



L'aria fresca della sera entrava dalla finestra spalancata sul giardino, portando il profumo del gelsomino in fiore.
La televisione era stata spenta da poco, i "grandi" erano andati a guastarsi l'ultimo bicchiere sulla terrazza che guardava il paese, mentre loro due erano rimasti sul divano. In verità, Genzo era rimasto per non svegliare la sua dolce sorellina che, come al solito, era crollata a neanche metà partita. Non che gli dispiacesse, tutt'altro; la giornata era stata lunga, la passeggiata sulla spiaggia l'aveva affaticato più di quel che gli piacesse ammettere e la lavata di capo era stata più pesante del previsto.
Si abbandonò contro lo schienale del sofà, chiudendo gli occhi ed accomodando meglio il braccio attorno alle spalle di Elena. Disturbata, la ragazzina si stiracchiò, svegliandosi e guardandolo da sotto in su. Genzo ridacchiò e le fece più spazio "Ma non eri tu quella che voleva venire a vedermi giocare in Germania, sorellina?" Stuzzicò, scuotendo la testa nel vederla sbadigliare sguaiatamente, ma un buffetto lo centrò sulla collottola e lo ricambiò con un'occhiataccia "Quando ci sarai tu in televisione, seguirò tutta la partita senza addormentarmi! Ma così non è che mi interessino poi tanto..."
Il frinire delle cicale in lontananza riempì per un istante la sala immersa nell'oscurità.
"Non ci credo." Replicò a bassa voce il portiere, negli occhi quello sguardo penetrante solitamente celato dal fedele cappellino.
Elena si rigirò nella sua stretta come un gattino arrabbiato, puntellandosi con le braccia sui cuscini fino a portare il viso a pochi centimetri da quello del ragazzo, che poté sentirne il fiato sulla pelle. Gli occhioni dorati erano stretti a fessura e brillavano nella poca luce lunare che penetrava dalla finestra "Un giorno, Wakabayashi Genzo, tu giocherai in Bundesliga, in che squadra non lo so e non me lo chiedere, che tanto i nomi non li conosco. Ma comunque: tu giocherai in Bundesliga e io ti vedrò in televisione! E non mi addormenterò! Capito?!"
La luna era tramontata, le cicale s'erano zittite ed il chiacchiericcio sommesso dei genitori e dei loro ospiti era solo un brusio lontano.
Elena s'era riaddormentata, la testa sul suo torace ed un braccio comodamente intrecciato al suo, il respiro leggero e regolare del sonno profondo.
Quelle parole, quelle assolute certezze...
Credeva in lui, nelle sue capacità ed aveva delle aspettative che, si rese conto, mai avrebbe voluto deludere. Perché deluderla sarebbe equivalso a farle del male, e non lo avrebbe sopportato.
Avvertì sulle sue spalle di ragazzino dodicenne il peso di decisioni e responsabilità che per un istante gli parvero troppo grandi e troppo grevi.
Quante persone avevano puntato su di lui...
Tastuo, suo padre, sua madre, i suoi fratelli, i suoi amici...
Un movimento lo costrinse a riaprire gli occhi; Elena gli s'era addossata un po' di più e gli aveva stretto tra le sue il braccio che la cingeva. Sorrideva beata e, mentre l'osservava, emise un sospiro quasi soddisfatto che gli strappò un sorriso.
Appoggiò la fronte alla testolina castana e chiuse le palpebre, aspirando il profumo di pesca e di mare intrappolato nella morbida massa di capelli della ragazza "Un giorno mi vedrai giocare in televisione, sorellina. In Bundesliga. Te lo prometto."

 

   
 
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