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Autore: Jaredsveins    14/02/2015    4 recensioni
"Mi fermai nel sottoscala e mi schiacciai al muro come una sardina per evitare di esser visto, come facevo da ormai due anni a quella parte. Stavo aspettando Dean, il mio ragazzo che grazie a una società piena di gente ottusa e ignorante non potevo affatto godermi."
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Saaalve. Qualche giorno fa stavo ascoltando un po' di musica e mi è venuta in mente questa one shot. E' la prima Destiel che scrivo e infatti ho un po' d'ansia, spero di aver buttato giù qualcosa di decente. vi prego di essere gentili pls
L'ho riletta diverse volte quindi CREDO e spero di non aver fatto alcun errore grammaticale o di battitura.
Detto questo vi lascio leggere e recensite, vorrei sapere cosa ne pensate. c:
-Feffe


 
Gone forever.

 
Mi fermai nel sottoscala e mi appiattii al muro per evitare di esser visto, come facevo da ormai due anni a quella parte.

Stavo aspettando Dean, il mio ragazzo, che grazie a una società piena di gente ottusa e ignorante non potevo affatto godermi. Mi sarebbe piaciuto dargli un bacio tranquillamente, davanti a tutti e senza dovermi spaventare di esser insultato; mi sarebbe piaciuta l'idea di entrare a scuola mano nella mano con lui; mi sarebbe piaciuto rispondere alla domanda “stai con qualcuno?” con un sì deciso, invece di mentire e dire di esser single. A volte volevo mollare tutto e andarmene, ma poi mi bastava guardare Dean negli occhi e decidere di abbracciarlo forte, crogiolandomi nelle sue coccole e illudendomi che tutto quello mi bastasse. A ogni pausa ci vedevamo lì, nel sottoscala, e ci scambiavamo qualche bacio, oppure parlavamo, a volte stavamo anche zitti, poiché ci bastava il rumore dei nostri respiri. Se io stavo male lui lo capiva e viceversa e, probabilmente, se ne sarebbe accorto anche in quel momento, dato che quando lo vidi arrivare lo salutai con un semplice sorriso, invece che abbracciarlo com'ero solito fare.

“Tutto okay?” Inclinò il capo e alzò il mio con la mano, studiandomi.

“E' inutile che io ti risponda.” Il mio tono di voce era calmo, fin troppo e lui sapeva cosa voleva dire.

“Sei arrabbiato..”

Mi limitai a fare spallucce e distolsi lo sguardo dal suo, incrociando le braccia e fissando i miei mocassini neri che improvvisamente mi sembrarono molto interessanti.

“Cas..” Lo sentii sospirare. “E' da ieri che sei strano. Rispondi a monosillabi e adesso questo, mi spieghi che diavolo ti succede o devo tirartelo fuori con le pinze?”

Allora alzai lo sguardo e mi spostai un po’, in maniera tale da trovarmi quasi allo scoperto e agli occhi di tutti. “Baciami.”

Lui rise e mi prese il viso, tirandomi contro sé e poggiando le labbra sulle mie.

Come sospettavo, non aveva capito quel che volevo dirgli..oppure faceva semplicemente finta di niente, come al solito.

Feci un verso e negai con il capo, staccando le labbra dalle sue, a malincuore, e lo guardai negli occhi. “Non qui, baciami davanti a tutti.”

Dean si irrigidì all'istante e mi lasciò andare, facendo cadere le braccia lungo i fianchi e negò con il capo. “Sai che non posso..”

“Non puoi o non vuoi? Dean, amiamoci come due persone normali e non di nascosto. Sai che sono sempre quello che cerca di trovare il lato positivo, ma in questa situazione non ci vedo niente di buono. All'inizio qualche battutina acida la sopportavo, ma ultimamente è sempre peggio..non vorresti dire a tutti che ci amiamo e che stiamo insieme?”
E lui non rispose e questo mi fece infuriare.

“Io mi sono rotto di questa storia, Dean!” Esclamai e gli diedi una manacciata sul petto, cogliendolo di sorpresa. “Va avanti da due anni, ti rendi conto? I tuoi amici mi chiamano frocio quando si accorgono che ti guardo e tu che fai? Ti metti e ridere e poi ti giri, come se non avessero appena insultato e deriso il tuo ragazzo, come se fosse tutto okay e beh, sai la novità? Non lo è! Fa tutto schifo. Non è possibile che io debba esser privo di poterti baciare o di prenderti per mano, o di farti una semplice carezza e il fatto che tu non faccia nulla per risolverlo, mi fa imbestialire!” Ero scoppiato come non avevo mai fatto, e la cosa fu resa evidente dalle lacrime che salirono ai miei occhi, ma che io fermai. Strinsi i pugni e non mi importò del fatto di aver appena alzato la voce. “Dici di amarmi e non fai niente per dimostrarmelo.”

“Oh no, questo non puoi dirlo!” Sbottò lui. “Vengo sempre qui o a casa tua per vederti, ti coccolo e ti consolo, ti sono sempre vicino e..”

“E poi cosa, Dean? Mi tratti come trattavi le tue amichette prima di conoscermi, come un oggetto.”

“Non lo hai detto davvero.” Dean strinse i pugni e ne sbatté uno al muro, chiudendo gli occhi e poi dandomi le spalle. Potevo vederle tremare.

“Non è vero, per caso? Non si dimostra a una persona di amarla baciandola ogni tanto e poi spalandole merda addosso davanti gli altri, solo per non avere la dignità rovinata.” Mi avvicinai e lo presi per le spalle, cercando di farlo girare ma non ci riuscii, sbuffando esasperato e lasciando perdere. “Io non lo so Dean, non so cosa pensare. Qui sei stupendo e poi cambi..potresti fare l'indifferente e invece no, infierisci deridendomi insieme agli altri. Non è così che si ama una persona.”

“Ma tu sai quel che provo.” Si girò e mi prese il viso, dandomi un bacio sulle labbra. “Sai che ti amo, Cas.”

“Allora dimostramelo.” Mi scansai e me ne andai, dirigendomi al laboratorio di scienze a passo veloce, ignorando quel gruppetto di idioti che negli ultimi tempi continuava sempre di più a darmi fastidio. Andai a sedermi al primo banco e seguii il professore, ma non del tutto, ero distratto dal resto e cavolo, odiavo litigare con Dean..ma non potevo continuare a sorridere davanti quei pochi amici che avevo e poi terminare la giornata a piangere per quella situazione. Non potevo amare ancora in segreto, non faceva proprio per me.

Le due ore passarono molto lentamente e quando finalmente finirono, mi trascinai all'armadietto che trovai aperto: all'interno vi era un casco di banane e tutte le mie cose per terra, il tutto accompagnato da un biglietto. Lo presi senza leggerlo e lo strappai, sentendo il sangue ribollire per la rabbia e sperando che quell'umiliazione finisse presto.

“Novak, visto che ti piace tanto la banana abbiamo pensato di regalartene un po'.” Una voce dietro me disse queste parole, per poi scoppiare a ridere insieme al resto delle persone lì presenti.

Io non mi voltai nemmeno e buttai le banane per terra, prendendo le mie cose dal pavimento e risistemandole dentro il mio armadietto che ormai era un completo disastro. “Fottiti, Donovan.”

“Quello puoi farlo tu, visto che ti piace tanto.” Mi prese per le spalle e mi sbatté contro il muro, guardandomi negli occhi e ridendo. “Ti piacerebbe farlo con me, vero?” Avvicinò il viso al mio e io cercai di spingerlo via, non riuscendoci perché quel bastardo era molto più grosso di me. “Non mi scappi, Cassie.”

“Castiel. Mi chiamo Castiel.” Tentai ancora di togliermelo di dosso e appena mi accorsi di non avere speranze, gli sputai in faccia, sistemandomi il trench quando si portò le mani al viso con un verso disgustato. “Non toccarmi più!” Sbottai e subito dopo quel gigante mi diede un pugno in pieno viso, facendomi cadere per terra.

Avrebbe benissimo continuato a farmi del male, ma “per fortuna” i suoi amici lo fermarono in tempo e lo portarono via.

Allora non riuscii più a trattenermi e lasciai che le lacrime uscissero da sole, alzando lo sguardo e trovando Dean nascosto dietro un pilastro che mi guardava impietrito.

Aveva visto tutto.

'Dean vieni qui, dannazione..abbracciami.'

Ma quel pensiero rimase un desiderio, perché lui mi rivolse un'occhiata colpevole e se ne andò, lasciandomi lì da solo.

Aveva visto tutto e non aveva fatto niente.
 

Mi misi a letto, stanco, pensando che il giorno dopo non sarei andato a scuola e spensi il telefono.

In camera c'era un gran silenzio, vivevo con mio fratello Gabriel, solo che quella sera avrebbe dormito dalle sue ragazza, quindi ero totalmente solo.

Lui sapeva di me e Dean, come i miei. Mamma e papà avevano accettato con riluttanza la mia omosessualità ma, nonostante tutto, non erano cambiati. Rimasero sempre i genitori che mi avevano cresciuto e lo stesso Gabriel, che si era limitato ad abbracciarmi e a dirmi che per lui non cambiava nulla, che mi voleva comunque bene.

Con un sospiro pensai a loro e poi alla mattinata infernale passata a scuola. Quello stronzo aveva passato il limite e Dean mi aveva deluso. Nessuno di loro era mai arrivato alle mani, quella era una novità e il fatto che lui non avesse reagito nemmeno in quel momento, mi aveva ferito troppo. Non sarei mai riuscito a perdonarlo per questo, infatti dovevo riuscire a trovare la forza di alzarmi in piedi da solo e di confrontarmi con lui. Dovevo lasciarlo per il mio bene.

Sospirai e chiusi gli occhi, sentendo le prime lacrime rigarmi il viso e strinsi i pugni. Prima di conoscerlo non ero così vulnerabile, ero più sicuro, invece adesso mi sentivo così debole che non sapevo se sarei riuscito a lasciarlo. Mi misi a sedere e feci una smorfia quando, davanti a me, vidi sulla sedia la maglietta che Dean aveva dimenticato a casa mia un mese prima. La tenevo perché ormai la usavo come pigiama, ma quella sera non mi sembrava proprio il caso e pensai, a malincuore, che non l'avrei più messa.

Forse sarebbe stato meglio sbarazzarsi di tutto quello che me lo ricordasse, metterlo in uno scatolone e darglielo. Oppure bruciarlo, quell'idea mi balenò alla mente e la presi in considerazione.

Presi uno scatolone e iniziai dalla mia camera: la cornice con la nostra foto, la sua maglietta, tutti i suoi regali, compresi alcuni libri. Presi anche lo spazzolino che usava quando dormiva da me, e infine riposi tutto il resto nella scatola, portandomi poi una mano al collo e afferrando il ciondolo a forma di ape che mi aveva regalato per San Valentino l'anno prima. Tenevo moltissimo a quella collana, ma era l'oggetto che me lo ricordava di più, quindi lo riposi insieme alle altre cose e poi gli inviai un SMS.

“Vieni da me appena puoi, devo parlarti.”

“Ma sono le dieci e mezza di sera.”

“Vieni qui Dean, non mi sembra giusto lasciarti con un SMS.”

Gettai il cellulare tra le lenzuola scombinate e dopo un quarto d'ora sentii bussare alla porta. Presi un bel respiro e scesi di sotto, aprendo e assumendo uno sguardo serio. Dovevo essere forte.

Dean era davanti a me con il fiatone, a quanto pare era corso qui dopo aver letto l’sms, lo stesso che mi mostrò con tono accusatore. “Che diavolo vuol dire questo?”

“Entra.” Gli feci cenno e mi feci da parte, chiudendo poi la porta e mordendomi il labbro, sentendomi improvvisamente nervoso e insicuro. “Penso che tu abbia capito perché ti ho detto di venire qui.”

“Certo. Per lasciarmi perché non hai la pazienza di resistere fino alla fine della scuola.” Rise..e quella risata la conoscevo bene, stava facendo di tutto per non urlare, perché sapeva che odiavo quando lo faceva.

“Non provare nemmeno a dare la colpa a me, Dean. Sai che ho fatto di tutto per resistere!” Lo guardai incredulo. “Mi stai incolpando, cavolo! Sei serio?”

“Eccome se lo sono.” Scoppiò e si mise a urlare. “Tu sai cosa succederebbe se dicessi la verità su di me, su di noi. Mio padre mi aprirebbe il culo, mio fratello mi guarderebbe con occhi diversi e a scuola sarebbe un completo casino. Per te è facile perché i tuoi sono di mentalità aperta e hanno capito, lo stesso Gabriel. Tu non puoi capire, Castiel.”

Castiel. Non mi chiamava mai con il mio nome per intero, solo quando era molto arrabbiato.

“No Dean, io non posso capire ma so che tu non ci hai nemmeno provato a parlare alla tua famiglia. Sam è un bravo ragazzo con la testa sulle spalle, sono sicuro che non cambierebbe affatto idea su te e tuo padre ti vuole bene, al massimo si potrebbe arrabbiare.” Mi avvicinai e sospirai. “Lascia perdere noi, okay? Fallo per te Dean, se non con me, un giorno ti ritroverai nella stessa situazione e credimi, faresti star malissimo qualcuno che ti ama, come me. Non ci vorrebbe molto per essere felici..”

E in quel momento mi resi conto di quanto debole fossi in realtà, perché tutto quel che dovevo fare era farmi valere, dirgli che mi ero stancato, dargli quella maledetta scatola e lasciarlo andare. Invece stavo facendo tutto il contrario. Dean era la mia più grande debolezza.

“No, non posso. Io non lo dirò mai a mio padre o a Sammy, mai.”

“Allora basta.” Credetti di urlarlo, ma in realtà mi uscii solo un sussurro che fu poi interrotto dai miei passi, quando andai di sopra. Presi la scatola e scesi da lui, dandogliela e evitai di guardarlo negli occhi. Ci sarei stato malissimo, ma dovevo fare la cosa giusta per me. Forse lui avrebbe trovato più avanti qualcuno che sarebbe riuscito a sopportare di esser deriso, di esser un segreto. Io non ce la facevo più, ero arrivato al limite.

“Queste cose sono tue, prendile e vattene.” Sussurrai e mi asciugai poi gli occhi con rabbia, ma non solo verso di lui, ma anche verso me stesso che ero troppo debole per riuscire solo ad andare avanti senza versare qualche lacrima. “E semmai dovessi trovare qualcun altro, evita almeno di deriderlo con i tuoi amici perché credimi avrei potuto sopportare, anche se stringendo i denti, di esser un segreto, ma non di esser preso in giro da te.” Alzai lo sguardo e fotografai nella mia mente il suo viso per l'ultima volta, dalla prima ruga di espressione all'ultima, dagli occhi al suo naso, dalle sue guance alle sue bellissime labbra che avrei tanto voluto baciare.

“Allora è questo che vuoi.” Un'affermazione. Aveva capito. “Va bene, ma sappi che io ti amo e questo non cambierà.”

“Allora cambia il tuo modo di amare, perché è sbagliato.” Lo accompagnai alla porta e lui mi passò accanto, facendomi trattenere il respiro quando mi lasciò un bacio sulla fronte, sussurrandomi un “addio Cas” prima che io chiudessi la porta e mi ci lasciassi scivolare addosso, scoppiando in lacrime e abbracciandomi le ginocchia.

Era finita, ci eravamo lasciati per davvero.
 

Sei mesi dopo
Dopo aver rotto con Dean la mia vita continuò come sempre, con la differenza che non avevo più un ragazzo e che ero diventato uno stronzo egoista. Uscivo con uno diverso alla settimana, a scuola ero diventato “quello popolare” e avevo fatto a pugni con quegli stronzi che mi prendevano in giro. E lui lo vedeva, vedeva tutto, ed ero sempre al centro del suo sguardo deluso, ma era colpa sua se ero diventato così. Dean era l'ultima persona che poteva giudicarmi. Dopo cinque mesi a fare quella vita diplomai con un voto meritato, a casa andava tutto bene con Gabriel e mamma, ma non con mio padre. Perché? Il giorno in cui seppe che mi con Dean era finita, aveva stappato uno champagne, letteralmente, e mi aveva detto che era felice, perché in realtà la mia omosessualità non gli era mai andata a genio e, secondo lui, non stare con nessun ragazzo cambiava i miei “gusti”. Che idiozia.

Che idiota ero stato a credere che gli andasse bene per davvero, che idiota ero stato io a illudermi che tutto fosse okay.

Avevamo litigato spesso negli ultimi mesi, anche gravemente, dato che lui era arrivato a minacciarmi con una pistola. Aveva iniziato a ubriacarsi e drogarsi dopo aver perso il lavoro. Era violento anche con il resto della famiglia, era pazzo. Aveva decisamente perso la ragione e per questo motivo mia madre dovette portarlo in un centro, perché ogni giorno di più era disgustato da un figlio “malato”, come mi definiva lui. Ma io semplicemente me ne fregavo, io ero così e non potevano cambiarmi. E fu da lì che la mia vita iniziò a fare più schifo di quanto già non lo facesse prima, quasi mi mancava essere preso per il culo a scuola. Ma non lo davo a vedere, mi tenevo tutto dentro e mi facevo vedere così, come un bastardo.

Mentre meditavo su questo, sentii il cellulare squillare e risposi senza guardare chi era. “Pronto?”

“Cas..”

Mi sedei subito e cercai di rimanere calmo. Non mi aspettavo proprio una sua chiamata. “Dean.”

“Possiamo vederci? Ti devo parlare.”

“Uhm, no. Devo vedere un ragazzo.” Che scusa idiota per evitarlo.

“Ah..e non puoi rimandare?”

“Non penso proprio, mi dispiace. Era urgente?”

“Dipende da quanto ti importa.”

“Che vuoi dire?”

“Cas, io ho capito i miei errori e so che tu fingi. Ti conosco troppo bene, so che mi ami ancora..te lo leggo negli occhi. Lo leggo nelle tue azioni. Voglio parlarti di noi, voglio dire, di quel che eravamo mesi fa..”

“Oh, allora non è importante. Ciao Dean.” Feci per riattaccare ma le sue parole mi fermarono sul nascere.

“Ti amo, Castiel, fattelo entrare in testa e se necessario chiamo tutti i miei amici e gli dico che sono gay, che sono innamorato di te. Ti bacio in pubblico, ti prendo per mano, semplicemente, mi godo il mio ragazzo e te lo giuro, non ti farò soffrire ancora. Voglio stare con te.”

Riattaccai e spensi il telefono senza rispondergli, percependo un peso allo stomaco e sentii subito il bisogno di chiamare mia madre. Ultimamente lo facevo spesso, mi sfogavo con lei e adoravo i suoi consigli, perché non mi faceva sentire affatto sbagliato come mio padre. Lei cercava di capirmi in tutti i modi e se non era d'accordo su qualcosa me lo diceva dolcemente, evitando di ferirmi perché sapeva che io rimanevo sempre Castiel, che mi piacessero gli uomini o meno. Presi il telefono di casa e composi il numero, sospirando di sollievo appena sentii la sua voce. Le dissi che Dean mi aveva chiamato, dicendole della mia scusa per evitarlo e si mise a ridere, dicendomi che lo sentiva dalla mia voce che in realtà avevo voglia di vederlo e buttarmi tra le sue braccia, perché lei sapeva bene quanto io fingessi. Usavo gli altri ragazzi per non pensare a lui, per dimenticarlo e lei lo aveva capito, quindi continuava imperterrita a dirmi che potevamo riprovarci al di fuori scuola e io mi ritrovai a ridere. Se Dean si comportava in quel modo in ambito scolastico o con dei ragazzi, figuriamoci nella società. Sarebbe scappato a gambe levate.

“Cas, tesoro, se ti ha chiamato un motivo deve esserci. Se ti ha detto quelle cose un motivo deve esserci, datevi un'altra possibilità. Io non ti ho detto nulla, ma sei cambiato e in peggio..tu non sei un cattivo ragazzo, non usi le persone. Quindi non farlo ancora e scrivigli subito. Ritorna il mio dolce Castiel. Va bene? Parlagli. Sai che io ti sostengo sempre.”

E alla fine mi convinse. Quindi, appena riattaccammo riaccesi il cellulare, trovando due chiamate perse di Dean e gli scrissi un SMS. “Spero per te che tu sia sincero, altrimenti ti apro il culo. Vieni qui e baciami, stronzo.”

Mi sedetti e aspettai, ridendo tra me e me mentre immaginavo la sua faccia dopo aver letto il mio SMS. I minuti mi sembrarono infiniti e quando finalmente bussarono alla porta mi morsi il labbro. Mi precipitai ad aprire e chi vidi non era Dean, ma mio padre.

Aveva gli occhi contornati da delle occhiaie nere, le labbra secche e i capelli scompigliati. “Ciao, figliolo.”

“Che ci fai qui? Dovresti essere al centro.” Lo fissai e strinsi i pugni.

“Sono scappato, dovevo fare una cosa.” E appena disse ciò tirò fuori una pistola dalla giacca.

Io feci un salto indietro e sgranai gli occhi, mettendo le braccia avanti. “Dove l'hai presa?”

“Che importanza ha?” Rise. “Anche se te lo dicessi non cambierebbe, tanto ti ammazzo.”

“Metti giù quell'affare, subito!” Urlai e appena feci per buttarmi addosso a lui fece partire un colpo e Dio, sperai con tutto il cuore che quel dolore lancinante alla gamba fosse solo una botta, ma appena abbassai lo sguardo vidi il sangue.

Mi aveva colpito.

“Cas!” La voce di Dean arrivò alle mie orecchie squillante e in quel momento fui terrorizzato.

E se mio padre lo avesse ucciso? Mi aveva visto soffrire moltissimo per lui ed era convinto che era colpa sua se io ero così.

“Oh, guarda chi si vede..” Puntò la pistola contro Dean che si paralizzò e poi fece dei passi verso lui, cercando di parlargli con calma.

“Signore, lei non vuole farlo davvero..”

“Oh, invece sì.”

E sparò.

Le mie urla ormai non servivano più a nulla.

Cosa può fare un urlo quando una pallottola perfora la fronte a qualcuno? A cosa serve urlare e correre ad abbracciare un corpo che ormai non ha più vita? Eppure è quel che feci io. Ignorai quel figlio di puttana che scappò, ignorai anche il dolore alla gamba e mi buttai addosso a Dean. Gli presi il viso a e negai con il capo sconvolto, non facendo nemmeno caso al sangue che mi aveva ricoperto le mani. Invece cercavo di far parlare Dean ma tutto ciò che ottenni fu uno sguardo vuoto di vita.

Già, vuota..come sarebbe stata la mia da quel giorno in poi, senza lui.

 
  
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