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Autore: Caramel Macchiato    12/02/2015    0 recensioni
Questa storia è incentrata su Kentin e Amira: come si sono conosciuti, come si svilupperà la loro relazione, cosa dovranno affrontare insieme o da soli.
È la prima storia che pubblico, spero vi interessi! Se avete critiche, consigli o altro, scrivetemi per favore! Mi interessano i vostri pareri :)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci al punto dal quale ho iniziato a raccontare: estate dei sedici anni, infelicità pazzesca. Kentin partì una mattina senza troppi convenevoli: scoprii che se n’era andato solo quando uscendo, trovai sua nonna sul vialetto di casa, che prese a parlarmi di suo nipote come se fossimo amicone da sempre. Mentre i miei compagni si davano alla pazza gioia e cominciavano a prepararsi all’inizio della nuova vita liceale, io passai tutto il mio tempo studiando come una pazza per due. Come se servisse a qualcosa studiare per chi non sarebbe tornato entro due anni, però mi aiutava a distrarmi. Arrivò l’autunno e le scuole riaprirono. Io iniziai la mia vita da studente liceale nella rinomata scuola della città, Dolce Amoris, mettendo fin da subito un confine tra me e gli altri. I miei vecchi compagni di scuole medie si guardavano perplessi quando si rendevano conto che non avevo alcuna intenzione di scalare le vette della popolarità come avevo fatto negli anni passati. Poveri idioti, li avevo lasciati a bocca asciutta, loro e il loro stupido confronto Amira-Ambra. Al primo anno divenni una secchiona silenziosa, non piacevo ma nemmeno dispiacevo, venivo lasciata in disparte e non mi dava fastidio. Strinsi amicizia con uno dei delegati, Nathaniel, che sembrava sulla mia stessa barca: aveva sempre uno sguardo irritato che scoraggiava le persone a parlargli, a volte aveva degli ematomi in faccia, cercava di ignorare e di essere ignorato. Andavamo d’accordo perché lui non mi faceva domande e io non ne facevo a lui. Armin si preoccupava del mio cambiamento improvviso, ma mi supportava sempre e comunque, mentre Alexy si era trasferito in una città vicina per studiare fashion design, quindi lo vedevo di rado, perlopiù nelle vacanze. Al secondo anno, dato i miei voti da far girare la testa, mi proposero di entrare in varie selezioni interscolastiche per ottenere una borsa di studio tramite alcune università prestigiose. Non mi avevano detto però che gli altri partecipanti avevano, ovviamente, uno o due anni più di me. Fallii miseramente, ma mi imposi come obbiettivo di passarli l’anno seguente e di ottenere una di quelle borse di studio. Ed eccomi qua, all’inizio del terzo anno, in uno dei rari momenti in cui non studio, seduta al solito caffè a leggere uno dei vecchi libri che sono ancora nei loro scaffali. Single da due anni, ancora disinteressata alle relazioni sociali, ma con una grande novità: il numero di Kentin salvato nel cellulare! Capita di rado che mi manda messaggi, ma quando succede mi scoppia il cuore dall’emozione, anche se solitamente è solo un semplice “ ciao, come va?”. Mi passo una mano sugli occhi verdi stanchi. A volte capita che non mi scrive per mesi, a volte capita che mi scrive ogni giorno… Le persone e i loro sentimenti… Stavo per formulare un pensiero profondo, ma il cellulare interrompe il flusso poetico che ho in testa, ronzando come un cervo volante. “ Mi hanno detto che ho finito. Torno a casa!” Il cuore si ferma, poi prende a battere all’impazzata. Torna. Torna! Mi prendo le guance e le tiro, cercando di non emozionarmi troppo, poi prendo il cellulare e digito rapidamente per sapere a che ora sarebbe tornato. Passano pochi secondi. “ Mi spiace, ancora non lo so… Ci vediamo il prima possibile!” No, così non vale! Il mio cuore sta dando i numeri per la prima volta da due anni, e lui manco sa a che ora arriva! Riprendo in mano il libro e tento di leggerlo, ma dopo aver scorso la stessa riga quattro volte, capisco che è impossibile. Lo chiudo di scatto con uno schiocco secco, resto lì impalata per qualche secondo riflettendo su da farsi, poi ficco tutto in borsa e lascio alcuni spiccioli alla solita donnina dietro il bancone, che mi saluta con una mano, dopodiché esco come un uragano e mi dirigo a grandi passi verso la stazione, con la mente un po’ annebbiata dall’emozione. Probabilmente mi aveva mandato il messaggio in mattinata, ma con i problemi di rete del campo militare mi era arrivato solo verso le sedici. Quindi, teoricamente parlando, molto probabilmente non sarebbe arrivato prima di mezz’ora, anche avendo fatto la valigia alla velocità della luce. Mi sento sudare e tremare dall’agitazione, una sensazione che non provo da tempo ormai. Chissà se è cambiato? Poco più di due anni di militare lo hanno cambiato o è rimasto il solito Kentin preso di mira dagli altri militari? Oppure è il solito Kentin ma con i muscoli? L’immagine del ragazzino che ricordo con i muscoli mi fa sorridere. Mi fermo ad un passaggio a livello con le sbarre abbassate e cerco di calmare il cuore, che galoppa come un cavallo da corsa. E se invece è cambiato completamente? E se anche il suo carattere così ingenuo e docile è completamente cambiato? Un brivido mi riscuote dai miei pensieri, facendomi notare che il passaggio è libero. Continuo a camminare nervosa e non appena vedo la stazione davanti a me mi lancio in una piccola corsa di sfogo. Entro nella luminosa hall color giallo canarino della stazione e mi dò una rapida occhiata attorno: a parte una coppia seduta su una panchina di legno con una grossa trolley, un vecchietto che legge il giornale contro l’enorme statua del costruttore della stazione, che svettava al centro della hall, e un gruppetto di ragazzini che sta andando verso un binario, la stazione è tranquilla. Okay, devo calmarmi e smetterla di sudare, devo sedermi tranquilla ed aspettare. Mi dirigo verso una panchina e mi accomodo, cercando di osservare il meno possibile la coppia qualche panchina più in là che ride: l’unica cosa interessante nella tranquillità di quell’ora. Sedici e trenta, la coppia se ne va con la loro valigia, un flusso di studenti mi passa davanti rumoreggiando a più non posso per poi scomparire fuori dalle porte di vetro e far ripiombare la stazione nella calma. L’anziano che leggeva il giornale sembra aver finito: lo ripiega e lo mette in una tasca del suo mantello, stringe il bastone da passeggio e si dirige verso l’uscita borbottando contrariato, probabilmente per una qualche notizia che ha letto. Sento un certo languorino e fisso pensierosa il minimarket qualche metro da dove mi trovo: il prossimo treno non dovrebbe arrivare prima di quindici minuti, se mi fiondo dentro e prendo qualcosa in fretta dovrei farcela. Se però arrivò proprio nel momento in cui non c’è nessuno del personale? No, meglio aspettare: non morirò certo di fame. Prendo il mio libro e cerco di distrarmi. Le diciassette. Un’altra ondata di gente di tutte le età mi passa davanti, ma nessun militare. Prendo il cellulare un po’ preoccupata, ma ancora nessun segno di vita da parte di Kentin. Poi le diciassette e trenta, la pressione sale velocemente e mi tocca alzarmi e sgranchirmi le gambe e la schiena. Con le diciotto, nella stazione si riversa un’ondata di persone più grande delle precedenti: studenti che arrivano dalle città vicine con le borse sotto gli occhi e gli auricolari, gruppetti di giovani in carriera tirati lucidi che ridono tra loro, uomini e donne che vanno per la mezza età sfiniti o sorridenti… Tra tutti loro riesco ad individuare un borsone militare, enorme e dall’aria pesante. Mi alzo sulle punta dei piedi in un impeto di adrenalina per vedere meglio: Il braccio che tiene il borsone è muscoloso e con alcune cicatrici pallide. Seguo la linea del braccio fino alla spalla, come in un sogno, e dalla spalla su verso il collo e il viso. Il trambusto della calca si spegne, tutto sembra fermarsi solo per permettermi di vedere ciò che il cuore mi dice, ma la testa non vuole credere. Non può essere Kentin, assolutamente impossibile che… Due occhi verdi da mozzare il fiato si girarono lentamente verso di me, trafiggendomi da parte a parte. Il ragazzo si ferma di botto, ricevendosi occhiate irritate da chi ha rischiato di finirgli contro. No, possibile che… Si fa strada tra le persone e pian piano mi raggiunge, si ferma davanti a me obbligandomi ad alzare la testa per non fermare il nostro contatto visivo. Così alto… Si scosta i capelli color cioccolato dagli occhi e riesco a leggergli quanto è nervoso e incredulo, proprio come me. Mi studia il viso per bene in ogni particolare, mentre io mi sento svenire. Gli occhiali sono scomparsi, il suo viso ha perso qualsiasi traccia di infantilismo, con gli zigomi alti e la linea della mascella ben marcata, il naso ora è dritto e deciso, con solo un piccolo accenno sulla punta di com’era due anni prima, tra le sopracciglia s’intravedono due piccole rughe… La sua bocca fine piegata in una smorfia severa si muove piano e si apre in un sorriso. - Non sei cambiata per nulla, Amira-. Una voce profonda e virile dà suono a queste parole. Mi sento gli occhi riempirsi di lacrime, anche se ancora non riesco a convincermi che è lui. Allungo una mano verso il suo viso e, troppo frastornata per vergognarmi, comincio a conoscere la sua nuova struttura. Lui continua a fissarmi sorridendo, con un piccolo accenno di rossore sulle guance. Sento le lacrime fuoriuscire dagli occhi e precipitarsi sulle guance, e d’un tratto so che è lui, che non può essere nessun’altro, che non è un sogno. - Oh Kentin! Finalmente!- Riesco a dire con voce tremolante, prima di volargli tra le braccia e riempirgli la camicia di lacrime. Sento le sue braccia muscolose avvolgermi goffamente. È lui, eppure è così diverso. - Non mi sembra vero-. Mormora lui, con la sua nuova voce che mi fa venire la pelle d’oca. Mi scosto piano e mi asciugo le lacrime, mangiandolo con gli occhi di nuovo. Kentin si aggiusta i capelli imbarazzato dal mio sguardo a infra rossi. - Non riesco a crederci! Ma guardati! Sei come nuovo, un’altra cosa…- Mormoro colpita. - Bhé, se non fossi cambiato nemmeno un pochino sarebbe stato grave-. Replica lui con una scrollata di spalle. Io gli sorrido felice come non mai, anche se una piccola paura mi rende ancora nervosa: è comunque il solito Kentin o è diverso? Come se avesse letto nei miei pensieri, lui allunga una mano titubante e, arrossendo, mi prende una mano. Io ricambio la stretta e non riesco a trattenere il sorriso che mi si apre di nuovo stupidamente in faccia. - Ti andrebbe di… Sì insomma… Di andare a mangiare assieme?- Chiede, studiando intensamente i suoi anfibi da militare. Il cuore mi accelera pericolosamente. - Mi piacerebbe! Però… Non dovresti andare prima a casa dai tuoi?- Lui si apre in un grande sorriso sollevato e mi stringe più forte la mano, incamminandosi verso l’uscita della stazione ormai vuota. - Oh, ho tutto il tempo del mondo per stare con loro! Ora voglio stare con te!- Io non posso far altro che seguirlo a ruota, felice e imbarazzata al tempo stesso. Per la prima volta dal festival di due anni prima mi chiedo cosa pensano le persone di noi: vedo alcune ragazze strabuzzare gli occhi non appena vedono Kentin, le bocche spalancate e nessuna intenzione di notarmi. Una coppia ci sorpassa e poco dopo sento la ragazza sussurrare “ Quando farai militare verrò anch’io a prenderti quando torni: è così romantico!” Mi impongo di smetterla e di concentrarmi solo su noi due, sentendomi arrossire. Lancio un’occhiata a Kentin e lo sorprendo a fissarmi di nuovo. Lui sobbalza e distoglie lo sguardo, arrossendo come un pomodoro e facendomi sentire subito bene: il vecchio Kentin non è scomparso. D’un tratto sento la felicità che non sentivo più da quando se n’era andato invadermi d’un colpo, quella felicità che porta con sé anche una pace interiore e ti fa sentire in un sogno. D’un tratto tutto il tempo che abbiamo passato separati sembra scomparire.
   
 
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