Il cielo era azzurro quella mattina e l’aria fresca lo rendeva ancora più limpido.                                                                                   
 La ragazzina era appena uscita di casa quando si sentì chiamare:
“Ehi! Ciao… Agatha…”
Era Pakia, un ragazzo che spesso aiutava lei e il padre con il commercio di fiori.
“Ciao! – rispose lei sorridendo – come mai qui? Non mi pare dovessi venire oggi…”
“No infatti – disse subito lui – però… volevo darti una cosa…” E le porse il cestino che aveva con sé “E’ solo un pensiero…”
Agatha lo prese tra le mani ringraziandolo, aggiungendo che non fosse necessario, ma lui ribatté che era per ringraziarla della la sua gentilezza e, non lo disse, ma forse, anche per un altro motivo…
“Sai, all’inizio… avevo pensato a… dei fiori ma poi mi è sembrata… ecco… una cosa molto sciocca, regalarne a te, che li vendi… la verità è che non sono molto pratico di regali… in particolare per le ragazze…” ammise  con un’aria di evidente imbarazzo.
In effetti Pakia, prima di incontrare padre e figlia si era occupato di tutt’altro; aveva provato ad intraprendere la strada del guerriero e, sotto la giuda di uno dei più nobili Cavalieri, era giunto vicinissimo a diventarlo lui stesso ma poi aveva capito che quello delle armi non era il suo destino.
La ragazzina rise divertita ringraziandolo nuovamente e fece per entrare in casa quando lui la fermò e tolse qualcosa dal cesto.
“Cos’hai tolto?” chiese lei curiosa.
“Ah nulla… una cosa poco importante…”
“Dai fammi vedere, cos’era…?”  insistette lei,  alchè lui fu costretto a rivelare  ciò che aveva nascoso dietro la schiena.
“In realtà, un fiore volevo portartelo ugualmente, ma… proprio adesso… ho visto che ne hai uno molto bello appuntato sul vestito e…  la mia semplice margerita al confronto sfigura decisamente…” Arrossì.
“Ah questa…” disse Agatha, sfiorando la rosa che aveva sul petto.
“Sì, è davvero magnifica… di così belle, ho visto solo quelle del nobile Albafica, ma come certamente saprai il loro fascino è tanto quanto la pericolosità… non possono  essere ammirate che da lontano…”
Esattamente come  lui…   Non lo disse ad alta voce, ma le fu inevitabile pensarlo.
“Però quella non può essere una delle sue no…? Non è velenosa, se la porti addosso…” concluse Pakia grattandosi la testa con una risata nervosa e sempre un po’ imbarazzata.
Agatha non aveva certo la presunzione di pensare che il ragazzo provasse per lei sentimenti particolari, anche se forse non avrebbe avuto torto, ma per qualche motivo preferì  non dirgli che invece, proprio di una rosa del nobile Saint si trattava.
Tra i due scese il silenzio, perciò il ragazzo pensò che fosse arrivato il momento di andare, fece per salutarla quando fu lei a fermarlo:
“Lasciamelo lo stesso…” disse riferita al fiore. L’altro provò a dissuaderla, ma sotto sotto ne fu contento.
Entrata in casa Agatha appoggiò il cestino sul tavolo e si affrettò a mettere la margherita nell’acqua. Passando davanti allo specchio guardò il suo riflesso e toccò i petali della rosa. Quella rosa sembrava avere una bellezza e una durata eterna, come eterna sarebbe stata l’ammirazione per la persona che gliela aveva donata. Ora però il bel Cavaliere dall’armatura dorata e i lunghi capelli non era più lì, ma il suo ricordo le sarebbe rimasto per sempre nel cuore. Un fiore per ricordare quindi, ma ora aveva anche un fiore per continuare.
“Massì… - disse tra sé voltandosi verso quello regalatole da Pakia – perché non aprirsi a questa possibilità…”