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Autore: Anne_Wolf    13/02/2015    1 recensioni
Mettiti nei panni di una semplice studentessa di scuola superiore, che abita in un modesto appartamento a New York.
Cosa faresti se un giorno ti ritrovassi prigioniera di una terribile Creatura della Notte per un brutto scherzo del Destino?
E se scoprissi che i tuoi genitori non fossero chi dicevano di essere?
Una guerra segreta che dura da secoli, un'alleanza che deciderà le sorti del mondo intero...
Quanto sei disposto a sacrificare per portare alla luce del Sole un passato tanto oscuro e misterioso da far scappare perfino la più potente delle creature? Saresti pronto a sacrificare la tua stessa anima ad una Creatura della Notte oppure resisterai ai suoi magnetici occhi color cremisi?
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Sovrannaturale
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PROLOGO (PARTE 1)- QUANDO IL SOLE PENETRA TRA LE NUBI

Un raggio di sole penetrava nella camera di Lyvia, una giovane ragazza di sedici anni dai lunghi capelli biondo-cenere e dagli occhi di un azzurro intenso, come quello delle profondità oceaniche. Il cuore e lo sguardo freddi come il ghiaccio la rendono nota, alla maggior parte delle persone che frequentano il suo stesso istituto, come la “Regina di Ghiaccio”, per i suoi modi distaccati e per la sua voce indifferente e tagliente come le lame di un coltello. La luce solare illuminava la sua stanza dalle pareti dello stesso colore delle ortensie, il suo fiore preferito. Il letto, delicatamente accostato alla parete destra, era adornato da lenzuola di puro cotone, morbide al tatto e profumate di una flebile fragranza al glicine. Ciò che alla ragazza piaceva maggiormente di quella camera tanto piccola quanto accogliente, era la libreria situata al lato sinistro della finestra. Era un mobilio fatto in mogano, alto più di due metri e ricolmo di libri di varie dimensioni e tipologie. Sulla scrivania, tenuta in modo impeccabile (non una sola matita era fuori posto), erano poste diverse cornici adornate di ghirigori dorati e argentati che brillavano a contatto della luce, creando giochi di luce di luminosità pari a mille fatine messe insieme. Le foto che contenevano erano tutte differenti tra di loro. La prima rappresentava una ragazza dai capelli castani tagliati fin sopra le spalle. Gli occhi sorridenti richiamavano il morbido e delicato colore delle nocciole a primavera. La seconda era la foto di un ragazzo dai capelli biondi i quali, a causa della luce solare, assumevano sfumature dorate. La frangia gli copriva l’occhio destro, nascondendoglielo. Lo sguardo timido, messo in risalto dal sorriso dolce e imbarazzato che gli vibrava sul viso, facendogli increspare le labbra in una così piacevole e sottile onda di luce, illuminavo le sue iridi di un verde da fare invidia agli smeraldi. L’ultima cornice, nonché la più curata e decorata, rappresentava una coppia di giovani sposi.
Lei, la classica ragazza ammantata di un bianco puro e candido come la neve, indossava una meravigliosa tiara di cristallo che le dava un tono regale, facendole brillare i capelli dorati, legati in una treccia e lasciata scivolare delicatamente sulla spalla sinistra.
Lui, misterioso ragazzo vestito di scuro, dallo sguardo glaciale e profondo, portava in mano un mazzolino di fiori appena colti. I capelli corvini erano messi in risalto dalla lucentezza della sua sposa. Entrambi sorridevano a quel giorno tanto speciale e persino lo sguardo glaciale di quel ragazzo sembrava sciogliersi al calore che la sua amata lasciava trapelare dal sorriso.
Lyvia aprì gli occhi, infastidita dalla luce solare che le colpiva le palpebre. Si mise a sedere sul letto, intontita. Si alzò dal letto pesantemente, con tutti i muscoli intorpiditi dal sonno. Stava maledicendo quel dannato sole che, ogni santissima Domenica, la svegliava in maniera tanto insistente. Di solito quella piacevole tortura era riservata alla sveglia che, durante tutta la settimana (Domenica esclusa, ovviamente), trillava nella sua maledetta insistenza e con il suo solito tono stridulo e stonato. Si trascinò pigramente verso la scrivania e sollevò il cellulare. Imprecò guardando l’orario e notando la miriade di telefonate che le erano arrivate. Erano già le undici di mattina. Ancora assonnata si affrettò a richiamare quel numero che, tanto inutilmente, aveva tentato di rintracciarla nelle ore precedenti. Il telefono squillò a vuoto per un paio di volte e, proprio nel momento in cui Lyvia stava per riagganciare, dall’altro capo telefonico rispose una voce maschile, dal tono calmo e gentile.
-Pronto?- Chiese la voce, cercando di sembrare il più irritata possibile.
-Pronto, Kail. Sono Lyvia.- Disse lei, titubante.
-Oh, ma guarda. La Bella Addormentata si è svegliata! Ti stavo dando per morta.-
-Lo so, lo so… E’ che mi sono svegliata ora… Scusami… Ehm… Posso comunque sperare in un pranzo con te?- Chiese, quasi spaventata da un suo rifiuto. Il ragazzo aldilà del capo telefonico sospirò come rassegnato, poi, dopo degli attimi che a Lyvia parvero interminabili, rispose.
-D’accordo… Ti aspetto sotto casa mia fra mezz’ora… Bada a non addormentarti mentre ti vesti.-
-Ma per chi mi hai presa, scemo?!- Attaccò bruscamente, sperando di essere riuscita a farlo sentire in colpa almeno un po’, per averla presa in giro. Posò il cellulare sulla scrivania e si vestì in tutta fretta. Si infilò la giacca in jeans che era appesa alla sedia della scrivania e si diresse alla finestra. Tirò le tende e la luce del sole penetrò nella sua camera con tutto il suo splendore, facendo illuminare la collana che la ragazza portava al collo. Le piaceva sentire il sole sulla sua pelle. Osservare le strade movimentate di New York illuminate dai raggi solari la faceva sentire come se si trovasse al luna park. Mille luci che sfrecciano sotto di lei, che brillano sotto un unico cerchio luminoso. Sarebbe stato decisamente più piacevole se, dalla sua camera, non si fosse visto il cimitero. Già…il cimitero. La prima volta che ci era entrata aveva sei anni.
Era entrata insieme ai suoi genitori, in un giorno di pioggia. Lei era vestita di nero e l’aria gelida le colpiva il viso, come fossero state tante lame di coltelli. Sua madre e suo padre stavano dormendo, al caldo, in un grande letto di legno. Era ornato con un velluto rosso e aveva un grosso e pesante coperchio che lo chiudeva. Lyvia si chiedeva come facessero a respirare i suoi genitori, là dentro. Però pensò anche che dovevano sentirsi proprio al calduccio e desiderò anch’essa poter dormire accanto a loro, tra le loro calde braccia, invece di stare lì, in piedi davanti a due enormi fosse scavati una di fianco all’altra, in balia del freddo e della pioggia. Guardava i due enormi buchi e poi le persone che la circondavano, non comprendendo il perché stessero piangendo. Quando vide calare i letti dei genitori in quei buchi, si avvicinò gridando e strattonando il povero parroco.
-NON POTETE CHIUDERLI LA’!!! MORIRANNO SE NON RIUSCIRANNO A RESPIRARE!!!-
Nessuno osava avvicinarsi o intervenire… Nessuno osava fermare quella piccola bambina che piangeva e strillava. E come biasimarli? Chi mai potrebbe dire ad una piccina di soli sei anni che i suoi genitori non avrebbero più potuto sentire il profumo dei fiori, che non avrebbero più potuto rincuorarla nelle notti di tempesta?
Il parroco, leggermente innervosito da quella bambina tanto chiassosa, l’allontanò e fece sotterrare le due tombe.
-Riposate in pace, fratelli.-Detto questo fece il segno della croce e si allontanò, seguito da tutte le altre persone. Lyvia invece rimase lì, sola, a piangere sopra i due lastricati di marmo che portavano inciso il nome dei suoi genitori. Inginocchiata a terra singhiozzava trattenendo le grida di dolore, consapevole del fatto che i suoi genitori non sarebbero più tornati ad asciugarle le calde lacrime. Con la consapevolezza di essere sola al mondo.

Lyvia si destò dai suoi pensieri con un sussulto. Il cellulare stava squillando rumorosamente e lei si affrettò a rispondere. Era Kail.
-Ti sei davvero addormenta tra i vestiti?- Chiese in tono di rassegna, quasi aspettando un “si” come risposta. Invece non fu ciò che Lyvia disse. Lei si limitò a sussurrare un –mi dispiace-, per poi riagganciare subito. Prese la borsa e corse fuori casa decisa a scacciare i brutti ricordi e a godersi il resto della giornata con il suo amico Kail.

(FINE PRIMA PARTE)


******************
Angolo dell’autrice: Buonasera!!! ^^ parto dalla premessa che questa è la mia prima fanfiction. Spero vi possa piacere. Questo primo capitolo è diviso in due parti, poiché scriverlo intero sarebbe risultato davvero troppo lungo. Penso che la maggior parte dei capitoli saranno strutturati in questo modo, affinché non si creino disagi nella lettura che potrebbe risultare troppo lunga e/o confusionaria (poiché in alcuni casi nei capitoli verranno narrati fatti che accadono a due personaggi differenti). Bhe…spero che questo primo capitolo vi piaccia. Farò in modo di pubblicare al più presto anche la seconda parte. Baci^^ Anne_Wolf
   
 
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