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Autore: Elefseya    11/02/2015    1 recensioni
Seppe solo che sentiva come imperativa la necessità di ricordare ogni singolo dettaglio e di renderlo immortale.
L’unico istante in cui il suo sguardo serafico si corrugò e sentì un fastidioso nodo alla gola di cui non capiva il motivo.
“Sono soltanto un poeta che ha fallito il suo pezzo migliore.”

[ Levi Baskerville - Lacie Baskerville ]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lacie Baskerville, Revis Baskerville
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Serie: Pandora Hearts
Titolo: Galatèia
Titolo capitolo: Galatèia -Piece of Art-
Personaggi:
Lacie Baskerville, Levi Baskerville
Warning: //
Wordcount: 1000
Challenge: /
Prompt: /
Note: non penso di dover mettere "spoiler", no? Insomma, se non avete idea di chi sia Lacie o di chi sia Levi e non volete rovinarvi la sorpresa allora non leggete, ma credo che ormai tutti siamo arrivati ad un punto in cui diamo per scontato chi siano... credo D: 
Disclaimer: questa cosa senza senso appartiene a me, la serie e i personaggi appartengono a Jun Mochizuki. Se appartenessero a me soffrirebbero molto meno E NON MORIREBBERO, UFFA PS: consiglio vivamente di leggere questa robaccia con sottofondo "The Crow, The Owl and the Dove" e "Song of Myself" <3 (soprattutto le versioni strumentali o quelle dal film Imaginaerum)



« Galatèia »
“Piece of Art”

 

«Paper is dead without words, ink idle without a poem,
all the world dead without stories. Without love and disarming beauty.»

-Nightwish, Song of Myself-




Il canticchiare spensierato si era ben presto mutato nel silenzioso e sgraziato grattare della penna d’oca sulla ruvida carta senza che Levi se ne accorgesse in modo consapevole: ad un certo punto, la voce di Lacie aveva semplicemente cessato di riempire l’aria con la sua armonia e grazia danzante in spirali invisibili.
Si era addormentata all’improvviso sul divano coperto da rossi e morbidi velluti, cullata dalla delicata melodia che lei stessa stava cantando. Solo i suoi respiri profondi ora si potevano udire, lenti e sereni nella tranquillità del suo sogno.
Fu quando la penna smise di grattare, e quando il riecheggiante tintinnio della tazza di porcellana, ora posata sul piattino, si spense che Levi alzò lo sguardo, distratto dal suo improvviso rendersi conto del silenzio che era calato nel suo studio.
I suoi occhi si fermarono a scrutare la figura di lei, distesa tra i soffici cuscini e illuminata fiocamente dal bagliore irregolare di rossastre fiamme morenti che ancora ondeggiando schioccavano pigramente nel caminetto, gettando lunghe e cupe ombre nella stanza.
Levi distese le labbra in un sorriso.
Si alzò silenziosamente, passò oltre la sua scrivania, e superando il divano si diresse verso il caminetto per ravvivare le braci, anch’esse ormai addormentate, con un ciocco di legno: un baluginio di minuscole e brillanti scintille di fuoco vivo e i tizzoni neri ripresero ad ardere nel medesimo istante in cui un assonnato sospiro più profondo degli altri ruppe il silenzio assieme ad un flebile fruscio, movimento involontario di Lacie ancora dormiente.
E fu solo tornando verso la sua sedia che Levi la guardò di nuovo, passandole accanto; si fermò, si sedette al suo fianco protendendosi verso di lei.
Ne osservò il volto placido, i capelli neri come la notte più cupa che le coprivano parte del viso e ricadevano sulle spalle e sui cuscini, le palpebre calate sugli occhi cremisi, le labbra appena schiuse, il petto che si abbassava e sollevava appena mentre respirava, le mani posate protettivamente sul ventre che stringevano i lembi dello scialle frangiato che le copriva le spalle e che Glen riconobbe come il suo - doveva aveglielo preso poco prima di rintanarsi sul divano.
Scivolavano lentamente quelle setose ciocche corvine tra le sue dita, morbida al tatto era quella pelle nivea percorsa dai suoi polpastrelli dallo zigomo al mento, tiepide quelle labbra contro le proprie, caldi quei palmi stretti a pugno.
Si arrogò il diritto di ammirare con profana e peccaminosa devozione quella creatura trovata ancora grezza e poi plasmata con le sue mani, seppur sempre indomabile ad ogni inutile e vano colpo di scalpello, ad ogni limatura, ad ogni levigatura.
Come statua di bianco marmo, fredda ed immobile, dove luce e ombra giocano nei loro contrasti, dando forma ed espressione:  ma era lei, lei stessa che era uscita in modo così maledettamente perfetto dal blocco di pietra venata di sanguigno rosso rifulgente, da sola. Lei aveva deciso come essere plasmata, e lei aveva guidato la mano di Levi. Ostinata, aveva rifiutato qualsiasi cosa non la compiacesse.

Fece scivolare il mantello amaranto appoggiato sullo schienale del divano sul corpo di Lacie, coprendola fino alle spalle.
Si rialzò.

Scolpì con la penna e dipinse con l’inchiostro.
“Le rose muoiono…”

E scrisse.
Ne immortalò i tratti dolci e gentili su pregiate pagine; ne riversò le melodie e la voce cristallina sulla carta; la tradusse in parole immortali su fogli nascosti; conservò memorie con il nero e denso inchiostro e in eleganti lettere corsive.
… Il lago specchiò la sua dolce bellezza. Baciai il suo collo, adorai la sua grazia…”
Scrisse di quegli occhi rossi, maledetti dal mondo, della loro rabbia e della loro gioia, della loro vita e della loro paura; scrisse di ricordi e sentimenti ormai dimenticati e rimossi, fantasmi che da lungo tempo avevano smesso di infastidire il suo animo, ma che la voce della Figlia del Diavolo puntualmente risvegliava, come per dispetto. Erano sbiaditi, evanescenti, quasi inesistenti, ma come spine ferivano e segnavano, esattamente come inchiostro su carta.
“… una così orgogliosa creazione…”

E non appena sollevò nuovamente lo sguardo, furono proprio quegli occhi di rosso fuoco, ora finalmente aperti, ad incontrare i suoi: come brace prima morente, nascosta dal buio del sonno, ora rinacquero brillando dalle scintille, producendo fiamme vive.
«Mi hai svegliata.»
La voce di Lacie risuonò nella stanza, ritornando a riempire l’aria della stanza e la mente di Levi, in un pigro e offeso tono di ovvia accusa mentre si rialzava dai cuscini, accolta dal sogghigno divertito del capofamiglia dei Baskerville.
«Mi serviva la mia viziata musa ispiratrice, mia cara.»
Fu con un assonato sbuffo -oh, era forse anche divertito fastidio quello che si poteva percepire?-  che la sua opera d’arte vivente sprofondò di nuovo tra i caldi e comodi velluti, stringendosi nel mantello e dandogli ora le spalle.
«Dovresti dormire anche tu, Glen.»
Un ultimo borbottio stanco, un respiro profondo: il crepitio del fuoco ritornò a chiacchierare con il poeta, i raggi invisibili della Luna Nuova tornarono a sussurrargli parole.
"... non ebbe paura, si riposò sul mio braccio..."
Levi non seppe per quanto tempo rimase a guardare il leggero movimento delle esili spalle di lei ritmato dai suoi respiri, il lembo di vestito non coperto dal mantello, la stoffa tesa, stretta dalle sue mani sicuramente -Levi ormai aveva imparato a notarlo- poggiate sul ventre, il suo collo scoperto, i lunghi capelli neri in contrasto col rosso della sua improvvisata coperta, la linea sinuosa del suo profilo.
Non seppe per quanto Lacie continuò a canticchiare silenziosa, come materna ninna nanna: o forse era solo la sua mente che gli giocava brutti scherzi a quell’ora di notte?
Seppe solo che sentiva come imperativa la necessità di ricordare ogni singolo dettaglio e di renderlo immortale, imprimerlo a fuoco.
L’unico istante in cui il suo sguardo serafico si corrugò e sentì un fastidioso nodo alla gola di cui non capiva il motivo: rimembrare sarebbe stato davvero lenitivo, in futuro?
“Sono soltanto un poeta che ha fallito il suo pezzo migliore.”

E scrisse.
E cancellò.



«And there forever remains that change from G to Em.»
-Nightwish, Song of Myself-





_____

Note dell'autrice:
Ritorno al mutare della marea, quando devo studiare per l'esame di arte medioevale e quando avrei una Asanoya in cantiere da ottobre ma che non riesco a finire. Eheh. Mi dicono che sono una che sa concludere molte cose, lol (?).
Qualcosa di molto random ispirato al mito di Pigmalione e Galatea, che mi è sembrato particolarmente adatto a Levi (mannaggia a lui e a quello che scrive) e a Lacie. Probabilmente qualcuno troverà il personaggio di Levi OOC, ma secondo la mia idea è ... buh, riprende bene l'idea dell'artista maledetto, tra il dandy alla Oscar Wilde e il bohémien e il decadente, e okay, questo miscuglio è soltanto un pretesto per scrivere qualcosa su una mia ship -sigh- non troppo esplorata, che invece mi pare molto interessante e complessa per dinamica. Tra l'altro è confermato dalla Mochizuki che Levi provi qualcosa per Lacie, quindi mi metto il cuore in pace in modo felice <3
Oooh, insomma, ce lo vedo ad essere l'artista geloso della sua opera d'arte e possessivo, per quanto possa sembrare tranquillo e dalla mente molto libertina. e credo ancora di più che Lacie ne sia "attratta" perché condividono oscurità assieme. No, Lacie non è assolutamente luce. Semmai è come la Luna, ma rimane comunque legata all'oscurità per il suo destino, e Levi questo lo sa, e probabilmente la capisce meglio di chiunque altro. Sì, perfino più di Oswald. 
Criptico as always, avete la piena libertà di interpretare come volete, sono curiosa di sapere cosa vedete voi nelle frasi meno comprensibili. Mi scuso infinitamente per l'uso e abuso di linguaggio poetico et similia
PS: un ammasso di citazioni dei Nightwish (tutti i diritti sono loro -disclaimer parte II- (?) ) sono contenute qui dentro, se le trovate siete bravi (~ *3*)~
   
 
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