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Autore: Cai7lyn_ef    08/02/2015    6 recensioni
Dal testo:
“[…] Agnosco veteris vestigia flammae.”
Era stato consumato, Dante, come Didone; entrambi erano arsi dallo stesso fuoco, ma il poeta era tanto, tanto stanco.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Virgilio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“[…] L’amor che move il sole e l’altre stelle.”

Rilesse quei versi un’ultima volta con un mesto sospiro. Finalmente la sua opera si poteva dire conclusa, la sua missione compiuta. La Commedia era finita.
Le genti di ogni epoca avrebbero saputo, per suo tramite, quello che era l’universale piano di salvezza del proprio Alto Fattore.
Nonostante ciò Durante Alighieri, Dante, non poteva dirsi felice.
Si sollevò con lentezza dalla sedia, allontanandosi dalla scrivania su cui aveva lavorato ininterrottamente sino a tarda notte per distendersi, svuotato d’ogni energia, tra le coltri del proprio letto.
Ciò che lo impensieriva non era la forma del poema, assolutamente; le singole parole erano state scelte con cura quasi maniacale e ogni terzina, ogni endecasillabo era stato riletto più e più volte portando avanti un lento e puntuale labor limae.
Dante mosse la mano tentoni sulla grande cassapanca che affiancava il suo giaciglio chiudendo, dopo una breve ricerca, le dita intorno al dorso di un libro. Si portò il volume al viso inspirandone profondamente il profumo d’inchiostro e pergamena antica. La pelle della copertina era logorata in alcuni punti, le pagine leggermente consunte per le troppe riletture. Quello era un libro molto amato. Uno dei pochissimi tomi che l’Alighieri era riuscito sempre a trascinare con sé nelle sue continue peregrinazioni d’esiliato. Non ebbe nemmeno bisogno di aprirlo per ricordare i versi che descrivevano alla perfezione il suo stato d’animo:
Eneide, libro IV, verso 23

“[…] Agnosco veteris vestigia flammae.”

Era stato consumato, Dante, come Didone; entrambi erano arsi dallo stesso fuoco, ma il poeta era tanto, tanto stanco. Amore era il fiele che gli bruciava il petto, mentre le parole di Virgilio rotolavano lente sulla sua lingua e si perdevano nell’aria fredda di Ravenna. Anelava la morte fisica perché dentro era già morto.
Erano i suoi sentimenti verso la propria creatura ad angustiarlo: perché la Commedia era sì conclusa, ma non completa. Quei versi composti con attenzione e assoluta dedizione erano pieni di frasi mai scritte e parole non dette.
Dante percorse lentamente con l’indice i caratteri dorati che componevano il nome dell’autore dell’Eneide, accarezzandoli con lo sguardo.

Virgilio…

Il solo pensiero della desolazione infernale, dei dannati dilaniati dalle pene loro inflitte, le membra tormentate da venti violenti, arse dalle fiamme, battute da una pioggia gelata, era sufficiente a farlo tremare di terrore e raccapriccio.

… Lui c’era sempre stato, quando la pena per quelle anime peccatrici, ma così umane, aveva rischiato di soffocarlo…

Rammentava vividamente, come se da quel momento fosse trascorso appena qualche attimo e non anni, il sollievo provato nel rivedere finalmente un po’ di luce.

… Quelle stelle, piccoli lumi sconosciuti, si riflettevano meravigliosamente nei suoi occhi chiari che si beavano, al pari di quelli dell’allievo, di quella magnifica visione.

Ricordava troppo bene, Dante, e ogni memoria di quel viaggio sovrumano, del quale non si era mai sentito degno, era un battito perduto del suo cuore. Lo riviveva ogni notte, assalito da violente sensazioni…

… l’olezzo dell’Inferno, l’interminabile salita del Purgatorio, la luce accecante del Paradiso.

Strinse il libro convulsamente e chiuse gli occhi. Una lacrima gli percorse lenta il naso aquilino, prima di una lunga serie. Lui non l’aveva visto il paradiso e non avrebbe mai potuto, condannato per l’eternità al grigiore del limbo.
 
***
 
La salita era finalmente giunta al termine, la cima del Monte vicina. Dante si girò verso la sua guida, entusiasta nonostante il fiato corto. Era stata una scalata difficile, quasi quanto la discesa infernale, ma ne era valsa la pena. Sotto di loro si estendeva l’immensa distesa del mare nel quale stava scomparendo il sole, poco più sopra del punto in cui il poeta si era fermato ad aspettare il compagno s’intravedeva una natura lussureggiante: foglie verdissime facevano capolino dietro un’alta parete rocciosa e al naso giungeva lieve un profumo dolciastro di fiori.
“Cosa troveremo lassù?” domandò Dante con l’usuale curiosità. Virgilio lo superò, guardandolo sottecchi, per poi rispondergli a mezza voce:
“Sii paziente Dante, pochi passi, ancora pochi passi e saprai. Beatrice ti aspetta nel Giardino.”
Si affrettò a raggiungere il Duca, pensieroso. Man mano che si erano avvicinati al termine del viaggio in Purgatorio Virgilio si era fatto più taciturno e lungo l’ascesa verso la vetta aveva mostrato più volte di essere insicuro riguardo alla via migliore da percorrere. Dante era preoccupato: che era accaduto all’uomo che l’aveva rassicurato quando si credeva ormai perduto, in balia delle tre fiere? Perché il suo Maestro non poteva sorreggerlo ancora un po’ in quella missione più grande di lui?
Come se intuisse i suoi pensieri Virgilio si arrestò di colpo. Di fronte a lui si innalzava un immenso muro di fiamme vermiglie la cui luce lo attraversava come una lama sanguigna conficcata nel petto. Parlò in un sussurro:
“Non potrò esserci sempre Dante… Io vorrei, ma… è impossibile. D’ora in poi dovrai fare a meno di me”
Il fiorentino spalancò gli occhi e per un attimo il tempo parve fermarsi. La sua mente sembrava incapace di comprendere ciò che aveva appena sentito: lui l’avrebbe… lasciato?
Quell’improvvisa consapevolezza e il panico che ne seguì lo spinse a muoversi, coprendo in poche falcate lo spazio che li separava. Si aggrappò alla veste del Maestro, come un naufrago alla salvezza, mentre una lacrima scivolava a terra, lasciando la sua traccia perfettamente circolare su sentiero, dove si stagliava l’ombra di Dante. Quell’immagine scura della sua figura correva oltre i piedi di Virgilio, ricordandogli quanto fossero diversi: era la prova che Dante era vivo e corporeo, Virgilio niente più di un’anima. Eppure poteva toccare il Duca, e sentire il lieve tepore della sua pelle, appoggiarsi ancora una volta alle sue spalle mentre i singhiozzi lo squassavano al pensiero della prossima perdita.
Virgilio si voltò lentamente e, guardandolo in volto, Dante si sorprese nel vedere che anche lui piangeva. Il Maestro gli sorrise, asciugandogli le lacrime con i pollici:
“Non piangere Dante. Tu devi andare avanti: va’ a vederlo anche per me, Colui che è Fine e Creatore… Quell’Amor che move il sole e l’altre stelle.”
Le ultime parole non erano state niente più che un lieve mormorio, eppure risuonarono nella mente di Dante con il fragore di una cannonata, scuotendolo fin nei più profondi recessi del suo animo.
“I-io… non posso lasciarti andare. Ho bisogno del tuo aiuto, del tuo sostegno… io ho bisogno di te”
Si aggrappava a lui con tutte le sue forze. Non l’avrebbe lasciato indietro, mai.
Virgilio gli alzò il viso e Dante si perse nei suoi occhi.
“Mio piccolo, insicuro Dante. Tu sei pronto a proseguire da solo. Io ci sarò sempre, anche se non potrai più vedermi”
I loro nasi si sfioravano. Fu questione di un attimo: le labbra di Virgilio si posarono su quelle di Dante. Fu un bacio rapido che sapeva di lacrime e addio.


Poi intorno al poeta furono solo le fiamme.

Era andato avanti, il fiorentino, spinto da una volontà non sua, come una marionetta in mano al suo burattinaio. Neppure la vista di Beatrice, che aveva tanto amato, riuscì a rincuorarlo, al contrario, averla davanti fu come gettare sale su una ferita ancora aperta: perché riconosceva i segni dell’antica fiamma e come Didone era rimasto bruciato. Il suo cuore era ormai prigioniero del Limbo.
 
***

La piaga di quell’addio non era mai guarita. Dante vedeva Virgilio ovunque, ogni tratto d’inchiostro sulla pergamena parlava di lui. La Commedia, salvezza dei popoli, era la sua dannazione. Gli ricordava cosa aveva perso, quell’amore che gli era balenato davanti agli occhi come una fugace visione tra il sonno e la veglia, per poi scomparire alle prime luci del giorno. Rannicchiato tra le lenzuola, l’Eneide stretta al petto, Durante Alighieri, Dante, esalò un ultimo respiro. I suoi occhi si chiusero sul cielo stellato sopra Ravenna e l’esule sorrise.
Forse l’avrebbe rivisto… E allora gli avrebbe detto, arrossendo un poco, come la prima volta che si erano incontrati…

 
 
“Ti amo”




 

L'angolino di Caytlin_

Questa Fan Fiction è nata un po' per caso, per ringraziare una cara amica di una magnifica Fan Art su Dante e Virgilio. Inutile dire che ho sempre amato il rapporto tra questi due e nel leggere il Paradiso ho tanto sofferto per l'assenza del caro Duca!
La dedico alla mia piccola Hobbit, inseparabile compagna di fangirleggiamenti Dangilio (?) e semplicemente perchè le voglio un mondo di bene. Ringrazio inoltre la mia nee-san, che l'ha letta per prima e l'ha aspettata con ansia.
E infino ringrazio chiunque recensirà o anche solo leggerà questo piccolo lavoro.

Ovviamente tutte le citazioni riportate sono tratte dalla Divina Commedia e dall'Eneide

 
   
 
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