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Autore: MadameGuinevere    01/12/2008    5 recensioni

Descrizione: a volte capita di doversi mettere nei panni di un'altra persona...ma per un uomo quanto può essere difficile mettersi nei panni di una donna? E quanto potrebbe essere contento delle reazioni suscitate negli altri impavidi giovinotti?

Genere: Commedia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si alzò

Si alzò.

Sfinito. La sera prima era andato a letto troppo tardi, dopo aver passato la sera tra amici.

Ricordava vagamente anche una ragazza.

Ma le cose erano confuse dalla birra.

Si gettò addosso sfinito il primo maglione che gli capitò sottotiro, e un paio di jeans.

Normale.

Tutto come le altre mattine.

Non passò in bagno…

Non aveva niente da pettinare, e la doccia l’aveva fatta prima di andare a letto, per levarsi il puzzo di birra.

Sbadigliò e si diresse in cucina.

Sentiva qualcosa pesargli sul petto.

“Mi verrà un infarto”

Pensò noncurante, la sua immagine correva al pacchetto di Marlboro rosse.

Forse avrebbe dovuto comprarle più leggere.

Si fece un caffè, prese le chiavi, la giacca e uscì.

Non aveva voglia di prendere la macchina, troppo traffico.

Perciò si diresse verso la fermata dell’autobus.

Fece stazione ad un piccolo giornalaio per comprare il biglietto.

L’uomo che stava lì, sulla cinquantina, lo guardò con tanto d’occhi.

- Lei è di queste parti? –

Chiese, visibilmente interessato.

- Certo, che si, vengo a prendere il giornale quasi tutte le mattine! –

Scattò indignato.

Mosse qualche passo verso la fermata.

L’autobus era in ritardo.

Diede un’occhiata all’orologio, visibilmente scocciato.

- Sono sempre in ritardo –

Gli sorrise un uomo di circa una trentina.

Fece un cenno del capo e si voltò dall’altra parte.

Ci mancava il gaio che cercava di abbordare la mattina prima di arrivare in ufficio.

Cinque minuti dopo arrivò l’autobus.

Stracolmo.

Si infilò di mala voglia.

Forse avrebbe dovuto davvero prendere la macchina.

Al diavolo il traffico.

Si strinse per incastrarsi tra qualche ragazzo che andava a scuola, i vecchietti che ovviamente non possono aspettare la corsa delle nove, ma prendere proprio la corriera dell’ora di punta, proprio per occupar posti, e qualche altro lavoratore che doveva andare in ufficio.

Sbuffò.

Chissà quanto ci avrebbe messo, il capo avrebbe brontolato.

Passarono tre fermate prima che si riuscisse a stare un po’ più larghi, almeno quello che basta per respirare normalmente.

Senti qualcosa dietro di se.

Prima pensò che fosse qualcuno che volesse farsi strada tra la calca per uscire, poi si accorse che quella cosa cercava il suo posteriore.

Questo seguito da una fervente palpata.

Rimase di stucco, la rabbia che montava dentro.

Ma gli uomini gai tutti lui li beccava stamattina?

Si voltò, voleva beccare lo schifoso.

Ma ormai la mano era già sparita, e nessuno sembrava avere la faccia colpevole.

Finalmente scese, ancora disgustato.

No, l’autobus non l’avrebbe preso MAI più.

MAI!

Si diresse verso l’ufficio.

La via in cui si trovava era grigia perché il sole non riusciva mai a entrarci.

Ancora una volta, un uomo si voltò al suo passaggio.

Si era talmente arrabbiato, che si era voltato indietro per fargli un gestaccio di quelli che non si dimenticano.

Purtroppo inciampò in qualcuno.

Un uomo e una donna sui venticinque.

- Tutto bene? –

Chiese lui.

Un po’ troppo cordiale.

Lei se ne accorse e mise il broncio, trascinandolo via per una manica e brontolando cose sul loro rapporto.

Ancora una volta, rimase di stucco.

Perché proprio a lui?

Si chiese.

Entrò in ufficio.

Simona, alla portineria lo guardò un po’ così, chissà perché.

Forse aveva un grosso brufolo in faccia, oppure si era dimenticato di mettersi i pantaloni?

Salì le scale, fregandosene a tal punto, che non controllò se davvero, si era dimenticato i pantaloni.

Entrò in ufficio, si sedette alla scrivania con su il suo nome e tirò fuori la pratica del giorno prima.

- Mi scusi, ma lei chi è? –

Gli chiese un uomo alto dai capelli bruni.

- Signor Moretti, sono io. Chi vuole che sia? –

- Signorina, su non mi faccia scherzi. –

- Scherzi? Al massimo lei, smetta di farmi scherzi. Signorina! –

- Senta, dica a Genovesi che se vuole prendersi un giorno libero, può farlo senza mandare la ragazza o la cugina o la sorella. –

- Ma come si permette? Sono io Genovesi. –

- Signorina, ora basta con questo scherzo! –

Urlò l’uomo.

Lo prese per il braccio e lo trascinò fuori dalla porta.

- E non rientri più, se no Genovesi lo licenzio. Intesi? –

-Stronzo! –

Urlò, quando l’uomo era già entrato e, ovviamente, non poteva sentirlo.

Sbuffò.

Non capiva perché l’avesse sbattuto fuori, ne perché lo chiamasse signorina.

Non gli restava che tornare a casa.

Decise di andare a farsi un giro in centro prima, tanto che aveva del tempo libero.

Si fermò davanti a un negozio di abiti eleganti da uomo.

E fu lì che capì tutto.

Capì le attenzioni del giornalaio, dell’uomo alla fermata, della palpata, del ragazzo carino e simpatico e perché lei si era arrabbiata. E perché il suo capo non l’avesse riconosciuto.

Aveva dei capelli lunghi, rossi.

Occhi verdi.

Naso dritto e perfetto.

Bocca piccola e rossa.

Delle gambe mozzafiato, dei fianchi paurosi e una bella taglia di tette.

Una donna!

UNA DONNA!!

Come aveva fatto a conciarsi così non lo sapeva.

La cosa lo spaventava terribilmente.

Era a bocca aperta davanti alla vetrina.

Pietrificato.

O meglio, pietrificata.

Perché non era solo diventato una donna.

Era diventato una gran bella figa!

 

 

Spazio Autrice: ditemelo che sono stupida, tanto lo so! =P Solo io posso inventarmi fanfic così terribilmente idiote!(e anche un po' scontate, lo ammetto...U.U)

Ma, insomma, ci ho preso troppo gusto, scrivendola. Spero almeno che riesca a strappare i sorrisi che mi sono fatta io mentre la scrivevo(be io mi sono letteralmente squartata, ma io sono io XD).

Un grazie all'amico che mi ha ispirato l'idea, con la sua cocciutaggine nel non volere mettersi nei panni di una donna...

E...be, ragazzi ora imparerete che non è sempre piacevole essere soggetto dello vostre "attenzioni speciali" X°°°D

 

  
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