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Autore: Scheherazade_Reim    13/02/2015    1 recensioni
"Vi do il benvenuto, dal profondo del mio cuore, in questo mio vascello, a tutti voi. Io sono Zero ... Il capitano di questa nave. Sono inoltre la persona che vi ha invitato qui per partecipare a un gioco. Alcuni di voi, lo so, hanno già familiarità con questo gioco. Il Nonary Game. E' un gioco... Nel quale la tua vita è la posta più alta. Lo scopo del gioco è semplice: lasciare la nave vivi. E' nascosta, ma un uscita esiste. Cercatela ... Cercate la porta che reca il numero 9".
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« Perché … Perché è successo questo … »
La sua voce era infranta dal dolore, dalla tristezza e dall’agonia, unita a qualche singhiozzo continuo mentre le mani corsero al viso per nasconderlo alla vista di Inuyasha e degli altri. Non voleva farsi vedere in quello stato.
Inuyasha la guardò e sentì nuovamente la rabbia farsi strada in lui.
« Qualcuno di voi sa che cazzo sta succedendo qui?! » domandò seccato, arrabbiato e furibondo come mai prima di quel momento.
« Chi diamine è questo Zero?! Cos’è il “Nonary Game”?! Avanti, nessuno a qualche idea? Niente?! Che diavolo sta succedendo?! »
Genere: Mistero, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, OOC, Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta
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9 persons – 9 hours – 9 doors

-Capitolo 1-  

Buio.

Era la sola cosa che vedeva dietro le sue palpebre abbassate.

Chissà che ore erano? Avrebbe voluto aprire gli occhi, guardarsi attorno e imprecare al pensiero di essersi alzato troppo presto in un giorno festivo.

Ma che giorno era?

Si sforzava di mettere a punto il quadro della situazione ma niente, non riusciva proprio a ricordare nemmeno che giorno fosse e nemmeno cosa avesse fatto la sera prima.

Improvvisamente un rumore sordo lo risvegliò completamente, gli occhi si aprirono di scatto per la sorpresa come delle molle.

Aveva appena messo a fuoco la visuale attorno a se, solamente per rendersi conto che non aveva la minima idea di dove si trovasse.

Spaventato si mosse velocemente, tanto da non vedere il tubo contro il quale urtò la testa e mentre si girava, cercando un appiglio o qualcosa di simile ruzzolò a terra come un sacco di patate.

Ancora confuso e sotto shock, la sua mente cercava di mettere ordine in quello che stava accadendo e allo stesso tempo di sedare il dolore per la caduta e la botta in testa.

« Che male … Porca miseria! Ma che diavolo … ?! »

Tenendosi una mano sulla testa si guardò attorno ancora completamente stordito, in quel momento la sua vista fu attirata dal letto dal quale era caduto. Era un letto a castello, a tre piani per giunta, e lui doveva essere caduto dal piano più alto.

“Mi fa male il piede, la schiena, il sedere … Insomma sono da rottamare!”

Pensò irritato mentre si passava una mano sulla fronte.

Poteva chiaramente sentire il formarsi di un bozzo sotto le dita nel punto in cui aveva sbattuto e forse, pensò, era la causa dello stordimento che aveva seguito la caduta ma decise di scartare quell’opzione poiché non gli sembrava plausibile poiché ora che lo notava tutta la stanza stava tremando.

“Un terremoto? No, non è possibile, il tremore è troppo ravvicinato per essere un terremoto!”

Dimentico del dolore cercò di rimettersi in piedi.

Una mano su uno dei letti più bassi faceva pressione, aiutandolo a riguadagnare l’equilibrio anche grazie alla struttura del letto e con sguardo ancora confuso, ignorando le lamentele del suo corpo, cominciò a guardarsi attorno.

Non c’era granché nella stanza.

I letti a castello a tre piani erano due, uno dalla parte destra e uno da quella sinistra. Vicino a una parete c’era un lavello con un sopra una cornice e uno specchio piuttosto sporco. Un piccolo armadio a muro, uno specchio verticale, coperto da un telo e una stufetta portatile che sembrava non venisse utilizzata da decenni.

“Ma dove diavolo sono?!”

I suoi pensieri cominciavano a essere più coerenti e lucidi, i minuti passavano ma non riusciva a venire a capo della situazione e più si guardava attorno meno capiva.

Il tremore, però, com’era cominciato cessò.

Un silenzio innaturale cadde nella stanza e poteva udire chiaramente il rumore del metallo che cigolava come se fosse compresso da qualcosa. Deglutì il vuoto, immaginando possibili scenari nella sua mente, ma non trovando risposta decise di guardare la stanza con maggiore attenzione.

Come prima, non notò niente di strano a parte la porta.

Era abbastanza grande, di metallo inoltre, ma quello che colpiva di più l’attenzione era il gigantesco numero cinque scritto (sperava) con vernice rossa.

« Chissà poi che cavolo vuol dire … » borbottò a voce alta mentre si avvicinava alla porta.

L’intera situazione era assurda, al limite del paradossale, per cui afferrò con cautela la maniglia della porta e la mosse in verticale per cercare di aprirla ma non successe nulla. Tirare o spingere era uguale: la porta non si muoveva.

Spostò lo sguardo sulla parete accanto a la prima cosa che notò fu uno stranissimo apparecchio, molto simile a quelli che si usano per leggere le tessere magnetiche. Non era un tipo geniale, ma non serviva un intelletto superiore per capire che era quello strano dispositivo a tenere la porta chiusa. Stava per colpire la porta con una serie di pugni, quando si fermò.

Sul braccio sinistro c’era un braccialetto strano come non ne aveva mai visti. Ricordava dei vecchi orologi, quelli che si compravano con pochi spiccioli e si rompevano il giorno seguente, ma questo era davvero strano. Non aveva un quadrante vero e proprio, solo quattro pulsanti ai lati che non si muovevano, sul display digitale compariva solamente un numero: il cinque, lo stesso della porta.

Girò il polso, cercando l’aggancio per levarlo, ma quando lo fece si accorse con sommo dispiacere che non c’era niente del genere.

« Che razza di scherzo è mai questo … ?! »

Arrabbiato, stanco e irritato da quella situazione cominciò a fare alcuni tentativi per levarsi quello strano oggetto dal braccio.

“Dove sono?! Dove diavolo mi trovo e perché?! Maledizione perché?!”

Si sforzava di ricordare, di pensare a qualcosa, ma niente gli veniva in mente sino a quando la sua attenzione non venne catturata dalla finestra, smise di torturarsi il polso ora arrossato e si diresse verso di essa. Era rotonda, vecchio stile, pensò, sembrava essere la stessa delle navi da crociera.
“Mi ricorda quella della serie televisiva Love Boat … ! … Aspetta un momento! Vuoi dire che … Sono su una nave?!”

Quella consapevolezza gli diede modo di guardare con maggiore cura l’ambiente che aveva intorno a se, dandosi dello stupido mentalmente per non averlo capito prima – era così ovvio.

Al di là del finestrino non c’era niente. Solamente oscurità, una impenetrabile massa oscura e in quel momento, senza preavviso, il vetro cominciò a scheggiarsi.

Come una ragnatela, la macchia si diffuse per tutta la struttura e imprecando mentalmente, ancora una volta, si fece più indietro verso la porta che provò nuovamente ad aprire senza successo. Un secondo e il vetro s’infranse cominciando a far entrare acqua al suo interno.

« Volete scherzare?! »

Ormai era completamente a mollo con i piedi mentre la cabina cominciava a riempirsi d’acqua.

« Ehi! C’è qualcuno là fuori?! Fatemi uscire! Fatemi uscire! Dannazione!! Rispondetemi! »

Niente, nessuna risposta.

L’acqua stava cominciando a salire velocemente e lui non poteva restare lì. Doveva aprire la porta e uscire da quella stanza il più in fretta possibile se non voleva morire.

Si guardò attorno e puntò sullo specchio verticale, per cominciare, scostandolo trovò una chiave rossa molto piccola attaccata con dello scotch adesivo sopra la superficie riflettente. Non pensò molto, la prese subito e per un momento vide la propria immagine riflessa nello specchio.

Era uno schifo.

Lunghi capelli scuri completamente sparpagliati e una pessima cera del viso. Era pallido, esausto e quasi gli venne da ridere da quello che vedeva riflesso; non era da lui.

“Inuyasha … Ti sei ridotto proprio male … “

Non fece in tempo a pensarlo che qualcosa si fece spazio nella sua mente, un ricordo sopito di quello che era accaduto il giorno prima, o forse prima ancora – a questo punto poteva essere successa qualsiasi cosa.

Ricordava di essere appena rientrato dal lavoro a casa. Un appartamento piccolo, un monolocale semplice e funzionale per il suo stile di vita.

Accese le luci si accorse che qualcosa non andava: la finestra della stanza era aperta riempiendola di aria fredda. L’aveva forse dimenticata aperta? Possibile, il resto della stanza era esattamente come l’aveva lasciato. Niente era stato spostato, tutto era nel suo disordine personale.

Stanco, desideroso solo di riposare, era andato verso la finestra per chiuderla e fu proprio allora che lo vide, attraverso il riflesso del vetro c’era un uomo coperto da un pesante cappotto e una maschera anti – gas sul viso.

Si era girato, pronto ad alzare la voce e a reagire ma tutto quello che uscì dalle sue labbra fu un gemito soffocato. Quando aveva cercato di muoversi si accorse che le sue gambe non reggevano più il peso del corpo, cadde così a terra come un burattino a cui i fili erano stati tagliati. Era stato ingenuo a non accorgersi prima della bomboletta a terra che rilasciava uno strano gas nell’aria, un gas che annebbiava completamente i sensi e che, pensandoci ora, forse era proprio la causa del suo disorientamento.

Non ricordava nient’altro, soltanto una voce alterata meccanicamente che diceva: “consideralo un privilegio. Sei stato scelto. Stai per partecipare a un gioco, il Nonary Game. E’ un gioco … Nel quale la tua vita sarà la posta più alta”.

Diede un pugno al vetro, non troppo forte, chiaro, ma abbastanza per cercare di placare la sua rabbia.

« Quel figlio di … E’ stato lui! »

Digrignò i denti sentendo una rabbia crescente farsi strada dentro di lui, ma non aveva tempo per pensare a queste cose poiché il livello dell’acqua continuava a salire e la sua indagine continuò.

Doveva fare in fretta.

Quella piccola chiave rossa doveva servire per qualcosa.

Su uno dei letti più bassi, quello che aveva usato per issarsi, trovò una valigetta blu e la esaminò velocemente. Era una normalissima ventiquattrore con una serrata doppia, combinazione e chiave. Quella rossa entrava, certo, ma non girava nella direzione che voleva e quindi nella stanza doveva esserci anche una valigetta rossa e una chiave blu. Non perse tempo.
Passò vicino alla stufa, sopra la quale si trovava un bollitore, anche quello completamente coperto di polvere e quando ci guardò all’interno trovò anche la piccola chiave blu. Ora mancava solo la valigetta. L’unico posto che non aveva ancora controllato, tra quelli a disposizione, era l’armadio a muro. Scostò la tendina di plastica, notando che il livello dell’acqua continuava a salire pericolosamente, trovando la valigetta rossa. L’afferrò e la portò sul secondo letto assieme a quella blu, inserì le chiavi nei rispettivi posti e provò a girare ma niente, non si aprivano.

“Deve esserci un indizio … Qualcosa per capire come aprirle … “ e fu allora che lo vide.

Quella cornice sopra il lavello era strana. Troppo.

Non perse tempo e l’afferrò con le mani, si spostò di un passo e la lanciò contro il lavandino con forza. L’impatto ruppe il vetro e la sua struttura. Estrasse la fotografia, un’immagine piuttosto vecchia di una nave, tipo il Titanic, ma sul retro c’erano segnate alcune figure geometriche. Per lo più erano triangoli, una serie bianca e una serie nera, in varie posizioni e un paio di quadrati con sopra segnati dei numeri da zero a nove.

Sullo specchio, invece, c’era un piccolo foglietto appeso con dello scotch che staccò immediatamente. Non era chiaro, ma le immagini geometriche anche troppo: erano i triangoli della foto.

“Quindi … E’ questa la combinazione? Dunque vediamo … Questo qui, rivolto in alto a sinistra, vuol dire sette … “

Continuò così, inserendo la prima combinazione che aveva trovato, 7485, girò la chiave e niente.

La valigetta azzurra non si aprì.

« Merda … ! »

Provò allora la combinazione sulla valigetta rossa, girò la chiave e questa volta ebbe maggiormente fortuna poiché la valigetta scattò appena sopra. Inuyasha trasse un sospiro di sollievo che morì non appena vide il contenuto. Carte magnetiche rosse sulle quali erano stampati dei numeri.

Si guardò attorno, spaesato, consapevole che non c’era molto tempo e che non aveva altri posti dove guardare per cercare un piccolo indizio. Provò sui letti più bassi, scostando le lenzuola e i cuscini ed ebbe fortuna. Il biglietto finale, alla fine, si trovava proprio sotto uno dei cuscini del letto più basso.

Analizzò rapidamente il codice, confrontando i simboli con quelli della foto, e inserì i numeri nella combinazione del lucchetto e girò la chiave. Anche la valigetta blu si aprì. Questa conteneva più materiale. Un piccolo raccoglitore rosso, una serie di tessere magnetiche blu, tanto per cambiare, una mini calcolatrice e un taccuino con penna.

Mise il taccuino e la calcolatrice nella tasca del giacchetto di Denim che indossava, prese il raccoglitore e le tessere per dirigersi verso il lettore. Ormai l’acqua era arrivata alle sue ginocchia.

Provò a passare nel lettore le carte rosse, per cominciare, una per una, vedendo degli asterischi comparire sopra il display digitale del lettore e quando le passò tutte tirò la leva laterale. Un suono sordo, e capì di aver sbagliato.

« Maledizione! Maledizione! Ci deve essere qualcos’altro? »

E poi s’illuminò.

Mise via le tessere e aprì il piccolo raccoglitore rosso. Non conteneva molto, solamente dei fogli che spiegavano l’utilizzo della cosiddetta “radice digitale*”. Non era un caso che si trovavano lì e poi, improvvisamente, si accese un'altra lampadina nella sua mente.

« Un momento … Se sulla porta è segnato il numero cinque … Vuoi vedere che … »

Buttò a terra il plico, ormai inservibile lasciandolo galleggiare nell’acqua, e dalle tasche riprese le tessere magnetiche e strisciò solamente quelle che gli servivano.

« Speriamo bene … Ormai non mi resta che tentare la sorte! »

Tirò la leva e il misterioso lettore produsse un nuovo suono, più acuto questa volta, gettando via anche quelle tessere afferrò di scatto la maniglia e la porta si aprì.

Inuyasha si trovò in un corridoio immerso di acqua fino alle ginocchia, ma decise che non era il momento di pensare e seguì la corrente, cercando di non perdere l’equilibro sino ad una scala di metallo alla cui cima c’era una porta di metallo.

« Fantastico! Davvero fantastico! » sbottò sarcasticamente e al limite dell’esaurimento nervoso.
Quando poggiò la mano sulla maniglia la trovò aperta, almeno quella, pensò sospirando, varcando quella soglia e rimanendo completamente basito davanti a quello che vedeva. Lo scenario era completamente diverso.

Davanti a lui c’era una piccola stanza finemente arredata con altre, guarda caso, scale, ma tutto era completamente all’opposto della sobrietà della sua piccola cella. Le scale e i pilastri erano interamente realizzati con un resistente legno pregiato, abbellito con decorazioni di Art Nouveau che coprivano pareti e pilastri. Non sembrava parte di una nave, quanto invece l’ingresso di una lussuosa villa dei primi anni del novecento.

Non fece appena in tempo a chiedersi se fosse davvero su una nave quando si accorse che alle sue spalle stava arrivando un onda di acqua. Deciso a non aspettare oltre, sotto le proteste delle sue scarpe, ormai fradice come i pantaloni, cominciò a correre come un forsennato su per le scale di legno per lasciarsi alle spalle una fine sicura.

Arrivato in cima notò una placca sulla parete di legno che recitava “ponte C”. Non ci dette peso e continuò a correre, passando per un'altra sala, quasi speculare a quella da cui era salito e continuò a salire ogni scalino che trovava a due a due non avendo la minima idea della sua direzione.

Era nel “ponte B”, a quanto pareva, ma non si soffermò a pensare e continuò la sua salita sulle scale sino a quando non si trovò davanti a un gruppetto di quattro persone.

“Allora … Non sono solo … “

 

 

*Radice Digitale: La radice digitale è il risultato della somma delle sue cifre, reiterata sino ad ottenere un valore monocifra, quindi un valore compreso tra 0 e 9.

Esempio: 671 = 6+7+1 = 14 = 1+4 = 5 ß Cinque è la radice digitale.

 

Salve a tutti!

Questa fan fiction è un mio esperimento, una cosa che mi ronzava in testa da un po’ di tempo.

Ispirata all’omonimo gioco, 999 (abbreviato), vedremo il susseguirsi di vicende misteriose e inquietanti mentre i nostri protagonisti – diversi ma sempre loro – cercheranno di scappare per mettere in salvo la loro vita da un nave che sta affondando.

Essendo un esperimento mi rivolgo a voi, lettori, affidandomi ai vostri commenti e alle vostre recensioni. Se piacerà, la continuo, altrimenti niente ~

Nel frattempo, sempre di Inuyasha, v’invito a leggere “Il Marchio del Drago” e Maou – Il Diavolo”. Sul mio profilo troverete i giorni delle uscite

Un forte abbraccio e un saluto a voi da
Scheherazade

  
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