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Autore: __lovatosheart    09/02/2015    3 recensioni
AU in cui Lauren e Camila si incontrano a scuola.
E se Lauren fosse una bad girl?
E se Camila fosse una ragazza tranquilla, che vive nel suo mondo, aspettando solamente qualcuno di speciale che le faccia vivere una di quelle romantiche storie che legge nei suoi libri?
Possono due mondi totalmente opposti incontrarsi, o il loro scontro porterà alla distruzione di entrambi?
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Camila Cabello, Lauren Jauregui
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16:
Darling heart, I loved you from the start


Era passata più di una settimana da quando lei e Lauren si erano baciate per la prima volta, eppure Camila continuava a provare le famose 'farfalle nello stomaco' ogni volta che il suo subconscio riproponeva alla sua mente le immagini di quel fatidico pomeriggio.

Avevano trascorso, forse per la prima volta da quando si conoscevano, una settimana tranquilla e piena di momenti felici.

A scuola dovevano mantanere le distanze, perchè Camila sapeva che Lauren non era pronta ad esporsi in quel modo, ma non le pesava molto. 

Potevano baciarsi e tenersi per mano mentre passeggiavano insieme verso scuola, approfittando delle strade deserte che attraversavano alle sette di mattina; potevano farlo quando decidevano di andare in spiaggia e quando, mentre pioveva, si rifugiavano nella casa abbandonata che era diventata teatro delle loro vicende.

Lauren, dopo l'ultima discussione che avevano avuto, era visibilmente più tranquilla, e Camila non sarebbe potuta essere più felice e sollevata per questo.

Per la prima volta dopo tanto, tanto tempo, si sentiva felice.
No, 'felice' non era la parola adatta per descrivere come sei sentiva, non era abbastanza.

Camila si sentiva completa, come se avesse finalmente trovato il suo posto nel mondo, che aveva scoperto essere vicino a Lauren.

Adesso capiva cosa intendevano dire gli scrittori quando scrivevano di 'farfalle nello stomaco' e di 'ginocchia che tremavano', ma pensava che non fossero abbastanza per spiegare ciò che provava quando era con Lauren.

Il suo cuore sembrava deciso a marcare la sua presenza con battiti veloci e forti, il respiro si faceva corto e ogni fibra del suo corpo sembrava essere tesa, come se la semplice vicinanza di Lauren scatenasse una sorta di inevitabile attrazione che percepiva nella sua stessa pelle.

Suo padre, che sarebbe ripartito a giorni, le aveva chiesto cosa fosse successo, notando il sorriso che la figlia aveva la maggior parte del tempo da qualche giorno.

'Nulla.' Aveva risposto Camila scrollando le spalle, ma sapeva che il padre non le avrebbe creduto così facilmente.

In ogni caso, non si sentiva pronta a parlare dei suoi del rapporto che aveva con Lauren, nonostante sapesse che non l'avrebbero mai giudicata male. Erano molto aperti e più volte li aveva sentiti difendere i diritti degli omosessuali quando in televisione passavano notizie al riguardo; semplicemente voleva aspettare ancora un pò.

Quel giorno si era svegliata di buon umore, nonostante dovesse fare un compito di trigonometria particolarmente difficile; sia lei che Lauren frequentavano il corso di matematica avanzata, per cui l'avrebbe vista anche prima della pausa pranzo.

La salutò con un leggero bacio sulle labbra, quando la vide alla fermata, sapendo che l'altra preferiva non esporsi troppo quando erano vicino ad una strada principale.

Dopo aver svoltato a destra in una via molto meno popolata, Camila vide i muscoli dell'altra rilassarsi, così la prese per mano.

Lauren le sorrise, poi le chiese se aveva studiato per il test di matematica.
'Certo, è particolarmente difficile quell'argomento.. tu no?' Le chiese, pensando poi a come non avesse mai fatto caso all'andamento scolastico dell'altra.

Insomma, sapeva che era stata esplusa più volte e che per lei le ore di punizioni erano quasi una routine giornaliera, ma non si era mai chiesta come facesse a frequentare classi avanzate o a prendere buoni voti. 

'No, non mi andava ieri.' Rispose con una scrollata di spalle, osservando poi divertita l'espressione sul volto dell'altra.

'Come fai ad essere così tranquilla?' Le chiese allora la minore, sinceramente stupita.

'Ci sono cose molto più spaventose che un brutto voto a scuola.' Fece Lauren, mollando poi la presa sulla mano dell'altra.
 
A volte, semplicemente, aveva bisogno di spazio.

Perdeva il controllo molto facilmente, e aveva imparato a bloccarsi prima che tutto diventasse troppo.

Camila capiva che l'altra stava cercando di contenersi e di non parlarle in modo brusco, ma non poteva evitare di rimanerci male. 
Vedere Lauren chiudersi a riccio e isolarsi dietro mura di sofferenza la faceva sentire impotente e inutile, ed erano sensazioni che odiava provare.

'Hai ragione.' Rispose solo, guardando dalla parte opposta della strada per non far vedere all'altra gli occhi lucidi.

Arrivarono a scuola senza scambiarsi più altre parole, ognuna persa nei propri pensieri e timori, troppo insicure per affrontare direttamente l'altra ma incapaci di lasciar stare quanto era appena accaduto.

Una volta entrate in classe Camila augurò all'altra un 'buona fortuna', a cui quella rispose con un occhiolino. 

'Non ne avrò bisogno.', fece lei infatti, sedendosi al suo solito posto in fondo all'aula.

Il professore entrò nella stanza e iniziò a distribuire i fogli mentre Camila picchiettava la penna sul banco, ansiosa.

Lauren osservava i comportamenti dell'altra con disprezzo, e cercava di ripetersi che doveva controllarsi,  che non poteva finire un'altra volta in punizione e, soprattutto, che non poteva ferire di nuovo Camila.

Si concentrò sul compito che aveva davanti, e dopo mezz'ora aveva già finito. 

Diede un'ultima occhiata ai calcoli che ricoprivano il suo foglio, poi si alzò e, sotto gli occhi scettici del resto della classe, consegnò il compito sulla cattedra. 


'Posso uscire?' Chiese, nella voce un tono di superiorità che fece voltare Camila, intenta a svolgere un'espressione complicata. 

'Signorina Jauregui, ha già finito? Manca ancora un'ora e mezza..' Provò il professore, notando poi con sorpresa che il compito non era bianco, come si era aspettato vedendo la ragazza alzarsi.


'Si. Posso uscire?' Chiese ancora, incrociando le braccia davanti al petto e alzando un sopracciglio, come a sfidarlo.

Il professore diede un'occhiata al compito della ragazza, e vide subito che i procedimenti erano tutti corretti, scritti in modo preciso e incolonnati ordinatamente. Com'era possibile che quella ragazza fosse riuscita a completare in modo corretto e in trenta minuti un compito che doveva essere svolto in due ore? 

'Vada pure, ma alla fine delle due ore torni in classe, le devo parlare.' 

Lauren alzò gli occhi al cielo, poi, sotto gli occhi stupiti di tutti gli altri studenti, uscì dall'aula.

Si diresse a passo svelto verso il cortile, poi si appoggiò al muretto che lo circondava e iniziò a fumare una sigaretta; si ritrovò a pensare al modo in cui l'aveva guardata il professore, come se si aspettasse un atteggiamento più stupido da una come lei.

Sbuffò, mentre lasciava cadere della cenere a terra dal mozzicone fumante.

Erano tutti bravi a giudicarla, basandosi sul modo in cui appariva e sul modo in cui si comportava.

Abbassò lo sguardo verso i suoi stivali neri dalle suole consumate, i jeans con dei tagli sulle ginocchia e la maglia a maniche corte con su la stampa di qualche band. Probabilmente la giacca di pelle che aveva sopra contribuiva a farla apparire in un certo modo - osservò.

Gettò la sigaretta a terra, con disprezzo, prima ancora che fosse del tutto finita; nemmeno quello riusciva a calmarla.

Iniziò a sentirsi sempre più agitata, e si accorse dopo poco che le sue mani tremavano.
Allarmata, iniziò a respirare più profondamente, pensando di stare per sentirsi male.

Il cuore le batteva all'impazzata e sentiva un forte dolore al petto, ma prima che potesse alzarsi e chiamare qualcuno si ritrovò sdraiata, il volto premuto contro la fredda superficie di pietra.



La prima cosa di cui si accorse, quando aprì gli occhi, fu che era in una stanza luminosa e molto - troppo - calda.

Era sdraiata su un lettino, e appena se ne rese conto balzò in piedi, spaventata all'idea di poter essere finita in ospedale.
La testa, in risposta, le girò bruscamente, costringendola ad aggrapparsi alla prima cosa solida che si era trovata davanti.

'Lauren!' Esclamò subito una voce familiare, colma di preoccupazione. 'Mi hai fatto spaventare.' Concluse Camila, avvicinandosi all'altra per abbracciarla.

Lauren, in risposta, si scansò, infastidita da quell'agitazione e ancora sconvolta e confusa per quanto era appena successo.

'Dove sono?' Chiese subito, guardandosi intorno con aria spaventata. 

'Sei svenuta Lauren, l'infermiera ha detto che dovresti riposarti ancora un po'..' Iniziò a spiegare Camila, osservandola con i suoi grandi occhi che riflettevano perfettamente ogni stato d'animo.

' Infermiera? Come sono arrivata qui?' Chiese ancora Lauren, senza dar segni di aver capito - o almeno ascoltato - ciò che le aveva appena detto Camila.

'Ti hanno visto svenire fuori, nel cortile, e ti hanno portato dentro in infermeria.. ho chiesto se era il caso di portarti in ospedale, ma hanno detto che non c'era nulla di cui preoccuparsi..' Spiegó, rinunciando a far ragionare l'altra e accontentando le sue richieste.

Lauren tirò un sospiro di sollievo capendo che era ancora a scuola: non osava immaginare cosa sarebbe potuto accadere se l'avessero portata in ospedale. 'Ci mancava solo che ti ascoltassero.' Commentò infatti, raccogliendo poi da terra quello che aveva riconosciuto essere il suo zaino.

'Ehi, dove vai?' Le chiese allora Camila, mettendole una mano sulla spalla per bloccarle l'uscita.

'Non ho bisogno di stare qui.' Rispose semplicemente Lauren, scrollandosi di dosso la mano dell'altra.

Prima che potesse uscire, però, fu bloccata dall'arrivo dell'infermiera.
 
'Signorina Jauregui, dove crede di andare?' Le domandò infatti questa, guardandola da sopra gli occhiali, spessi e quadrati, che erano appoggiati sul suo naso in un modo che, se fosse stata in un'altra situazione, Lauren avrebbe trovato piuttosto divertente.

'Ci si mette anche lei, adesso.' Borbottò Lauren alzando gli occhi al cielo, per poi accontentare la donna e sedersi sulla sedia che era posizionata davanti ad una scrivania.

'Camila, grazie per aver aspettato qui con Jauregui, ma penso che adesso possa aspettarla fuori. Devo parlare con lei e preferirei farlo in privato.' Fece questa, sorridendo poi alla minore.

Camila annuì, leggermente imbarazzata, per poi uscire chiudendosi la porta alle spalle.

'Sto bene. Posso andare adesso?' Chiese allora Lauren, guardando con aria di sfida la donna.

Questa capì subito le intenzioni dell'altra, e le rispose con un tono altrettanto intimidatorio. 'Non così in fretta. Prima di tutto, cosa ci facevi lì fuori?' Le domandò, prendendo poi un blocco ed iniziando a prendere appunti.

'Nessuno mi aveva avvisato di un interrogatorio, la prossima volta mi vedrò di procurarmi un avvocato.' Scherzò Lauren, un ghigno sul volto mentre incrociava le braccia al petto.

'Prima risponde, prima potrà andare, devo compilare questo modulo.' Disse semplicemente l'infermiera, senza alzare lo sguardo dal foglio che aveva davanti.

'Stavo fumando. - Disse allora quella, pronunciando la seconda parola lentamente e con sicurezza, come se volesse provocare l'altra. - Sono uscita prima perché ho finito un compito in classe, avevo il permesso del professore.'

'Cos'è successo prima che perdesse i sensi?'
Domandò quella senza alzare lo sguardo dal foglio, decisa a non assecondare la ragazza.

'Fumando? - Chiese retoricamente la ragazza, un tono di presa in giro chiaro nella sua voce. -  Se proprio devo rispondere alle sue domande almeno mi ascolti!' Esclamò con un tono falsamente offeso, allargando le braccia in modo teatrale.

'Quali sintomi ha sentito?' Continuò la donna, indifferente alle provocazioni della minore.

'Nulla di strano.' Fece Lauren, agitandosi sulla sedia, leggermente a disagio, ma comunque decisa a non collaborare con l'altra.

'Non mentire.' - Rispose questa, degnandola finalmente di uno sguardo. -  'Dimmi cos'hai avuto, io ti dirò cosa è meglio fare per evitare un'altro episodio e tu te ne andrai, non è questo che vuoi?' Domandò, e Lauren sorrise, soddisfatta, vedendo che la pazienza dell'altra iniziava a cedere.

A questo punto - pensò - poteva anche assecondarla.

'Mi tremavano le mani, poi il cuore ha preso a battermi forte e non riuscivo più a respirare, neanche il tempo di alzarmi che bum! - esclamò, alzando la voce e allargando le braccia, godendosi poi la faccia sorpresa dell'altra. - blackout totale.' 

'È la prima volta che ti capita?' Chiese ancora la donna, mentre prendeva appunti sul suo blocco.

'Non esattamente.' Rispose Lauren, chiedendosi subito dopo perché era stata onesta.

La donna osservò con interesse gli appunti che aveva preso, poi intrecciò le dita davanti a se e alzò lo sguardo verso la mora.

'Forse lo avrai già capito da sola, ma penso che tu soffra di attacchi di panico, Lauren.' Iniziò, studiando con attenzione la reazione sul volto dell'altra.

Lauren si era accorta del suo sguardo indagatorio, e per questo cercò di mostrarsi più sicura e indifferente possibile di fronte a quella notizia.

'Hai già fatto qualche visita per questo problema?' Chiese la donna, non riuscendo a decifrare il silenzio della minore.

'No, era stato un unico episodio e non gli avevo dato grande rilievo.' Ammise Lauren, dicendo qualcosa di vero nonostante l'aria infastidita e annoiata che cercava di avere.

'È meglio che tu ne parli con i tuoi genitori - Fece, strappando poi una parte del foglio su cui aveva scritto. - Tieni, puoi dare questo foglio su cui ho già scritto tutto.'

Lauren annuì, prendendo il foglio e alzandosi dalla sedia, impaziente di uscire. 'Adesso posso andare?'

Appena la donna annuì, arresasi di fronte alla sua testardaggine, Lauren si avviò verso la porta, dove poi si fermò, voltandosi.

'Un'ultima cosa, posso andare a casa, visto che sono stata male?' Chiese, congratulandosi con sè stessa per aver avuto quell'idea.

'Si, penso che non sia alcun problema, lo spiegherò io ai professori facendo un -'

Prima che potesse sentire la fine della frase, Lauren aveva già chiuso la porta alle sue spalle.

Uscì così velocemente che non si accorse della ragazza ferma sul ciglio della porta, uno sguardo preoccupato sul volto mentre l'aspettava.

Lauren le andò a sbattere contro, facendo così cadere i libri che l'altra teneva in mano.

'Diamine.' Borbottò tra sè, mentre guardava con disprezzo i ragazzi che si erano messi a ridere di fronte a quella scena.
Camila raccolse velocemente i libri, poi seguì la mora, che aveva già iniziato a camminare per il corridoio a passo spedito senza nemmeno aspettarla.

'Lauren!' La chiamò infatti, prendendola poi per un gomito nel tentativo di farla rallentare.

'Sto andando a casa, ho il permesso.' Disse solo, senza nemmeno guardarla ma rallentando il passo.

'E ci vai a piedi? - Chiese stupita Camila, ancora preoccupata per la salute dell'altra. - Posso chiamare mia madre e farti dare un passaggio, non puoi andare da sola dopo che-'

'Non sto male Camila, posso benissimo camminare.' La interruppe bruscamente: non sopportava che le persone si preoccupassero in quel modo per lei.

'Ma-'

'Ti mando un messaggio quando arrivo a casa per farti sapere che sono ancora viva, va bene?' Fece Lauren, voltandosi finalmente verso l'altra e posando una mano sulla sua spalla.

'Non volevo essere così dura, ma non sopporto quando le persone pensano che io sia debole o cose del genere.. Sto bene, davvero, e se vuoi più tardi ti spiegherò cosa è successo.' Concluse per poi sorridere, stringendo affettuosamente il braccio dell'altra.

Questa non seppe più resistere all'impulso che provava da quando aveva visto Lauren stesa sul lettino, e ,con uno slancio che fece quasi perdere l'equilibrio alla maggiore, l'abbraccio, stringendola forte in una stretta bisognosa quanto desiderata.

'Grazie.' Sussurrò semplicemente Lauren, sapendo che l'altra avrebbe capito.

-

Dopo aver camminato per quella che le era sembrata un'eternità, forse perchè non era più abituata a tornare a farsi tutta la strada senza la compagnia di Camila, arrivò a casa.

Aprì la porta con il cuore che batteva a mille, spaventata all'idea di poter trovare il padre ancora dentro. Cosa avrebbe potuto dire per cercare di spiegare la sua presenza senza scatentare la sua ira?

Fece un passo dentro l'abitazione trattenendo il respiro, come se così potesse rendersi invisibile ad occhi altrui.

Dopo qualche istante di assoluto silenzio, sospirò con sollievo, rincuorata dal fatto che non c'era nessun altro lì dentro.

Posò lo zaino in camera sua ed entrò in cucina per farsi un panino, ricordandosi in quel momento che non aveva mangiato durante la pausa pranzo e scoprendosi piuttosto affamata.

Durante tutta la camminata, non aveva poututo fare a meno di pensare a ciò che le aveva detto l'infermiera, così alzò dalla sedia e si diresse nel piccolo studio ormai inutilizzato, accese il computer e tolse con una mano lo strato di polvere che si era accumulata sopra la tastiera.

Non usava mai quel computer perchè era vecchio, e il suo forte ronzio avrebbe sicuramente infastidito il padre, cosa che preferiva di gran lunga evitare.

Dopo circa dieci minuti, riuscì ad aprire una pagina del motore di ricerca, dove scrisse le tre parole che l'avevano perseguitata per le precedenti due ore: 'attacchi di panico'.

Cliccò sul primo risultato datole da google, e lesse rapidamente i sintomi che caratterizzavano quella patologia.

'tremori, sensazioni di soffocamento, respiro corto e tachicardia': erano tutti i sintomi che aveva provato in entrambe le volte in cui era svenuta- notò con disappunto.

Chiuse subito la pagina, spense il computer e colpì la scrivania con un pugno, frustata e arrabbiata. Non aveva già abbastanza problemi?

Nel farlo, fece crollare una pila di CD che non aveva notato, sistemati proprio dietro lo schermo del computer.

Li raccolse e li rimise in ordine, notando poi un disco che le era piuttosto familiare: un vecchio album degli Oasis, il gruppo preferito di sua madre.

All'improvviso, tutta la rabbia che era avvampata dentro di lei a causa dell'episodio di quella mattina svanì, cancellata da un'ondata di ricordi talmente forte da farle quasi perdere l'equilibrio.

Ricordò che, quando era piccola, sua madre le faceva sentire quelle vecchie canzoni, cantava insieme a loro mentre sistemava la casa e a volte la invitava a ballare insieme a lei nel mezzo della cucina, saltando e muovendosi a ritmo della musica.

C'era una canzone, in particolare, che aveva sentito così tante volte cantata dalla madre da averla imparata a memoria, e ripensandoci si accorse di quanto il testo, adesso, prendesse tutto un altro significato.

' 'cause after all, you're my wonderwall.'

Canticchiò quelle parole senza nemmeno rendersene conto, trovandosi poi a stringere con forza tra le mani il CD, come se fosse più di un semplice insieme di plastica e metallo.

E forse lo era; forse il legame emotivo che aveva bastava a renderlo speciale, misera ancora di ricordi e affetti venuti a mancare.

La ragazza chiuse gli occhi, gustandosi quei pochi istanti colmati dalle immagini di sua madre che cantava e ballava insieme a lei e lasciando che le scaldassero il cuore.

Poi, con un sospiro, si costrinse a  rimettere il CD lì dove lo aveva trovato, tornando, controvoglia, nel tempo presente.

Uscì dalla piccola stanza dopo essersi assicurata di non aver lasciato nessun segno evidente della sua presenza, poi recuperò il telefono dalla tasca del suo zaino, ricordandosi solo in quel momento di aver promesso a Camila un messaggio.

Non fu affatto sorpresa di trovare tre messaggi non letti da parte della ragazza, visto che erano passate più di due ore da quando aveva lasciato la scuola.

'Dove sei?'
- 11:07 , Camila.

'Dovresti già essere arrivata a casa, a quest'ora, perchè non mi rispondi?'
- 11:54, Camila.

'Lauren, sto iniziando a preoccuparmi. Se continui a non dare segni di vita potrei anche dover chiamare qualcuno.'
- 12:29, Camila.


Spaventata dalla pseudo-minaccia della sua ragazza, si affrettò a rispondere, dandosi della stupida per non essersene ricordata prima.

'Scusami, mi ero scordata di mandare il messaggio. Sono ancora viva, tranquilla.'
- 12:48, Lauren.


Gettò il telefono sul letto, entrando nella sua camera, pensando ancora a ciò che aveva imparato quel giorno: soffriva di attacchi di panico, e senza le adeguate cure, almeno secondo Google, gli episodi sarebbero continuati ad avvenire.

Maledì suo padre, sè stessa, e ancora una volta l'orco, perchè una sola non bastava: era colpa sua se non poteva nemmeno pensare a chiedere di prenotare una visita o di comprare dei farmarci, probabilmente era colpa sua anche il fatto che soffrisse di attacchi di panico.

D'altronde, sempre secondo internet, potevano verificarsi in seguito a traumi subiti durante l'infanzia, e lei sicuramente ne aveva subiti alcuni piuttosto drastici.

'Strano che non mi sia venuto niente di simile prima.' - pensò sarcasticamente tra sè e sè.

Fu distratta dal ronzio familiare del suo telefono, e si stupì di quanto rispondesse velocemente Camila.

'Mi hai promesso una spiegazione oggi pomeriggio, non dimenticartelo.'
- 13:02, Camila.


Leggendo il messaggio, la mora non potè fare a meno di sorridere, notando il lieve tono minaccioso che Camila aveva cercato di conferire alle sue parole.

Aveva appena risposto, ed era sul punto di prendere una vecchia tela incompleta per disegnare un pò, quando un inaspettato rumore la fece sobbalzare.

Con un movimento rapido e silenzioso si gettò sotto la sua scrivania, accovacciandosi e cercando di nascondersi nel miglior modo possibile.

Trattenne il respiro, mentre dei passi lenti e pesanti si trascivano attraverso il corridoio, segno che suo padre era già piuttosto brillo.

Era già sul punto di cantar vittoria, quando osservò, con orrore, il suo telefono illuminarsi e produrre il suo classico ronzio, rompendo il silenzio che riempiva l'abitazione.

Lauren sentì il suo cuore battere sempre più forte, mentre il padre entrava nella sua stanza, biascicando quelli che sembravano essere insulti.

L'uomo prese il piccolo oggetto e,dopo averlo osservato per qualche minuto con sguardo confuso, lo scaraventò dall'altra parte della stanza, sotto il volto esterefatto e spaventato della figlia.

Quest'ultima smise di respirare, cercando di rendersi invisibile, e chiuse gli occhi, decisa a non voler vedere ciò che stava per accadere.

Ma il rumore che seguì non fu quello che si aspettava, e quando aprì gli occhi si ritrovò davanti una scena raccapricciante: suo padre aveva appena vomitato, chiaro segno di aver, come al suo solito, esagerato con l'alcol.

Dopo qualche minuto, e diverse imprecazioni, l'uomo uscì dalla stanza, maledicendo il suo stesso fegato e borbottando qualcosa riguardo la rumorosità dei telefoni.

Lauren rimase qualche istante ferma, ancora nascosta sotto la sua scrivania, cercando di regolarizzare il battito impazzito del suo cuore.

'Poi mi chiedo anche perchè mi vengono attacchi di panico.' Pensò tra sè e sè, alzandosi e raccogliendo il telefono dall'altra parte della stanza, scoprendo con disappunto lo schermo irrimediabilmente distrutto.

-

Camila passò il restante tempo della giornata scolastica cercando di concentrarsi sulla matematica, sulla storia americana o sulla rana che stavano sezionando a biologia, ma con scarsi risultati.

Continuava a pensare al volto pallido di Lauren, alla sua espressione spaventata quando si era svegliata e al modo in cui l'aveva abbracciata prima di andarsene; voleva solo incontrarla, assicurarsi che stesse effettivamente bene e sapere cosa era successo.

Ricordava perfettamente la prima volta che aveva visto Lauren debole e indifesa, quella tremenda chiamata e la successiva corsa verso il parco erano perfettamente incise nella sua memoria, così come quando si era sentita male di fronte a lei; il cuore che sembrava tremarle al solo pensiero.

E non le importava se Lauren non tollerava vedere la preoccupazione negli occhi degli altri, Camila non aveva mai tenuto così tanto a qualcuno da sentire sempre un peso sul petto, come a ricordarle che l'organo che pompava il sangue nelle sue vene non era più indipendente e responsabile solo per sè stesso: batteva anche per qualcos'altro, per qualcun'altro.

Perchè, anche se all'inizio non ne era stata del tutto consapevole, aveva scelto di prendere parte del dolore di Lauren e di condividerlo con lei, nel disperato tentativo di renderlo meno gravoso.

E adesso, mentre la professoressa spiegava in che modo le rane potessero riprodursi, lei contava i minuti che la separavano dal vedere la maggiore.

Le aveva chiesto in un messaggio dove volesse vederla, ma non aveva ricevuto risposta.

Controllò, senza farsi notare, lo schermo del suo telefono, rimanendo delusa alla vista del display vuoto, privo di almeno un messaggio da parte dell'altra.

Quando la campanella segnò la fine della lezione, Camila si diresse, quasi correndo, verso l'uscita, camminando poi con passo spedito verso casa.

Aveva chiamato Lauren almeno una decina di volte, senza mai ottenere risposta; così aveva deciso di andare a casa e aspettare che l'altra desse qualche segno di vita.

Stava sparecchiando la tavola, quando sentì il campanello di casa suonare.

Si chiese se non fosse sua madre di ritorno dal lavoro, anche se di solito non arrivava così presto.

Quando aprì la porta, si trovò davanti l'ultima persona che si era aspettata di vedere, ma, allo stesso tempo, quella che più desiderava trovare.

'Lauren!' - Esclamò sorpresa, aprendo di più la porta per lasciar passare l'altra. - 'Mi stavo preoccupando, perchè non rispondi a-' Stava chiedendo, ma si fermò alla vista dell'espressione dell'altra.

Non sapeva dire esattamente cosa ci fosse di diverso nell'altra, ma si vedeva chiaramente la paura nei suoi occhi, adesso dello stesso colore del cielo sopra di loro.

'Che è successo?' Le chiese infatti, chiudendo la porta e mettendo una mano sopra la spalla dell'altra, maledicendosi poi per aver usato un tono che avrebbe certamente infastidito la maggiore.

Lauren, in risposta, cacciò dalla tasca il suo telefono, posandolo poi nella mano dell'altra; pensava che, in certi casi, le azioni erano molto più efficaci di semplici parole.

Camila stava per domandarle qualcosa, evidentemente confusa, ma poi vide lo schermo distrutto del telefono, e le parole le morirono in gola.

'Mio padre.' Borbottò Lauren abbassando lo sguardo, evidentemente a disagio nel parlare di quanto era appena successo.

'Perchè?' Chiese solo Camila, guardando il volto e il corpo della sua ragazza in cerca di segni di violenza, temendo che l'uomo non se la fosse presa soltanto con il telefono.

'Non mi ha fatto nulla' - Iniziò la ragazza, notando l'apprensione dell'altra. -'Perchè non mi ha visto.' Finì poi, lo sguardo fisso sulle sue scarpe e le mani serrate a pugni, le braccia rigide lungo i fianchi.

Camila le mise una mano sulla schiena, guidandola dentro la sala e poi sul divano, dove si sistemò portando le gambe di lato per potersi mettere il più vicino possibile all'altra.

Mentre Lauren iniziava a raccontare, la voce tremante nonostante i suoi tentativi di farla sembrare decisa e sicura, la minore prese tra le mani quella chiusa a pugno dell'altra, aprendogliela lentamente e lasciandovi lievi carezze con la punta delle dita.

Sotto il suo tocco leggero, vide l'altra rilassarsi un po' alla volta, e per un momento paragonò quella visione a delle mura in crollo, come se, finalmente, stesse riuscendo ad abbattere le barriere che circondavano la mora.

Lauren, dal suo canto, sentiva la sua voce pronunciare quelle parole e spiegare gli eventi di quella mattina e di quel pomeriggio come se non le appartenesse, come se fosse un'altra a raccontare. Era troppo distratta dalle dita di Camila che giocavano con le sue, accarezzandole con calma e meticolosa attenzione, come se stesse maneggiando qualcosa di fragile.

E per una volta, non le dispiacque essere tratta in quel modo, non dopo essersi dovuta nascondere dal suo stesso padre.

Perchè era vero, Lauren era forte ed era sempre stata capace di cavarsela da sola, senza l'aiuto di nessuno; ma diamante e graffite sono composte dagli stessi atomi, e ci vuole poco, un semplice gioco del destino, per mutare l'elemento indistruttibile in uno debole e dalla forza effimera.


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Okay, ciao a tutti!
Sto postando piuttosto tardi ma è l'unico momento libero che ho trovato oggi, e ci tenevo a postare perchè ho il capitolo finito da giorni!
Per favore, ditemi che non sono l'unica a cui è mancata la sassy!Lauren *occhi da cucciolo* ahah
Chiedo scusa per aver fatto riferimento alla chimica nell'ultima frase, blame it on lo scientifico (?) ahhaha
Piccolo ps prima di salutarvi e concludere queste note - visto che probabilmente non le legge nessuno - ho cambiato nome su twitter, adesso sono *rullo di tamburi*:
@camrenshug !
Si, lo so, sono molto originale e, soprattutto, non si capisce affatto che queste due siano la mia ossessione, good job Laura!
ps2 (perchè uno solo non bastava): si, mi sono ricordata dopo tipo otto secoli che una volta scrivevo una frase della canzone da cui ho preso il titolo della ff ha inizio capitolo, viva la memoria.

Dette queste inutili cose, fatemi sapere che ne pensate del capitolo, al prossimo!
Love y'all ♥

 
   
 
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