Serie TV > Shameless US
Ricorda la storia  |      
Autore: ginevrainalaska    08/02/2015    0 recensioni
Ma questa volta faceva molto più male, questa volta era più di un pugno allo stomaco, era così forte da lasciargli la vista annebbiata. Perchè non c'era un io, c'era un lui. E lui era più importante di tutto, era quello che doveva stare bene. Lui era l'unico che fosse mai riuscito a fargli del male, perchè era l'unico che contasse davvero. L'unico per cui valesse la pena tanto dolore. E non poteva sopportarlo, non ci riusciva. Allora doveva farlo ancora: doveva chiudere gli occhi e riggettarlo dentro. Vaffanculo, non è malato.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

We'll make it better

Questa è la primissima storia che scrivo in questo fandom. So che non è molto originale e non è un grachè, ma aveva solo bisogno di scrivere di questa fantastica coppia, perchè sono incredibili. Critiche e recensioni sono apprezzatissime! :)
  


~Era tutto abbastanza strano. Non che quella fosse una novità: vista da fuori, la vita di Mickey Milkovich era sempre strana. Ma questa volta era uno strano diverso. In fondo, molto molto in fondo, sapeva ciò che era giusto fare: lui conosceva meglio di tutti la sensazione di conoscere la verità in fondo (molto in fondo) ed ignorarla. Era sempre stato come avere un tarlo nascosto dentro di te, pronto a risvegliarsi in qualunque momento e divorare tutto -fegato, polmoni, cuore- e dovevi solo cercare la forza di riggettarlo indietro, di ingoiarlo con forza, risputarlo dentro. E magari con un goccio di alcool scivolava meglio.
Lo aveva fatto quando per la prima volta aveva sentito un'attrazione particolare verso un'altro ragazzo. E sapeva che era la stessa attrazione che avrebbe dovuto provare per le ragazze. Ed era successo altre volte ed altre volte.

Sono gay.

Chiudeva gli occhi. Stringeva i pugni. E vaffanculo tutto, non sono gay.

Lo aveva fatto ancora quando si era trovato di fronte di nuovo quegli occhi furbi e attenti, quelle lentiggini, quei capelli rossi, quel sorriso sghembo che aveva imparato a conoscere. Lo aveva fatto quando sentiva forte la voglia di baciarlo, senza troppe ragioni, senza avere paura. Lo aveva fatto quando facevano sesso, e sapeva che non era solo sesso, perchè quando lo faceva con qualcuno che non era lui, il sesso non era così- non era neanche lontanamente vicino a quello che erano i loro gemiti insieme, le loro mani strette forte, i loro cuori che accelleravano quasi fino a scoppiare. Lo aveva fatto quando lo aveva sentito ridere e aveva desiderato poterlo solo sentire ridere. Lo aveva fatto quando se n'era andato, e gli mancava tanto da far male. Lo aveva fatto quando lo aveva visto perso, e voleva solo che fosse al sicuro. Lo aveva fatto quando desiderava così fortemente (nel senso di voler spaccare la faccia e le ossa a qualcuno) che nessuno gli mettesse le mani addosso. Lo aveva fatto quando sentiva il suo profumo, e gli piaceva.

Lo amo.

Si prendeva la testa fra le mani. Piangeva addirittura- e lui non piangeva mai. Perchè non poteva, non era possibile, non...no. Doveva riggettarlo dentro. E allora vaffanculo, io non lo amo.

E poi aveva smesso di farlo. Aveva smesso di riggettarlo dentro, perchè iniziava a sentirsi così pesante che aveva paura sarebbe sprofondato sotto terra. Avrebbe mentito se avesse detto che era stato facile -era stato tutto tranne che facile- però poteva dire che era stato naturale, che è diverso. Aveva lasciato che uscisse fuori, e tutto era uscito fuori, tutto, come in una catena di montaggio, dove un pezzo tira l'altro. Perchè se essere gay significava poter essere libero di baciarlo quando e dove cazzo voleva, allora era gay. E se amarlo significava sentirsi così, ed era così fottutamente bello, allora lo amava. Ma non ci era arrivato da solo, non ci sarebbe mai arrivato da solo. Non ci sarebbe mai arrivato senza quel sorriso sghembo e quei capelli rossi. Senza di lui. Doveva a lui il fatto che avesse risputato tutto fuori, che ora si sentisse leggero, che avesse ucciso quel tarlo. Lo doveva a lui. A Ian.
E allora vaffanculo tutto, sono gay e lo amo.
 
E adesso doveva riggettare dentro un altro schifosissimo tarlo. Ma stavolta era strano, ed era anche diverso, perchè non riguardava lui. O meglio, non riguardava solo lui. Lo aveva fatto quando lo aveva visto rintanato sul letto, nel buio della sua- della loro- camera, non volendo vedere nessuno, nemmeno lui. Lo aveva fatto quando lo aveva visto, giorni dopo, agire senza pensare, scattare senza motivo, essere così dannatamente impulsivo.

E' malato.

Ma questa volta faceva molto più male, questa volta era più di un pugno allo stomaco, era così forte da lasciarlgi la vista annebbiata. Perchè non c'era un io, c'era un lui. E lui era più importante di tutto, era quello che doveva stre bene. Lui era l'unico che fosse mai riuscito a fargli del male, perchè era l'unico che contasse davvero. L'unico per cui valesse la pena tanto dolore. E non poteva sopportarlo, non ci riusciva. Allora doveva farlo ancora: doveva chiudere gli occhi e riggettarlo dentro. Vaffanculo, non è malato.

Ma come sempre, in fondo (molto in fondo) conosceva la verità. E la verità era che le cose iniziano ad andare meglio solo quando smetti di ingoiarlo, solo quando lo butti fuori. Glielo aveva insegnato lui. E una volta fatto, prendi in mano la situazione e la rendi migliore. Loro lo avevano fatto, più e più volte, e non avrebbero smesso adesso. E se buttare fuori la verità, avrebbe migliorato la situzione, allora lo avrebbe fatto. Perchè se migliorare la situazione significava aiutare Ian, farlo stare meglio, allora lo avrebbe fatto. Cazzo, avrebbe fatto di tutto.
Allora sì, è malato.
Tirò un lungo respiro. E' malato, ma non è finita, non è la fine, non ci siamo arresi, non lo faremo.

-Ehy, Gallagher- sussurrò mentre entrava nella stanza. Ian sembrava così indifeso, così spento, era così diverso dal ragazzo incredibilemente pimpante e super attivo di qualche giorno prima. Ma era sempre il suo Ian, anche se non si era mosso sentendo la sua voce.
-Ian- disse stavolta, accovacciandosi sul letto, le gambe al petto, la schiena contro la sua schiena, lo sguardo rivolto in avanti. La stanza era ancora al buio, le finestre e tende chiuse, sembrava notte, anche se in realtà era pieno giorno. Sembrava tagliata fuori dal mondo, come se lì il tempo si fosse fermato. Fuori il mondo andava avanti, se ne fotteva di due ragazzini in una stanza buia, pieni di problemi eppure, in un modo o nell'altro, ancora in gioco. Il mondo per Mickey era in quella stanza. Era in quel ragazzo silenzioso raggomitolato nelle loro lenzuola. Si schiarì la gola.
-Io non sono bravo in queste cose- disse gettando un po' la testa all'indietro -Tu lo sai che non ci so fare con le parole, i discorsi, le cazzo di dichiarazioni e...lo sai. Forse non ne ho mai avuto molto bisogno, perchè tu le cose le hai sempre sapute. Non credo che questa cosa cambierà mai. Però è grazie a te che sono cambiate tante altre cose. E' grazie a te che non vivo una bugia, Ian. Quindi no, cazzo, questa non è la fine, okay? Non lo è. Fiona e gli altri sono venuti qui, dicono che sanno quello che hai. E forse è vero, Ian. Che c'hai quello che hai, che hai bisogno di aiuto, e che questa è anche una bella situazione di merda. Ma guardaci, cazzo!- disse quasi scoppiando a ridere -Abbiamo una fottuta laurea in situazione di merda, io e te. Ma le miglioriamo, insieme. E' quello che facciamo sempre. Siamo sempre...Ian e Mickey-.
Ian mugugnò qualcosa, tremò un po'. Ma non lo mandò via.
-Quello che voglio dire è...- prese un lungo sospiro, abbassò un po' la testa e chiuse gli occhi -Lo so. Lo so che non stai bene, almeno adesso- sentì Ian tremare un po' di più, ma doveva buttarlo fuori -Ma prenderemo questa situazione e la faremo funzionare. Con tutto l'aiuto di cui avremmo bisogno, anche con tutta la merda che dovremmo affrontare ma... non pensare che ci arrenderemo adesso. Non dopo quello che abbiamo passato, okay? Noi sappiamo meglio di chiunque altro là fuori che è possibile-.
Si alzò lentamente e si limitò a passare una mano sulla schiena del ragazzo al suo fianco. Mentre lasciava ancora una volra quella stanza una marea di pensieri sembrò investirlo: devo avvisare Fiona, dobbiamo informarci, dobbiamo...
-Mickey...-
Era appena un sussuro, ma in quel silenzio era più di un urlo, più di un tuono.
Mickey si fermò quell'esatto momento, voltandosi verso quella voce.
-Noi...la renderemo migliore insieme?- sussurrò ancora di spalle. Forse se Mickey non avesse conosciuto bene ogni sfumatura di quella voce, avrebbe pensato di averla solo immaginata.
A volte dimenticava che doveva rassicurare Ian sul fatto che non sarebbe andato da nessuna parte. Ian meritava quelle rassicurazioni, perchè per troppo tempo lui aveva avuto paura, aveva rinnegato tutto ciò che era e che provava e aveva ingoiato quel tarlo. Ma aveva smesso di farlo. Aveva smesso di avere paura: neanche la malattia di Ian lo avrebbe spaventato tanto da farlo andare via, finchè ci sarebbero stati insieme. Ian e Mickey.

-Insieme-.

E vaffanculo tutto, loro ce l'avrebbero fatta.




 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shameless US / Vai alla pagina dell'autore: ginevrainalaska