Serie:
Pandora
Hearts
Titolo: Galatèia
Titolo
capitolo: Galatèia
-Piece of Art-
Personaggi: Lacie Baskerville, Levi
Baskerville
Warning: //
Wordcount: 1000
Challenge: /
Prompt: /
Note:
non
penso di dover mettere "spoiler", no? Insomma, se non avete idea di chi
sia Lacie o di chi sia Levi e non volete rovinarvi la sorpresa allora
non leggete, ma credo che ormai tutti siamo arrivati ad un punto in cui
diamo per scontato chi siano... credo D:
Disclaimer: questa
cosa senza senso appartiene a me, la serie e i personaggi appartengono
a Jun Mochizuki. Se appartenessero a me soffrirebbero molto meno E NON
MORIREBBERO, UFFA 3
PS: consiglio vivamente di leggere questa robaccia con sottofondo "The
Crow, The Owl and the Dove" e "Song of Myself" <3 (soprattutto
le versioni strumentali o quelle dal film Imaginaerum)
“Piece of Art”
all the world dead without stories. Without love and disarming beauty.»
-Nightwish, Song of Myself-
Il canticchiare spensierato si era
ben presto mutato nel silenzioso
e sgraziato grattare della penna d’oca sulla ruvida carta
senza che Levi se ne
accorgesse in modo consapevole: ad un certo punto, la voce di Lacie
aveva semplicemente
cessato di riempire l’aria con la sua armonia e grazia
danzante in spirali
invisibili.
Si era addormentata all’improvviso sul divano coperto da
rossi e morbidi velluti, cullata dalla delicata melodia che lei stessa
stava
cantando. Solo i suoi respiri profondi ora si potevano udire, lenti e
sereni
nella tranquillità del suo sogno.
Fu quando la penna smise di grattare, e quando il riecheggiante
tintinnio della tazza di porcellana, ora posata sul piattino, si
spense che Levi alzò lo sguardo, distratto dal suo
improvviso rendersi conto del
silenzio che era calato nel suo studio.
I suoi occhi si fermarono a scrutare la figura di lei,
distesa tra i soffici cuscini e illuminata fiocamente dal bagliore
irregolare
di rossastre fiamme morenti che ancora ondeggiando schioccavano
pigramente nel caminetto,
gettando lunghe e cupe ombre nella stanza.
Levi distese le labbra in un sorriso.
Si alzò silenziosamente, passò oltre la sua
scrivania, e
superando il divano si diresse verso il caminetto per ravvivare le
braci,
anch’esse ormai addormentate, con un ciocco di legno: un
baluginio di minuscole
e brillanti scintille di fuoco vivo e i tizzoni neri ripresero ad
ardere nel
medesimo istante in cui un assonnato sospiro più profondo
degli altri ruppe il
silenzio assieme ad un flebile fruscio, movimento involontario di Lacie
ancora
dormiente.
E fu solo tornando verso la sua sedia che Levi la guardò
di nuovo, passandole accanto; si fermò, si sedette al suo
fianco protendendosi
verso di lei.
Ne osservò il volto placido, i capelli neri come la notte
più cupa che le coprivano parte del viso e ricadevano sulle
spalle e sui
cuscini, le palpebre calate sugli occhi cremisi, le labbra appena
schiuse, il petto che si abbassava e sollevava appena mentre respirava,
le
mani posate protettivamente sul ventre che stringevano i lembi dello
scialle frangiato che le copriva le spalle e che Glen
riconobbe come il suo - doveva aveglielo preso poco prima di rintanarsi
sul divano.
Scivolavano lentamente quelle setose ciocche corvine tra
le sue dita, morbida al tatto era quella pelle nivea percorsa dai suoi
polpastrelli dallo zigomo al mento, tiepide quelle labbra contro le
proprie,
caldi quei palmi stretti a pugno.
Si arrogò il diritto di ammirare con profana e
peccaminosa devozione quella creatura trovata ancora grezza e poi
plasmata con
le sue mani, seppur sempre indomabile ad ogni inutile e vano colpo di
scalpello, ad ogni limatura, ad ogni levigatura.
Come statua di bianco marmo, fredda ed immobile, dove
luce e ombra giocano nei loro contrasti, dando forma ed espressione: ma era lei, lei stessa che
era uscita in modo
così maledettamente perfetto dal blocco di pietra venata di
sanguigno rosso
rifulgente, da sola. Lei aveva deciso come essere plasmata, e lei aveva
guidato
la mano di Levi. Ostinata, aveva rifiutato qualsiasi cosa non la
compiacesse.
Si rialzò.
Scolpì con la penna e
dipinse con l’inchiostro.
“Le rose muoiono…”
E scrisse.
Ne immortalò i tratti dolci e gentili su pregiate pagine;
ne riversò le melodie e la voce cristallina sulla carta; la
tradusse in parole
immortali su fogli nascosti; conservò memorie con il nero e
denso inchiostro e in
eleganti lettere corsive.
“… Il lago
specchiò
la sua dolce bellezza. Baciai il suo collo, adorai la sua
grazia…”
Scrisse di quegli occhi rossi, maledetti dal mondo, della
loro rabbia e della loro gioia, della loro vita e della loro paura;
scrisse di
ricordi e sentimenti ormai dimenticati e rimossi, fantasmi che da lungo
tempo
avevano smesso di infastidire il suo animo, ma che la voce della Figlia
del
Diavolo puntualmente risvegliava, come per dispetto. Erano sbiaditi,
evanescenti, quasi inesistenti, ma come spine ferivano e segnavano,
esattamente
come inchiostro su carta.
“… una così
orgogliosa creazione…”
E non appena sollevò nuovamente lo sguardo, furono
proprio quegli occhi di rosso fuoco, ora finalmente aperti, ad
incontrare i
suoi: come brace prima morente, nascosta dal buio del sonno, ora
rinacquero
brillando dalle scintille, producendo fiamme vive.
«Mi hai svegliata.»
La voce di Lacie risuonò nella stanza, ritornando a
riempire l’aria della stanza e la mente di Levi, in un pigro
e offeso tono di
ovvia accusa mentre si rialzava dai cuscini, accolta dal sogghigno
divertito del
capofamiglia dei Baskerville.
«Mi serviva la mia viziata musa ispiratrice, mia
cara.»
Fu con un assonato sbuffo -oh, era forse anche divertito fastidio
quello che
si poteva percepire?- che
la sua opera
d’arte vivente sprofondò di nuovo tra i caldi e
comodi velluti, stringendosi
nel mantello e dandogli ora le spalle.
«Dovresti dormire anche tu, Glen.»
Un ultimo borbottio stanco, un respiro profondo: il crepitio del fuoco
ritornò
a chiacchierare con il poeta, i raggi invisibili della Luna Nuova
tornarono a
sussurrargli parole.
"... non ebbe paura, si
riposò sul mio braccio..."
Levi non seppe per quanto tempo rimase a guardare il leggero movimento
delle
esili spalle di lei ritmato dai suoi respiri, il lembo di vestito non
coperto
dal mantello, la stoffa tesa, stretta dalle sue mani sicuramente -Levi
ormai
aveva imparato a notarlo- poggiate sul ventre, il suo collo scoperto, i
lunghi capelli
neri in contrasto col rosso della sua improvvisata coperta, la linea
sinuosa del
suo profilo.
Non seppe per quanto Lacie continuò a canticchiare
silenziosa, come materna
ninna nanna: o forse era solo la sua mente che gli giocava brutti
scherzi a quell’ora di
notte?
Seppe solo che sentiva come imperativa la necessità di
ricordare ogni singolo dettaglio e di renderlo immortale, imprimerlo a
fuoco.
L’unico istante in cui il suo sguardo serafico si
corrugò
e sentì un fastidioso nodo alla gola di cui non capiva il
motivo: rimembrare sarebbe stato davvero lenitivo, in futuro?
“Sono soltanto un
poeta che ha fallito il suo pezzo migliore.”
E scrisse.
E cancellò.
-Nightwish, Song of Myself-
_____
Note dell'autrice:
Ritorno al mutare della marea, quando devo studiare per l'esame di arte medioevale e quando avrei una Asanoya in cantiere da ottobre ma che non riesco a finire. Eheh. Mi dicono che sono una che sa concludere molte cose, lol (?).
Qualcosa di molto random ispirato al mito di Pigmalione e Galatea, che mi è sembrato particolarmente adatto a Levi (mannaggia a lui e a quello che scrive) e a Lacie. Probabilmente qualcuno troverà il personaggio di Levi OOC, ma secondo la mia idea è ... buh, riprende bene l'idea dell'artista maledetto, tra il dandy alla Oscar Wilde e il bohémien e il decadente, e okay, questo miscuglio è soltanto un pretesto per scrivere qualcosa su una mia ship -sigh- non troppo esplorata, che invece mi pare molto interessante e complessa per dinamica. Tra l'altro è confermato dalla Mochizuki che Levi provi qualcosa per Lacie, quindi mi metto il cuore in pace in modo felice <3
Oooh, insomma, ce lo vedo ad essere l'artista geloso della sua opera d'arte e possessivo, per quanto possa sembrare tranquillo e dalla mente molto libertina. e credo ancora di più che Lacie ne sia "attratta" perché condividono oscurità assieme. No, Lacie non è assolutamente luce. Semmai è come la Luna, ma rimane comunque legata all'oscurità per il suo destino, e Levi questo lo sa, e probabilmente la capisce meglio di chiunque altro. Sì, perfino più di Oswald.
Criptico as always, avete la piena libertà di interpretare come volete, sono curiosa di sapere cosa vedete voi nelle frasi meno comprensibili. Mi scuso infinitamente per l'uso e abuso di linguaggio poetico et similia 3
PS: un ammasso di citazioni dei Nightwish (tutti i diritti sono loro -disclaimer parte II- (?) ) sono contenute qui dentro, se le trovate siete bravi (~ *3*)~