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Autore: _Trilly_    12/02/2015    8 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Violetta si rigirò per l'ennesima volta tra le coperte, sbuffando sonoramente. La sveglia sul suo comodino segnava le due del mattino, eppure non riusciva a prendere sonno. Poteva dire il numero preciso dei respiri di Francesca e Lena e persino con quale frequenza il suo cuore battesse, tutto quello perché il suo cervello era più sveglio che mai e nulla sembrava assopirlo. Aveva provato con una camomilla, aveva ascoltato quasi tutta la playlist del suo cellulare ed era quasi stata tentata di mettersi alla ricerca di un sonnifero, ma era stato tutto inutile. Proprio non riusciva a scacciare dalla mente il volto arrossato di sua zia Angie e le sue assurde giustificazioni. Prima che lei e Francesca arrivassero la donna stava piangendo, ne era convinta, il motivo però era un mistero. Tra l'altro c'era anche quello strano individuo che aveva incrociato nei corridoi e che era sicura di aver già visto. Certo, lei stranamente lo ricordava più giovane, come se lo avesse conosciuto in passato, ma non rimembrava come e quando. Quell'uomo sembrava a sua volta conoscerla dato che l'aveva studiata con fin troppo interesse, ma chi era? Perché se la conosceva non aveva mostrato alcun cenno di saluto? Non sapeva dire perché, ma sentiva che le sue non fossero solo paranoie, c'era qualcosa che non andava, qualcosa...
Esasperata, si tolse le coperte di dosso e si mise seduta al centro del materasso, lo sguardo perso nel vuoto. Angie nascondeva qualcosa e anche da molto, per non parlare di Angelica e delle sue assurde paure. Qualcosa collegava tutti quei pezzi, ma non riusciva a capire cosa. Senza rifletterci molto, recuperò l'album di nozze dei suoi genitori da sotto il letto e si fiondò in bagno, facendo meno rumore possibile. Di solito guardare le foto dei suoi genitori la tranquillizzava, chissà che non ci sarebbero riuscite anche in quel momento. Raggomitolata ai piedi della vasca da bagno perciò, iniziò a sfogliare l'album, analizzando ogni minimo particolare di German e Maria in quel giorno così speciale. Era stato un matrimonio in grande, avevano partecipato davvero tante persone e molte nemmeno le aveva mai viste. I suoi nonni erano ancora quattro ed erano emozionatissimi. Angie e Pablo erano così giovani e Diego, un piccolo marmocchio in braccio al padre, sembrava già un diavoletto. Continuò a scorrere le foto, riconoscendo altri amici e parenti, finché non si bloccò di colpo davanti a quelle della cerimonia. Come sapeva, la testimone di sua madre era sua zia Angie, ma chi non conosceva era il testimone di suo padre. Era un uomo non troppo alto ma robusto e quegli occhi neri le erano così familiari, così... Impiegò diversi minuti per mettere insieme i pezzi del puzzle. Era lui, l'uomo che aveva incrociato nei corridoi. Chiaramente nella foto era più giovane, ma non avrebbe mai potuto confondere quei due pozzi senza fondo che erano i suoi occhi. I suoi genitori conoscevano quell'uomo e anche molto bene dato che aveva fatto da testimone a suo padre, ma chi era? Perché non gliene avevano mai parlato? Confusa, continuò ad analizzare quella foto per poi verificare se lui apparisse anche in altre e ciò incrementò ancora di più il suo turbamento. Quell'uomo non era un estraneo, era sempre presente tra gli invitati. Quello che non capiva era perché non lo avesse mai conosciuto e perché quando l'aveva vista in corridoio, l'aveva guardata come se la conoscesse ma non le aveva detto nulla. Poteva quell'individuo essere collegato a sua zia Angie e al fatto che stesse piangendo? Cosa stava succedendo o era già successo, che lei non sapeva?
“Vilu, che stai facendo?” La ragazza sobbalzò, notando Francesca ferma sul ciglio della porta. Anche se aveva i capelli scompigliati ed era ancora assonnata, sembrava abbastanza lucida. Violetta si morse nervosamente il labbro, poi sussurrò: “Vai a svegliare Leon, ti prego.”
“Come?” Esclamò la mora, sicura di aver capito male. “Lo sai che ore sono? Mi ammazza se lo sveglio e...” Lei scosse la testa, poggiando l'album a terra e raggiungendola con pochi passi. “è importante, Fran, molto importante,” le spiegò, stringendole le mani con le sue. “Ne ho bisogno assolutamente. Portalo qui, ti prego.” Francesca la fissò per alcuni istanti, indecisa, poi notando qualcosa che non le piaceva per niente negli occhi dell'amica, si affrettò ad annuire. “Torno subito.” La Castillo l'abbracciò di slancio, rischiando seriamente di soffocarla. “Grazie, Fran, grazie.” La mora si limitò ad annuire, lasciandosi andare a una smorfia di dolore, poi in punta di piedi si avviò verso la porta. I corridoi erano bui e silenziosi ed era una fortuna che la camera dei ragazzi fosse proprio accanto alla loro, anche perché il solo pensiero di avventurarsi la faceva rabbrividire. Cosa doveva fare? Bussare o intrufolarsi? Se lo stava ancora chiedendo, quando la porta si aprì di colpo, facendole fare un salto all'indietro per la paura. “Fran, sei tu?” Francesca tirò un sospiro di sollievo, riconoscendo la voce assonnata di Diego. “Mi hai fatto prendere un colpo.” Il ragazzo corrugò le sopracciglia, confuso. “Cosa ci fai qui fuori? Volevi farmi una sorpresa?” Aggiunse maliziosamente, prendendola per la vita e attirandola a se. Fece per baciarla, ma lei gli poggiò le mani sul petto, respingendolo. “Sono venuta a cercare Leon, Vilu ha bisogno di lui.” Anche se palesemente deluso per quel mancato bacio, il ragazzo annuì. “è successo qualcosa?” Chiese, ora decisamente preoccupato. Lei scrollò le spalle. “Non lo so,” ammise e lui annuì ancora. “Vado a svegliarlo.” Non riuscì però a fare una passo che Francesca lo fece voltare e gli stampò un bacio a fior di labbra. “E ora chiama Leon.” Diego ghignò, passandosi la lingua sulle labbra. “Ai tuoi ordini, bambolina.”

“Amore, che succede?” Un preoccupatissimo Leon si fiondò in bagno, chiudendosi subito la porta alle spalle. Violetta, seduta esattamente dove Francesca l'aveva lasciata, si limitò a porgergli il famigerato album di nozze dei Castillo. Il ragazzo fissò l'oggetto, confuso. “Cosa dovrei farci?” Lei ruotò gli occhi, stizzita. “Prendilo e basta, Leon!” Sbottò, lasciandolo basito. Perché lo aveva fatto svegliare nel cuore della notte solo per maltrattarlo e porgergli quell'album? Se non fosse stato sicuro che fosse impossibile, avrebbe pensato che la sua ragazza avesse fumato qualche allucinogeno. In ogni caso, prese l'album e sollevò un sopracciglio. “Allora, mi dici che ti prende?” Violetta sbuffò, raggiungendolo e iniziando a sfogliare l'album in maniera frenetica, finché non trovò ciò che cercava. “Quest'uomo,” disse indicandogli un individuo in smoking accanto a German. “è stato il testimone di mio padre ed è lo stesso che io e Fran abbiamo incrociato in corridoio stasera.” Leon corrugò le sopracciglia e si massaggiò il mento, pensieroso. La ragazza gli aveva accennato di un uomo che le era sembrato familiare, ma pensava si trattasse solo di una sensazione, non poteva essere davvero lo stesso della foto. “è lui, Leon, ne sono sicura,” insistette lei, sventolandogli l'album davanti agli occhi. “Fammi vedere.” Glielo prese di mano e osservò più attentamente il testimone di German. Improvvisamente un ricordo vecchio di tanti anni prima gli tornò alla mente e sbiancò paurosamente. Non poteva essere vero, non poteva e basta. Forse gli somigliava ma non era lui, forse si stava facendo condizionare dalle paranoie della sua ragazza. Posò l'album a terra e voltò le spalle alla ragazza, prendendosi il viso tra le mani e strofinandolo con vigore. Un terribile presentimento si stava facendo strada nella sua mente e più tentava di scacciarlo e più esso diventava insistente. Possibile che quell'uomo fosse davvero chi pensava? Che collegamento poteva mai avere con la famiglia di Violetta? Ma soprattutto, era un caso che si trovasse a Venezia?
“Leon.” Violetta lo scosse per un braccio, costringendolo a voltarsi. “A cosa stai pensando? Sai chi è quell'uomo?” L'agitazione e l'impazienza erano piuttosto evidenti sul volto della ragazza e sentendosi un grande codardo, Leon non riuscì a fare altro che stringerla forte a se. “Va tutto bene, Amore, tranquilla,” la rassicurò, accarezzandole dolcemente il capo. Violetta in quel momento gli appariva ancora più piccola e fragile e il solo pensiero che qualcosa potesse farle del male, lo mandava in bestia e allo stesso tempo lo terrorizzava. Non poteva esporle i suoi dubbi, doveva proteggerla e ovviamente indagare, scoprire se ci fosse un fondo di verità e agire di conseguenza. Forse avrebbe dovuto parlarne con Diego, anche se non era tanto sicuro di volerlo coinvolgere. Il suo amico alla fin fine era un bravo ragazzo, non aveva mai frequentato tanto a fondo il suo sporco mondo e voleva che le cose restassero così. Doveva proteggerli, sia lui che Violetta. “Leon,” riprovò la ragazza, ma lui scosse il capo, continuando ad abbracciarla e a cullarla come si faceva con i bambini. “Ti stai facendo troppe paranoie, pensiamo a goderci questa vacanza, ok?” La ragazza non rispose, stringendogli maggiormente la vita e strofinando il volto contro il suo petto. Amava stare tra le braccia di Leon, lui le trasmetteva sicurezza, tranquillità, protezione e le faceva dimenticare qualsiasi problema l'affliggesse. Ricordava che spesso quando litigavano, lui l'abbracciava e puntualmente dimenticava perché ce l'avesse con lui. Aveva sempre avuto tanto potere su di lei, la confondeva, la rendeva vulnerabile e dipendente. A volte si chiedeva se non fosse sbagliato che il suo ragazzo la condizionasse con tanta facilità. Sua nonna addirittura più volte aveva insinuato che la manipolasse a suo piacimento. Sollevò di poco il capo, così da potersi specchiare nei suoi meravigliosi occhi verdi. Le stava sorridendo e in essi poteva vedere riflesso il grande amore che provava per lei. Angelica si sbagliava, il suo Leon non l'avrebbe mai manipolata, lui l'amava davvero. “Ehi,” sorrise il ragazzo, accarezzandole teneramente una guancia. “Se ti fa stare meglio, posso indagare su quest'uomo e vedo cosa riesco a scoprire.” Violetta si illuminò di colpo a quelle parole. “Davvero lo faresti?” Lui annuì, lasciandole un piccolo bacio sul naso. “Non stai bene e io non posso vederti così. Farò di tutto per toglierti questi dubbi,” le promise, stringendola ancora a se. Un grande sorriso si distese sul volto della ragazza. Come poteva anche solo aver pensato che Leon potesse gestirla a suo piacimento? Sua nonna sbagliava e anche di grosso. Vargas avrebbe fatto qualsiasi cosa per farla stare meglio, qualsiasi, non doveva più dubitarne. “Grazie Leon, non sai quanto questo sia importante per me,” soffiò contro il suo petto. Lui sorrise, prendendole il volto tra le mani. “Potrai sempre contare su di me, ricordalo.” Detto ciò la coinvolse in un dolce e profondo bacio, che lei ricambiò con trasporto. Leon l'avrebbe aiutata a scoprire la verità, ne era sicura.



“Devo parlarti.” Francesca, che stava risistemando l'armadio, si voltò di scatto alle parole di Lena. La bionda era già vestita di tutto punto e la fissava con le braccia conserte. Violetta doveva essere scesa a fare colazione, perciò in camera erano rimaste solo loro due. “Di cosa dovremmo parlare?” Chiese scettica, avvicinandosi al letto e recuperando altri vestiti da sistemare. L'altra la seguì con lo sguardo, apparentemente impassibile. “Davvero non lo immagini? Di Marco, ovviamente,” aggiunse, piazzandolesi di fronte. “Smettila di tenerlo legato a te.” Francesca sgranò gli occhi, sicura di aver capito male. “Io non sto facendo assolutamente nulla.” Fece poi per sorpassarla, ma Lena le bloccò il polso. “Invece si. Per colpa tua Marco non riesce ad andare avanti, non riesce ad amarmi!” Sbottò frustrata, rafforzando la presa intorno al suo polso. “Lasciami,” ribattè la mora con una smorfia di dolore. “Se hai problemi con Marco non dipende da me.” Si liberò poi della sua stretta con stizza e riprese il cammino verso l'armadio come se nulla fosse accaduto. “Io invece direi proprio di si.” Lena la raggiunse con pochi passi e la costrinse a voltarsi. “Sei una gatta morta. Passi da un fratello all'altro, tenendoli appesi a un filo e questo non è giusto. Dovresti vergognarti!” Nella sua voce c'era così tanto astio e disprezzo che normalmente Francesca si sarebbe sentita ferita o umiliata, ma l'assurdità delle sue parole la lasciava piuttosto interdetta. “Io dovrei vergognarmi?” Esplose, perdendo il poco autocontrollo che le restava. Non ne poteva più di tenersi tutto dentro. “Io ho fatto la mia scelta, sei tu che fai di tutto per causare problemi! Non ti sopporto più! Sei sempre pronta ad attaccarmi e a screditarmi, senza renderti conto che questo non solo non ti aiuterà a conquistare Marco, ma sta solo peggiorando il rapporto tra lui e Diego!” Lena fece per ribattere, ma ormai Francesca non voleva sentire altro. “Mi rendo conto di aver inciso nei loro problemi, ma io e Diego stiamo facendo di tutto per non far pesare la cosa a Marco. A malapena ci guardiamo quando lui è presente, tu però non perdi occasione per causare discordie. Che senso aveva trascinarlo in bagno sapendo che noi eravamo lì? Se sei tanto innamorata di lui, perché non fai qualcosa per farti apprezzare anziché rovinare il rapporto tra lui e suo fratello? Sei tu che dovresti vergognarti, non io.”
“Come osi?” La bionda digrignò i denti, fronteggiandola. “è colpa tua se io e Marco abbiamo dei problemi. Questo viaggio doveva servire per permettergli di dimenticarti, ma tu sei venuta anche qui e...fai tanto la santarellina, ma sei la peggiore. Il fratello del tuo ex ragazzo che per giunta stava con Ludmilla Ferro, ma ti rendi conto di quanto sei squallida? Sei una poco di buono e...”
“BASTA, STAI ZITTA!” Urlò Francesca, spintonandola lontano da se. “TU NON SAI NIENTE DI ME, NIENTE! NON TI PERMETTERE DI GIUDICARMI E LASCIAMI IN PACE!”
Le urla della ragazza giunsero fino in corridoio, tanto che Marco e Diego che si stavano recando nella loro camera, accorsero immediatamente, preoccupati. Lo spettacolo che si trovarono di fronte aveva dell'incredibile. La mora sembrava fuori di se, urlava e allo stesso tempo piangeva, mentre Lena era furiosa, anche se un mezzo sorrisetto di soddisfazione le increspava le labbra. “La verità fa male, eh Francesca?” La derise la bionda, non avendo notato i due Galindo alle sue spalle. “Mi rendo conto che accettare di essere una poco di buono non è facile, ma...”
“Taci.” Lena si interruppe di colpo al suono di quella voce così fredda e allo stesso tempo minacciosa. Solo allora notò Diego e Marco fermi sul ciglio della porta. A parlare era stato il maggiore dei due, che faceva non poca fatica a contenere la rabbia. “Pensavo di essere stato chiaro, devi smetterla di dare fastidio.”
“Tu non mi dici cosa devo fare, ancora di più se dico la verità. Tu e Francesca state facendo una cosa orribile a Marco, dovreste vergognarvi di voi stessi e...”
“Questa ragazzina sta iniziando a farmi saltare i nervi!” Sbottò Diego, avanzando di qualche passo, fino a fronteggiarla. “Te lo dirò una sola volta, poi non sarò più clemente,” la avvertì, agitandole l'indice sotto il naso con fare minaccioso. “Importuna ancora la mia ragazza, insultala o qualsiasi cosa ti passi in quel cervellino e giuro che sarà l'ultima cosa che farai nella vita, mi sono spiegato?” Lena anziché intimorirsi come il ragazzo si aspettava, si lasciò sfuggire una risatina di sfida, spostando lo sguardo da lui agli altri presenti. “Sembra che tu e Vargas ci troviate gusto a minacciare le ragazze indifese.” A quelle parole Diego e Francesca si scambiarono un'occhiata, facendo fatica a restare seri. “Tu, indifesa?” Chiese l'italiana, incredula. “Ma se non fai altro che attaccare.”
“Giusto,” concordò Galindo. “Sembri una predatrice assetata di sangue, un'arpia e non posso dare torto a Marco se ti allontana.” Dicendo ciò guardò il fratello, che ricambiò l'occhiata senza battere ciglio. Impossibile dire cosa stesse passando in quel momento per la testa del ragazzo, era una maschera di impassibilità. Lena invece era tutto tranne che impassibile, era fumante di rabbia. “Non ti permetto di parlarmi così!” Strillò, agitando le braccia e allo stesso tempo facendo ondeggiare la chioma dorata. “E tu non dici niente per difendere me, o quantomeno te stesso?” Continuò, rivolgendosi a Marco, che socchiuse gli occhi per alcuni istanti, per poi sbottare. “Basta, Lena, non ne posso più di questa storia. Dimmi cosa devo fare per farti stare zitta e giuro che la farò.”
“C..come?” Se Lena era sconvolta, Diego lo era ancora di più. Si aspettava da un momento all'altro l'attacco di suo fratello e invece anche lui sembrava stanco di quella guerra. “So difendermi da solo, non ho bisogno di una balia che mi faccia passare per idiota,” continuò Marco, con un tono calmo e pacato, quasi inconsapevole di aver colto i suoi interlocutori di sorpresa. “Mi stai soffocando, Lena, anziché aiutarmi peggiori solo la situazione. È come stuzzicare continuamente una ferita in via di guarigione, non si rimarginerà mai se ti ostini a staccare la crosta, capisci cosa intendo?” Per la prima volta la bionda era senza parole e aveva lo sguardo basso, incredibile quanto il giovane Galindo la rendesse vulnerabile. “I problemi non si risolvono così.” Marco distolse lo sguardo da lei per posarlo prima su Francesca e poi su Diego, scuotendo il capo. “Vado a fare colazione.” Detto ciò, voltò loro le spalle e se ne andò, seguito a ruota da Lena, che a quanto pareva non considerava ancora conclusa quella conversazione tra di loro. A quel punto restarono solo l'italiana e il maggiore dei Galindo, anche se quest'ultimo non faceva altro che fissare la porta dove il fratello era appena uscito, come ipnotizzato. “Diego.” Francesca gli si avvicinò, poggiandogli una mano sul braccio. “Sono un pessimo fratello,” mormorò lui, lo sguardo ancora rivolto verso la porta. “è colpa mia se si sente tanto ferito e umiliato, gli ho rovinato l'esistenza.” Si andò poi a sedere sul bordo del primo dei tre letti, accanto al balcone e che corrispondeva a quello di Violetta, prendendosi il volto tra le mani. La mora lo affiancò prontamente, adagiando una mano sul suo ginocchio. “Sai che non è così. Avete avuto dei problemi, ma siete ancora in tempo per recuperare.” Diego rise, incredulo. “Mi odia, perché mai dovrebbe voler chiarire?”
“Ti sbagli.” Francesca lo costrinse a togliere le mani dal volto, così da poterlo finalmente guardare negli occhi. “Hai sentito ciò che ha detto? Hai visto come ti ha guardato?” Gli chiese, facendolo accigliare. “Prima esprimeva solo ostilità, ora non più. Marco sarebbe disposto ad ascoltarti, ne sono sicura,” insistette, entusiasta. “Non è tutto perduto, capisci? Forse questo viaggio sta davvero facendo la sua parte e ora tocca a te. Parla con lui.” Diego deglutì, irrigidendosi improvvisamente. “Lo credi davvero?” Da troppo era tormentato dai sensi di colpa e dal bisogno di parlare finalmente apertamente con suo fratello, ma pensava che sarebbe stato tutto inutile, che non lo avrebbe mai ascoltato e anche se non lo avrebbe mai ammesso, era proprio il pensiero di un suo rifiuto ad aver scoraggiato ogni tentativo di approccio. Lui non era un codardo, non lo era mai stato, però era anche vero che non aveva mai sbagliato tanto con una persona come con Marco e ammettere i propri sbagli non era facile, così come non era facile riuscire a farsi perdonare, poteva riuscirci? Poteva mettere da parte l'orgoglio e scusarsi? “So che in fondo ci tenete l'uno all'altro,” sorrise incoraggiante la mora, stringendogli le mani con le sue. “Parlagli, Diego, digli tutto quello che fino ad ora ti sei tenuto dentro.” Diego abbozzò un mezzo sorriso, sfiorandole il dorso della mano. “Come fai ad essere sempre così forte?” Le chiese e lei scrollò le spalle. “Lo sai che non è così. Ho permesso a troppe persone di ferirmi e...” “Ma non ti sei mai arresa,” insistette il ragazzo, accarezzandole una guancia con la punta delle dita e facendola per questo rabbrividire. “Io e Marco ci siamo comportati male con te e tu sei lo stesso qui a mediare tra di noi, un'altra persona non lo avrebbe fatto.” Un lampo gli attraversò lo sguardo mentre le diceva quelle parole e Francesca avvertì uno strano calore diffondersi in tutto il suo corpo, un calore terribilmente piacevole e rassicurante e che lui era sempre in grado di farle provare quando la guardava in quella maniera, come se la considerasse la cosa più importante e preziosa. “Ma tu non sei una persona qualsiasi,” continuò il ragazzo, accostando il volto al suo. “Sei la mia dolce bambolina,” le soffiò con voce calda all'orecchio, lasciandole poi un bacio proprio sotto il lobo. “Tu mi rendi migliore e non smetterò mai di esserti grato per questo.” Fece per baciarla, ma lei gli poggiò un dito sulle labbra. “Aspetta.” Prima che potesse fermarla, era già corsa verso la porta e l'aveva chiusa. “Così nessuno ci disturberà,” sorrise ammiccante, lasciando che lui le stringesse le mani e la conducesse a sedersi sulle sue gambe. Anche se un po' a disagio, dato che era la prima volta che ciò accadesse, allacciò lo stesso le braccia al suo collo, mentre lui faceva scorrere le mani lungo la sua schiena. Un attimo dopo si stavano baciando con passione, alternando ai baci anche dei piccoli morsi. A poco a poco Diego rese il loro bacio più profondo, stringendola maggiormente a se e scendendo ad accarezzarle i fianchi e poi le cosce con una certa enfasi. Francesca rabbrividì, avvertendo ancora quel calore propagarsi in tutto il suo corpo. Ogni singola zona che le mani del ragazzo esploravano, sembrava ardere come se fosse stata esposta sui carboni ardenti e un desiderio incontrollabile si fece strada in lei. Voleva che rendesse quelle carezze più decise, più intime, voleva sentire il contatto dei loro corpi, voleva lui. Quella consapevolezza la fece avvampare di colpo, troppo era l'imbarazzo per i suoi stessi pensieri. Cosa le stava accadendo? Mai aveva desiderato un contatto tanto profondo con qualcuno e la cosa la spaventava ed emozionava allo stesso tempo. Per quanto riguardava Diego, in lui dominava tutto tranne l'imbarazzo o la paura. Ogni giorno era sempre più consapevole dell'intensità dei sentimenti che provava per Francesca e il desiderio di lei era ormai diventato una fissazione. La desiderava sin da quando aveva incrociato il suo sguardo nella cucina di casa sua e man mano che l'aveva conosciuta, tutto si era amplificato, finché all'attrazione non si era aggiunto anche l'amore e ciò aveva inevitabilmente messo in difficoltà il suo autocontrollo. Mai aveva amato una ragazza con cui desiderava fare l'amore e resistere stava diventando sempre più insostenibile. Una parte di lui avrebbe solo voluto assecondare i suoi più bassi istinti e da come la mora lo accarezzava e lo baciava, era sicuro che lo desiderasse anche lei, ma appunto qualcosa ancora lo frenava. Aveva la sensazione che non fosse ancora arrivato il momento giusto, che prima ci fossero delle cose da chiarire e avevano tutte a che fare con Marco. Doveva chiarire con suo fratello, accertarsi che ci fosse ancora un modo per rimediare ai suoi sbagli e solo allora lui e Francesca sarebbero stati liberi di seguire il loro cuore. Convinto di ciò, interruppe il bacio e la strinse forte a se, avvertendo ancora quelle piccole mani tra i suoi capelli. “Ti amo tantissimo,” sussurrò la ragazza contro il suo petto. Lui sorrise, poggiando il capo sul suo. “Ti amo anch'io.”



Leon fece scorrere lentamente le dita lungo la schiena nuda di Violetta, beandosi dell'intensa morbidezza della sua pelle, quella pelle che per lui era una vera e propria droga e di cui anche dopo averla accarezzata e assaporata per ore, non ne aveva mai abbastanza. Era notte fonda, solo la debole luce dei lampioni all'esterno illuminava la camera, altrimenti buia. Quella sera si era abilmente procurato la chiave di una stanza che sapeva essere libera e con la complicità degli amici che li avevano coperti, aveva invitato Violetta a passare la notte lì. Entrambi avevano più che mai bisogno di concedersi un momento tutto per loro, soprattutto dopo che la ragazza era rimasta tanto turbata, prima per il teatro e i relativi ricordi che le aveva suscitato e dopo per la questione di quel misterioso individuo. Quell'ultima questione, era quella che occupava maggiormente la mente di Leon. Stava facendo davvero di tutto per distrarre Violetta e non farle pensare a quel maledetto uomo, ma non sapeva per quanto ci sarebbe riuscito senza farla insospettire. Se quella persona era davvero chi credeva, la sua ragazza non doveva averci assolutamente nulla a che fare. Non poteva esporle i suoi dubbi, sia perché appunto non ne aveva la certezza e poi non poteva rischiare di spaventarla o peggio metterla in pericolo. Tante volte durante il giorno si guardava intorno alla ricerca di quell'uomo, sicuro che se fosse davvero chi credeva li tenesse sotto controllo perennemente, ma fino a quel momento era stato piuttosto sfortunato. Mai, nemmeno una volta lo aveva visto anche solo per sbaglio, perciò le possibilità erano due, o si stava solo facendo condizionare dalle paranoie di Violetta, o quell'uomo era molto bravo a passare inosservato. Sbuffò sonoramente, scuotendo il capo e continuando a stringere contro il suo petto la ragazza profondamente addormentata. I lunghi capelli castani gli procuravano un leggero solletico e lo stesso accadeva con il suo respiro basso e regolare, segno che fosse ormai sprofondata nel sonno. Una delle cose che amava di più era osservarla dormire, in quei momenti era ancora più bella ed esprimeva una profonda dolcezza e sensualità. Leon non si considerava un sentimentale, di quelli che eccedevano con parole o gesti sdolcinati e alquanto diabetici, al contrario era insofferente a quelle cose, eppure era innegabile che amasse quella ragazzina con tutto se stesso. Violetta era il suo opposto, era quella dolcezza e quell'innocenza che lui non aveva mai avuto e allo stesso tempo era tanto forte e paziente, molto di più di quanto credeva. Solo quello poteva averle permesso di restargli accanto e sopportare i suoi mille difetti, perché nessuno aveva più difetti di Leon Vargas. Era testardo, orgoglioso, egoista, poteva diventare spietato, era geloso, prepotente, insistente, istintivo e chissà ancora cos'altro. Senza contare che fosse cresciuto in una famiglia di delinquenti, con la convinzione che tutto gli fosse dovuto e in caso contrario dovesse prenderselo con la forza. Lui non era il principe azzurro che le ragazze o i genitori sognavano per le proprie figlie, probabilmente nemmeno lui stesso avrebbe voluto che una sua ipotetica figlia frequentasse un tipo del genere. Ciononostante, Violetta aveva deciso di credere in lui e di amarlo e sperava davvero di meritare tutta quella fiducia. Mai si sarebbe perdonato se le fosse successo qualcosa per colpa sua e dello squallido mondo da cui proveniva. Suo padre gli aveva garantito che rispettava le sue scelte, che era libero di intraprendere una strada diversa, ma lui era davvero libero? Cosa gli garantiva che lui e Violetta non sarebbero mai stati coinvolti in qualche regolamento di conti come era accaduto a sua madre? Ma soprattutto, perché ci stava pensando proprio in quel momento in cui avrebbe dovuto godersi quella notte di passione con la ragazza che amava? La possibile presenza di quell'uomo poteva turbarlo così tanto da portarlo a mettere in discussione tutte le sue certezze?
“Leon.” Il basso mugugno di Violetta lo fece sobbalzare, distogliendolo dai suoi pensieri. Le accarezzò dolcemente il capo, rendendosi conto che stesse ancora dormendo, forse lo stava sognando. Istintivamente sorrise, lasciandole un bacio tra i capelli. Finalmente la vedeva rilassata, come se non ci fosse nulla a turbarla, ma Leon sapeva che non fosse così. La Castillo era ancora convinta della sua tesi e nulla le avrebbe fatto cambiare idea, era una gran testarda. Francesca gli aveva detto che non faceva altro che sfogliare l'album di nozze dei suoi genitori e più volte lui stesso l'aveva colta in flagrante. Violetta era sicura che quell'uomo che aveva visto in albergo fosse lo stesso che era presente al matrimonio di German e Maria e il solo pensiero che prima o poi potesse affrontarlo e chiedergli spiegazioni, lo terrorizzava. Chissà cosa avrebbe potuto dire o fare alla sua ragazza e... Scosse la testa, come se ciò potesse bastare per cancellare quella paura che lo attanagliava. Doveva parlare con quell'uomo prima che lo facesse Violetta, doveva scoprire la verità e proteggerla a tutti i costi. Con delicatezza la fece adagiare accanto a lui, per poi sgusciare fuori dal letto e recuperare i vestiti. Se quell'uomo era davvero in albergo lo avrebbe trovato e lo avrebbe fatto parlare, non poteva lasciarsi sfuggire quell'occasione. La ragazza dormiva, perciò non avrebbe notato la sua assenza. In meno di mezz'ora già sarebbe tornato a coricarsi accanto a lei. Prima di andare, si fermò ancora accanto a Violetta e le accarezzò una guancia. “Risolverò questo problema, Amore mio, te lo giuro,” sussurrò, lasciandole un delicato bacio a fior di labbra. Una volta aver chiuso la porta a chiave, si incamminò nel lungo corridoio illuminato solo da una tenue luce rosata. Nemmeno lui sapeva dove iniziare a cercare, si stava semplicemente lasciando guidare dalle sue gambe che lo stavano conducendo verso gli ascensori. In un attimo si ritrovò al piano terra, nella grande e buia hall dell'albergo. Anche se all'apparenza sembrava non esserci nessuno continuò ad avanzare, mentre il rumore dei suoi passi gli rimbombava nelle orecchie più e più volte. L'istinto gli diceva che la strada fosse quella giusta, che il suo obiettivo si stesse facendo sempre più vicino e di solito era infallibile, proprio per quello non ci pensò due volte a dargli ascolto, guardandosi nervosamente intorno.
“Ti stavo aspettando.” Leon sussultò, notando una figura uscire dall'ombra e procedere verso di lui. “Mi chiedevo quanto ci avresti messo a cercarmi.” Solo quando lo ebbe raggiunto, il giovane potè vederlo bene in volto e deglutì. I suoi peggiori timori erano confermati. “Sei cresciuto, ti ricordavo un ragazzino,” continuò l'uomo con un sorrisetto di scherno. Leon sospirò, tentando di mettere ordine nella sua mente. Era ora di indagare, non aveva tempo per restare come un pesce lesso. “Cosa ci fa lei qui? Cosa vuole?”
L'uomo di tutta risposta ridacchiò. “Nulla, sono a casa mia.” Il ragazzo corrugò le sopracciglia, confuso. “Che significa che è a casa sua?”
“Sono nato e cresciuto qui, semplice,” ribattè l'altro con un tono ovvio. “Sono italiano più di tutte le persone di questo albergo. Ah, la mia Venezia,” aggiunse allargando le braccia come a voler abbracciare tutto intorno a se. Bastarono quelle parole per rendere tutto chiaro nella mente del giovane Vargas. Ecco perché Angelica non voleva che partissero, il motivo era lì di fronte a lui. “Stia lontano da Violetta, chiaro?” Sbottò, lasciandolo interdetto. “Lei non è una qualsiasi, è la mia ragazza.” Dopo un attimo di stupore, l'uomo sollevò le mani come a volerlo placare. “Calma, ragazzo. Non ho alcuna intenzione di farle del male.” Leon sollevò un sopracciglio, scettico. “E allora la smetta di spiarla, l'ho vista eccome.” Senza attendere risposta se ne andò con un solo pensiero in testa: doveva assolutamente parlare con suo padre. Troppe cose non gli erano chiare e troppi erano i brutti presentimenti che avevano iniziato a tormentarlo, primo su tutti che la sua Violetta fosse in serio pericolo e doveva fare il possibile per proteggerla.




Ed eccoci qui al capitolo clou. Un bel po' di indizi sull'identità dell'uomo misterioso sono stati distribuiti e alcune cose iniziano ad essere chiare. Ammetto che sapendo io la verità, non so cosa si capisce e cosa no, perciò sono curiosa di sapere cosa ne pensate voi. Per quanto riguarda la parte più leggera, se così si può definire, Lena è sempre più una spina nel fianco, mentre tra Diego e Marco inizia ad esserci un positivo scambio di sguardi, tanto che Fran incoraggia un confronto tra i due. Abbiamo poi un dolce momento Diecesca e Leonetta e infine il confronto tra Leon e l'uomo misterioso 0.0
Vi ringrazio per il vostro costante affetto, siete dolcissimi :3
un bacione, Trilly


 
  
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