Arthur Kirkland era sempre stato “normale” durante l’infanzia, socievole, loquace, e soprattutto impulsivo; non si era mai fatto alcun problema, agiva e basta, come la maggior parte dei bambini, del resto.
 
Arrivò però il momento in cui ogni ragazzo deve trovarsi un’immagine da seguire, un’etichetta dalla quale dipendere.
Arthur scelse di essere un misantropo freddo e abbastanza problematico.
Forse decise di impersonare quel ruolo per proteggersi dal resto del mondo, oppure per essere più “originale” rispetto ai suoi coetanei, che sembrava volessero passare tutta la vita a mangiare cibo da fast-food e scrivere canzoni rap.
 
Arthur comunque si impegnò molto per diventare quel tipo di persona, e se inizialmente fu difficile allontanarsi da tutti e guardare con aria di sufficienza ogni “bloody idiot” che facesse battutine volgari, poi venne tutto naturale.
 
Nel giro di poco tempo fu completamente solo.
Le persone non si impegnavano nemmeno più a cercare di sciogliere il suo cuore ormai di ghiaccio, e ridere era diventata un’impresa impossibile.
Smorfie di disgusto e delusione erano perenni sul suo viso.
 
Quando conosceva una persona che sembrava lo capisse veramente, ecco che i muri del suo cuore si alzavano e si fortificavano.
Lui non poteva essere capito, non aveva bisogno di nessuno, stava bene così.
E di nuovo si trovava solo con il suo tea e l’amato libro su una vecchia poltrona.
 
Arthur iniziava però a stancarsi, stava diventando tutto così noioso, necessitava di una svolta nella sua vita.
Decise di affidarsi alla musica.
Comprò tanti CD di genere rock, una chitarra elettrica, e si iscrisse a un corso per imparare a usarla.
 
Ogni sera, prima di andare a dormire, era diventato un rituale suonare un pezzo scritto durante il giorno, e con la musica Arthur riusciva veramente a esprimere se stesso, le mura costruite per proteggersi cadevano, il calore del rock scioglieva piano piano il ghiaccio dentro di lui.
 
Quello era il suo sfogo, un piccolo segreto.