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Autore: Nimel17    12/02/2015    4 recensioni
One Shot partecipante al Rumbelle Festival EFP per il Terzo Anniversario di Skin Deep.
Sylvie French si ritrova bloccata sotto un portico con la Bestia di Storybrooke, circondata da pioggia e rose, proprio la sera di San Valentino!
Mute!Belle
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sylvie si pulì i jeans sporchi di terra e osservò il melo di Regina: la signorina Swan gli aveva dato una potata molto creativa e rimediare non era stato facile.
Nonostante fosse stato un lavoraccio, la ragazza non ce l’aveva con la nuova arrivata, visto come aveva tenuto testa al sindaco.
“Ha finito, signorina French? O crede che guardandolo ritornerà come prima così, per magia?”
Lei sospirò e si rimise al lavoro, rinunciando a lanciare un’occhiataccia alla sua datrice di lavoro. Doveva avere pazienza, o non sarebbe stata pagata, suo padre non avrebbe potuto pagare l’affitto e il signor Gold li avrebbe sfrattati senza pietà.
Era molto tardi e i lampioni iniziavano ad accendersi; Sylvie disse mentalmente addio ai piani che si era prefissata per la serata: libro nuovo e cioccolatini.
Era San Valentino e lei l’avrebbe passato da sola, ma non le dispiaceva, era abituata alla solitudine. Avrebbe solo voluto che suo padre la smettesse di bere e di tentare di spingerla tra le braccia di Justin. Si ricordava ancora di quando Moe era un uomo dolce e affettuoso che la chiamava “principessa” e le leggeva le fiabe della buonanotte.
Poi era avvenuto il suicidio della madre, che l’aveva lasciata muta per lo shock e aveva distrutto suo padre. Moe si era rifugiato nelle bottiglie di vino da quattro soldi e l’aveva lasciata crescere da sola, a parte quando si trattava di farla incontrare con Justin Hunter, il ragazzo più insopportabile di Storybrooke. Sylvie si era sempre sentita nauseata dal suo odore di gel per capelli misto a profumo dozzinale e birra, dal suo sorriso smagliante e strafottente e dalle sue mani, che sembravano toccarla sempre e ovunque come tentacoli.
La sua sola amica era Ruby, che la consolava e ospitava quando suo padre era troppo ubriaco, che cacciava Justin dal diner quando le dava fastidio e le serviva the freddo e hamburger gratis quando vedeva che dimagriva troppo a causa delle difficoltà economiche in cui viveva.
Le aveva spesso offerto vestiti più caldi, ma lei aveva sempre serrato le labbra e scosso la testa, odiando dipendere dagli altri. Per guadagnare qualcosa aiutava il bibliotecario del paese e badava al giardino di Regina Mills, ma la triste verità era che Moe si beveva la maggior parte di quei soldi.
Era solo grazie a Mary Margaret Blanchard, la maestra di scuola, se poteva avere di tanto in tanto libri scartati dalla biblioteca e portarseli a casa, stretti al petto come tesori.
Justin la guardava sprezzante, dicendo che non era giusto che una donna leggesse perché le venivano in testa “strane idee”. Lei l’aveva sempre ignorato e s’ immergeva in quelle pagine profumate, immaginando di essere una principessa coraggiosa, un cavaliere ardimentoso e talvolta persino il drago.
La notte spesso sognava di essere vestita con un bellissimo abito dorato e di camminare al fianco di un uomo sorridente, vestito di pelle, con incarnato da rettile, i capelli scompigliati e due occhi incredibilmente profondi e penetranti.
Quando finalmente finì di sistemare l’albero, le braccia e le ginocchia le dolevano e fu lieta di entrare in casa Mills per prendersi la sua borsa e tornare a casa. Mentre attraversava il giardino, tuttavia, rischiò di andare a sbattere contro una sagoma apparsa all’improvviso.
“Chiedo scusa, signorina French, non l’avevo vista.”
Sylvie guardò sbalordita il signor Gold alla luce fioca dei lampioni del viale: il completo costoso, il bastone, i capelli castani con qualche ciocca argentea, il viso stretto, gli occhi scuri screziati da bagliori ambrati, la bocca piegata in quello che le sembrava il primo sorriso sincero che gli avesse mai visto.
Chinò la testa in segno di saluto e fece per proseguire verso la casa, ma lui la fermò, trattenendola per il polso.
“Deve tornare a casa?”
Lei annuì, corrugando la fronte.
“Regina non avrebbe dovuto trattenerla fino a un’ora così tarda. L’aspetto qui e l’accompagnerò, se non le dispiace.”
Sylvie pensò che molti avrebbero obiettato che, a Storybrooke, il pericolo più grande era proprio il terribile affittuario e antiquario, ma il timore di incontrare Justin la fece annuire ancora e affrettarsi per prendere la borsa.
Chissà cos’era venuto a fare dal sindaco? A sera inoltrata, poi… l’idea che i due potessero avere una relazione le fece venire i brividi e un inspiegabile groppo alla gola senza un motivo valido.
In fondo, non erano affari suoi, il signor Gold l’aveva incrociato un paio di volte e questo era tutto.
Lo raggiunse meno di cinque minuti dopo, sorridendo.
“Ha fatto presto. È pronta?”
Le offrì il braccio come un gentiluomo di un libro di Jane Austen e lei lo prese, dicendo a se stessa che avrebbe potuto aiutarlo a camminare.
“Non ha degli impegni? Non è la serata degli innamorati?”
Sylvie rise silenziosamente e scosse la testa.
“Come va con sua padre? Beve ancora molto?”
Lei si irrigidì e chinò il capo. Che sciocca era stata a credere che il signor Gold non fosse al corrente dei problemi di alcolismo di Moe.
“Se le cose diventano troppo difficili… ho degli appartamenti sfitti, al momento.”
Lo guardò, stupita. Era un suo strano modo per offrirle aiuto?
Perché poi avrebbe dovuto farlo?
“Non mi guardi con quegli occhi, signorina French. Se un mio affittuario non potesse più pagarmi per dei problemi personali non ci ricaverei niente, non le pare?”
Sylvie sorrise a quel tentativo d’apparire freddo e disinteressato e si strinse appena di più al suo braccio.
“So che non le ho dato molti motivi per fidarsi di me, ma mi sentirei più sicuro se lasciasse l’impiego presso il sindaco. Può venire a lavorare da me, in cambio ridurrei l’affitto a suo padre.”
La ragazza sbatté le palpebre. Qualcosa non andava, quasi credeva che gli alieni avessero rapito il signor Gold e lasciato al suo posto un clone più gentile. Lui fraintese il suo silenzio e sembrò imbarazzato.
“Certo, gli altri direbbero che è caduta dalla padella alla brace, ma, che ci creda o no, non ho intenzione di farle del male. Regina potrebbe… potrebbe usarla e manipolarla nel suo gioco.”
Le sorrise, improvvisamente divertito.
“Conosco il linguaggio dei segni, dearie. Puoi dirmi cosa ne pensi senza remore.”
Lei esitò, poi si staccò da lui per poter muovere le braccia liberamente. Le parve che, per un momento, lui cercasse di trattenerla.
“Che gioco?”
“Regina Mills ha sempre un gioco pronto e lei, Sylvie, è una pedina di valore per lei.”
“Come mai?”
“Non saprei.”
Mentiva, Sylvie lo percepì subito dal suo sguardo difensivo, ma non indagò ulteriormente.
“Perché vorrebbe che lavorassi per lei?”
“Ho bisogno di qualcuno che curi i miei libri, sia quelli personali sia quelli da vendere. Non mi viene in mente nessun candidato migliore di lei.”
Lei arrossì, ma la gioia di quel complimento svanì ben presto quando sentì una goccia gelida caderle sui capelli. Alzò lo sguardo, impaurita e seccata. Il signor Gold la imitò, poi alzò le spalle.
“Sembra che stia per piovere, dearie. Meglio trovare un riparo, non dovrebbe durare molto in questo periodo.”
Forse non sarebbe durata molto, ma la pioggia diventò sicuramente molto intensa nel giro di pochi minuti. Fortunatamente, lei e il suo accompagnatore trovarono riparo sotto un portico, vicino al giardino pubblico.
Non era mai stata in quella zona del parco e notò con sorpresa alcuni cespugli di rose selvatiche, piccole e rosse. Bagnate dalle gocce fitte erano ancora più belle, erette e fiere nonostante l’acqua, quasi circondate da un alone luminoso.
“C’è un profumo molto buono qui, vero?”
“Adoro le rose. Forse è scontato, essendo la figlia di un fiorista, ma sono bellissime.”
Il signor Gold era fradicio al pari di lei, eppure sembrava stranamente sereno, come se si trovasse al caldo dentro la sua casa rosa.
Parlarono – o meglio, lui parlò per entrambi, di libri e aneddoti divertenti sui cittadini di Storybrooke. Sylvie non aveva mai notato che bella voce avesse, con quell’accento così particolare.
“È scozzese, signor Gold?”
“Cosa mi ha smascherato? Il kilt, vero?”
Lei rise, senza suono ma gioiosamente. Non si accorse che il suo compagno la fissava con adorazione, gli occhi fissi sulle sue labbra e sulle ciocche di capelli attaccate al viso.
“Chi l’avrebbe mai pensato che avesse così tanto senso dell’umorismo?”
“Non lo condivido con tutti perché sono poche le persone con cui mi sento libero di dimostrarlo.”
Sylvie si trovò a non rimpiangere i programmi per la serata. Sicuramente non erano tante le donne che potevano dire d’essersi trovate sotto un portico col signor Gold, a San Valentino, circondati dalla pioggia e dalle rose.
“Penso che abbiate paura di lasciare entrare la gente e le emozioni.”
“Sono stato solo per molto tempo, Sylvie – se posso chiamarla così. Sono stato ferito in guerra, mia moglie mi lasciò per un altro, facendosi credere morta e abbandonando suo figlio, poi il mio Bae se n’è andato. Non sono un uomo facile da amare.”
Sembrava così abbattuto e amareggiato, che lei avrebbe voluto abbracciarlo e accarezzargli i capelli per consolarlo.
“Io vedo qualcosa di buono in lei. Il suo cuore è sincero.”
“Se c’è qualcuno capace di farlo, è certamente lei, Sylvie.”
In quel momento, smise di piovere quasi di colpo. Perché si sentiva il cuore stretto dal rimpianto?
“Sembra che siamo liberi, dearie.”
Nessuno dei due si mosse, tuttavia, ancora per qualche istante. Erano così vicini che Sylvie sentiva il profumo della sua pelle – libri, the e cannella… com’era familiare!
Fu dispiaciuta quando lo vide allontanarsi fino a sparire dietro l’angolo. Credeva forse che l’avrebbe baciata come nei film romantici di San Valentino? La delusione sparì subito, però, quando lui tornò, gli orli dei pantaloni sporchi di erba e terra, un braccio nascosto dietro la schiena.
“Per lei, se la vuole.”
Le porse una rosa selvatica con un sorriso a metà tra lo speranzoso e il soddisfatto. La sua immagine venne sostituita per un attimo da quella della creatura dei suoi sogni, gli occhi maliziosi e invitanti.
Sbatté le palpebre e l’altro scomparve, il signor Gold ancora davanti a lei con il fiore teso vicino al suo viso.
“Grazie.”
Lo prese e fece d’impulso una riverenza, cui lui rispose con tutta la grazia che poteva esibire con un bastone.
“Di niente, dearie. Grazie a lei per questo piacevole intermezzo. Posso aspettarla lunedì nel mio negozio?”
Sylvie nascose il sorriso felice dietro la rosa e annuì. Le spalle di lui si abbassarono considerevolmente.
“Arrivederci, Sylvie.”
“Buon San Valentino, signor Gold.”
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Piccola AU per il terzo anniversario di Skin Deep, nonché per far meritare anche ai poveri Rumpel e Belle il loro San Valentino. Il corsivo l'ho usato per tradurre le parole di Belle nel linguaggio dei segni.
  
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